Recensione “Il giardino sommerso” di Roberto Cocchis

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Cosa accade se ci si ritrova davanti ad una scelta o si assiste inermi alle decisioni del fato? Le risposte possono essere tante e diverse, come le trame delle storie contenute in questa straordinaria raccolta dal titolo “Il giardino sommerso” edito presso da Lettere Animate.

L’autore, con vicende così concrete da poter essere quelle dei nostri amici e parenti, nonché le nostre, ci presenta diciannove storie che sembrano avere due filoni di appartenenza: da una parte quelle impregnate da una scelta, che il protagonista deve fare o ha fatto e che porta a una conclusione a volte troppo drastica; dall’altra quelle che sembrano guidate del fato, attraverso un vero o presunto effetto sovrannaturale.

Nel primo filone ritroviamo, per citarne qualcuno, le scelte di due fannulloni in “Dove finisce la città” che sotto l’effetto di droghe decidono di concedersi il lusso di una prostituta e quando le cose degenerano pagheranno sulla loro pelle la loro baldanza; c’è poi la storia di Anny ne “La Signora in giallo”, frustrato ragazzo convinto di essere in grado di compiere il delitto perfetto solo per il gusto di ingannare così le sue giornate monotone; cinico appare il distacco di due ragazzi nel racconto “Niente di peggio del caldo” che davanti all’evidenza di una violenza sono preoccupati più delle alte temperature che della vita che non si preoccupano di salvare. Le trame differiscono, i soggetti sembrano distanti l’uni dagli altri, ma ciò che li accumuna è la possibilità di scegliere, di dirigere la loro vita verso qualcosa di diverso, senza riuscirci nella maggior parte dei casi . Eccezione positiva appare la storia che dà il titolo alla raccolta, “Il giardino sommerso”, dove assistiamo ad una svolta per il meglio del suo protagonista che, dopo aver atteso inutilmente il lieto fine della sua storia, intuisce che la via da imboccare deve essere un’altra, che si prospetterà diversa e sicuramente più appagante.

Il secondo filone, quello del fato, ha qualcosa di suggestivo e irreale. Le storie non appaiono mai davvero finte, semmai si tocca il sovrannaturale nella sua forma più concreta. Così appare infatti il racconto “La neve” dove il dramma di una giornata passata senza poter entrare nella propria casa, e in generale la vita ordinaria a cui i due protagonisti sembrano destinati, ha una svolta sicuramente più interessante; con un’impronta di Giustizia leggiamo “Aghalhassan” dove Kevin, all’anagrafe Carmelo, è un giovane uomo che si sente realizzato nella sua mediocrità tanto da vivere dei dispetti che elargisce come fosse suo dovere. Quando brucia un libro non destinato a lui risvegliando il suo Spirito scoprirà il senso di inettitudine che sperava di trasmettere agli altri. E triste e quasi melanconico appare il racconto di “I fantasmi non esistono”: ne sono convinti anche i protagonisti, che poi non sanno spiegarsi le voci provenienti da un appartamento dove non dovrebbe esserci nessuno sennò il suo unico abitante e il lutto che lo accompagna.

Questi sono solo alcune delle storie che questo straordinario scrigno narrativo contiene, storie che ti afferrano con la prepotenza dell’interesse e ti portano a volere leggerne un’altra e un’altra ancora. Racconti veri, quasi ritagliati dalla società che ci circonda e impregnati dalla tragicità di un non lieto fine, ma non per questo troppo lontani dalla quotidianità che leggiamo nei giornali o a cui assistiamo di persona: forse che la vita riserva sempre un “vissero tutti felici e contenti”?.

È una raccolta di storie davvero interessanti, che leggi d’un fiato dopo aver sostato qualche attimo a soppesare quanto tutto sia maledettamente reale e troppo vero per essere solo un racconto. L’abilità di Cocchis  sta nella narrazione fluida, senza artefatti pensieri senza capo né coda, ma che giungono dritto alla meta: quello di portarti a leggere un’altra storia e di chiederti se davvero la parola fine può essere messa a quella che hai appena letto.