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Ascari: I Leoni d' Eritrea. Coraggio, Fedeltà, Onore. Tributo al Valore degli Ascari Eritrei.

 

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L'Ascaro del cimitero d'Asmara.

Sessant’anni fa gli avevano dato una divisa kaki, il moschetto ‘91, un tarbush rosso fiammante calcato in testa, tanto poco marziale da sembrare uscito dal magazzino di un trovarobe.
Ha giurato in nome di un’Italia che non esiste più, per un re che è ormai da un pezzo sui libri di storia. Ma non importa: perché la fedeltà è un nodo strano, contorto, indecifrabile. Adesso il vecchio Ghelssechidam è curvato dalla mano del tempo......

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Storia. Anni 1891-1892.

Post n°53 pubblicato il 12 Agosto 2008 da wrnzla

Fonte Testi: Cronologia.Leonardo.it

Storia. Anni 1891-1892.

FORMAZIONE DEL MINISTERO DI RUDINÌ; IL PROGRAMMA - NEGOZIATI ITALO-INGLESI PER DELIMITARE I CONFINI TRA L'ERITREA E IL SUDAN - LA NOMINA DELLA COMMISSIONE D'INCHIESTA PER I FATTI COMPIUTI DA CAGNASSI E DA LIVRAGHI - DISCUSSIONE PARLAMENTARE DI ALCUNI DISEGNI DI LEGGE E INTORNO ALLA POLITICA E AGLI INTERESSI ITALIANI IN AFRICA - LA POLITICA TIGRINA - IL CONVEGNO DEL MAREB - IL GEN. GANDOLFI SOSTITUITO DAL COL. BARATIERI - UCCISIONE DEL CAPITANO BETTINI

FORMAZIONE DEL MINISTERO DI RUDINÌ

Con il precedente capitolo abbiamo fatto una pausa sulle vicende africane (che riprenderemo dopo questo capitolo, dopo quello su Giolitti, e quello su Crispi). Ripartiamo dal secondo ministero Crispi, e alle sue dimissioni nel gennaio 1891; che fu costretto a darle, quando, ribattendo alle forti critiche sul suo governo (soprattutto a Borghi), perse le staffe e con violenza accusò la destra di aver condotto, quando erano loro al governo, una "politica servile verso lo straniero!". Sollevò un putiferio proprio dentro le file della destra, cui si unirono quelli della sinistra; che da qualche tempo stava iniziando a diventare una destra moderata e che, nonostante al governo, al pari dell'opposizione, criticava Crispi e l'intera linea della sua politica.

Per formare un nuovo governo si fece alcuni tentativi, tutti falliti, per dar vita ad un Gabinetto di coalizione con Giolitti e Zanardelli

Dato il motivo occasionale della crisi, il nuovo ministero non poteva non avere colore di Destra. A comporlo fu così chiamato dal Sovrano, il marchese ANTONIO STARABBA di RUDINÌ, palermitano e nemico giurato di Crispi, il quale, dopo la morte di LANZA, SELLA e MINGHETTI, era considerato il capo della Destra.

RUDINÌ costituì il nuovo Gabinetto il 6 febbraio del 1891, assumendo la presidenza del Consiglio, gli Esteri e l'interim della Marina (ministero che fu alcuni giorni dopo assegnato all'ammiraglio di SAINT-BON); l'Interno fu affidato a NICOTERA, le Finanze a GIUSEPPE COLOMBO, il Tesoro a LUIGI LUZZATTI, i Lavori Pubblici e l'interim delle Poste e Telegrafi ad ASCANIO BRANCA, la Grazia e Giustizia a LUIGI FERRARIS, la Pubblica Istruzione a PASQUALE VILLARI, la Guerra a LUIGI PELLOUX e l'Agricoltura a BRUNO CHIMIRRI.
Unici ministri della sinistra: Nicotera e Branca.

Il 14 febbraio1891, DI RUDINÌ espose al Parlamento il suo programma preannunciando un regime di economie e un mutamento d'indirizzo rispetto alla politica espansionistica coloniale. La sua sarebbe stata la politica del "raccoglimento e delle economie"; per la politica interna si sarebbero curati l'economia e il decentramento amministrativo e si sarebbe iniziata una legislazione sociale; per la politica finanziaria si sarebbero ritoccate alcune leggi fiscali e riformati gli istituti di emissione, che avrebbero avuto il servizio di tesoreria; inoltre si sarebbero toccati "con mano prudente, ma risoluta, tutti i bilanci, compresi quelli della Guerra e della Marina, per usare ovunque e per tutti, la massima parsimonia"; infine per la politica estera si sarebbe badato a, non abbassare la dignità nazionale, sarebbero state mantenute le alleanze e si sarebbe mostrato alle altre nazioni, specie alla francese, che l'Italia non aveva propositi aggressivi.
Riguardo all'Africa Di Rudinì affermò che avrebbe cercato di restringere le spese.

NEGOZIATI ITALO-INGLESI
PER LA DELIMITAZIONE DEI CONFINI TRA L'ERITREA E IL SUDAN

In Africa Di Rudinì trovava che l'Italia aveva due nemici dai quali doveva guardarsi: gli Abissini e i Dervisci; questi non erano meno pericolosi di quelli. Facendo i Dervisci frequenti incursioni nella colonia italiana ed essendo costrette le truppe di presidio ricacciarli ed inseguirli, Crispi aveva creduto necessario, nel febbraio del 1890 di entrare in trattative con l'Inghilterra per la delimitazione dei confini tra l'Eritrea e il Sudan; ma il 10 ottobre i negoziati erano stati interrotti, perché il governo italiano avrebbe voluto occupare definitivamente Cassala, mentre il Governo inglese pretendeva che l'occupazione di questa città durasse fino alla riconquista del Sudan da parte dell'Egitto.

DI RUDINÌ riprese le trattative che portarono alla firma di due protocolli (Roma, 24 marzo e 15 aprile del 1891) con cui si delimitavano le rispettive zone d'influenza dell'Italia e dell'Inghilterra. In quella italiana furono compresi l'Abissinia, il paese dei Galla e il Caffa. Inoltre all'Italia fu accordata la facoltà di occupare temporaneamente Cassala se era necessario per esigenze militari.

COMMISSIONE D'INCHIESTA PER I FATTI DI CAGNASSI E LIVRAGHI

Nel marzo l'on. COLAIANNI presentò un'interpellanza alla Camera sulle crudeltà commesse in colonia dal tenente dei carabinieri LIVRAGHI e dall'ufficiale di polizia CAGNASSI. Il 6 marzo DI RUDINÌ dichiarò che il Governo intendeva aprire un'inchiesta e il giorno 11 si svolse alla Camera la discussione sull'"affare Livraghi". Alcuni deputati volevano che si nominasse una Commissione parlamentare d'inchiesta, ma il presidente del Consiglio comunicò di aver provveduto alla nomina di una Commissione reale, composta dei senatori Borgini ed Arnò, del generale Driquet e dei deputati Cambray-Digny, San Giuliano, L. Ferrari e F. Martini.

Nella seduta del 29 aprile iniziò alla Camera la discussione dei tre seguenti disegni di legge;
1° -Autorizzazione di spesa per provvedere ad un'inchiesta disciplinare ed amministrativa nella Colonia Eritrea;
2° - Autorizzazione della spesa di tre milioni da iscriversi al capitolo 39 dell'assestamento del bilancio 1890-91 del Ministero della Guerra;
3° - Modifica all'assestamento della spesa del Ministero degli Affari Esteri per l'esercizio finanziario 1890-91.

DISCUSSIONE PARLAMENTARE SULLA POLITICA E GLI INTERESSI ITALIANI IN AFRICA
La discussione più che i tre suddetti argomenti dei disegni investì la politica e gli interessi dell'Italia in Africa. BOVIO chiamò responsabile il ministero Crispi di non aver saputo trarre profitto dalla morte del Negus Giovanni e di aver aiutato Menelick e propose che si ritirasse il corpo militare, che "rimanesse un manipolo di lavoratori a Massaua, un piccolo presidio che lo proteggesse e si dichiarasse trasformata la Colonia, senza sogni d'impero africano o di protettorato. Se poi la Colonia non si poteva trasformare civilmente in alcun modo, unica via di salute sarebbe stato il ritiro completo".

IMBRIANI notò che la Colonia era diventata strettamente militare, che il Governo civile non aveva mai funzionato e così si erano avute le vergogne del Livraghi e altro; e volendo dimostrare essere l'Africa divenuta scuola di corruzione comunicò che era stato catturato un "sambuco" carico di 35 giovinette schiave che erano poi state distribuite fra ufficiali. Quest'affermazione fece nascere vive proteste e la seduta fu tolta.
La discussione fu ripresa il 30 aprile. L'IMBRIANI parlò del Trattato d'Uccialli e sostenne essere necessario andare via dall'Africa; l'on. DANIELI disse "…essere folli volere imporre con le armi il protettorato in Abissinia" e propose che si riducessero notevolmente le spese per la colonia; l'on. PERRONE di San Martino sostenne la bontà della posizione commerciale di Massaua, che in Abissinia si doveva acquistare un imperio morale con benefici non con conquiste materiali; l'on. DEL BALZO fu d'avviso essere più utile non stipulare alcun trattato con popoli barbari e doversi restringere la nostra occupazione al triangolo Massaua-Asmara-Cheren; l'on. MENOTTI GARIBALDI affermò che nel triangolo suddetto, da lui visitato, non aveva riscontrato possibilità di colonizzazione ma che, nonostante ciò, non si doveva abbandonare la colonia; l'on. FRANCHETTI disse che qualunque atto di debolezza verso Menelick sarebbe stato pericolosissimo ed avrebbe distrutto ogni nostro prestigio; infine l'on. SOLA, ultimo oratore della seduta, parlò della marcia su Adua e dell'opera dei missionari francesi.
Nella tornata del 1° maggio parlarono l'on. Prinetti. che sostenne la necessità del riordinamento della Colonia, e l'on. TURBIGLIO, che prevedeva una grossa guerra con l'Abissinia e proponeva al Governo o di ritirarsi completamente dall'Africa o di rimanervi piantandosi solidamente sul ciglione di Gundet di fronte alla valle del Mareb.
Nella seduta del 5 maggio l'on. BONGHI affermò che il meglio che da noi si poteva fare in Africa era di rinunziare all'art. 17 del trattato di Uccialli, di ripristinare le buone relazioni con Menelick e di restringere quanto più fosse possibile la nostra occupazione; l'on. ANTONELLI fece una breve relazione dell'azione italiana in Africa e dell'opera propria presso Menelick; il presidente del Consiglio DI RUDINÌ dichiarò che la politica del Governo in Africa non sarebbe stata che politica di pace, di lavoro e di giustizia, che l'occupazione militare doveva considerarsi come un fatto transitorio, che non credeva opportuno né di avanzare né di retrocedere, ma credeva che la Colonia dovesse gradatamente trasformarsi in Colonia civile e commerciale, che infine era suo pensiero mantenere militarmente il triangolo Massaua-Cheren-Asmara, finanziandola con una spesa annua di 8 milioni.

Il 6 maggio, chiusa la discussione, si passò allo svolgimento degli ordini del giorno AMBROSOLI, che invitava il Governo alla riduzione dell'occupazione militare; CAVALLETTO che proponeva di mantenere le posizioni acquistate; SONNINO che confidava nell'azione del Governo per la tutela degli interessi economici e militari della Colonia; DANIELI per il passaggio alla discussione degli articoli dei 3 disegni di legge, e BOVIO che invitava il Governo al ritiro dall'Africa.
La Camera votò sull'ordine del giorno Danieli che fu approvato con 196 voti contro 38 e 3 astenuti. Nella stessa seduta, i tre disegni di legge furono approvati senza discussione e nella seduta del 7 votati a scrutinio segreto con i risultati seguenti: 1° disegno: voti favorevoli 160, contrari 48; 2° disegno: favorevoli 168, contrari 39; 3° disegno: favorevoli 170, contrari 38.

Nella seduta del 15 giugno anche il Senato approvò i tre disegni di legge.
La Commissione reale d'inchiesta, partita il 9 aprile, fu di ritorno il 28 giugno. La relazione, distesa da Di SAN GIULIANO, non solo si occupava dell'affare Cagnassi e Livraghi, ma delle condizioni della Colonia. Si sosteneva che l'Eritrea, con il tempo, poteva servire come un parziale sfogo all'emigrazione italiana e bastare finanziariamente a se stessa, ma che non bisognava limitare l'occupazione militare al triangolo Massua-Cheren-Asmara, bensì estenderla fino al Mareb e rafforzarla stringendo amichevoli relazioni con le popolazioni vicine.

LA POLITICA TIGRINA - IL CONVEGNO DEL MAREB

Conseguenza dell'inchiesta fu che il Governo, abbandonando la politica scioana dell'Antonelli, inaugurò una politica tigrina, suggerita anche dal contegno del Negus, il quale, comunicando alle potenze i confini del suo impero indipendente, vi aveva compresa, parte dei territori italiani e della costa dancala.
Scopo della nuova politica era quello di creare imbarazzi a Menelick e d'interporre tra lui e la colonia uno stato indipendente sotto lo scettro di ras MANGASCIA. Questa politica tigrina iniziò il 6 dicembre del 1891 sulle rive del Mareb, con un solenne convegno tra il generale GANDOLFI e ras MANGASCIA, presenti molti capi tra cui ras ALULA, nel quale convegno le due parti stipularono un patto d'amicizia e di pace e presero accordi per un'azione comune contro i Dervisci; e MANGASCIÀ riconobbe all'Italia il confine Mareb-Belesa-Muna.

IL GENERALE GANDOLFI SOSTITUITO DAL COL. BARATIERI

Nel marzo del 1892 il governatore GANDOLFI fu sostituito dal colonnello BARATIERI; comandante militare fu nominato il colonnello ARIMONDI.

UCCISIONE DEL CAPITANO BETTINI

In quello stesso mese il capitano LIONELLO BETTINI, mentre da Molasenai, dove era andato a disporre una banda a servizio di pubblica sicurezza, ritornava con tre soldati ad Az-Johannes, veniva aggredito da un'ottantina di predoni e dopo una fiera resistenza, ucciso.

Il 23 marzo 1892, DI RUDINI, rispondendo ad un'interrogazioni dell'on. DI SAN GIULIANO e dell'on. L. FERRARI sull'uccisione del capitano Bettini e sulle condizioni politiche e di pubblica sicurezza in Eritrea, dichiarava che le condizioni della colonia non erano mutate, né erano mutati i criteri che guidavano la politica del Governo italiano.
Contro questa politica svolsero interpellanze nella seduta del 10 di aprile gli onorevoli LUCIFERO ed ANTONELLI, che criticarono aspramente il convegno del Mareb. Prese anche la parola FERDINANDO MARTINI il quale fece notare che:
"tutte le volte che si parla di Africa, il presidente del Consiglio non riesce a celare un sentimento di noia prodotto da indifferenza. Da tale indifferenza del Governo riguardo all'Africa nasce poi l'indifferenza del paese".
Quello che diceva Martini era una grande verità che lo stesso Di Rudinì riconosceva. Se non noia, sentiva amarezza quando si parlava dell'Africa.
"Il tempo e l'esperienza, se mi persuadono che non si può e non si deve indietreggiare, non giunsero sinora a convincermi che si fece bene ad avanzare. Certo fa pena il pensare che noi dobbiamo fare molti sforzi per tenere questa posizione che occupiamo senza prossime prospettive di benefici. Noi siamo come una sentinella che sta al suo posto; ci stiamo e ci staremo. Ma mi lasci pur dire che io, per conto mio, non ci sto con letizia".

Questi, purtroppo, erano i sentimenti che albergavano nell'animo del presidente italiano del Consiglio, quando l'Italia aveva bisogno di un capo che avesse coscienza coloniale, la infondesse al paese e seguisse nei riguardi dell'Abissinia una politica illuminata e/o vigorosa.

Ma oltre poca decisione in Africa, nel corso del '91 erano accaduti altri fatti importanti in politica estera: con gli imperi centrali (rinnovo della "Triplice"); con la Francia i rapporti all'inizio sembravano distensivi (si sperava di ottenere un grosso prestito a Parigi dai Rotschild) poi erano diventati nuovamente tesi; e il trattato Franco-Russo
Inoltre furono notevoli pure i fatti di politica interna: dimostrazioni di protesta contro la disoccupazione; repressione per la manifestazione del 1° Maggio; TURATI e la KULISCIOFF preparano a Milano la nascita del Partito dei Lavoratori; il movimento sindacale di da strutture organizzative più solide con la creazione delle Federazioni di mestiere e di Camere del lavoro; i cattolici "transigenti" vogliono scendere in campo per partecipare alla vita politica formando un partito conservatore composto da elementi della destra e del cattolicesimo; ed infine proprio dentro il cattolicesimo, Papa Leone XIII pubblica una delle più importanti encicliche del secolo: la "Rerum novarum" "sulla condizione degli operai"; obiettivo: accrescere l'influenza della Chiesa fra i lavoratori, formulando un vasto programma d'intervento nelle questioni economiche e sociali, come l'"associazionismo di soli operai", l'"associazionismo sindacale cattolico". Tutto questo mentre sono in fermento sulle stesse problematiche, gli anarchici, le leghe socialiste, gli operaisti, i repubblicani, i radicali.
Sono gli anni dello sviluppo del movimento operaio e la diffusione tra le masse del socialismo. Sono le conseguenze dello sviluppo in senso capitalistico dell'industria e dell'agricoltura, il peggioramento delle condizioni di esistenza dei lavoratori, che stimolano le proteste del proletariato italiano e lo spingono a cercare nuove forme associative.
Ma tutti questi sforzi sono anche accompagnati dall'incremento della conflittualità sociale, e in parallelo nuove leggi di pubblica sicurezza consentiva ampi margini di discrezionalità alla polizia e poneva ostacoli, attuando la repressione - e in certi casi con la spietatezza- alle libertà di riunioni, in "nome della salvaguardia dell'ordine pubblico".
Tutti questi fatti li passiamo in rassegna uno ad uno, ora e nei prossimi capitoli

 
 
 
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Un blog di: wrnzla
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   Agli Ascari d'Eritrea 

- Perchè viva il ricordo degli Ascari d'Eritrea caduti per l'Italia in terra d'Africa.
- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare alla bandiera al corpo Truppe Indigene d'Eritrea.
- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare al gagliardetto dei IV Battaglione Eritreo Toselli.

 

 

Mohammed Ibrahim Farag

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Unatù Endisciau 

Medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.

 

QUESTA È LA MIA STORIA

.... Racconterà di un tempo.... forse per pochi anni, forse per pochi mesi o pochi giorni, fosse stato anche per pochi istanti in cui noi, italiani ed eritrei, fummo fratelli. .....perchè CORAGGIO, FEDELTA' e ONORE più dei legami di sangue affratellano.....
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A DETTA DEGLI ASCARI....

...Dunque tu vuoi essere ascari, o figlio, ed io ti dico che tutto, per l'ascari, è lo Zabet, l'ufficiale.
Lo zabet inglese sa il coraggio e la giustizia, non disturba le donne e ti tratta come un cavallo.
Lo zabet turco sa il coraggio, non sa la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un somaro.
Lo zabet egiziano non sa il coraggio e neppure la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un capretto da macello.
Lo zabet italiano sa il coraggio e la giustizia, qualche volta disturba le donne e ti tratta come un uomo...."

(da Ascari K7 - Paolo Caccia Dominioni)

 
 
 
 

 
 
 
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