Il sonno è amico delle abitudini

Il sonno è divino, ma poco stabile; il minimo urto lo rende volatile. È amico delle abitudini, che – più fisse di lui – lo trattengono ogni sera nel suo luogo consacrato, preservandolo da ogni contatto brusco; ma se le si sposta, se queste non lo assoggettano più, svanisce come un vapore. E, simile alla giovinezza e agli amori, non lo si ritrova più.

M. Proust, La Prigioniera

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Magnifico errore di una moltiplicazione per sedici

“Non vi danno fastidio, tutti quei rumori da fuori? mi chiese Albertine. Io li adoro. Ma voi, che avete il sonno così leggero?”. L’avevo invece, a volte, molto profondo (l’ho già detto ma l’avvenimento che segue mi costringe a ricordarlo), soprattutto quando non mi addormentavo prima del mattino. Poiché un sonno del genere è stato, mediamente, quattro volte più riposante, sembra a chi ha dormito ch’esso sia stato quattro volte più lungo, mentre è stato quattro volte più breve. Magnifico errore di una moltiplicazione per sedici, che dà tanta bellezza al risveglio e introduce nella vita un’autentica innovazione, simile a quei grandi cambiamenti di ritmo che, in musica, fanno sì che una croma abbia in un andante la stessa durata d’una minima in un prestissimo, e che sono ignoti allo stato di veglia. La vita, lì, è quasi sempre la stessa, donde le delusioni dei viaggi. Sembra, è vero, che il sogno sia fatto con la materia – a volte la più grossolana – della vita; ma essa vi è “trattata”, malassata in modo tale – con uno stiramento dovuto al fatto che nessuno dei limiti cronologici della veglia le impedisce di sfilacciarsi enormemente – da diventare irriconoscibile.

M. Proust, La Prigioniera

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Il mondo del sonno

Ma non appena riuscii ad addormentarmi, nell’ora più veridica in cui i miei occhi si chiusero alle cose esteriori, il mondo del sonno (sulla cui soglia l’intelligenza e la volontà, momentaneamente paralizzate, non potevano più contendermi alla crudeltà delle mie impressioni reali) riflesse, rifranse la sintesi dolorosa, finalmente riformatasi, della sopravvivenza e del nulla, nella profondità organica e fattasi traslucida delle viscere misteriosamente rischiarate. Mondo del sonno in cui la conoscenza interiore, posta alle dipendenze dei disturbi dei nostri organi, accelera il ritmo del cuore o del respiro, perché un’uguale dose di spavento, di tristezza, di rimorso agisce con potenza centuplicata se viene iniettata così nelle nostre vene; non appena ci imbattiamo, accingendoci a percorrere le arterie della città sotterranea, sui neri flutti del nostro proprio sangue, come su un Lete interiore dalle sestuple spire, grandi figure solenni ci appaiono, ci abbordano e ci abbandonano, lasciandoci in lacrime. Come approdai sotto gli oscuri portici, cercai invano quella della nonna; eppure sapevo che esisteva ancora, che ancora viveva, sebbene d’una vita diminuita, pallida come quella del ricordo.

M. Proust, Sodoma e Gomorra II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori