Ogni storia è un segno

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 65,17-21

Salmo: Sal 29 (30)

Vangelo: Gv 4,43-54

 

Il Vangelo di Giovanni non ci parla di miracoli, ma di segni che il Signore lascia lungo il cammino. Oggi è proposto il secondo segno compiuto da Gesù in Galilea, sottolineato per ben due volte, come a collegarlo con il precedente. Nel primo, alle nozze di Cana, Gesù aveva tramutato l’acqua in vino. Nel secondo, la guarigione del figlio del funzionario del re. È Lui stesso che li accomuna.

Dal primo al secondo segno, c’è stato un passaggio per il quale coloro che ascoltano e vedono Gesù, non sono più come all’inizio del percorso. L’invito è proprio questo: fare un cammino in profondità. I Galilei che accolgono Gesù, erano testimoni di tutto quello che aveva fatto durante la festa. La fiducia nel Signore, non è più quella degli inizi. Come loro, così anche noi, se prima il credere era per sentito dire, ora è perché Lui ci ha lasciato un segno.

Nel testo troviamo che: “Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.” Poi al termine del brano: “credette lui con tutta la sua famiglia”. Per quel funzionario e per noi, il suggerimento è di fare un passaggio: dalla logica del segno fine a se stesso, al diventare significativo nella nostra vita.

Dio può anche entrare nel nostro vissuto non con eventi eclatanti, ma la Sua promessa è che Lui ci sarà sempre. Il primo segno, è Egli stesso: si tratta di riconoscerlo nella nostra quotidianità, come quel segno che dà senso alla vita, il pane sarà sempre pane, ma se celebrato, benedetto e ringraziato, è capace di nutrire una fame più profonda.

Lasciamo entrare Gesù nel quotidiano, celebriamolo nei nostri giorni, così da fare della vita un segno ripetuto della Sua presenza, tanto da dare forza a noi e a chi ci sta accanto. Ogni storia è un segno perché amata, voluta, toccata da Dio, siamo luogo dove Lui non passa, ma resta e dà vita a tutte quelle parti di noi che ancora attendono un segno.

 

 

Credo, aiuta la mia incredulità

 

credo aiuta la mia incredulità

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Gc 3,13-18

Salmo: Sal 18 (19)

Vangelo: Mc 9,14-29

 

Il brano del Vangelo di oggi, ci presenta la supplica di un padre che chiede la guarigione di suo figlio. La risposta che quest’uomo dà a Gesù è tra le più significative, in cui è impossibile non identificarsi: “Credo; aiuta la mia incredulità!” In queste parole è possibile percepire tutta la speranza nei confronti di Gesù, ma anche tutta la nostra fragilità, dove dinanzi alle difficoltà, umanamente si fatica a credere.

Com’è possibile credere e essere increduli? Gesù oggi ci dice, che a volte l’incredulità può rafforzare il credere, poiché facciamo in modo che la nostra esperienza, entri a far parte della nostra intelligenza, ovvero del leggere all’interno della storia, per arrivare a credere e allo stesso modo, sarà proprio il credere a sostenerci, quando nella fatica subentra l’incredulità.

Facciamo diventare preghiera questa frase, ripetiamola nel nostro cuore e non temiamo di provare in noi la difficoltà a credere. Il Signore ha cura di noi sia nel credere che nell’incredulità e ci prende tutti nel Suo abbraccio di Misericordia.

 

“Signore, oggi anche io voglio dirti:

Credo; aiuta la mia incredulità!

Sostienimi quando vacillo, perché poi forse,

non avrò la forza e il coraggio di chiederlo.

Aiutami a vivere la mia incredulità come dono,

perché anche la mia fragilità venga in aiuto per rendermi più forte.

Rafforza il mio cuore,

affinché possa riconoscerti nel mio camminare

e vedere nella mia vita, 

una storia in cui la fede è un incontro, 

un’esperienza, un Volto: Il Tuo.

Così sia”. (Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Il primo a credere in te

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1Sam 24,3-21

Salmo: Sal 56 (57)

Vangelo: Mc 3,13-19

 

Il Signore chiama a sé dodici discepoli, ciascuno con la propria storia ed esperienza di vita. La domanda che Egli oggi ci fa è: quanta strada hai fatto per arrivare fino a qui? Non sappiamo tanto dei discepoli di Gesù, come delle persone che incontriamo, ma il Signore ci conosce, sa chi siamo e quanta strada abbiamo percorso.

Oggi sei invitato a riflettere sulla tua storia personale, Egli ti sta chiamando a sé, affinché tu possa riconoscere nella tua storia, la Sua. Gesù chiama ognuno di noi a stare con Lui, ciascuno nella propria forma di vita.

Essere chiamati vuol dire in prima analisi essere conosciuti e avere fiducia. Egli si fida di noi, di ciò che possiamo dare e lo fa a partire dalla consapevolezza di sapere chi siamo; ad ognuno affida lo stesso impegno: stare con Lui e andare a predicare con il potere di scacciare i demòni, ma ciascuno lo farà a suo modo, perché ogni persona è diversa e questo il Signore già lo sa.

Da quei dodici discendiamo anche noi, i nostri passi sono preceduti da coloro che hanno risposto ad una chiamata di fiducia. Se questo discorso ci sembra così lontano dal nostro modo di vivere, chiediamoci soltanto per un momento: e se ci fossi anch’io? Se anche io fossi chiamata/o a stare, ovvero a relazionarmi con una persona che ha fiducia di me, che mi conosce, e sa quali risorse posso donare? Non proveremmo anche noi a conoscerla?

Quei dodici che il Signore ha chiamato sicuramente avranno avuto delle difficoltà, dei caratteri forti, dei dubbi, ma fare esperienza di fiducia, rendersi conto nella propria storia, che c’è Qualcuno pronto a scommettere su di te, gli ha fatto rispondere: sì. Abbiamo bisogno di sapere che qualcuno crede in noi; il Signore desidera che crediamo in Lui, ma anzitutto che è Lui il primo a credere in te.

Oggi sai dove sei? Nel punto della tua storia dove il Signore ti invita a scoprire che è Lui a credere in te, perché la tua vita si realizzi in pienezza e tu possa dire: ha creduto in me anche quando non lo sapevo, e la mia vita è diventata una missione.

 

 

Basterà per credere?

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1Gv 3,11-21

Salmo: Sal 99 (98)

Vangelo: Gv 1,43-51

 

Come Natanaele, anche noi possiamo trovarci a dubitare della presenza di Gesù, mettere in discussione chi Egli sia, ma ciò che gli sta a cuore non è dirci chi è, piuttosto comunicare che ci conosce. Viviamo a volte nel dubbio delle nostre azioni, ci sentiamo soli, mettiamo in discussione tutto e tutti e la risposta di Gesù è: ti conosco.

Quando ci nascondiamo persino da noi stessi, neghiamo cosa c’è nel nostro cuore e facciamo delle nostre paure e fragilità una corazza, arriva Lui a dirci: ti conosco! C’è un “prima” nella tua vita, prima che tu dica o faccia una cosa, c’è prima colui che ti conosce.

Basterà a credere?

Si, come Natanaele, a cui Gesù rivela di averlo visto sotto l’albero di fichi, un dato che prima nel testo non viene descritto e quindi può conoscerlo solo lui. Oppure no, e Gesù ci assicura che vedremo delle cose più grandi di queste. Come mai? Perché Egli vuole dirti che gli stai a cuore. Non si stancherà di farti capire questo, non mollerà nel suo intento dovesse scomodare il cielo; arriverà un momento in cui scoprirai che Egli ti conosceva e tu lo riconoscerai nei tuoi giorni e davanti a Lui rassicurerai il tuo cuore.

 

 

Una via, una strada, un posto

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Sof 3,1-2. 9-13

Salmo: Sal 33 (34)

Vangelo: Mt 21,28-32

 

Due figli, due modi di agire in cui potremmo identificarci, potremmo essere entrambi in base ai periodi della vita, è come avere due strade, ma in verità la strada è una: quella che Gesù chiama la via della giustizia. Chiamandola cosi sembrerebbe la strada di chi fa scelte giuste, buone, corrette, invece è la strada della figliolanza dove si incontrano anche quelli che sbagliano, ma anche quelli che si pentono e credono. Credere in che cosa? Che siamo Figli, che apparteniamo a un Dio che è Padre e non importa cio che facciamo, ma importa riconoscere chi siamo. Ciò che sta a cuore al Padre è che noi ci riconosciamo su questa strada, perché solo attraverso quest’esperienza possiamo sentirci meno peccatori, meno lontani da Dio e più vicini tra noi. Accanto al termine figlio mettiamo il nostro nome, noi fratelli di strada, gioiamo di chi ci passa davanti perché ha riconosciuto dov’è; sentiamoci perdonati per tutte quelle volte in cui è stato più forte non avere voglia e ci siamo sentiti deboli. Ciò che conta è oggi, tu in qualunque condizione ti senta, sei un Figlio, sei colui che ha un posto nel cuore di Dio.