Come si legge in un
sito: “Un tribunale egiziano ha condannato a morte 7 uomini con l’accusa di terrorismo e di aver preso parte alla decapitazione dei 21 copti egiziani avvenuta a Sirte, in Libia, nel 2015. Altri dieci uomini sono stati condannati all’ergastolo e tre a quindici anni di reclusione.”
Per molti giustizia verrà fatta in questo modo. Nessuna ghigliottina, ma l’esecuzione di norma avviene per mano o meglio tramite i colpi del plotone d’esecuzione o per impiccagione.
Pare che ai condannati non viene neanche comunicata la data della loro condanna a morte ed i famigliari verranno avvisati quando il tutto è già accaduto.
I dati che circolano sull’Egitto sono inquietanti, anzi sono proprio tremendi. “Nel 2015, sono state impiccate almeno 22 persone, di cui sette per fatti di violenza politica. Almeno 538 condanne a morte sono state comminate nel 2015, secondo Amnesty International. Al 15 febbraio 2016, c’erano circa 539 persone sotto condanna a morte definitiva, secondo l’Organizzazione Araba per i Diritti Umani (AOHR).”
Sempre nel
sito nessuno tocchi Caino si legge che la Costituzione egiziana non fa nessun riferimento alla pena di morte. Ma nell’articolo 2 della Costituzione, emendato nel 1980, è scritto: “L’Islam è la religione dello Stato… La Sharia è la fonte principale della legge.”
La pena di morte è applicabile in Egitto a oltre 40 reati. “La legislazione egiziana prevede infatti la pena capitale per diversi reati definiti dal Codice Penale, dal Codice di Giustizia Militare, dalla Legge sulle Armi e sulle Munizioni e dalla Legge contro il Traffico di Droga. Le esecuzioni non possono aver luogo durante le feste nazionali o le festività religiose, tenuto anche conto della fede del condannato. Le esecuzioni sono rese pubbliche solo quando sono già state effettuate.”
Se a queste poi si aggiungono quelle segrete, il quadro diventa ancora più terribile. Basta pensare alla sorte toccata ai
desaparecidos egiziani di cui ancora oggi non si conosce il numero esatto
.
Come Giulio sequestrato il 25 novembre del 2016, ed ucciso e fatto ritrovare il 3 febbraio 2016. Condannato a morte dal momento della sua cattura, ucciso dal sistema criminale del potere egiziano.
Ora, come è noto,
trascorsi 22 mesi da quel terribile fatto, è ripresa la normalizzazione dei rapporti tra Italia ed Egitto, come se non fosse accaduto nulla. Italia che ha abolito la pena di morte con la nostra Costituzione per i crimini ordinari mentre la pena di morte è stata abolita dai Codici Militari solamente con legge ordinaria nell’ottobre 1994.
Relazionarsi con atto di amicizia con Paesi dove la pena di morte è applicata è come non averla abrogata nel nostro Paese, è come mantenerla in vita. Certo, si dirà, ma l’Italia è una figliastra degli USA, dove la pena di morte è di casa.
Sì, è vero, ma iniziamo dall’Egitto. Iniziamo a rompere e non ad addormentare i rapporti con quel Paese. Almeno fino a quando non verrà invertita radicalmente rotta. L’Egitto è un luogo ostile ai diritti umani e va trattato come tale invece di continuare a vantarsi degli oltre 2000 anni di amicizia tra questi due Paesi.
Marco Barone
Illustrazione di Gianluca Costantini.
da http://xcolpevolex.blogspot.it