Portato in alto

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 1,10.16-20

Salmo: Sal 49 (50)

Vangelo: Mt 23,1-12

 

Il Signore oggi ci insegna ad avere una giusta considerazione di sé, ognuno ha il suo valore che non è dato dall’essere ai primi posti o nel compiere azioni per essere guardati dalla gente, ma ciò che dà valore, è l’essere figli di un solo Padre, gente in cammino dietro a Cristo.

Gesù desidera che tutto ciò che facciamo abbia questo obiettivo, così da compiere non opere fini a se stesse, ma secondo il cuore di Dio. È come se il Signore implicitamente ci chiedesse: cos’è più importante, l’essere figli o i primi posti? Un primo posto è qualcosa di passeggero, instabile, va e viene e lascia in noi quella precarietà che lo contraddistingue. L’essere figli è eterno, per sempre, in qualsiasi condizione ci sentiamo, abbiamo una stabilità, un pilastro su cui appoggiarsi quando siamo stanchi e vogliamo fermarci a riposare.

Il nostro valore è dato dalla scelta del Padre di volerci suoi figli.

Lì dove le parole non bastano più e c’è bisogno di concretezza, abbiamo un esempio a cui guardare: Gesù. Egli si definisce in primo luogo sempre Figlio, ma si comporta con noi come il Padre, affinché a nostra volta, possiamo camminare nella consapevolezza di una figliolanza, tale da rendere le opere non solo frutto di un ascolto, ma di una certezza di un cammino da Figli.

Gesù desidera che il nostro agire parta da questo: non solo da un’osservare una legge, con il peso di dover fare delle cose, ma da compiere azioni di cuore.

Noi siamo nel cuore di Dio, gli stiamo a cuore, il gesto più grande è la croce; da essa è possibile vedere come il nostro cammino è preso, custodito e portato in alto, non su un “podio”, ma sulla croce, dove l’Amore regna e da lì, ci guarisce, risana e ridona vita.