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Reo De Janeiro

Post n°225 pubblicato il 04 Febbraio 2009 da zmblog
 

 

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REO DE JANEIRO

Un articolo semplice che chiarisce la posizione del Brasile sulla vicenda Battisti dove magari si può intuire che il Ministro della Giustizia Brasiliano non si è fumato il cervello come i nostri cari rappresentanti vogliono farcui credere

La decisione di concedere asilo politico al cittadino italiano Cesare Battisti, ex militante del gruppo di estrema sinistra Proletari Armati per Il Comunismo, sta suscitando un grande dibattito in Italia, dibattito accompagnato da manifestazioni e proteste politiche ed ideologiche contro la decisione brasiliana, alcune delle quali connotate da toni fortemente passionali. Ma oltre alle manifestazioni folkloristiche, altre presentano fattezze politico-ideologiche sostanziali, ed esse accusano il Brasile di “rompere le norme vigenti nella relazione giuridica con il mondo civilizzato”. È il caso del Ministro degli Interni, Roberto Maroni, quando afferma che questa decisione compromette le relazioni giuridiche tra i due paesi, o del deputato Piero Fassino del PD – ex-PCI, ex-PDS, ex-DS, che definisce la decisione politica del governo brasiliano come un errore attribuibile alla mancanza di conoscenza della realtà italiana, in un crescendo di proteste e indignazione che è culminato con la chiamata dell’Ambasciatore italiano in Brasile, ed al ridicolo della proposta, lanciata dal sottosegretario Alfredo Mantica, e ripresa dal Ministro della Difesa La Russa e dal Ministro della Gioventù Giorgia Meloni, di cancellare l’amichevole di calcio tra i due paesi!

Ma al di là di tutto questo rumore, la decisione del governo brasiliano di non concedere l’estradizione a Battisti si basa essenzialmente su una questione molto chiara, e cioè il modo in cui, all’epoca dei fatti, furono condotte le inchieste. Battisti fu indiziato per omicidio a partire da accuse fatte da un ex-compagno dell’organizzazione, Pietro Mutti, che si valse della “delazione premiata”.

Battisti è accusato di aver commesso due crimini, in due città molto distanti una dall’altra, Milano e la provincia di Udine, lo stesso giorno e ad un intervallo di appena mezz’ora. Oltre a ciò, Battisti fu giudicato in absentia, fu falsificata la sua firma (falsificazione constatata più tardi da un esame grafologico) per nominare avvocati indicati dal governo che accettarono la difesa.

Non ci furono prove concrete e tutto il processo si basò sulla deposizione di Mutti.

Inoltre, nell’esito processuale che ha portato alla condanna di Battisti, esistono indizi sostanziali ancora non chiariti dovutamente, che queste “confessioni” fatte dai “pentiti” furono estorte con la tortura, come denunciò all’epoca la scrittrice Laura Grimaldi ad Amnesty International.

Occorre aggiungere che in quel periodo prevalevano le leggi d’emergenza e che fino ad oggi esse rendono difficile qualsiasi tentativo di riapertura dei processi che videro coinvolte le organizzazioni sovversive negli “anni di piombo”. Per capire adeguatamente le attuali “ragioni di tutta questa indignazione” da parte del governo italiano, del PD e di praticamente tutte le forze parlamentari, non si può eludere la questione, ancora oggi non superata e centrale in questo caso, della situazione politica e sociale italiana degli anni Settanta.

Negli “anni di piombo”, in Italia, tra il 1969 e la fine degli anni Settanta, vari gruppi dissidenti del PCI, criticandone le posizioni, diedero vita ad organizzazioni che proponevano la lotta diretta per il socialismo. Il PCI era impegnato, a partire dal 1973, nella costruzione del Compromesso Storico, in una chiara posizione di conciliazione di classe, inserita dentro una scelta politica istituzionalista che puntava al raggiungimento di una posizione di riformismo radicale, più tardi evidenziato e approfondito con la distruzione del PCI e con la formazione del PDS.

Molte tra queste organizzazioni, basate in visioni politiche scollate dalla realtà concreta italiana, optarono, sbagliando, per la lotta armata, che culminò con il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, provocando una grande instabilità politica nel paese e soprattutto facendo retrocedere le conquiste della classe lavoratrice.

Il PCI, che si preparava ad entrare nel governo, nella logica del compromesso storico, finì, oggettivamente, per fare il coro con la destra, quando decise di appoggiare le misure di eccezione per combattere i gruppi dell’estrema sinistra, tutti considerati, da allora, come terroristi.

È in questo contesto che si scatena su questi gruppi una violenta repressione e questo è il contesto delle leggi d’emergenza che permisero non solo processi sommari, ma il crearsi di una situazione oggettiva che sospendeva, o limitava i diritti individuali e la democrazia in generale.

L’introduzione delle leggi speciali contro il terrorismo, in certa misura favorì la progressiva criminalizzazione della sinistra che si opponeva alla politica del vecchio e decadente PCI, che si disintegrerà nel 1991, e facilitò le posizioni dell’estrema destra, che in tempi più recenti, in particolare dopo le torri gemelle, coglierà l’occasione per imporre l’adozione del termine terrorismo indistintamente e con molta disinvoltura anche a coloro che resistono all’imperialismo.

Mutatis mutandis, questa situazione continua fino ad oggi. Tanto la destra come gli ex comunisti rappresentati dal PDS, successivamente DS, continueranno a sostenere le leggi di emergenza e a legittimare le sentenze politiche degli anni Settanta e Ottanta. La socialdemocrazia italiana non ha mai messo in discussione la legislazione di emergenza anti terrore e non ha mai messo in discussione la politica internazionale italiana di allineamento meccanico agli USA. La postura imperialista della socialdemocrazia italiana è stata anche una delle cause della rottura con i settori della sinistra antagonista che culminerà con la rottura del patto di desistenza del PRC, provocando la caduta del primo governo Prodi. Il PDS, poi DS, ha governato l’Italia attraverso alleanze cosiddette di centrosinistra, ma con il PRC all’opposizione.

Quando l’ex comunista Massimo D’Alema, oggi faro degli scissionisti della Rifondazione per la Sinistra, presiede il governo, l’Italia partecipa attivamente ai bombardamenti contro l’ex Iugoslavia, dove le truppe e le bombe della NATO uccidono migliaia di civili. Qualsiasi tentativo di condanna dell’azione del governo italiano per l’appoggio all’invasione e alla distruzione dell’ex Iugoslavia è prontamente bollato come terrorismo o come appoggio al “genocidio” commesso dai serbi (come se solo i serbi attaccassero le popolazioni civili e come se la guerra non fosse il risultato di anni di attuazione disintegratrice da parte delle forze neoliberali statunitensi ed europee), anche se questo implica, da parte delle forze NATO, l’appoggio a gruppi politici risaputamente vincolati al narcotraffico e al banditismo, come l’UCK.

Questo è l’obiettivo per il quale “democratici” ed estrema destra fanno del caso Battisti una questione d’onore, il rifiuto, cioè, ad abbandonare la politica d’emergenza per giudicare movimenti sociali e posizioni politiche che si confrontano in modo antagonista con la pretesa democrazia di una certa sinistra – trasformatasi in portatrice di interessi statunitensi in Europa – e con la truculenza grossolana dell’attuale governo italiano.

I “democratici” e l’estrema destra si rifiutano di ridiscutere e chiudere la pagina degli anni di piombo con le ingiustizie e le sommarietà che le leggi d’eccezione innestarono. La ferocia degli attacchi al popolo e allo Stato brasiliani, da parte del governo italiano, con la connivenza dei “democratici”, dimostra la giustezza del governo brasiliano nel concedere asilo politico a Battisti.

Soprattutto, la destra, che grida contro la “mancanza di rispetto” brasiliana verso le leggi italiane – ma niente dice sulla negazione dell’estradizione da parte delle autorità italiane del banchiere italo brasiliano Salvatore Cacciola, ladro contumace dei soldi del popolo brasiliano, condannato per peculato nel nostro paese, che non si pronuncia sui terroristi italiani dell’estrema destra che vivono in Brasile – questa stessa destra fa orecchie da mercante per la (giusta) concessione dell’asilo politico e umanitario concesso dal governo francese a Marina Petrella, ex-militante delle BR, nel 2008, non solo perché Sarkozy è sempre un possibile alleato della destra italiana nel contesto della UE, ma anche perché, nella sua furia razzista la destra italiana considera Sarkozy (ironicamente un figlio dell’immigrazione!) “meno offensivo” nei confronti dell’Italia perché presiede un grande paese europeo.

Come italo brasiliano, nipote di nonni napoletani e ciociari, figlio di genitori che sin da piccolo mi hanno insegnato ad amare l’Italia, non posso che condannare veementemente la posizione del governo italiano. Condanno e provo vergogna per la persecuzione ai migranti, ai non occidentali, agli zingari, ai mussulmani, che nella grande maggioranza arrivano in Italia per lavorare, migliorare la loro situazione e vivere in pace, così come fecero gli italiani, quando furono “espulsi” dalla loro terra dalla miseria e dagli oppressori, ed in Brasile costruirono il loro futuro.

Anche loro furono stigmatizzati come ladri, malfattori, portatori di disordine ed ignoranti da parte dell’elite e dei settori più reazionari della società brasiliana. Molti leader operai furono deportati dal Brasile come elementi “anti-sociali”, ed alcuni come “terroristi”, perché lottavano contro lo sfruttamento, lo stesso sfruttamento che li obbligò ad emigrare. Non è mai troppo ricordare che l’attuale Ministro degli Esteri, Franco Frattini, è stato censurato dal Parlamento Europeo nel novembre del 2007 per aver dichiarato la legittimità della deportazione sommaria dai paesi della UE di stranieri disoccupati o irregolari, scagliandosi con particolare veemenza contro la popolazione ROM. Non è mai troppo ricordare che il fatto di chiamare coloro che non appartengono alla Comunità Europea “extra-comunitari”, presuppone implicitamente un tipo nuovo, più ristretto e più nocivo di eurocentrismo, cioè quello che considera l’altro come “extra-umano”, come se gli esseri umani non appartenessero alla stessa comunità.

Ripudio l’ostilità contro il popolo brasiliano, che non esitò ad inviare in Italia 25.000 soldati a combattere contro il nazifascismo, che con onore caddero a Montecastello, Fornovo e Montese, morti per la dignità umana, come è scritto nel monumento in loro omaggio che si trova nel cimitero monumentale di Pistoia che li ospita.

Quel che il caso Battisti insegna è che l’Italia deve riconciliarsi con sé stessa e con la sua storia, cercando la verità dei fatti occorsi negli ancora bui “anni di piombo”. La ferita aperta,e ancora infetta, deve cicatrizzarsi. Questo è il compito di chi sinceramente lotta per la giustizia sociale e per la democrazia. In Italia, in Brasile e nel mondo.

FONTE: Antonio Carlos Mazzeo: docente di Scienze Politiche all’Università di San Paolo del Brasile (UNESP) e membro del Comitato Centrale del PCB (Partito Comunista Brasiliano). 
  

 
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