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Post N° 9

Post n°9 pubblicato il 30 Giugno 2005 da gh0std0g
Foto di gh0std0g

«La borghesia ha avuto nella storia una parte sommamente rivoluzionaria.

Dove ha raggiunto il dominio, la borghesia ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliache. Ha lacerato spietatamente tutti i variopinti vincoli feudali che legavano l'uomo al suo superiore naturale, e non ha lasciato fra l'uomo e l'uomo altro vincolo che il nudo interesse, il freddo "pagamento in contanti". Ha affogato nell'acqua gelida del calcolo egoistico i sacri brividi dell'esaltazione devota, dell'entusiasmo cavalleresco, della malinconia filistea. Ha disciolto la dignità personale nel valore di scambio e al posto delle innumerevoli libertà patentate e onestamente conquistate ha messo, unica, la libertà di commercio priva di scrupoli. In una parola, ha messo lo sfruttamento aperto, spudorato, diretto e arido al posto dello sfruttamento mascherato d'illusioni religiose e politiche.

La borghesia ha spogliato della loro aureola tutte le attività che fino allora erano venerate e considerate con pio timore. Ha tramutato il medico, il giurista, il prete, il poeta, l'uomo della scienza, in salariati ai suoi stipendi.

La borghesia ha strappato il commovente velo sentimentale al rapporto familiare e lo ha ricondotto a un puro rapporto di denaro

La borghesia ha svelato come la brutale manifestazione di forza che la reazione ammira tanto nel medio evo, avesse la sua appropriata integrazione nella più pigra infingardaggine. Solo la borghesia ha dimostrato che cosa possa compiere l'attività dell'uomo. Essa ha compiuto ben altre meraviglie che piramidi egiziane, acquedotti romani e cattedrali gotiche, ha portato a termine ben altre spedizioni che le migrazioni dei popoli e le crociate.

La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali. Prima condizione di esistenza di tutte le classi industriali precedenti era invece l'immutato mantenimento del vecchio sistema di produzione. Il continuo rivoluzionamento della produzione, l'ininterrotto squotimento di tutte le situazioni sociali, l'incertezza e il movimento eterni contraddistinguono l'epoca dei borghesi fra tutte le epoche precedenti. Si dissolvono tutti i rapporti stabili e irrigiditi, con il loro seguito di idee e di concetti antichi e venerandi, e tutte le idee e i concetti nuovi invecchiano prima di potersi fissare. Si volatilizza tutto ciò che vi era di corporativo e di stabile, e, profanata ogni cosa sacra, gli uomini sono finalmente costretti a guardare con occhio disincantato la propria posizione e i propri reciproci rapporti».

(K. Marx, F. Engels, Manifesto del partito comunista - Londra 1848)

Ecco quindi un altro concetto che deve essere precisato e contestualizzato, se si vuole capire il Manifesto: il concetto di borghesia. La borghesia di cui parlava Marx nel 1848, di cui ci viene data quest'immagine terribile ma in fondo non disgiunta da una componente di stupita ammirazione, era qualcosa di completamente diverso da quello che noi intendiamo oggi. Noi, oggi, parliamo di borghesia  e in fondo intendiamo il ceto medio. Al contrario, nel linguaggio di Marx la borghesia era la classe detentrice del potere economico, era in sostanza il ceto dei grandi industriali (quello che oggi sarebbero, ad esempio, le famigerate "multinazionali"). Questa "classe" pareva a Marx destinata a contendersi col solo proletariato il dominio del mondo, mentre il ceto medio sarebbe stato destinato a scomparire e i suoi membri a ascendere, in minima parte, nell'empireo dei borghesi o a sprofondare, per la maggior parte, nel proletariato.

L'evoluzione del sistema capitalistico dall'800 ad oggi ha decisamente smentito la previsione di Marx. La società si è stratificata, anziché semplificarsi. Il sistema si è dimostrato capace di produrre ricchezza condivisa, di ridistribuire oltre che accumulare. Questo, almeno, fino a quando il sistema ha avuto un nemico da fronteggiare, fino a quando è rimasto in piedi lo spauracchio del socialismo reale, dell'alternativa sovietica. Fino a quando il capitalismo, non avendo più nemici, non ha iniziato una mutazione genetica che rischia di farlo somigliare, in parte, più a quello di cui parlava Marx nel 1848 che non a quello che abbiamo conosciuto per gran parte del 900. Come non avvertire, allora, un certo brivido, quando ci accorgiamo che, negli ultimi anni, il divario tra i ricchi e i poveri (non solo nei paesi più poveri, ma anche all'interno delle nostre più o meno "opulente" società) ha ripreso ad aumentare? Quando scopriamo di quanto è aumentata la differenza tra il salario di un impiegato e il reddito di un dirigente? Quando scopriamo che il ceto medio se la passa male anche da noi, e che sempre più gente scivola verso le posizioni più basse della scala sociale? E che la ricchezza che rimane per larga parte della popolazione è solamente funzionale a mantenere una  propensione al consumo spesso artificialmente indotta, sicché in fondo non si traduce in altro che in un esproprio continuo?

Prossimamente: il consumatore come "nuovo proletario" e (terrore!) l'abolizione della proprietà privata.

 
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