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Ascari: I Leoni d' Eritrea. Coraggio, Fedeltà, Onore. Tributo al Valore degli Ascari Eritrei.

 

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L'Ascaro del cimitero d'Asmara.

Sessant’anni fa gli avevano dato una divisa kaki, il moschetto ‘91, un tarbush rosso fiammante calcato in testa, tanto poco marziale da sembrare uscito dal magazzino di un trovarobe.
Ha giurato in nome di un’Italia che non esiste più, per un re che è ormai da un pezzo sui libri di storia. Ma non importa: perché la fedeltà è un nodo strano, contorto, indecifrabile. Adesso il vecchio Ghelssechidam è curvato dalla mano del tempo......

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Messaggi di Dicembre 2008

Ascari d'Eritrea. Immagini

Post n°201 pubblicato il 08 Dicembre 2008 da wrnzla

 
 
 

Guerra d'Etiopia. Carabinieri, Zaptiè e Ascari Eritrei.

Post n°200 pubblicato il 08 Dicembre 2008 da wrnzla

GUERRA ETIOPIA
Carabinieri, Zaptiè e Ascari Eritrei.
Tratto da: www.carabinieri.it

CAMPAGNA ITALO-ETIOPICA (I Carabinieri nella- 1935/1936)

Un episodio della campagna italo-etiopica: nei pressi di Om Hager.Il riarmo tedesco, iniziato nel 1933 e reso effettivo il 6 marzo 1935 con il ripristino in Germania del servizio militare obbligatorio, in spregio alle clausole del trattato di Versailles, colse di sorpresa le Potenze europee e fece perdere ogni parvenza di autorità alla Società delle Nazioni. Di conseguenza i diversi governi cercarono, ciascuno per proprio conto, di garantirsi quella sicurezza che la Società delle Nazioni non poteva ormai più offrire.
L'Italia era combattuta tra i propri interessi nell'area balcanico-lanubiana, in antitesi con la Germania, e la ricerca verso l'Africa, in particolare l'Etiopia, di quegli sbocchi territoriali che avrebbero potuto costituire un'alternativa al freno imposto dai paesi d'oltremare alla forte emigrazione italiana. Tale progetto era però osteggiato da Francia ed Inghilterra, segnatamente da quest'ultima, che temeva di veder compromessa la posizione dei propri domini in Africa Orientale e paventava la possibile concorrenza dell'Italia nel commercio con l'Oriente.

Il Governo italiano si risolse a favore degl'interessi africani e decise di portare a compimento quella penetrazione in Etiopia abbandonata nel 1896. Per organizzare le forze che avrebbero dovuto attuare i piani del Governo, nell'aprile 1935 fu istituito il " Comando Superiore dell'Africa Orientale" di cui fece parte il "Comando Superiore Carabinieri".
Il 2 ottobre 1935 venne dato il via alle operazioni militari ed il 3 seguente le truppe italiane varcarono il fiume Mareb, che segnava il confine tra Eritrea ed Etiopia.
La manovra italiana era articolata su tre colonne avanzanti: ad Est il I Corpo d'Armata (gen. Ruggero Santini), al centro il Corpo d'Armata Eritreo (gen. Alessandro Pirzio Biroli), ad Ovest il II Corpo d'Armata (gen. Pietro Maravigna), con gli obiettivi rispettivi di Adigrat, Entisciò e Adua. Contemporaneamente varcava il confine somalo un Corpo misto (gen. Rodolfo Graziani). Tutte le Unità erano agli ordini del gen. Emilio De Bono.

 



10 marzo 1936: la 3^ Banda Carabinieri sbarca a Obbia, in Somalia, per raggiungere il fronte operativo.Per il "Comando Superiore Carabinieri" presso il Comando Superiore dell'Africa Orientale furono mobilitate cinque Sezioni, un Nucleo ufficio postale ed una Sezione zaptiè, dislocata presso il Comando del Corpo d'Armata Eritreo. Successivamente furono anche mobilitate 2 Sezioni Carabinieri da montagna, una Sezione a cavallo ed un Nucleo postale per ciascun Corpo d'Armata e Divisione destinati ad operare in Africa Orientale. In Somalia vennero costituite due "Bande" con truppe indigene, forti di 23 ufficiali e 1100 tra sottufficiali e militari semplici. Fu infine istituito un Comando Carabinieri di Intendenza, per il coordinamento dei servizi di polizia militare nelle retrovie e per compiti informativi.
Col progressivo affluire sul teatro operativo delle Grandi Unità, l'Arma portò i suoi reparti in Africa a 55 Sezioni da montagna, 6 a cavallo, 6 miste, 3 Sezioni zaptiè e 23 Nuclei, oltre a 3.143 zaptiè e 2.500 dubat somali, inquadrati in reparti diversi.
L'Esercito etiopico era diviso in sette masse al comando del Negus Hailè Selassiè, delle quali due terzi fronteggiavano l'Eritrea ed un terzo la Somalia, territori già acquisiti dall'Italia.

Gunu Gadu (Etiopia), aprile 1936.Le operazioni militari, iniziate come s'è detto il 2 ottobre 1935, portarono il 5 successivo alla caduta di Adua; l'8 novembre fu presa anche Makallè. In queste due città, tanto significative per la storia italiana, nuclei di Carabinieri entrarono per primi assieme ai reparti dell'84° e del 60° Fanteria.
Frattanto al Sud le truppe della Somalia avanzavano su due direttrici: Dolo-Filtù-Neghelli-Madarà-Scebeli; Ogaden-Harar-Dire Daua.
Il 15 dicembre l'armata di Ras Immirù tentò invano un'offensiva volta a minacciare l'Eritrea, superando i guadi dei fiume Tacazzè e cercando di risalire a Nord verso la zona di Selaclacà. In quella circostanza il maggiore dei Carabinieri Giuseppe Contadini costituì quattro Bande di irregolari indigeni da impiegare come ausiliari di polizia, per la vigilanza della frontiera; due di esse erano comandate da sottufficiali dell'Arma. In particolare la banda di Cohain, il cui nome derivava dalla zona di reclutamento, fu posta agli ordini del brigadiere Silvio Meloni. Questi, durante una ricognizione oltre il Mareb, nel corso della quale le bande si erano scontrate con un forte numero di nemici, resistette con il suo reparto per otto ore contrattaccando nuclei etiopici che cercavano di aggirare lo schieramento italiano. Infine, caduto l'ufficiale comandante lo scaglione di cui la banda di Cohain faceva parte, il Meloni prese il comando dei reparto; ferito a sua volta, fu sopraffatto e catturato insieme al carabiniere Domenico Palazzo, anche lui gravemente ferito. Tuttavia i superstiti riuscirono a rompere l'accerchiamento nemico e a ricongiungersi con il XXVII Battaglione eritreo.

Gunu Gadu (Etiopia), aprile 1936.Nello stesso episodio si distinsero anche il brigadiere Giovanni Amorelli, il quale, ferito tre volte, cadde in un assalto nel tentativo di spezzare il cerchio nemico, ed il carabiniere Angelo Alaimo, che venne colpito al cuore mentre anch'egli si lanciava all'attacco spronando i suoi commilitoni. Alla Memoria dei militari fu concessa la Medaglia d'Argento al Valor Militare.
Alle vittoriose operazioni contro Ras Immirù presero parte anche la 305a e 515a Sezione Carabinieri, attestate nella zona difensiva di Adì Qualà - Furdínai - Arresa - Tucul.
Gli indigeni, viste stroncate le loro manovre offensive sul fronte settentrionale, si asserragliarono nella regione del Tembien agli ordini di Ras Cassa, progettando di attaccare il fianco destro dello schieramento italiano ed infiltrarsi tra Makallè e Adua. Ma il gen. Pietro Badoglio, che aveva sostituito De Bono il 28 novembre 1935, prevenne la manovra nemica attaccando per primo. Il 20 gennaio 1936 le colonne italiane avanzarono nella regione occupando la località di Zeban Chercatà. Il 21 seguente le forze italiane che difendevano il passo Uarieu, importantissima porta del Tembien, si trovarono, nel corso di una sortita, improvvisamente attaccate da soverchianti forze nemiche. Si accese un combattimento che divenne particolarmente aspro quando i reparti nazionali, ritiratisi, dovettero difendere le posizioni del passo. L'assedio si protrasse sino al 24, allorché l'aviazione italiana ed i rinforzi del XXIV Battaglione eritreo misero in fuga gli assedianti. Alla battaglia parteciparono valorosamente la 302a e la 312a Sezione Carabinieri.

Gunu Gadu (Etiopia), aprile 1936.Frattanto sul fronte meridionale il gen. Graziani, pur non disponendo di molte forze, decise di attaccare gli etiopici di Ras Destà che avanzavano a Sud di Neghelli nell'intento di avvolgere le ali dello schieramento italiano alle spalle di Dolo. La battaglia divampò per tutto il gennaio 1936 tra i fiumi Daua Parma, Canale Doria e Vebi Gestro. Entro il 26 gennaio gli italiani occuparono tutta l'area compresa fra i tre fiumi ed una colonna mista. risalendo il Daua, si spinse sino a Malca Murri, a 210 km. da Dolo, base di partenza.
Va qui ricordato l'episodio d'eroismo che ebbe per protagonista il brigadiere Salvatore Pietrocola il quale, durante un combattimento a Malca Guba, nella zona di Neghelli, in un momento particolarmente critico dell'azione, caduto il proprio comandante, condusse i pochi superstiti all'assalto, pur ferito gravemente, sinché non cadde colpito a morte. Alla sua Memoria venne concessa la Medaglia d'Oro al Valor Militare.

Il successo ottenuto nel Tembien spinse il gen. Badoglio a colpire il nemico sull'Amba Aradam, zona di sutura tra le forze etiopiche del Tembien ed il grosso dislocato nell' Endertà al comando di Ras Mulughetà. Il vittorioso scontro che ne seguì, noto con il nome di battaglia dell' Endertà, costituì la premessa strategica della seconda battaglia del Tembien, con la quale le forze congiunte dei Ras Cassa e Sejum vennero definitivamente sconfitte tra il 27 ed il 29 febbraio 1936.
Avviata la campagna verso la fase conclusiva, furono istituiti 4 speciali reparti dell'Arma da impiegare in operazioni tattiche, denominati "Bande autocarrate". Esse vennero inquadrate a Roma ed articolate ciascuna su due Compagnie ed un Plotone comando, per un complesso di 1.000 uomini. Tali reparti s'imbarcarono il 25 febbraio 1936 e raggiunsero Obbia, in Somalia, il 10 marzo successivo.

Gunu Gadu (Etiopia), aprile 1936.Sul fronte settentrionale le truppe italiane, avanzando su Gondar e Socotà, occuparono il 28 febbraio la storica Amba Alagi, costringendo il Negus Hailè Selassiè a ritirarsi, con il grosso del suo esercito, a Sud del lago Ascianghi. Da qui il sovrano etiope tentò invano la controffensiva, ma le truppe italiane attestatesi a difesa presso lo stesso lago, sostennero dapprima l'urto nemico fra il 31 marzo ed il l' aprile 1936, poi passarono al contrattacco sbaragliando le forze etiopiche. Quest'ultima vittoria aprì al gen. Badoglio la via di Addis Abeba, capitale dell'impero negussita e, su quella via, il 15 aprile cadde la città di Dessiè.
A Sud, intanto, il 12 aprile fu costituito il Comando Raggruppamento Bande di cui facevano parte le "Bande autocarrate" dei carabinieri, le quali il 24 seguente ebbero modo di segnalarsi nell'aspro combattimento di Gunu Gadu. Questa località costituiva un formidabile baluardo avanzato dell'Ogaden, presidiato da circa 30.000 etiopici trincerati in caverne scavate tra gli alberi secolari, profonde tre metri e sistemate in modo da consentire un'azione incrociata di fuoco.

I Carabinieri attaccarono quelle posizioni con i loro autocarri allo scoperto, ingaggiando un durissimo scontro a fuoco durato dalle ore 7 alle ore 16 del 24 aprile e costellato da episodi individuali di valore. Tra i più salienti, quello del capitano dei Carabinieri Antonio Bonsignore, che si lanciò più volte sui trinceramenti nemici e, nonostante rimanesse ferito ad un fianco, rifiutò i soccorsi e continuò a guidare i suoi uomini sinché non cadde colpito a morte; quello del carabiniere Vittoriano Cimarrusti che, già ferito ad un braccio e medicato sommariamente torno sulla linea di fuoco attaccando gruppi di etiopi che tentavano di sorprendere di fianco la propria Compagnia; nuovamente ferito proseguì l'azione con il lancio di bombe a mano, finché venne sopraffatto dal numero dei nemici; infine, l'episodio del carabiniere Mario Ghisieni che, ferito gravemente alla gamba sinistra mentre attaccava le posizioni nemiche, continuò a combattere fin quando dovette essere soccorso per l'aggravarsi della ferita di cui poco dopo morì. Alla Memoria dell'ufficiale e dei due altri militari fu concessa la Medaglia d'Oro al Valor Militare.

Il 28 aprile 1936 cadde Sassabaneh. L'avanzata proseguì quindi per Dagabur, che fu occupata il 30 successivo; poi il 5 maggio fu la volta di Giggiga, l'8 seguente cadde Harar ed il giorno successivo Dire Daua.
Sul fronte settentrionale il 5 maggio 1936 le truppe italiane entrarono in Addis Abeba. Il 9 dello stesso mese il Negus Hailè Selassiè lasciò l'Etiopia per recarsi in esilio a Londra. Seguì l'occupazione del Goggiam e alla fine dei maggio 1936 le operazioni militari poterono dirsi virtualmente concluse.

Per le esigenze dell'intera campagna in Africa Orientale l'Arma aveva richiamato dal congedo circa 12.000 uomini ed i suoi reparti mobilitati giunsero a 78 Sezioni, oltre ai Nuclei, alle Bande autocarrate ed a quelle di irregolari indigeni.
I Carabinieri, oltre a partecipare a tutte le fasi del ciclo operativo combattendo con le altre truppe, si resero indispensabili nei servizi di loro specifica competenza, di polizia militare e civile. In particolare le Sezioni Carabinieri presso l'Intendenza curarono la sicurezza delle vie di comunicazione e la disciplina del traffico, esercitando inoltre un'azione di controllo e assistenza sui contingenti di operai che affluivano dall'Italia per la costruzione di strade e di altre strutture di supporto logistico alle truppe operanti.

Nel corso della guerra caddero 208 carabinieri; circa 800 furono i feriti. Vennero concesse a singoli militari 4 Medaglie d'Oro, 49 d'Argento e 108 di Bronzo al Valor Militare, oltre a 435 Croci di Guerra. La Bandiera dell'Arma fu insignita della Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia (oggi d'Italia) con la seguente motivazione:
"Durante tutta la campagna, diede innumerevoli prove di fedeltà, abnegazione, eroismo; offrì olocausto di sangue generoso; riaffermò anche in terra d'Africa le sue gloriose tradizioni; diede valido contributo alla vittoria".

 
 
 

Asmara. Piazza Roma. Immagini

Post n°199 pubblicato il 08 Dicembre 2008 da wrnzla

Asmara. Piazza Roma. (Data non specificata)


 
 
 

Al comando di un piccolo reparto di ascari eritrei

Post n°198 pubblicato il 06 Dicembre 2008 da wrnzla

Tratto da: CORRIERE DELLA SERA. www.corriere.it
Di: Indro Montanelli
La stanza di Montanelli.

Al comando di un piccolo reparto di ascari eritrei

Al comando di un piccolo reparto di ascari eritrei Caro Montanelli, Una conversazione con un amico reduce da un viaggio in Etiopia ha risvegliato in me ricordi di gioventu' . Mi sono rivisto, "horribile dictu", Balilla moschettiere quando spostavo bandierine rosse a segnalazione delle avanzate delle truppe italiane durante la nota guerra coloniale, sulla carta geografica di quella che allora era chiamata AOI. Il mio ricordo e' andato a nomi a me, e non solo a me, familiari e a vecchie fotografie raffiguranti i soldati delle nostre truppe coloniali: i famosi ascari eritrei, bulukbasci e sciumbasci dai vistosi galloni sulle maniche. E qui sta la domanda: com' era il rapporto di questi soldati dal punto di vista gerarchico e umano coi loro superiori, cioe' ovviamente gli ufficiali italiani che li comandavano? Carlo Freschi, Milano Caro Freschi, Credo di poterle rispondere con cognizione di causa perche' sono stato quasi due anni al comando di un piccolo reparto (una cinquantina di uomini) di ascari eritrei, alle dipendenze del XX Battaglione (fascia e mostrine verde - cremisi) che lo usava a scopi di avanguardia e di ricognizione. Perche' a un simile posto, che richiedeva una certa esperienza di quella truppa e di quel territorio senza strade, nemmeno viottoli ne' carte topografiche, avessero designato un sottotenentino di 25 anni da pochi giorni catapultatosi da Parigi all' Asmara non l' ho mai capito, ma di li' a qualche settimana ringraziavo il Cielo che fosse capitato a me. Sul primo momento fui colto dalla paura che non sarei mai riuscito a distinguere l' uno dall' altro i miei uomini ne' a ricordarmene i nomi. Ma una cosa capii subito, che calmo' le mie ansie: che io ero, si' , il comandante di quel reparto, ma a titolo piu' che altro onorario, perche' il comandante effettivo era lo sciumbasci Gaber Hiscial (l' unico che aveva diritto di calzare i sandali, gli altri erano tutti scalzi), un veterano con 30 anni di servizio sulle spalle, che parlava un buon italiano, e sapeva anche un po' scriverlo, ma soprattutto maestro nel trattare sia i suoi uomini che il Goitana (Signore) di turno, cioe' l' ufficiale italiano. Senza mai darsene le arie, anzi sempre disponibile ai miei ordini, fu lui a insegnarmi quali dovevo dare, e come. Non ne sbaglio' mai uno. E quando, un po' per familiarita' , un po' per gratitudine, accennavo ad accorciare le distanze tra noi, era lui, sia pur senza parere, a ristabilirle. Il trattamento degli uomini presentava qualche difficolta' per via della loro eterogeneita' . La maggior parte erano eritrei di religione copta, variante - ma di poco - di quella cattolica, altri erano eritrei musulmani (come soldati, i migliori), ma c' era anche una mezza dozzina di etiopici venuti, prima dell' inizio dell' offensiva, ad arruolarsi nei nostri reparti, e un' altra mezza dozzina di mercenari yemeniti. Il momento per me piu' difficile venne quando, in uno dei rari scontri a fuoco, che mi costo' un morto e tre feriti, facemmo due prigionieri. Non sapendo dove metterli, me li rimorchiai, coi polsi legati, in coda alla colonna (battevamo in media 40 - 50 chilometri al giorno, io solo a cavallo, tutti gli altri a piedi). A un certo punto sentii alle spalle una scarica di mitra. Mi dissero che avevano sparato sui prigionieri perche' avevano tentato la fuga. Capii e minacciai, all' arrivo di tappa, inchiesta e castigo. Gaber trasmise, ma avvertendomi sottovoce: "Non buono, Goitana". "Perche' ?", gli chiesi. "Pericolo di abiet", rispose. "Abiet" significa ammutinamento. Il caso era rarissimo e dovuto a un ordine ritenuto ingiusto: gli ascari si mettevano in fila disarmati, con un sasso in testa, e da quel momento per l' ufficiale era finita: doveva cambiare reparto quasi sempre in zona morta e malarica. Nel caso mio, gli ascari contestavano il mio diritto a disporre della sorte dei prigionieri che consideravano loro spettanza. Accettai la regola, fingendo di dimenticare l' accaduto. Se ora qualcuno vuol denunciarmi per corresponsabilita' in crimini di guerra, mi pare che qui ce ne sia materia. Chiedo scusa di essermi troppo dilungato su questi ricordi, per me tuttora struggenti. Nel 1950, dopo che non era piu' nostra, tornai in Eritrea e vi ricercai i miei vecchi ascari. Mi accolsero trionfalmente: uno di essi aveva dato il mio nome a un suo figlio. E tutti mi chiamavano ancora "Goitana".

 
 
 

9 Maggio 1936. Nasce l'A.O.I. - Africa Orientale Italiana -

Post n°197 pubblicato il 04 Dicembre 2008 da wrnzla

9 Maggio 1936. Nasce l'A.O.I. - Africa Orientale Italiana -

LEGGI E ORDINAMENTI

Con la rapidità che caratterizza il Regime fascista comincia subito l'ordinamento amministrativo predisposto con apposite leggi.
Ecco in riassunto le principali, con le ultime modificazioni.
i territori dell'Etiopia, dell'Eritrea e della Somalia costituiscono l'Africa Orientale Italiana (A.O.I.).
L'Africa Orientale Italiana è posta alle dipendenze di un Governatore generale, che ha sede in Addis Abeba. Il Governatore generale dipende direttamente ed esclusivamente dal Ministero per l'Africa. Egli rappresenta il Re Imperatore nell'A.O.I. ed è il capo supremo dell'amministrazione di essa.
Dal Governatore generale dipendono: un Vice-governatore generale per le questioni politico-amministrative, ed un Capo di Stato maggiore per le questioni militari.
Fiancheggiano l'attività del Governo centrale dell'A.O.I. due organi consultivi: il Consiglio del Governo, presieduto dal Governatore o dal Vice-governatore e composto dai più alti funzionari dell'A.O.I., e la Consulta generale della quale fanno parte sei cittadini metropolitani scelti fra i sudditi della A.O.I.



L'A.O.I. si divide in 6 governi. Ciascun governo è dotato di personalità giuridica e di autonomia amministrativa, ed è retto da un governatore che alle sue dipendenze ha un segretario generale ed un comandante delle truppe. Ogni governo si divide in commissariati e questi in residenze ed in viceresidenze. I sei governi dell'A.O.I. sono: Governo dell'ERITREA. con capoluogo Asmara. Comprende le popolazioni dell'ex-Colonia Eritrea più le tigrine e dancale fino ai limidi meridionali dell'Aussa.
Governo della SOMALIA, con capoluogo Mogadiscio. Comprende le popolazioni della vecchia Colonia della Somalia italiana, quelle dell'Ogaden e marginali dell'altopiano.
Governo dell'AMARA, con capoluogo Gondar. Comprende le popolazioni amariche dell'altopiano, dalla regione del lago Tana allo Scioa.
Governo dello SCIOA, con capoluogo Addis Abeba, capitale dell'Impero e dell'A.O.I. Comprende parte del vecchio Scioa.
Governo dei GALLA e SIDAMO, con capoluogo Gimma. Comprende i gruppi etnici dei Galla e dei Sidamo posti ad occidente e sud dell'altopiano.
Governo di HARAR, con capoluogo Harar. Comprende le popolazioni omonime, e quelle degli Arussi e dei Bale.
Sino all'11 novembre 1938 il territorio di Addis Abeba era eretto a Governatorato. Primo governatore di Addis Abeba è stato lo squadrista della Marcia su Roma Giuseppe Bottai, volontario in A.O.I. Giuseppe Bottai è ora ministro per l'Educazione nazionale.
Dei sei governi che formano l'A.O.I., i tre dell'Amara, di Harar e dei Galla e Sidamo formano l'Impero (italiano) di Etiopia. Il governatore generale, in quanto regge l'Impero, è anche Vicerè.
L'amministrazione della giustizia è affidata:
a) alla Magistratura ordinaria ed a quella militare;
b) ai funzionari politico-amministrativi;
c) ai cadì ed ai capi locali.
Per la religione vi è completa libertà di culto. Agli islamiti è concessa piena facoltà in tutto il territorio dell'A.O.I. di ripristinare i loro luoghi di culto, le loro antiche istituzioni pie, le scuole religiose. Le istituzioni cristiane, che dipendono dal Patriarcato d'Alessandria d'Egitto, sono regolate da leggi speciali.
Ora però va formandosi nel clero una tendenza favorevole ad accordi con la Chiesta cattolica, con Roma.

Per la sanità pubblica, tanto trascurata, si sono presi provvedimenti ed altri se ne prenderanno per ottenere specialmente il rispetto dell'igiene delle persone e dell'abitazione. La popolazione è entusiasta dei nostri medici militari (hachjm) che si prodigano per tutti e fanno fuggire gli spiriti maligni (zar), così dicono loro, dal corpo.
Si istituiscono scuole ed asili infantili nei maggiori centri.
Grande sviluppo viene dato alle organizzazioni giovanili approfittando della predilezione dei giovanetti per gli esercizi ginnastici, sportivi e militari.
Ma si istituiscono con le scuole elementari anche scuole di mestiere: v'è tanto bisogno di dare abilità produttive e di allontanare la popolazione dall'ozio. Tutta un'organizzazione nuova è in atto per i servizi postali e telegrafici, per i trasporti, ecc.
Il Governo sta trasformando questa primitiva terra in una regione produttiva e civile.

LA COLONIZZAZIONE

Il Governo italiano ha prestabilito un piano di organizzazione e di valorizzazione di tutta l'A.O.I. ed ha stanziato la ragguardevole somma di circa 12 miliardi, così ripartiti:

Opere stradali....7.730.000.000
Opere edilizie.... 1.892.900.000
Opere marittime.... 670.000.000
Opere igieniche....550.000.000
Opere militari....493.000.000
Opere idrauliche e impianti idroelettrici... 300.000.000
Opere di colonizzazione agraria, bonifica, rimboschimento. 200.000.000
Opere telegrafiche, telefoniche e marconigrafiche.... 60.000.000

Queste somme assicurano l'impiego di una notevole quantità di lavoratori italiani e consentono l'esecuzione di vaste opere dalle quali deriverà lo sviluppo economico dell'A.O.I., organo fondamentale dell'Impero d'Italia.
La spesa più ragguardevole è quella rappresentata dalle strade perchè si può dire che non esistessero. Quelle ideate da noi sono strade larghe, comode, per ogni sorta di veicoli. Oramai sono quasi tutte ultimate.
V'è in attuazione un grande ampliamento del porto di Assab perchè possa accogliere il transito di merci e di viaggiatori che ora fa capo a Gibuti. Si è già costruita la grande camionabile Assab-Dessiè che finalmente risolverà il problema della circolazione in Etiopia, a vantaggio di Assab e Massaua.
Questa strada doveva essere costruita nel 1928, ma il Negus, sobillato da interessati europei, vi si oppose.
Il servizio dei trasporti (merci e viaggiatori) viene esercitato da una Azienda per conto dello Stato, come saranno dello Stato tutti gli altri servizi pubblici. La colonizzazione moderna comincia da questi perchè solo con l'ausilio dei servizi pubblici prenderà sviluppo il lavoro degli uomini, l'agricoltura, l'industria, il commercio.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: wrnzla
Data di creazione: 27/05/2005
 

 
   Agli Ascari d'Eritrea 

- Perchè viva il ricordo degli Ascari d'Eritrea caduti per l'Italia in terra d'Africa.
- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare alla bandiera al corpo Truppe Indigene d'Eritrea.
- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare al gagliardetto dei IV Battaglione Eritreo Toselli.

 

 

Mohammed Ibrahim Farag

Medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.

Unatù Endisciau 

Medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.

 

QUESTA È LA MIA STORIA

.... Racconterà di un tempo.... forse per pochi anni, forse per pochi mesi o pochi giorni, fosse stato anche per pochi istanti in cui noi, italiani ed eritrei, fummo fratelli. .....perchè CORAGGIO, FEDELTA' e ONORE più dei legami di sangue affratellano.....
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A DETTA DEGLI ASCARI....

...Dunque tu vuoi essere ascari, o figlio, ed io ti dico che tutto, per l'ascari, è lo Zabet, l'ufficiale.
Lo zabet inglese sa il coraggio e la giustizia, non disturba le donne e ti tratta come un cavallo.
Lo zabet turco sa il coraggio, non sa la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un somaro.
Lo zabet egiziano non sa il coraggio e neppure la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un capretto da macello.
Lo zabet italiano sa il coraggio e la giustizia, qualche volta disturba le donne e ti tratta come un uomo...."

(da Ascari K7 - Paolo Caccia Dominioni)

 
 
 
 

 
 
 
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ASCARI A ROMA 1937

 

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