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Ascari: I Leoni d' Eritrea. Coraggio, Fedeltà, Onore. Tributo al Valore degli Ascari Eritrei.

 

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L'Ascaro del cimitero d'Asmara.

Sessant’anni fa gli avevano dato una divisa kaki, il moschetto ‘91, un tarbush rosso fiammante calcato in testa, tanto poco marziale da sembrare uscito dal magazzino di un trovarobe.
Ha giurato in nome di un’Italia che non esiste più, per un re che è ormai da un pezzo sui libri di storia. Ma non importa: perché la fedeltà è un nodo strano, contorto, indecifrabile. Adesso il vecchio Ghelssechidam è curvato dalla mano del tempo......

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Storia. Anni 1852-1885. Parte prima. I PRIMI ANNI DEL COLONIALISMO - L'ITALIA IN AFRICA: ASSAB

Post n°41 pubblicato il 11 Agosto 2008 da wrnzla

Fonte Testi: Cronologia.Leonardo.it

Storia. Anni 1852-1885. Parte prima.
I PRIMI ANNI DEL COLONIALISMO - L'ITALIA IN AFRICA: ASSAB

I PIONIERI ITALIANI IN AFRICA NEL SECOLO XIX - LA SOCIETA' RUBATTINO ACQUISTA ASSAB - LA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET-MAREFIÀ - ECCIDIO DELLA SPEDIZIONE GIULIETTI - IL GOVERNO ITALIA ACQUISTA ASSAB - DISEGNO DI LEGGE SUI PROVVEDIMENTI PER ASSAB - L' ITALIA RIFIUTA DI COOPERARE CON L' INGHILTERRA IN EGITTO.

Il primo uomo di stato italiano che pensò di fornire ai suoi connazionali nuove vie oltre i mari e specie in Africa, fu CAVOUR, che nel 1852 e ancora nel 1857, chiese ai missionari italiani d'Africa di cercare un luogo adatto per stabilirvi una colonia penale, che fosse però "idoneo ad un futuro sviluppo commerciale".
Che cosa aveva in mente Cavour, sappiamo poco. Il savoiardo Padre LEONE DES AVANCHÈRES, vicario di Monsignor Massaia, rispose a Cavour nel 1859 che il degiàc NEGUSSIÈ del Tigrai era disposto a cedere un punto della costa del Mar Rosso. Ma altri avvenimenti di grande importanza si svolgevano allora in Italia e queste trattative furono troncate e dai successori del Conte, idee accantonate o nemmeno più pensate.

Tuttavia prima e dopo questi contatti dello statista piemontese, nella metà del secolo XIX l'attività dei pionieri europei in Africa era intensa, e cospicua era pure quella degli italiani, sia essi missionari sia esploratori. Nel 1850 il missionario FILIPPO da SEGNI si spingeva da Tripoli nel Bornu; nel 1851 GIUSEPPE SAPETO percorreva l'Abissinia settentrionale e GUGLIELMO MASSAIA giungeva a Fadasi e nel Goggiam; nel 1853 il maltese ANDREA DE BONO giungeva oltre le cateratte di Makedongo; l'anno dopo GIOVANNI BELTRAME lo troviamo nei paesi di Fazogl e di Benisangol e il De Bono esplorava l'alto Nilo; nel 1856 ANTONIO BRUN-ROLLET, console sardo a Chartum, risaliva il fiume Bianco fino al lago No e il Bahr-el-Ghazal; dal 1857 al 1860 Leone des Avanchères visitava i paesi dei Galla e dei Somali; nel 1858 MASSAIA si spingeva all'Enarea, al Ghera e nel Caffa; nel 1859 ORAZIO ANTINORI arrivava a Sennar e l'anno seguente visitava il Cordofan mentre GIOVANNI MIANI e il DE BONO toccavano Gondocoro, il paese dei Liria e giungevano fino a Galuffi; dal 1860 al 1861 l'ANTINORI visitava il Cordofan e Gondocoro e risaliva il Bahr-el-Ghazal, mentre il dottor ORI iniziava i suoi viaggi nei distretti del Fiume Azzurro; e tra il 1863 e il 1865 CARLO PIAGGIA visitava il paese dei Niam-Niam.

L'11 aprile del 1867 a Firenze, per iniziativa di CRISTOFORO NEGRI, furono gettate le basi della "Società Geografica Italiana"; due anni dopo si apriva il canale di Suez e, per iniziativa delle camere di commercio italiane, il Governo autorizzava il prof. GIUSEPPE SAPETO ad acquistare dai sultanelli della costa per conto della Società di Navigazione RUBATTINO la baia di Assab, nel Mar Rosso, per stabilirvi una base, cioè un deposito di carbone per i rifornimenti delle navi italiane dirette alle Indie. Intanto la Società Geografica promuoveva una spedizione nel paese dei Bogos, che fu compiuta da ANTINORI, da BECCARI e da ISSEL; e nel marzo del 1875 deliberava una spedizione fino ai laghi Equatoriali.

La spedizione, composta da ANTINORI che la comandava, dall'ing. CHIARINI, dal capitano MARTINI, dal capitano CECCHI e, più tardi, dal conte ANTONELLI, partì dall'Italia nel marzo del 1876. Nel gennaio del 1877, Menelik concesse alla spedizione di usufruire della terra di Let Marefià, nello Scioa, dove fu impiantata una stazione geografica, da dove nel maggio del 1878 partirono CECCHI e CHIARINI, e si spinsero nell'Enarea e a Ghera. Fatti prigionieri e condotti a Cialla, Chiarini vi morì nell'ottobre del 1879; CECCHI, liberato, riuscì a toccare il Caffa, nel settembre del 1880 a unirsi con GUSTAVO BIANCHI e nel marzo del 1881 ritornare a Let Marefià.

Due mesi e mezzo dopo, il 25 gennaio del 1881, il noto viaggiatore italiano GIUSEPPE MARIA GIULIETTI, il tenente di MARINA VINCENZO BIGLIERI e dieci marinai dell'"Ettore Fieramosca", mentre tentavano di collegare Assab con l'Aussa e l'altipiano etiopico, sorpresi in un'imboscata ad una decina di giornate da Beilul, furono massacrati dagli uomini delle tribù Dankali.

La notizia dell'eccidio commosse gli italiani. L'on. MASSARI presentò un'interrogazione sul massacro al ministro degli Esteri, e MANCINI, il 13 giugno, in risposta, tessé un elogio delle vittime, promise un'accurata inchiesta e concluse: "E' inutile che io aggiunga alla Camera l'assicurazione che il Governo non mancherà in questa, come ogni altra occasione, al dovere, che sente vivissimo, di proteggere con l'ombra della sua bandiera e della sua autorità tutti quegli Italiani, i quali per uno scopo scientifico industriale si adoperano a portare lontano e onorato il nome italiano".

L'eccidio della "spedizione GIULIETTI" non fu l'ultima causa che spinse il governo italiano ad acquistare con la convenzione del 10 marzo del 1882, dalla Società Rubattino Assab e le sue immediate adiacenze (la baia). Il 12 giugno del 1882, MANCINI, di concerto con i ministri delle Finanze e dell'Agricoltura, presentò un disegno di legge dal titolo "Provvedimenti per Assab", tendenti a migliorare le condizioni materiali della baia e del possedimento di terraferma e a collegare la colonia agli altri centri commerciali.
Il disegno costava di quattro articoli:
il 1° fissava l'estensione del territorio della colonia che era di 630 kmq (una fascia di circa 20 x 30 km);
il 2° dava facoltà al governo di provvedere con decreti reali o ministeriali all'ordinamento legislativo, amministrativo, giudiziario, economico della colonia stessa, che sarebbe stata sotto la diretta dipendenza del ministero degli Esteri;
i1 3° fissava l'applicazione dei codici e delle leggi italiane agli Italiani del Regno là residenti; rispetto agli indigeni, un cadì avrebbe in nome del re d'Italia amministrato la giustizia secondo la legislazione consuetudinaria locale;

il 4° fissava il pagamento dovuto alla Compagnia Rubattino in tre rate annuali di Lire 138.666,66 ciascuna; proponeva lo stanziamento in apposito capitolo del ministero degli Esteri, nella straordinaria parte, per l'esercizio 1882, di Lire 60.000. Con legge speciale si sarebbe provveduto alla costituzione di un porto e delle altre opere occorrenti nella baia di Assab. Al disegno erano uniti la convenzione del 10 marzo e i contratti tra il rappresentante della Società Rubattino e i venditori del territorio.

Il 19 giugno 1882 alla Camera fu presentata la relazione della convenzione a firma dell'on. PICARDI e nella tornata del 26 giugno cominciò la discussione sul disegno di legge. Intervennero gli onorevoli VOLLARO, MERZARIO, MALDINI, CAVALLETTO, PIEARDI, PARENZO E OLIVA.

L'on. SANT'ONOFRIO, ricordando il massacro della "spedizione Giulietti", espresse l'augurio che il Governo agisse con energia dovunque fossero impegnati la bandiera e l'onore nazionale, soggiungendo che difficilmente le nostre carovane avrebbero potuto penetrare nell'interno per aprirci delle vie di commercio con l'Abissinia e con lo Scioa, se i massacri dei nostri concittadini fossero rimasti impuniti. Il ministro degli Esteri MANCINI rispose che "…se, ad Assab o altrove gli Italiani avessero ricevuto offese e vi fosse stata possibilità di infliggere severa ed esemplare punizione, il Governo non avrebbe mancato al sacro dovere di provvedere alla difesa e al prestigio della sovranità italiana".

In quella stessa seduta fu terminata la discussione degli articoli; il disegno di legge fu approvato il 28 con 147 voti contro 72. Presentato al Senato il 29 giugno, lo approvò senza discussione il 4 luglio con 39 voti contro 32.

L'ITALIA RIFIUTA DI COOPERARE CON L'INGHILTERRA IN EGITTO

Nello Stesso anno in cui il Governo italiano prendeva ufficialmente possesso di Assab avvenimenti importanti avvenivano in Egitto, dove sotto il "Kedive" TEWFICK, era nato ed aveva preso straordinario sviluppo il partito nazionalista, capitanato da ARABÌ pascià, il quale nel febbraio del 1882 era stato nominato ministro della guerra. La Francia e l'Inghilterra, che, come creditrici dell'Egitto (per il Canale) vi esercitavano un controllo amministrativo e finanziario, preoccupate dal movimento nazionalista, inviarono nel maggio una flotta nelle acque di Alessandria. Il provvedimento risultò utilissimo perché, infatti, l'11 giugno in questa città scoppiò un'insurrezione dei nazionalisti contro gli europei e la squadra inglese bombardò la piazza, cogliendo il pretesto dei lavori di fortificazione che ARABÌ pascià aveva iniziato. La Francia, temendo complicazioni, non volle nella repressione del movimento egiziano unirsi all'Inghilterra; questa allora invitò l'Italia a cooperare ad un'azione militare in Egitto, ma il governo italiano rifiutò. Avuta notizia di questo rifiuto, FRANCESCO CRISPI, che si trovava a Londra, scrisse al MANCINI in data del 29 luglio: "Sono dolentissimo che hai declinato l'invito che ti fu fatto dall'Inghilterra ad intervenire in Egitto. Voglia Iddio che il tuo rifiuto non sia la causa di nuovi danni all'Italia nel Mediterraneo. Bisognava accettare senza esitazione. Quando Cavour gli fu fatta l'offerta di unirsi alle potenze occidentali per andare in Crimea, non vi pensò un istante. Il Governo del piccolo Piemonte ebbe quel coraggio che oggi manca al Governo d'Italia".

Il rifiuto della Francia e dell'Italia non scoraggiò di certo l'Inghilterra, la quale agì da sola. Il "Kedive" TEWFICK si mise sotto la protezione inglese e destituì da ministro della guerra ARABÌ pascià. Questi si ribellò e tentò di resistere alle truppe britanniche, ma il 13 settembre fu sbaragliato a Tell el-Kebir, fatto prigioniero e deportato all'isola di Ceylon. L'Inghilterra iniziò a "dominare" l'intero Egitto; il Kedive, riempito di sterline e lusso, il suo "servente" esecutore.

La politica estera del governo italiano, specie per quanto riguardava l'Egitto, non poteva che essere disapprovata. Nella seduta del 10 marzo del 1883, SONNINO mosse aspre critiche a MANCINI per avere rifiutato l'offerta dell'Inghilterra. "L'Italia - disse fra l'altro - non può disinteressarsi delle condizioni politiche del Mediterraneo; non può avere le stesse mire, la stessa politica, sia che le si chiudano o no gli sbocchi ai suoi commerci, sia che le si restringa o no il campo all'emigrazione dei suoi lavoranti e alla concorrenza dei suoi industriali, e le si tolga ogni speranza di un grandioso avvenire coloniale. Gli avvenimenti precipitano. La Russia e Austria si danno la mano per avanzarsi, l'una alla riva del Bosforo, l'altra dell'Egeo. Il "leone" inglese ha posato la zampa sull'Egitto, e non saranno le vostre piccole risorse ed innocue punture di spillo che gli faranno chiudere gli artigli. La Francia comanda a Tunisi, e ormai ogni nostra opposizione a quell'occupazione non appare più che una fanciullaggine. Tutti rispettano il Marocco come cosa che tocchi prima o poi alla Spagna. E l'Italia ? Riassume tutta la sua arte di Stato nel motto: "inertia sapientia".

Anche MINGHETTI si lamentò che l'Italia si fosse lasciata sfuggire l'occasione di recuperare in Egitto quell'influenza e quel prestigio che erano richiesti dai suoi interessi; gli onorevoli DI SANT'ONOFRIO, DELVECCHIO, MICELI e SAVINI, invece, si dichiararono contrari alla politica delle "grandi avventure" e sostennero che l'Italia, intervenendo in Egitto avrebbe violentemente negato il principio della sua nazionalità. Nel rispondere a tutti, MANCINI giustificò il suo rifiuto, sostenendo che "...l'Italia non poteva venir meno al principio del non intervento cui doveva la sua unità, che, dopo l'accettazione della Turchia ad intervenire in Egitto, l'azione italiana e inglese sarebbe stata interpretata come una contraddizione; che una spedizione italiana in Egitto avrebbe trovato contraria l'opinione pubblica del paese e provocato gravi provocazioni internazionali; e che la nazione Italia non avrebbe ricavato da una sua azione armata in Egitto "nessun adeguato vantaggio".

Ma il vero motivo del rifiuto era di ordine finanziario e lo disse pure: "Noi avremmo dovuto - dichiarò Mancini - assoggettare il paese, senza una manifesta necessità, senza la speranza di ottenere proporzionati compensi, ad una spesa ben considerevole. Essa era stata calcolata dal ministro della guerra ad oltre 50 milioni, per soli sei mesi, per l'invio di 20.000 o 25.000 uomini !".

Gli oppositori, i maligni e i retorici nazionalisti del grande Antico Impero, così commentarono: "la grettezza di un Governo, che si voleva gabellare per saggezza, chiudeva all'Italia uno degli sbocchi del Mediterraneo e la rendeva prigioniera in quello stesso mare, che era stato di Roma, e che suo doveva tornare". A pensare e dire le stesse cose, c'era pure Giosuè Carducci, che dimenticato il Risorgimento, tornava al mito di Roma: per riportare le Aquile imperiali in terra d'Africa; "armi, armi, armi, per la sicurezza" E armi, non per difendere, ma per offendere. L'Italia non si difende che offendendo".

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...Dunque tu vuoi essere ascari, o figlio, ed io ti dico che tutto, per l'ascari, è lo Zabet, l'ufficiale.
Lo zabet inglese sa il coraggio e la giustizia, non disturba le donne e ti tratta come un cavallo.
Lo zabet turco sa il coraggio, non sa la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un somaro.
Lo zabet egiziano non sa il coraggio e neppure la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un capretto da macello.
Lo zabet italiano sa il coraggio e la giustizia, qualche volta disturba le donne e ti tratta come un uomo...."

(da Ascari K7 - Paolo Caccia Dominioni)

 
 
 
 

 
 
 
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