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Zagara&Pepe

La Metamorfosi è uno stato dell'Anima

 

 

« Messaggio #76ELEGIA del SILENZIO »

Riflessi

Post n°77 pubblicato il 08 Gennaio 2008 da pro_mos

Istintivamente Giorgio aveva portato il dito verso lo specchio ed iniziato a pulirlo, prima lievemente poi con forza ma in breve si era reso conto che quella non era una macchia, un segno per quanto indelebile, comparso chissà come sulla superficie riflettente, no, quel tratto spuntato così d’improvviso era l’immagine riflessa d’una ruga incisa sul suo volto.

Si fermò ed istintivamente richiamò a sé la mano passandola piano sul suo viso in prossimità di quel solco appena scoperto.

Ne era certo, o almeno lo credeva, solo ieri, il giorno prima, quella ruga non c’era. Era apparsa improvvisa di soppiatto, in quella manciata di ore che erano trascorse fra quella e la volta precedente che s’era specchiato. Quand’era stata quella volta? la sera prima o forse era il mattino?

 Se la trovava lì, sotto lo zigomo, sopra la guancia sinistra. La schiacciò col polpastrello dell’indice, la distese con le dita allargandola, stringendola. Lasciandola tornava sempre uguale, in quel suo posto che s’era scelta non sai se per vezzo o per casualità o forse per incider in modo più marcato una qualche linea che se fosse apparsa in modo meno persistente, avresti detto d’espressione.

 Giorgio la guardava un po’ sorpreso un po’ interdetto come si guarda la fattura d’un conto salato che ti ritrovi una mattina lì dentro la cassetta delle lettere, e mentre pensi che lo sapevi che prima poi ti sarebbe arrivata, perché ne eri cosciente che quella spesa l’avevi fatta, lo stesso la guardi un poco incredulo come se fino all’istante prima avessi quassi immaginato o sperato che si fossero scordati di te, di consegnartela. Magari il postino o nel negozio stesso il commesso si quello con l’aria un poco svagata e distratta che t’aveva servito con malavoglia, ecco, si magari lui, poteva esser quello da dimenticar di segnare la vendita e allora via, scordato per sempre, preso il bene senza pagare, che non sarebbe stato un furto, no in quel modo no, solo il frutto di una distrazione, la fortunata coincidenza del fato, la rivincita di mille conti in sospeso sempre pagati, saldati fino all’ultimo centesimo.

No, nemmeno quella volta il commesso per quanto distratto o svogliato s’era presa la briga di scordarsi di lui, e nemmeno il postino. Il tempo non è mai distratto o svagato e non sciopera mai e non rimuove mai nessuno dalla sua memoria infinita. Arriva in ritardo a volte, tanto che a rievocare i visi di certi suoi coetanei Giorgio s’imbrunì in volto ricordandoli perfettamente lisci, privi di ogni segno del tempo, privi di quella ruga senz’altro e forse chissà di quant’altro che in modo meno apparente lo tracciavano dentro. O forse no, che alle volte le persone non paiono come sono, o non lo dicono, e non lo dicono le mani o gli occhi o le unghie che immagineresti mangiate ed invece sono lì perfette come i polsini delle loro camicie, puliti, inamidasti, stirati splendidamente.

 -“Pensieri molesti”-  disse fra se Giorgio scacciando quelle turbe di parole, d’immagini e di sequenze concatenate che s’affacciavano nella sua mente.

 Una ruga lungo il viso. La puoi percorrere con il dito come una strada e lì, a immaginarsi piccolo piccolo della grandezza di una molecola o un atomo, o che ne so, ti potresti affacciare lungo quel solco che se sei di buon umore, lo potresti immaginare mare, o la costa del lago E lì proprio lì, a soffermarsi sul bordo di quel segno che il tempo t’ha portato, potrai incontrare tutti i tuoi ricordi. Perché una ruga può diventare un confine, o uno jato del tempo dove al di là resta il tuo passato ed al di qua ti ci ritrovi nel presente, come se presente e passato non fossero, in quel punto, un continuum ma avessero la loro disgiunzione.

 Oppure, ad esser meno prosaici diventando matematici, a guardarla dall’alto, la potresti immaginare come una riga, quella stessa riga che tracceresti per tirar le somme di un’addizione ed allora al di sopra tutti i numeri da sommare, quelli degli anni precedenti della tua vita e poi lì, al di sotto la somma, parziale, o il risultato.

 Non la puoi ignorare una ruga. Porta pensieri a frotte che dalla guancia passano dentro, di dentro, come se a tracciarla fosse stata una lama sottile e la sua profondità non fosse quella di pochi micron della pelle ma il suo fondo arrivasse giù diretto fino all’anima. Al cuore.

E s’affollano lungo quella breve distanza i fatti, ed i volti che avevi visto e quelli che hai solo immaginato,  le occasioni, i rimorsi andati e qualche piccolo rimpianto che il vento spolvera in un soffio d’improvviso.

 Giorgio la guardò in silenzio, che le parole gli si affollavano in gola, poi poggio la punta di due dita, l’indice ed il medio, alle sue labbra e schioccò un bacio che portò lieve allo specchio. Ed era un bacio colmo di un sorriso mescolato fra il compiacimento d’un rivedere fatti andati come vecchi amici mai scordati, e la consapevolezza che nuovi ne verranno a colmare, a scrivere, quel nuovo tratto d’oltre confine, come i giorni che matureranno, che ritroverà fra qualche tempo e riguardare sul ciglio di un altro jato che la natura gli regalerà.

E riemersero nella memoria le parole d’una canzone del Maestrone Cantore che rievocava fatti d’un tempo fattosi lontano, guardati senza rimpianto ma con la serenità d’averli vissuti. –“Sciao giovinezza”- disse. Uscì dal bagno, chiuse la porta alle sue spalle, spense con attenzione la luce e via, verso quel nuovo giorno che lo iniziava ad abbracciare.

 

 

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Readerle il 11/01/08 alle 19:34 via WEB
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