MARTEDÌ DELLA XIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
Gesù percorre città e villaggi insegnando e guarendo malattie, mosso da quella compassione che gli è propria, per riportare ogni uomo alla vita piena, dove nessuno si senta escluso, abbandonato, rifiutato, ma tutti possano sperimentare l’amore del Padre trasmesso dal Figlio. Alla reazione di scetticismo e di malizia dei farisei, sono le stesse opere che danno testimonianza, perché quando la malizia è evidente, la verità e la bontà brillano da sole.
La compassione di Dio è quell’amore infinito per ogni uomo, chiunque esso sia, e qualunque cosa abbia commesso. Dio ha tanto amato il mondo da sacrificare il Figlio: ha donato la vita a tutti, perché tutti possano sentirsi figli e fratelli. Allora noi siamo la messe di Dio, ma nel contempo, ogni credente è quell’operaio mandato a custodire ogni fratello.
Ogni figlio ha le proprie qualità, limiti, difetti, vive e si realizza nella relazione con l’altro, quando vediamo l’altro come concorrente o nemico, perdiamo la condizione di fratello e anche di figlio. Nell’escludere qualcuno, escludiamo il Signore che si è fatto ultimo di tutti, che si è identificato in quel povero, in quel fratello difficile, in quel figlio già amato dal Padre.
Preghiamo il Signore che ci aiuti a capire questa compassione, che è il suo amore infinito per tutta l’umanità, nella ferialità di tutti i giorni; e che il nostro sguardo abbia la tenerezza del cuore di Dio.