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Messaggi di Febbraio 2015
"Come stai?" "Aggrappata" "A cosa?" "A niente. Ho solo bevuto troppa grappa" "Ah... ho capito." Ma, in realtà, Paolo non ha capito affatto, perché trascorre almeno un minuto in silenzio prima di accorgersi che la mia era una battuta ed emettere un verso strozzato simile ad una risata. "Pensi che potremo rivederci?" "No" "Ah... ho capito" Ma anche stavolta so per certo che non ha capito niente. Tutte le volte che mi chiama, mi fa la stessa domanda ed ogni volta riceve la stessa risposta, eppure non demorde. Ha ripreso a chiamarmi all'incirca un mese fa. In circostanze normali, una volta constatata la provenienza della telefonata, lo avrei ignorato, ma ricordo perfettamente che quel giorno avevo bisogno di chiacchierare con qualcuno, chiunque fosse. Era il giorno in cui mi ero decisa a recarmi all'ufficio postale per ritirare una raccomandata, il cui avviso di giacenza giaceva sul mio tavolo da un numero di giorni quasi equivalente alla scadenza delle possibilità di ritiro. So che può sembrare stupido, ma poiché solitamente si raccomandano cose buone, avevo intimamente nutrito la speranza che la raccomandata contenesse una comunicazione speciale. Alla fine, mi ero ritrovata tra le mani un sollecito del fornitore di energia elettrica, il quale mi informava che, se entro due giorni non avessi saldato il pagamento di una fattura, che peraltro io non avevo mai ricevuto, avrebbe provveduto al distacco dell'energia. I fornitori di energia si comportano come i fidanzati esigenti. Ti elettrizzano e ti riscaldano, fintanto che ti dimostri all'altezza delle loro aspettative, ma alla prima disattenzione o mancanza, senza battere ciglio, ti avvertono che se non ti rimetti in riga, rischi il distacco. "Ci sei?" "Sì, ma qualche volta ci pure faccio." Stavolta Paolo non finge di aver capito. Stavolta rimane in silenzio. Dopo un po' torna alla carica. "Ohi, Anna. Ma per caso ti sto disturbando?" Interrompo bruscamente la chiamata senza nemmeno prendermi la briga di replicare. Qualche anno fa, una società di lavoro interinale mi propose di lavorare in un call center. Al colloquio eravamo in tantissimi. Dopo una sorta di test attitudinale compilato collettivamente, ciascuno fu convocato singolarmente in un ufficio per simulare una chiamata ad un ipotetico cliente. La cosa più utile che io abbia imparato e che credo che chiunque impari quando si prende in considerazione l'idea di lavorare in un call center è che non bisogna mai instillare nell'interlocutore il dubbio che lo si stia disturbando. Nemmeno quando si ha la certezza che lo si sta disturbando. Chiami qualcuno a ora di pranzo per proporgli l'acquisto di una batteria di pentole? Non devi fargli sospettare che lo stai disturbando. Contatti una signora di ottant'anni per venderle un abbonamento a internet superveloce? Non devi farle credere che la stai disturbando. Intanto che sto cercando di capire se mi sento disturbata oppure no, il telefono squilla di nuovo ed è di nuovo Paolo. Premo sul tasto ok, senza pensarci troppo. "Siamo spiacenti, ma l'utente da lei chiamata, non è al momento comprensibile. Vuole comunque continuare la chiamata?" Scoppia a ridere. "Tu sei fuori!" "No, no... sono in casa, sul divano per giunta." Poi mi rendo conto che sto tirando troppo la corda. Decido di smetterla di scherzare ed assumo un tono serio. "Prima- dico- ci sei rimasto male quando ho riattaccato? Cioè... come ti sei sentito?" "Hai riattaccato? Veramente io pensavo che fosse caduta la linea". Interrompo di nuovo bruscamente la chiamata, ripromettendomi che non gli risponderò mai più. Con certe persone la diminuzione del voltaggio non è sufficiente. Con certe persone devi sospendere ogni forma e spreco di energia.
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Esiste un motivo per cui certe persone non le conosci, fingi di non conoscerle oppure ti sei dimenticato di conoscerle.
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Nickname: fragolozza
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POETRY
Le cloache di notte somigliano
a fiumi nascosti.
Scommetti che a perdere il cuore
guadagni più spazio?
Sul banco dei pegni
ho impegnato
il mio ombretto di rosa.
Palpebre nude non chiudo
per cogliere il resto
di quello che resta
sul conto in sospeso
dei nostri sospesi.
Le formiche al tramonto ricordano
grani di pepe.
Sai contare al contrario, partendo
da cifre irrisorie?
Sotto l’arco
s’inarca in trionfo
la triade imperfetta.
Me stessa, quell’altra o la stessa
si chiudono a riccio.
Per capriccio
mi cavo d’impiccio.
Mi sento di troppo.
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KELLY JONES
I really hope ya happy,
both of you
and maybe sometimes
you miss me too!
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