Creato da viscontina17 il 30/06/2012

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Messaggi di Agosto 2014

ECCO LA DRYMONEMA,NELL'ADRIATICO LA SUPER MEDUSA TORNATA DAL PASSATO

Post n°249 pubblicato il 29 Agosto 2014 da viscontina17

                               

Vive per lunghi periodi attaccata ai fondali e poi, d’improvviso, inizia a crescere

Sembra il titolo di una storia fantastica. Una medusa di quasi un metro di diametro non si incontra tutti i giorni, nel Mediterraneo. E’ successo due, forse tre volte quest’anno, nel Nord Adriatico. Vedere un animale «strano» può capitare e l’incontro poi si racconta agli amici (che non ci credono). Ma Gigi Paderni, quando ha incontrato la Drymonema dalmatinum, aveva la sua fidata macchina fotografica. E ha immortalato un gigante che gli è passato vicino.
La foto è arrivata a me, attraverso Saul Ciriaco, dell’Area Marina Protetta di Miramare, a Trieste. Saul ne ha presa una, morente, e l’ha messa in un tino da vino. Ma non fa una gran mostra di sé. Questi animali, una volta morti, si dissolvono e perdono presto la bellezza che li caratterizza quando sono in vita. Non ci è voluto molto a capire che Gigi e Saul avevano incontrato la più grande medusa del Mediterraneo, e anche la più rara!
La specie si chiama dalmatinum perché proprio in Dalmazia il naturalista Ernst Haeckel, nel 1880, la descrisse come specie nuova. Ma dopo quel ritrovamento fu rivista solo pochissime volte. La letteratura scientifica la segnala solo fino al 1945. Non si vedeva, quindi, da quasi 70 anni! Drymonema dalmatinum è tornata dal passato. Dove sarà stato nascosto un animale così grande, in un mare così piccolo? La risposta è semplice. Il ciclo di queste meduse è composto da una fase che vive attaccata al fondo. Si chiama «polipo», da non confondere col polpo. Questi polipi sono piccoli, di solito, e possono vivere a lungo. Ogni tanto producono meduse che, all’inizio della vita libera, sono piccole. Molte specie hanno meduse che restano piccole anche una volta raggiunta l’età adulta. Ma altre possono diventare grandi. Drymonema dalmatinum è parente di Cyanea capillata, la medusa più grande che si conosca. Vive nel Mare del Nord e nell’Artico e pare che possa raggiungere anche i due metri di diametro.
I polipi possono vivere per decenni senza produrre meduse e poi, improvvisamente, danno vita alla fase adulta: la medusa, appunto. I polipi di Drymonema, con ogni probabilità sono stati «nascosti», attaccati a qualche scoglio, e ora le condizioni ambientali hanno «risvegliato» il gigante. Drymonema mangia altre meduse. Nella foto di Paderni si sta mangiando un’Aurelia aurita, la medusa quattr’occhi. Le meduse stanno aumentando dappertutto e i loro predatori, favoriti dall’abbondanza di cibo, aumentano di conseguenza.
Il Nord Adriatico, un «cul de sac» biogeografico, quest’anno ci ha regalato ritrovamenti eccezionali e non è detto che non abbia altre sorprese in serbo. Ma la comunità scientifica non è abbastanza numerosa da poter tenere sotto controllo gli 8500 km del litorale italiano. E’ per questo che abbiamo lanciato la campagna «Occhio alla Medusa», con tanto di pagina web (www.meteomeduse.focus.it) e applicazione per smartphone, chiedendo ai cittadini di diventare «scienziati» e mandarci le segnalazioni delle meduse che incontrano. La risposta è già stata uno tsunami di segnalazioni.(WEB)

 
 
 

I BRIOZOI,QUESTI SCONOSCIUTI

Post n°248 pubblicato il 16 Agosto 2014 da viscontina17

 

                                

Malgrado molti di noi non siano in grado di riconoscerli durante un’immersione, confondendoli anzi con altri organismi bentonici, i Briozoi sono animali che vivono comunemente nell'ambiente marino sui fondi rocciosi. I Briozoi - letteralmente "animali-muschio" – si presentano spesso come minuscoli "coralli" dalla forma arborescente costituita da uno o più "rametti" o ciuffi o lamine, oppure possono formare incrostazioni sul substrato, di forma circolare o a foglio. La superficie esterna è decorata da una caratteristica porosità, il colore è molto vario: bianco, giallo, nero, violaceo, rosa. Vengono spesso confusi con gli Idrozoi o coi Cnidari. Sotto un microscopio questa confusione può sembrare giustificata perché si vedono sottili tentacoli a corona uscire fuori da custodie rigide cornee o calcaree. Ma i Briozoi non sono affatto costituiti da polipi di Cnidari: si tratta di forme di vita che, benché trascurabili a chi non si occupi di biologia, sono in realtà molto più complesse del Phylum degli Cnidari a cui vengono spesso impropriamente attribuiti. Sono conosciute dai tassonomisti circa 4000 specie viventi e potenzialmente si pensa che esista ancora un certo numero di specie ancora non descritte.Il falso corallo, nome scientifico Myriapora truncata , e il pizzo di mare o rosa di mare, ossia Reteporella grimaldii (più nota come Sertella septentrionalis, ma che ha recentemente cambiato sistemazione tassonomica, e quindi nome e cognome) sono tra le specie più comunemente note ai subacquei, sia per la forma particolare, sia per le loro dimensioni che le rendono facilmente riconoscibili, sia che per la comune diffusione sui nostri fondali rocciosi.I Briozoi, assieme ai Foronidi e ai Brachiopodi, appartengono al gruppo dei Lofoforati. I membri di questo gruppo hanno in comune l'organo per la cattura del cibo, detto "lofoforo".
I Briozoi sono filtratori attivi, ossia non si limitano a catturare passivamente con la corona di tentacoli le particelle sospese nell’acqua, ma sono in grado di variare il movimento del lofoforo in relazione ai cambiamenti delle condizioni ambientali, ossia in relazione alla velocità della corrente marina e in relazione alla concentrazione delle particelle di cibo presenti nell’acqua. La velocità della corrente creata dal lofoforo aumenta con l’abbondanza delle particelle di cibo presenti nel mezzo.
Questa spiccata capacità filtratoria permette loro di essere tra i pochi organismi in grado di sopravvivere anche in condizioni estreme, ad esempio nelle parti più interne delle grotte marine sommerse, dove si verifica un brusco decremento della disponibilità di cibo.La nutrizione è stata definita da alcuni Autori come il principale fattore che scolpisce la forma delle colonie dei Briozoi. A questo scopo, i Briozoi mostrano una grande varietà di forme di crescita, che sono state realizzate al fine di migliorare competizione per lo spazio e per il cibo. Le forme planari, simili a piccole gorgonie, sono tipicamente legate ad un regime di corrente costante o unidirezionale. Le forme cespugliose o arborescenti si trovano invece sviluppate da quelle colonie che si sviluppano in ambienti con flusso multidirezionale o turbolento. In mancanza di altri competitori per il substrato, alcune specie di Briozoi adottano anche una forma di crescita incrostante, a foglio sottile, che permette di sfruttare tutto lo spazio disponibile. Inoltre, alcune specie possono mostrare una forma di crescita massiva. La morfologia massiva rappresenta un buon compromesso tra le varie forme di crescita: essa ottiene un buon accesso alla colonna d’acqua e un relativo isolamento dal substrato; mantenendo una larga base di attacco al substrato, queste forme sono resistenti a forti movimenti dell’acqua.(WEB)

 

 
 
 

SVELATO IL SEGRETO DEI TENTACOLI DELLA PIOVRA

Post n°247 pubblicato il 13 Agosto 2014 da viscontina17

                                    

Perché una piovra non rimane mai attorcigliata dai propri tentacoli? Può sembrare una domanda da barzelletta zoologica, del genere "perché una gallina attraversa la strada?", invece è un quesito scientifico che ha condotto a una scoperta inattesa, le cui conseguenze potrebbero avere applicazioni addirittura per i disegnatori di robot. Com'è noto, l'octopus o polpo o piovra, come viene più comunemente chiamato, è un animale dalle proprietà fuori dal comune: ha tre cuori, la capacità di cambiare colore velocemente per mimetizzarsi (oltre che per comunicare con i suoi simili) e può emettere inchiostro nero da un sifone per difendersi in caso di attacco. Un'altra notevole caratteristica è che il suo cervello non controlla gli otto tentacoli con cui si procura il cibo e lo porta alla bocca: ogni braccio è in sostanza indipendente e può perfino ricrescere se viene amputato da predatori. Non solo, una volta amputato, un tentacolo può sopravvivere per un'ora e continua addirittura ad afferrare cibo e a portarlo verso il punto in cui dovrebbe esserci la bocca.
Ma durante una serie di esperimenti condotti alla Università Ebraica di Gerusalemme, ora riportati sulla rivista Current Biology e anticipati stamane dal quotidiano Guardian di Londra, uno studente ha notato un fatto curioso: pur essendo ricoperti di ventose che si attaccano immediatamente a qualsiasi cosa, i tentacoli non si attaccano alla pelle della piovra stessa. Qualcosa di sconosciuto non li fa appiccicare alle altre braccia. E per questa ragione, pur senza essere controllati dal cervello, i tentacoli non si intrecciano mai, non finiscono per appiccicarsi l'uno all'altro come sarebbe logico aspettarsi. Madre natura evita questo tipo di incidenti, che complicherebbero assai, in effetti, la vita dell'octopus.
I ricercatori israeliani se ne sono accorti per caso e hanno cercato di capire il motivo con una serie di test piuttosto macabri (ai lettori più sensibili è sconsigliato leggere oltre questo punto). Amputato un tentacolo, gli studiosi hanno verificato che le ventose non si attaccavano alle altre braccia della piovra. Poteva attaccarsi a qualsiasi altra cosa, ma non a un altro tentacolo. Si attaccava perfino a un vetrino da laboratorio, ma non alla parte del vetrino su cui gli scienziati avevano sparso un gel inzuppato in estratto di pelle di octopus. L'unico caso in cui un tentacolo amputato ne ha impugnato un altro è stato quando quest'ultimo era stato precedentemente spellato. Test fatti con tentacoli non amputati hanno dato risultati più equivoci. Le piovre afferravano tentacoli amputati come se fossero cibo e le ventose si attaccavano normalmente. Ma talvolta non lo facevano, se il braccio amputato era il loro.
Gli esperimenti, scrivono gli studiosi guidati dal professor Binyamin Hochner dell'Università Ebraica, suggeriscono che le piovre hanno una sostanza chimica nella propria pelle che impedisce alle ventose di agire. E la dinamica di come i tentacoli interagiscono in modo indipendente senza mai formare dei nodi inestricabili viene attualmente studiata nel campo della robotica. (WEB)

 
 
 

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