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Si dice sempre che la più grande astuzia del diavolo è stata quella di essersi fatto dimenticare dagli uomini, anzi, quella di averli indotti a credere che egli non esista (Baudelaire).
Un’astuzia non inferiore è quella di aver relegato Dio nell’ora di religione.
Un’ora alla settimana, puramente ornamentale; intanto la vita deve continuare, indipendentemente dalla religione; ti confessi, ma devi peccare; la vita te lo impone. Così come la vita ti impone i suoi castighi, indipendentemente dal perdono di Dio; il perdono di Dio è un ornamento, una consolazione di cortesia, un contentino. La materia “religione” è la meno importante di tutto l’orario scolastico.
I sacramenti sono cerimonie, o talvolta passatempi spirituali; in quest’Italia ex D.C. (alquanto cattolica e non molto cristiana né democratica), più uomini e donne di quel che si possa immaginare si concedono questi piccoli lussi; la vita però è tutta un’altra cosa.
E quindi tu puoi e “devi” essere contemporaneamente uno che va in Chiesa e uno che nella vita campa come se Dio non esistesse, combinando sfracelli e venendo sfracellato. Appunto, c’est la vie.
Il punto di vista di un credente è completamente diverso, nelle due dimensioni: verticale e orizzontale.
1) Il sacro è sacro se sta al primo posto. Ognuno inevitabilmente, voglia o non voglia, deve mettere qualcosa al primo posto, nella sua interiorità; a chi sull’altare interiore mette gli idoli – ma fosse pure l’idolatria del puro niente – peggio per lui. Ha creduto nel niente, nel successo, nella comodità, nell’eterna giovinezza e così via.
2) Quanto detto vale sull’asse verticale, nell’interiorità dell’individuo. Però la sfera individuale interagisce con la realtà sociale; se tutta una società (o una buona parte di essa) devitalizza il sacro riducendolo a una Messa cantata e a una … messa in scena nel confessionale, questo deprezzamento (disprezzo) del divino si ripercuote sulla sensibilità dei singoli. La parola “sacro” perde significato; si sa che i significati delle parole dipendono dall’uso comune.
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L’astuzia del diavolo è anche quella di farci credere la volontà di Dio lontana, impraticabile, fondamentalmente avulsa dalla realtà. Ci crogioliamo, a volte, nell'illusione di un Dio contento degli onori formali e che si lasci rabbonire da un po’ di pratica religiosa, come un gerarca che tenga all’ossequio anziché al bene dei suoi sottoposti.
E se scoprissimo che la vera volontà di Dio coincide (coincideva) con ciò che è (era, sarebbe stato) meglio per noi?
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