261. oggi

Va bene. Cedo. Come non pensarti? E proprio oggi, come non pensarti?

E pensandoti, mi arriva tenerezza su tenerezza. Affiora il ricordo di un momento importante della tua vita. Me lo raccontasti mentre eravamo in macchina, un po’ di anni fa, al rientro da una visita medica dove ti avevo accompagnato.

Il tuo primo giorno di “lavoro”, da muratore, con il nonno. Iniziavi a imparare “il mestiere”. Avevi 13 anni. Era dicembre, lavoravate all’aperto. Il freddo si fece presto sentire, ma tu non dicevi niente. Il nonno se ne accorse e, con la scusa di un lavoro da fare all’interno, ti fece entrare al riparo; e così arrivasti fino alla fine dell’orario di lavoro: due volte protetto, dall’amore di tuo padre e dai muri di una rimessa.
Tu, che a 13 anni, poiché la nonna aveva cominciato a star male, ti occupavi ogni tanto anche delle faccende di casa, arrivando pure ad andare a lavare qualche  panno sulle pietre del torrente che scorreva vicino al paese.

Poi proseguisti il racconto dicendomi orgoglioso della prima casa che costruisti tutto da solo, a 20 anni, come a dire che avevi imparato bene il mestiere. E’ in paese, ci passo accanto ogni volta che torno. La guardo. Costruita interamente da te, da solo. E’ il mio castello segreto, la mia proprietà più intima, oltre le appartenenze legali.

Ho costruito una mappa del paese, segnalando le case che tu e il nonno e lo zio avete costruito interamente o vi avete lavorato in qualche modo. L’ho disegnata mentre mi facevo raccontare da te il progredire delle tue opere e della tua professione. Dovrei, in realtà, fare una mappa più ampia, che sconfini nel  Lazio e in Toscana.
Ma di più ancora. Sei mondo.

Tutt’oggi ti ho pensato così, nell’intreccio della tua tenerezza con la tenerezza del nonno.
E ora, davanti al tramonto di un giorno che ricorda e festeggia la paternità, te lo voglio scrivere. Scende la sera. Oggi ti sono venuta a trovare due volte lì dove i tuoi resti mortali si dice ‘riposano’. E, come sempre, cammino in quel luogo che si dice ‘di pace’. Leggo i nomi, guardo i fiori, osservo le luci e le ombre.
E non penso che questo nostro mondo sia un luogo inutile, che tutto sia ‘vanità delle vanità’. Al contrario.
Guardo la tua foto e quelle delle altre persone, attimi colti da uno scatto che non era stato pensato per questo uso. Foto per documenti, foto di feste, di lavoro. Di vite. Colgo l’incommensurabile preziosità di questa sfera prevalentemente azzurra che si muove nell’immensità dell’universo e di tutte le persone che la abitano e che l’hanno abitata e che la abiteranno, e non mi importa di cercare un senso. Il senso già c’è. Vivere, aver vissuto. Attimi, giorni, mesi, anni. Aver lavorato. Avere amato. Avere risposto alla vita, anche se e quando è dura.

Aver costruito una intera casa tutto da solo.
Essersi accorto che tuo figlio ragazzino sta soffrendo molto freddo mentre lavora all’aperto e averlo messo al riparo.
Aver raccontato questi momenti a una figlia.
Trasmettere tenerezze.

Ti voglio bene, babbo.
https://www.youtube.com/watch?v=8RHrCDM2TLw

babbo compleanno 92 anni

261. oggiultima modifica: 2021-03-19T19:22:31+01:00da mara.alunni