WrnzlaAscari: I Leoni d' Eritrea. Coraggio, Fedeltà, Onore. Tributo al Valore degli Ascari Eritrei. |
L'Ascaro del cimitero d'Asmara.
Sessant’anni fa gli avevano dato una divisa kaki, il moschetto ‘91, un tarbush rosso fiammante calcato in testa, tanto poco marziale da sembrare uscito dal magazzino di un trovarobe.
Ha giurato in nome di un’Italia che non esiste più, per un re che è ormai da un pezzo sui libri di storia. Ma non importa: perché la fedeltà è un nodo strano, contorto, indecifrabile. Adesso il vecchio Ghelssechidam è curvato dalla mano del tempo......
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Controstoria. Etiopia tra miti, leggende.... e finzione.
Post n°247 pubblicato il 27 Marzo 2009 da wrnzla
Controstoria - L’Etiopia e i gas asfissianti La ricostruzione e’ fatta dal generale Alberto Rovighi, incaricato dall’ ufficio storico dello Stato Maggiore, ed e’ stata pubblicata ieri sulle pagine del quotidiano “Il Messaggero” di Roma. Si cominciò con “lanci di iprite” . sostiene il militare . sugli itinerari che portavano ai guadi di Tacazze’ . “Localita’ e numero delle bombe sono riportati nel diario storico del comando di Badoglio” . scrive Rovighi . “Il generale Rovighi dice la veritaà . I gas erano nei nostri magazzini. Furono sicuramente usati qualche volta. Ma il loro impiego non e’ stato determinante per la nostra vittoria. Noi ufficiali subalterni delle truppe avanzate comunque non ce ne siamo mai accorti“, dice Indro Montanelli, all’ epoca ufficiale in Etiopia, che non contraddice, nelle sue conclusioni, il racconto del generale Alberto Rovighi. E di questo episodio parla anche Rovighi. Lo storico militare ricorda date e battaglie combattute con i gas (seppure “l’ impiego difficile e gli scarsi risultati anche per la ridotta persistenza del gas alle temperature elevate e la dispersione degli avversari sconsigliarono l’ uso“) arrivando a concludere che l’ impiego fu propagandato dalla stampa e dai capi etiopici ma che la vittoria fu “essenzialmente assicurata da un migliore armamento e da uno sforzo logistico di grandi dimensioni“ La testimonianza di Indro Montanelli da (LA GUERRA D’ETIOPIA E “I GAS DI MUSSOLINI/post/1809626.html Prima di entrare nel merito sarà bene ricordare che quando l’Italia affrontò quell’impresa, Francia e Inghilterra profetizzarono che, qualora il nostro Paese fosse riuscito a vincere quella guerra, questa sarebbe durata non meno di cinque anni e con perdite inimmaginabili. In occasione del cinquantenario dell’impresa etiopica ed esattamente il 3 ottobre 1985, il primo canale televisivo della RAI, mandò in onda una trasmissione che doveva essere rievocativa e la direzione fu affidata ad Angelo Del Boca. Come è ormai uso in casi del genere, il programma “non prevedeva” alcuna controparte e, di conseguenza, lascio al lettore stabilire il livello di quello che doveva essere una tale ricostruzione storica. Per inquadrare il grado di attendibilità dell’Autore, trascrivo quanto ha riportato a pagina 45 del libro in questione: ‘Montanelli ad esempio ha finalmente (?) ammesso l’impiego dei gas in Etiopia (…)‘;. E’ oltremodo strano che uno “storico”, fornito di ampia documentazione, senta la necessità di ricevere approvazione alle sue tesi da parte di un giornalista anche se del prestigio di Indro Montanelli. Nella realtà il De Boca asserisce una grossa inesattezza; infatti Montanelli in data 12 gennaio 1996 su “Il Messaggero” ribadisce: ‘Se la guerra a cui ho partecipato corrisponde a questi conntati, vuol dire che io ne ho fatta un’altra. Che non c’ero. Ma quali gas?‘;. Prima di passare alle “testimonianze vissute”, per inquadrare nel suo insieme quanto si sta trattando, è interessante riportare: * un altro passo del volume in questione, dove l’Autore attesta: “Il mio lavoro vuol essere una sorta di deterrente contro i fantasmi del passato (…)“. Non è certamente una garanzia di indipendenza di giudizio questa dichiarazione: un ricercatore non può scrivere “contro qualcosa o qualcuno”; I “documenti” a cui Del Boca fa riferimento sono noti da diversi anni, ma quel che non è noto è la conseguenzialitità con cui si giunse a quei “documenti”, non la loro reale autenticità, e attesto questo perché da troppi anni, per motivi che nulla hanno a che vedere con la Storia, troppi falsi hanno circondato gli avvenimenti di “quei” venti anni. E passiamo alle “testimonianze vissute”. Pietro Romano, “Il Giornale” del 18/2/96: “All’epoca ero un semplice gregario del gruppo Diamanti. Poiché il mio reparto, come è risaputo, operò sempre in avanguardia nel Tigrai e altrove, nessuno dei suoi gregari sarebbe sfuggito alle contaminazioni, se fossero stati usati i gas (…). Posso assicurare che i gas non furono mai usati“. Il Colonnello Giuseppe Spelorzo in data 18/3/96 mi ha, fra l’altro, scritto: “Ho la buona sensazione che il Sig…. e gli altri cretinissimi italiani ne sappiano molto meno di me. Già, io ho avuto la ventura di percorrere tutto l’Impero A.O.I. (…) mai sentito parlare di gas (…)”. Uno dei punti nodali è “la maschera antigas”. Nessuno, per quanto ne sappia, ha mai accennato che il nostro contingente avesse in dotazione quel tipo di protezione; infatti se il vento avesse cambiato improvvisamente direzione (e in quelle latitudini la cosa era più che probabile), l’iprite avrebbe investito coloro che l’avevano lanciata e disporre della “maschera” doveva essere il minimo della prevenzione. Segue l’interessante dichiarazione del Sig. Giovanni De Simone su “Il Giornale d’Italia” del 23 marzo 1996: “(…) In A.O.I. non vennero usati i gas. Se così non fosse io sarei stato il primo a saperlo prestando servizio al Sim ove giungevano decrittati tutti i messaggi della intera rete radio del nemico captati dal “Centro intercettazioni” di Forte Bracci; un vero libro aperto per noi in possesso di “decifratore”. Mai rilevata una parola sui gas.“ E ancora “Il Giornale d’Italia” del 29/4/96, il Sig. Giulio Del Rosso testimonia: “Posso tranquillamente affermare che nel settore del fronte etiopico, dal fiume Mareb, confine fra l’Eritrea e l’Etiopia, fino al Lago Tana (oltre 1000 Km. pedibus calcantibus) ove ha operato il VI° Corpo d’Armata, comandato dal generale Babbini e del quale faceva parte il mio reparto, non sono mai stati impiegati gas tossici. Avevo raggiunto, io, Addis Abeba dopo le ostilità ed avevo avuto l’occasione di contatti con commilitoni provenienti da altri fronti e da altre località ove si susseguirono battaglie cruente e sanguinose, non ho mai sentito la parola ‘gas’ (…)”. Altra perla, me la riferì una graziosa francesina incontrata a Firenze nel ‘37, secondo la quale giornali francesi ed inglesi riportavano che noi Cc.Nn. avremmo mangiato a colazione bambini abissini. Lo stesso Winston Churchill nella sua “La Seconda Guerra Mondiale”, a pag. 210, esclude l’uso dei gas nei seguenti termini: “I gas asfissianti sebbene di sicuro effetto contro gli indigeni non avrebbero certo accresciuto prestigio al nome d’Italia nel mondo“. Vittorio Mussolini che all’epoca era al comando di una squadriglia di bombardieri mi disse: “Mai usati i gas. E noi dell’aeronautica che avremmo dovuto trasportarli e sganciarli, dovevamo pur esserne a conoscenza“. Non so se il Del Boca, nel suo libro, ha ricordato che ai prigionieri caduti in mano abissina venivano riservati trattamenti diabolici: l’evirazione era la norma comune. Questi episodi (che poi non erano tali, ma la norma), non erano “propaganda fascista”, ciò è dimostrato dal fatto che vennero denunciati anche dai Governi pre-fascisti, in occasione delle disastrose spedizioni effettuate in quel periodo e in quelle località. Non so se queste dichiarazioni possono essere tacciate di impudenza o di cos’altro; infatti evirare i prigionieri e sotterrarli vivi (notizie di fonte inglese) era una “maniera cavalleresca” di condurre la guerra. Ugualmente interessante è quanto ha scritto il signor Francesco Deosanti (“Giornale d’Italia” dell’1/4/96): “Da metà febbraio 1935 a metà giugno 1936, fui sottufficiale in servizio presso la Capitaneria di Porto di Massaua (…), non dimenticherò mai quella mattina, credo di febbraio 1936, quando registrai un piroscafo di 500/600 tonnellate con un carico di 25 tonnellate di ‘iprite’ (…)“ Che una nave trasporti ‘iprite’ non prova che quel gas sia stato usato per scopi bellici. Infatti, durante la Seconda Guerra Mondiale e precisamente dopo l’8 settembre 1943, alcuni bombardieri tedeschi colpirono delle navi alleate alla fonda nel porto di Bari. Per concludere. Nel compilare questo articolo contattai il generale Angelo Bastiani, presidente del gruppo Medaglie d’Oro, recentemente scomparso. Alla mia domanda, sdegnato mi rispose: “E’ una vigliaccata, rieccoci con le carognate. Io e i miei indigeni eravamo le avanguardie di ogni assalto, ci avrebbero almeno dato le maschere antigas. Alla battaglia conclusiva di Maiceo, al lago Ashraghi, quella a cui partecipò anche il Negus; perché lui che ne avrebbe avuto tutto l’interesse mai disse che lo combattemmo coi gas?“. Giro le domande: 1. perché nessun milite italiano fu mai fornito di maschere antigas? |
INFO
- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare alla bandiera al corpo Truppe Indigene d'Eritrea.
- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare al gagliardetto dei IV Battaglione Eritreo Toselli.
Medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.
Medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.
QUESTA È LA MIA STORIA
.... Racconterà di un tempo.... forse per pochi anni, forse per pochi mesi o pochi giorni, fosse stato anche per pochi istanti in cui noi, italiani ed eritrei, fummo fratelli. .....perchè CORAGGIO, FEDELTA' e ONORE più dei legami di sangue affratellano.....
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A DETTA DEGLI ASCARI....
...Dunque tu vuoi essere ascari, o figlio, ed io ti dico che tutto, per l'ascari, è lo Zabet, l'ufficiale.
Lo zabet inglese sa il coraggio e la giustizia, non disturba le donne e ti tratta come un cavallo.
Lo zabet turco sa il coraggio, non sa la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un somaro.
Lo zabet egiziano non sa il coraggio e neppure la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un capretto da macello.
Lo zabet italiano sa il coraggio e la giustizia, qualche volta disturba le donne e ti tratta come un uomo...."
(da Ascari K7 - Paolo Caccia Dominioni)
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