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Post N° 146

Post n°146 pubblicato il 29 Gennaio 2007 da zut_alors

Venerdì desideravo trincerarmi solo dietro a parole scritte. Un libro di racconti di Fuentes.

Mi hanno detto che piango e rido per niente. È vero.

Infatti poi venerdì in due minuti è cambiato tutto. E ho pensato che no, non è vero che ho perso tempo e non ho fatto nulla. E anche con le persone, a Lisbona.

Mi hanno regalato un libro di racconti scelti di Eça de Queirós, il più importante narratore del tardo romanticismo portoghese. Me lo ha regalato Wiktoria, un’amica polacca con cui seguo tre dei miei quattro corsi alla Faculdade de Letras: História da Língua Portuguesa, Literatura Portuguesa Medieval e soprattutto il corso che forse posso dire mi abbia marcata più degli altri, Linguística Românica, la grande scoperta di quest’anno. Linguistica delle lingue romanze. In realtà più che altro solo fonetica e fonologia, dato che la prof. sembra amare le sillabe più di se stessa. Del resto ognuno trova ragioni di vita nelle cose più disparate. Ana Maria Martins l’ha trovata nella struttura della sillaba e nello studio approfondito della trasformazione dei suoni nelle parole nel corso del tempo. Almeno così pare.
E comunque è un corso che ha marcato entrambe, me e Wiktoria. Wiktoria su cui nutrivo dei dubbi: le piacerò sul serio?
Wiktoria che però un giorno mi dice "ma se tu te ne vai a fine febbraio, con chi parlerò di palatalizzazioni e consonantizzazioni poi? Chi scherzerà con me nel secondo semestre sulla trasformazione dei gruppi PL-, FL- e CL- a inizio di parola?". E poi Wiktoria che mi regala i racconti di Eça de Queirós.

Ho capito una cosa: le impressioni che ognuno si fa di se stesso sono sempre completamente distorte. Vabbé, non è una grande scoperta, lo so. L’obiettività non esiste.
Però ho scoperto anche che anche se pensiamo di non riuscire a dare niente agli altri, forse significa solo che semplicemente vorremmo dare il massimo sempre.
Vorrei sempre darmi in maniera totale e totalizzante. Forse è per questo che poi rimango delusa e penso di non essere riuscita a costruire nulla. Con le persone, dico.

Ma gli ultimi due giorni a Lisbona mi hanno smentita. E danno ragione ad un’altra scoperta: anche se pensi di non stare dando nulla, in realtà stai dando già molto.
E mi hanno smentita così tanto che ho deciso di far cadere le ultime barriere superstiti. Abbracciare le persone. Baciarle. Stringerle. Legarle a me forte. Non perderle. Metterci energia.
E mi hanno smentita gli abbracci che ho ricevuto e continuo a ricevere, e le parole e i gesti.

E ora sono di nuovo a casa, una settimana. A Bulciago. Per "matar as saudades", come dicono in portoghese. Uccidere le nostalgie, letteralmente. Un concetto che in italiano non ha parole o modi per essere espresso.

E questa volta raccolgo tutte le energie che mi servono, le concentro in un angolo e me le porto a Lisbona. Per l’ultimo mese che mi aspetta là. Esami. Viaggi. E soprattutto le persone. Per stringerle. Legarle a me forte. Non perderle.

 
 
 
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