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Post N° 185

Post n°185 pubblicato il 29 Maggio 2007 da firdhaus

 

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STORIA VERA:

Nawal al Sa'dawi
Firdaus
Storia di una donna egiziana

Firenze, Giunti, 2001

Firdaus ha scoperto presto che in Egitto la vita delle donne non riveste alcun valore: abbandonata in un convitto dal padre, che alla morte della madre ha sposato una nuova moglie, è costretta a vivere con uno zio che abusa di lei e la tratta come una serva, prima di darla in moglie ad un vecchio dalla faccia deformata e purulenta, che la inchioda ad un destino crudele di emarginazione e dolore.
A venticinque anni, Firdaus trova la forza di dare una svolta alla propria vita: lascia il marito e decide di non farsi più comandare da nessuno e di concedere il proprio corpo solo in cambio di una cospicua somma di denaro.
Imprenditrice di se stessa, finalmente libera dal giogo della subalternità agli uomini, si costruisce una fortunata carriera come prostituta d’alto bordo. Almeno finché viene condannata a morte, per avere ucciso l'uomo che pretendeva di farle da protettore, rigettandola nell'inferno della dipendenza. Per Firdaus meglio morire per un crimine commesso contro gli uomini, piuttosto che morire per i crimini subìti

***********************************

Firdaus di Nawal al Sa’dawi

raccontato da Nicoletta Rech

Questo testo, era inserito in una lista di libri che avrei dovuto leggere durante l’estate, era mia la scelta di prediligere un testo ad un altro e chi mi consegnò la lista non fece pendere la preferenza su nessuno dei titoli. In uno di quei mercatini “alternativi”, ormai noti cultori del multietnico, del multiculturale e del multigastronomico, mi fece capolino, quasi nascosto sotto tutti gli altri.

Già dalle prime pagine Firdaus vibra di vita sua, trascina la lettrice in un turbine d’emozioni e accompagna ad una consapevole conoscenza che fino era solo intuita. 

E’ la storia di una donna egiziana dai grandi occhi neri e dallo sguardo penetrante, condannata a morte per l’assassinio di un uomo attende l’esecuzione in una cella del carcere femminile del Cairo. Rifiuta di chiedere la sospensione della pena e si trincera dietro un assoluto silenzio, soltanto a Nawal, medico psichiatra ma soprattutto donna, racconterà la sua storia con sincera disperazione.

Firdaus inizia il racconto dalla sua infanzia, dai primi ricordi e dipana un’intera vita in centoventi pagine, con lucida verità espone la condizione comune delle donne mussulmane, estensibile a tutte come patrimonio universale, perché leggendo ci rendiamo conto che abbiamo provato uguali emozioni, ci sono capitate situazioni analoghe; forse la condizione della donna non cambia in base alla sua ubicazione geografica o al credo religioso.

 Firdaus comprende l’essenza dell’uomo ed i meccanismi che adotta, quasi una sopravvivenza culturale, per mantenere la donna in uno stato di perenne sottomissione. Finalmente si sollevano ad uno, ad uno tutti i veli che coprivano le menzogne e le ipocrisie e lei, Firdaus, si sente una persona fuori dal loro potere e dalla loro arroganza:

“Sono un’assassina, ma non ho commesso delitti. Anch’io come voi, uccido solo criminali. …. Per me le imprese dei principi e dei re non sono che crimini, non vedo le cose come voi. ….. Nessuna donna può essere una criminale. Per essere un criminale bisogna essere un uomo. ….. Dico che siete dei criminali, tutti voi: padri, zii, mariti, magnaccia, avvocati, dottori, giornalisti, e uomini di tutte le professioni. ….. Dico la verità, e la verità è feroce e pericolosa. ….”

Questa è la sua accusa, lei stessa la dichiara al momento del suo arresto, senza un cenno di pentimento e con estrema sincerità. Firdaus non ha più paura, sono loro invece che ne hanno di lei, e dice: “Ero l’unica donna che avesse strappato via la maschera e rivelato il volto della loro sporca realtà. Mi hanno condannato a morte non perché ho ucciso un uomo, migliaia di persone vengono uccise ogni giorno, ma perché lasciarmi in vita fa loro paura. Sanno che finchè sono viva, non sono sicuri; sanno che li ucciderei. La mia vita significa la loro morte. E la mia morte significa la loro vita. Vogliono vivere. E vita per loro vuol dire altri crimini, altre spoliazioni, rapine infinite. … Non spero nulla né temo nulla. Perciò sono libera. Perché nella vita sono i nostri bisogni, le nostre speranze, i nostri timori che ci rendono schiavi. La mia libertà li riempie di rabbia. Vorrebbero poter scoprire che dopo tutto c’è qualcosa che desidero che temo, che spero. Perché allora saprebbero di potermi rendere di nuovo schiava.”

In questo libro la parola che mi appare determinante sono “LORO”. Chi sono queste persone che si raggruppano in un pronome generico.

Anche Nawal se lo domanda e gira la questione alla sorvegliante:

“Pensa che Firdaus sia innocente, che non abbia ucciso?”

La risposta fu ancora più aspra:

“Sia o no assassina, è innocente e non merita di essere impiccata. Sono loro che meriterebbero di essere impiccati”

“Loro? A chi si riferisce?”

Si guardò intorno cautamente, quasi con paura, e arretrò di pochi passi.

“Loro … perché non li conosce, forse?”

“No” dissi.

Fece una breve risata e se ne andò. La udii che borbottava tra sé: “Come può essere che sia la sola a non conoscerli?”

Loro, non abitano solo i paesi orientali e dalla religione mussulmana, loro, sono anche coloro che alloggiano nell’opulento occidente, nei grattacieli di Manhattam e tra i vicoli di Trastevere.

Firdaus con la sua audacia racconta emozioni e disperazione, frustrazione e sogni, d’ogni donna egiziana e non solo egiziana, guidandoci alla comprensione di verità che non abbiamo il coraggio di guardare.

“Ora dico la verità senza esitare: perché la verità è sempre facile e semplice. E nella sua semplicità c’è un potere feroce. Sono arrivata alle verità feroci ed elementari della vita dopo anni di lotta. Perchè molto raramente la gente riesce ad arrivare in pochi anni alle semplici ma terribili e potenti verità della vita. Essere arrivati alla verità significa che uno non teme più la morte. Perché la verità e la morte sono simili. E la verità è come la morte, perché uccide. E’ la mia verità che li spaventa.” 

Firdaus non è un sogno né un’invenzione, è una donna vera, in carne ed ossa, i suoi piedi hanno calpestato la strada ed il suono della sua voce era reale.

Firdaus è stata realmente giustiziata nell’autunno del 1974 per la sua verità feroce e semplice, per la capacità di vedere le menzogne e l’ipocrisia.

Vorrei dedicare questo libro alle donne che ogni giorno fanno muovere tutti gli ingranaggi dell’esistenza, siano loro sante o prostitute; con il desiderio di veder crescere una solidarietà femminile

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Commenti al Post:
Remedios.Mcr
Remedios.Mcr il 30/05/07 alle 18:04 via WEB
Ecco un bel libro da leggere! :o)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 01/06/07 alle 17:02 via WEB
 
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