132. il soggetto giusto

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Si dimentica il valore dell’esistenza
quando si riduce l’identità a identificazione.
(aprile 2015)

“Lloyd, oggi è il giorno in cui amore fa rima con cuore e fiore”
“In realtà fa rima anche con dolore ed errore, sir”
“Così però si toglie poesia, Lloyd”
“Solo se si pensa che l’amore dipenda da come si chiude una frase e non da come si aprono le braccia, sir”
“Molto romantico, Lloyd”
“Buona giornata, sir”
(Vita con Lloyd)

“Lloyd, tu sai perché le persone hanno paura di voltare pagina nella vita?”
“Perché hanno il timore di quello che potrebbero trovare dopo, sir”
“Credi che ci sia un modo di superarlo, Lloyd?”
“Quello che credo, sir, è che voltare pagina sia una preoccupazione per chi legge, ma una necessità per chi scrive”
“Fai controllare le scorte di penne, Lloyd”
“Immediatamente e con piacere, sir”
(Vita con Lloyd)

Se fossero ancora sposati, sarebbe il loro anniversario di nozze. Lei ci pensa, dall’alba, e ricorda. Lui non sa che giorno sia, cioè non sa che avrebbe potuto essere un loro giorno di festa, di quelle belle feste personali, che ti ricordano che nella tua vita hai cose tue, tutte e solo tue da festeggiare, ed è fantastico che sia così.
Lei e Lui siedono a un tavolo, insieme a una coppia sposata. E parlano, tutti e quattro a turno, di come sia o sia stata la loro comunicazione di coppia. Quando tocca a Lui, compone una serie di brevi frasi che sono accuse a Lei e poi Le dice, abbassando la testa tra le spalle e protendendola in avanti, e poi fissando Lei negli occhi: “Insomma, noi non ci dovevamo sposare”, mentre  allarga le mani nel gesto dell’evidenza.
Lei -si vede da fuori in quei pochi secondi in cui rimane immobile- sembra morire un po’, in sacrificio su qualche altare dell’ennesima divinità ingrata e famelica; ma poi guarda Lui, lo vede, ne cancella un altro pezzo dalla propria vita, e si difende e si riprende quel pezzo appena dato in sacrificio e si rianima e si ricompone. È poi un film veloce quello che scorre nello spazio tra gli occhi di Lei e quelli di Lui, e ci sono tutte le cose che Lui ha fatto per distruggere tutto, prima fra tutte quella di essere stato falso da subito, mentendo su se stesso, avvolgendo l’intero mondo in una fitta nebbia. E poi il resto, immagini, momenti lontani, tutto lì veloce che scorre non solo davanti, ma anche nella pelle di Lei, negli anni, nel futuro negato, nei presenti manomessi e alterati, nel passato a cui non riesce a dare forma di ricordo sostenibile. E, occhi negli occhi come non accade più da chissà quanti battiti del cuore, Lei dice a Lui:”Tu non dovevi sposarmi, metti il soggetto giusto. Tu.”, marcando quel “tu” con la voce come fosse uno spazio lontano. E poi sposta gli occhi verso la finestra alle spalle di Lui e guarda la luce e, per effetto del contrasto, Lui per Lei diventa un’ombra, una massa informe scura, anche gli occhi scuriti dalle menzogne, incapaci di vedere fuori di sé, alterati e fissati in quell’espressione cupa di chi ha cancellato ogni verità.
Dopo un po’ Lei si alza e saluta, l’accordo per vendere quella piccola proprietà ancora in comune è stato fatto, l’altra coppia è soddisfatta. Poi esce, e fuori è maggio e, come quel giorno di 28 anni fa, i batuffoli lanosi delle robinie sembrano galleggiare leggeri nell’aria, prima di depositarsi a terra e formare un morbido tappeto bianco. Riecheggiano in Lei quelle parole di quel giorno: “Nella buona e nella cattiva sorte”, una promessa dentro cui Lei si è persa negli anni, per mantenerla;  non aveva capito bene che si può recedere quando è l’altro a ritrarsi: l’essere umano, l’istituzione, il gruppo, l’altro in ogni sua forma. Si mette una mano sulla pancia e due lacrime calde scendono sulle sue guance.
Lei ha un nome, e vorrebbe sentirlo pronunciare con amore, almeno una volta: la vita, a lei come a tutti, le ha promesso amore mentre veniva al mondo e c’è sicuramente nel mondo la persona che mantiene quella promessa … ma dove? Lei si ferma un attimo, con la sua mano ancora sulla sua pancia e poi comincia a dire il nome, il suo, e lo ripete con calma. La prima volta Le sembra che non ci sia solitudine più grande di quella che sente in quel momento, poi dal suo nome Le arrivano ricordi, cose fatte e dimenticate e che adesso spuntano come fiori su terra protetta di bosco. E com’era felice e radiosa quel giorno, e come ha creduto alla bellezza, e come giocava a palla da bambina, e come studiava, e come erano e come sono stati tutti i giorni finora, e non se ne perde nemmeno uno e comprende che nessuno può prendersi tutto questo, nemmeno se si sta prendendo la vita. Aveva un vestito bianco, quel giorno, e fiori d’arancio composti come una collinetta, ed era maggio, e l’aria è ancora profumata e Lui non doveva sposarla, e Lei l’ha sposato ed era sincera e Lei ha creduto a qualcosa. E si fa gli auguri, perché quel giorno c’è stato, perché se lo ritrova adesso intatto quel giorno, è un giorno che Lei può festeggiare da sola, è una festa sua, di quando ha creduto, di quando ha promesso, di quando ha mantenuto, di quando ha saputo lasciare. Di adesso, è una festa di adesso.
(maggio 2017)

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Latifa Echakhch Globus 2014Latifa Echakhch, Globus, 2014

132. il soggetto giustoultima modifica: 2019-10-10T17:12:11+02:00da mara.alunni