23. mappamondi: “esempio di fonti non-verbali di un sapere socialmente condiviso”

GENNARO CASSIANI, Le due spherae della Biblioteca Vallicelliana. Per una ‘biografia’ di due oggetti di scienza di fine Cinquecento, in Accademie e Biblioteche d’Italia. Trimestrale di cultura delle biblioteche e delle istituzioni culturali, MIBACT, 1-4/2017, pp. 14-25

“Perdurò in Italia, per tutto il secolo XVI, l’uso dei globi manoscritti” – scrive Mattero Fiorini (1827-1901). Ciò si dovette – prosegue l’insigne studioso piemontese, che fu docente per oltre un quarantennio di geodesia teoretica presso l’Università di Bologna- sia “all’invalsa abitudine”, sia al fatto che, “meglio degl’impressi”, essi “si prestavano ad essere artisticamente lavorati, sia, infine, perché, in grazia delle maggiori dimensioni che loro si potevano dare, si otteneva più chiara la rappresentazione de’ mari e dei continenti”.
Un accurato restauro condotto dallo Studio P. Crisostomi ha recentemente restituito solidità strutturale e degni cromatismi alle due splendide sfere (terrestre e celeste) in serbo presso la Biblioteca Valicelliana, erede della raccolta libraria della casa oratoriana romana. I due “oggetti di scienza”, ben riconoscibili come un esempio di fonti non-verbali di un sapere socialmente condiviso, si possono oggi ammirare nella sala studio dell’Istituto.
[…]
Nelle pagine seguenti, ho raccolto i risultati di una ricerca dedicata a tentare di fare un po’ di luce sull’oscura “biografia” di queste due spherae realizzate in “carta pesta, internamente vuote e coperte di mastice, su cui si è disegnato e scritto, essendovi tracciati per incavo i diversi circoli”.

Biblioteca Vallicelliana, globo celeste, ultimo decennio '500. E' fra i più antichi in Europa

[…]
chi scrive ha rivolto l’attenzione a quella terrestre, sulla quale l’autore non ha meno esercitato la propria abilità di illustratore, corredandola di accurate iconografie attinte al repertorio di motivi mitologici e letterari condiviso. Vi fa spicco Nettuno che emerge dalle profondità dell’oceano col tridente in pugno e alla guida della sua biga trainata da cavalli bianchi dagli zoccoli di bronzo. Non manca poi un richiamo al carteggio del dio del mare e dei terremoti. Una sirena è intenta a contemplare allo specchio le proprie fattezze seducenti e una coppia di nereidi solca le onde sul dorso di altrettante creature degli abissi. Ma le fabulae degli antichi non appaiono la fonte d’ispirazione esclusiva dell’autore del mappamondo. L’altra, non meno importante, è la fiorente letteratura delle esplorazioni, a sua volta d’impulso all’adeguamento –avvenuto con una tendenza tutt’altro che repentina – dell’immaginario geografico di tradizione medievale. Ecco, dunque, possenti galeoni che sfidano i venti e le tempeste; sperimentano nuove rotte; fanno la spola tra le coste del vecchio e del nuovo continente; trasportano uomini e merci, estremi culturali e batteri. Ecco il regno etiope del “presbite Ioanes [sic]”; l’esotica “Sipango” e la “Gigantum regio” (la Patagonia: “hic Magellanus gigantes inventi”). Ecco i confini indeterminati dell’Antartide (“Ulterius haec terra incognita est”) e i “crudelissimi antropofagi amazzonici” raffigurati a caccia con l’arco; intenti a fare a pezzi le loro prede a colpi di macete e,infine, impegnati a cuocerle allo spiedo a fuoco lento.
[…]
Il primo testo che cattura l’attenzione è dedicato a celebrare la scoperta americana e a rendere merito alle imprese di Magellano e di Gaspar Corte-Real.

Plures ante nos geographhi tradiderunt novas has isols ob immensam magnitudinem continentis esse partem ac cum Asia coniunctas. Verum hos esse deceptos fuisse declarat navigatio Magellani per strictum sive fretu antarcticum ad insulsa usque Molucas cum etiam Gasparis Corterrealis profectio ab insulsi Molucis versus Septentrionem circuì Indiam Orientalem qui cum nusquam compererint orientalem Indiam cum America sive cum novo orboe coniungi neque veterum historiae unquam tale quippiam tradiderint vedendum est novas has regiones insulae in marem undique dividi oceano ac ab aliis continentis partibus se iungi.

L’America del Nord, che sul globo terrestre di Mercatore (1541) è denominata “Hispania maior capta 1530”, sulla sfera vallicelliana appare coniugata al nome dell’esploratore, governatore di Panico e conquistatore del Messico occidentale Nuno Beltran de Guzman (1490-1554): “Hispania maior a Nunno Gusmano deviata an[no] 1530”.
La rappresentazione della regione artica si presenta”singolare”. L’Asia prolunga le sue propaggini sino alla Groenlandia e quest’ultima , dopo essersi estesa a Nord dell’Europa, si congiunge al continente asiatico all’altezza dell’arcipelago della Novaja Zemlja, racchiudendo tutto il Mare Glaciale Artico.
Procedendo nell’osservazione, tra l’Asia e l’America settentrionale, si incontra il testo: “Transitus iste an severa sit non dum constat”. All’estremità del Labrador, con un chiaro riferimento alle esplorazioni condotte nei primissimi anni  del XVI secolo dai fratelli Gaspar e Miguel Corte –Real, si legge invece: “Fretum Articum per quod Lusitani ad Molucas et ad Orientem navigare conati sunt”.
Non poco interessante è la descrizione della penisola del Labrador definita “Terra per Brittanos inventa”, alludendo alle imprese di Giovanni e Sebastiano Caboto e a quelle di Martin Frobisher , il quale, tra il 1576 e il 1578, guidò tre spedizioni verso quelle remote latitudini.
Poco più in alto, ci si imbatte in un’iscrizione che rende possibile dedurre il termine post quem il mappamondo vallicelliano poté essere realizzato. L’annotazione è posizionata all’estremità del Labrador e recita” Quii [sic] popoli ad Ioannes David pervenit”, evocando le popolazioni con le quali l’inglese John Davis (1550-1606) entrò in contatto nel corso delle tre navigazioni da lui condotte, tra il 1585 e il 1587, alla ricerca del passaggio a Nord-Ovest verso l’Oriente. “Basta ciò a dimostrare – osservò Fiorini- che la sfera […] non è anteriore al 1588 e che probabilmente spetta all’ultimo decennio del Cinquecento.” Sulla questione avrò modo di tornar più oltre.[…]
mappamondo-239x300

 


condivisioni di senso non-verbale 🙂
 esserci
Ti Voglio Bene (TVB) oppure Ti Faccio Bene (TFB)?

La differenza è tra il dire e il fare, tra l’uso del linguaggio come sostitutivo della realtà (dire=TVB) o come espressione -seppur consapevolmente limitata- della realtà (fare=TFB). La differenza è che anche la persona a cui dici-scrivi TVB  riconosca il tuo bene, che anche lei possa affermare che tu le vuoi bene.
La persona che riempi con i tuoi TVB può dirti MFB (Mi Fai Bene)?
Può dirti MSR (Mi Stai Rispettando)?
TVB e TFB coincidono, oppure TVB continua ad aleggiare nell’aria
come suono al posto dei gesti, contenitore della lontananza
e stereotipato effluvio di superficiale leggerezza?
E soprattutto, questo TVB potresti anche non soltanto dirlo, per il semplice motivo che lo stai facendo, insomma perché sei lì insieme alla persona e glielo stai dimostrando proprio con la tua presenza e il tuo fare;
perché è la presenza che fa la differenza. 
Sei lì, ogni tanto a dimostrare che TVB è TFB? Altrimenti E’ Fuffa (AE’F) 🙂

sanscritoAlfabeto Devanagari (Sanscrito)

images (1)
Hidgen

Mappa Mundi di Hidgen, Abbazia di Ramsey, 1350

 

23. mappamondi: “esempio di fonti non-verbali di un sapere socialmente condiviso”ultima modifica: 2018-10-05T13:02:56+02:00da mara.alunni