Lavoro, i contratti a termine sono sempre più brevi. Solo 1 su 100 supera un anno
Nel corso del primo trimestre del 2002, soltanto un contratto di lavoro a termine su 100 ha avuto una durata superiore ai 12 mesi. Lo evidenziano gli ultimi dati resi noti dal Ministero del Lavoro, dove vanno presentate le Comunicazioni obbligatorie sulle assunzioni.
I numeri sul lavoro
In generale, nel corso del primo trimestre c’è stato un incremento delle unità di lavoro (+183 mila rispetto al quarto trimestre), sia per quanto riguarda i rapporti a tempo indeterminato (+85 mila) sia a tempo determinato (+98 mila). Queste ultime evidenziano peraltro una fortissima crescita annua (+403 mila in un anno).
Il rimbalzo del mercato del lavoro, dopo i disastri della pandemia, ha beneficiato della ripresa economica post-crisi sanitaria.
Lavoro a termine sempre più spinto
Tuttavia, i contratti di lavoro a tempo determinato si fanno sempre più brevi. In base al report del Ministero, da gennaio a marzo 2022 un terzo dei nuovi rapporti ha avuto scadenza mensile (mai così tanti, stando alle serie storiche), e addirittura uno su 10 prevedeva una durata di un solo giorno. Il 27,5% dei contratti a termine aveva invece una durata da due a sei mesi, mentre soltanto l’1,0% prevedeva una durata superiore all’anno.
Per quanto riguarda i singoli settori economici, colpisce soprattutto il forte aumento (+6,7%) dei contratti brevissimi nella pubblica amministrazione, istruzione e sanità. Ma Il settore dove c’è la maggiore incidenza di assunzioni lampo è quello dell’informazione e comunicazione, dove il 58,9% dei contratti è di un solo giorno.
Incidenza sempre più preoccupante
E’ preoccupante come stia aumentando sempre di più l’incidenza dei contratti di brevissima durata rispetto al totale. Quelli con scadenze che arrivano fino a una settimana rappresentano infatti un quinto del totale (19,7%, ossia +2,9% rispetto al primo trimestre del 2021).
E’ boom anche per i lavoratori somministrati (+22%) e quelli a chiamata che crescono addirittura dell’83%.
Una situazione che viene “spacciata” spesso come flessibilità, ma in realtà è sempre più un precariato spinto.