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Post N° 149

Post n°149 pubblicato il 13 Febbraio 2007 da zut_alors

Ha vinto il sì.

E domenica sera, mentre impazzavano gli exit poll, me ne sono fregata, andando al cinema con Lela a vedere questo film. Abbastanza interessante. Dà da pensare.
Vedere un film sottotitolato è fantastico, e mi dispiace che noi in Italia non siamo abituati. Le voci e i suoni originali. Tutto diverso.

Uh! Sabato sera festa in maschera in casa di non meglio identificati spagnoli. E la gioja di vivere torna all'improvviso!

Dalle cinque del pomeriggio sono partita alla forsennata ricerca di qualcosa da mettere. Niente di che. Ho semplicemente fatto il giro di tutti i bazar cinesi del quartiere.

Il progetto iniziale era un vestito in stile china, nero con dragoni verdi e dettagli in filo dorato più tocchi di rosso. Non ho trovato i suddetti vestiti, o se li trovavo erano troppo grandi o troppo cari.
Fortuitamente mi imbatto in un set cerchietto-con-orecchie-da-coniglietta-in-peluche-bianco-e-dettagli-fucsia-con-paillettes-più-papillon-annesso. Lo faccio mio.
Cerco allora una maglia che gli si abbini. Prima vado di fucsia duro e puro. Non trovo niente. Ma nel mentre (nel negozio second hand nel quale mi ero spostata) mi imbatto in una favolosa borsetta in pelo, zebrata, che urla il mio nome. La compro.
Ricomincio la ricerca. A questo punto desidero intensamente una maglia che inglobi nell'ordine queste caratteristiche 1) economica 2) leopardata 3) fucsia 4) con bordo di piumette nere. Ormai il piano era steso: sarei stata la coniglietta del trash, regina della festa.
Trovo una maglia in un grande magazzino china che corrisponde quasi totalmente alle aspettative. La provo ma mi sta male, sembro incinta (modello strano, stretto in alto svasato in basso). Sulla via verso l'uscita mi imbatto però in uno smalto per unghie fucsia/rosa Barbie. Lo compro perché so che in fondo prima o poi mi sarebbe servito. Forse quella sera stessa.
Nel mentre arriva Lela, con cui mi ero data appuntamento. Voleva venire a vedere la mia residenza. Benissimo. La trascino nella spirale di cui ormai ero preda.

Si innamora delle mie orecchie da coniglietta. Le desidera. Le dico che c'era anche la versione corna-rosse-da-diavoletta-ricoperte-di-pizzo-rosso, nello stesso negozio. Ci vi fiondiamo. Decide di comprarle. Passiamo al setaccio il negozio. Troviamo un box in plastica strapieno di specchietti da borsetta. Lela trova il migliore. Cornice in plastica dorata. Rivestimento in raso nero con decorazione di draghi cinesi dorati e dettagli rossi. Lo vuole, entusiasta. Lo aggiunge alla lista. Io disperata bramo ancora un maglia leopardata. Lela cerca invano di fami rinsavire propinandomi un'insulsa maglia-a-righe-bianche-e-nere-finta-emostyle. Niente da fare. Io voglio il leopardo. E tanto lo voglio tanto lo bramo, che finisco per mettere gli occhi sul box vicino a quello degli specchietti plasticoni. Pieno di braccialetti. Leopardati. In pelo. Dopo questa, l'unico problema diventa scegliere la tonalità che più mi aggrada tra i vari braccialetti esposti. Ma la mia sete non si è ancora placata. Lela mi deve allontanare a viva forza da un baby doll semitrasparente in tulle rosa shocking leopardato con pizzi neri e bordino di piumette.
Vicino all'uscita i miei occhi si fissano sull'espositore delle cinture. Le rimiro per un po' tra mille congetture, finché non ne scelgo una in tinta col braccialetto di cui sopra.

Usciamo, stremate. Torniamo a casa ora? Sì, torniamo a casa. Passiamo (per me era la terza o la quarta volta) davanti alla vetrina del negozio di usato. C'è una maschera esposta. Una maschera da gatta. Una maschera da gatta, nera, in vellutino. Una maschera da gatta, nera, in vellutino, con brillantini turchesi agli angoli degli occhi. E l'interno delle orecchie in oro, a forma di cuore. Baffi in nylon rigido. Nasino a semisfera, dorato, in plastica. Lela comincia a concupirla. Follemente. Forsennatamente. Bisogna entrare. Un secondo dopo la sta indossando. Due secondi dopo la sta pagando.

A casa mia. Pollo al curry e riso bianco, opera mia. Ormai non ci ferma più nessuno.
Preparativi deliranti. Al culmine del trash decido di mettermi anche la mia canottierina viola leopardata acquistata in un giorno di saldi pazzi al centro commerciale Colombo (ilpiùgrandedellapenisolaiberica). Ovviamente Lela era con me, quel giorno. Era fuori dal camerino mentre sopra la canottierina indossavo una maglia grigia a schiena ignuda. Era fuori dal camerino e annuiva compiaciuta all'apertura della tendina da parte mia, quando già indossavo le magliette prescelte.

Poi festa.
Non mi divertivo così da un sacco. Le altre maschere, beh, il solito... le migliori eravamo ovviamente io e Lela. La scena topica: un gruppo di brasiliani che mi braccano all'uscita della metro urlando "coelhina". Mi chiedono di fare delle foto con loro. Mi presto anche a ciò. Esilarata.

E a questo punto dico solo: Lela, tesoro, tu mi hai seriamente e irrimediabilmente traviata.

Tu e il tuo mondo tutto rosa. Tu e i tuoi accessori. Tu e le tue ciabatte di pelo. Tu e i tuoi smalti colorati. Il mio giudizio estetico è cambiato. Ero romanica. Sono diventata rococò.

Ieri invece è arrivata a Lisbona Consuelo (la Consu!), collega UniMi nonché cuoricino. E tra poco vado con lei al Gulbenkian. Gulbenkian meraviglioso che merita una trattazione a parte.
Vado per fare le foto che l'ultima volta non ho scattato (mercoledì pomeriggio scorso). Forse mi conviene soffermarmi di più sulle sale Luigi XIV, a 'sto punto...

Stamattina penultimo esame. Storia della lingua portoghese.
Andato bene.

Ora un po' di sonno. Credo che mi rifugerò tra le pagine di CosmopolitanPortugal di marzo. No, non mi sono bevuta il cervello. Non l'ho comprato. Arriva ogni mese alla residenza, in abbonamento. Benissimo. Ne approfitto. Prometto critiche mordaci. Oppure collassi di self-confidence, dipende.

Ho il progetto di vivere al massimo tutti i diciotto dico diciotto (una miseria!) giorni che mi separano dal mio rientro a casa. Definitivo.
Ora mi trovo a rimpiangere il troppo tempo perso a pensare di essere inadatta. O incapace di stare con le persone. O ad essere stanca. 

Ora si vive.

 
 
 
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