L’intelligenza di Albertine

L’intelligenza di Albertine mi piaceva perché, per associazione, ridestava in me ciò che io chiamavo la sua dolcezza, nel senso in cui chiamiamo dolcezza d’un frutto una certa sensazione che è solo nel nostro palato. E, in effetti, quando pensavo all’intelligenza di Albertine, le mie labbra istintivamente si protendevano e assaporavano un ricordo la cui realtà preferivo mi restasse esterna e consistesse nella oggettiva superiorità d’un essere. Certamente avevo conosciuto persone di intelligenza più spiccata. Ma l’infinito dell’amore, o il suo egoismo, fa sì che gli esseri che amiamo siano quelli la cui fisionomia intellettuale e morale è ai nostri occhi, la meno oggettivamente definita; li ritocchiamo di continuo a seconda dei nostri desideri e dei nostri timori, non li separiamo da noi, non sono altro che un luogo immenso e vago dove esteriorizzare le nostre tenerezze.

Marcel Proust, Albertine scomparsa I

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Un’impressione d’amore

Un’impressione d’amore è fuori proporzione rispetto alle altre impressioni della vita, ma è impossibile rendersene conto finché è dispersa in mezzo ad esse. Non è dal basso, nel tumulto della via e della ressa delle case circostanti, ma quando ci si è allontanati, dai pendii d’un poggio dei dintorni, a una distanza da cui tutta la città è scomparsa o non forma più, raso terra, che un ammasso confuso, nel raccoglimento della solitudine e della sera, che si può valutare, unica, persistente e pura, l’altezza d’una cattedrale.*

Marcel Proust, Albertine scomparsa I

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

*È l’esperienza di chiunque si diriga verso Chartres, sia venendo da Parigi, sia nel piccolo treno proveniente da Illiers-Combray.

È questo, l’amore: lo spazio e il tempo resi sensibili al cuore

Ah, la sedicente curiosità estetica meriterebbe piuttosto d’esser chiamata indifferenza in confronto alla curiosità dolorosa, instancabile ch’io provavo per i luoghi in cui Albertine aveva vissuto, per ciò che aveva potuto fare quella certa sera, per i sorrisi, gli sguardi che aveva attirati, le parole che aveva dette, i baci che aveva ricevuti! No, la gelosia che avevo avuta un giorno per Saint-Loup non mi avrebbe certo dato, se mai fosse durata, questa immensa inquietudine. Quell’amore fra donne era qualcosa di troppo ignoto, di cui nulla mi permetteva d’immaginare – immaginare con certezza, con precisione – i piaceri, la qualità. Quante persone, quanti luoghi (anche luoghi che non la concernevano direttamente, vaghi luoghi di piacere dove lei avrebbe potuto gustarne, luoghi dove c’è molta gente, dove gli altri ti sfiorano) Albertine era riuscita – come chi, facendo passare davanti a sé, al controllo, il proprio seguito, fa entrare in teatro tutta una compagnia – a introdurre dalla soglia della mia immaginazione o del mio ricordo, dove non mi importava nulla di loro, sin dentro il mio cuore! Adesso, la conoscenza che ne avevo era interna, immediata, spasmodica, dolorosa. È questo, l’amore: lo spazio e il tempo resi sensibili al cuore.

Marcel Proust, La Prigioniera

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori