Creato da: bb034rl il 21/06/2011
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Caccia all'ufficiale.

Post n°56 pubblicato il 19 Ottobre 2012 da bb034rl
 
Foto di bb034rl

Sono passati oramai 32 anni da quel giorno di giugno (o luglio, non ricordo bene) del 1980 e penso sia arrivato il momento di raccontare come andarono realmente le cose.
Ero di leva (servizio militare) a Pisa e lavoravo nell'ufficio matricola truppa. Un giorno cominciai a notare che un sottotenente di complemento dava la caccia alle guardie tutte le notti e le portava dal colonnello per il processino di rito coi relativi 5 giorni di R (cella di rigore). Ne dedussi che volesse mettere la firma e passare rapidamente al grado di tenente (2 stelle). Ma il problema, come già mi ero immaginato, era che a Pisa le guardie sparavano e quel sottotenente era sul libro nero di molta gente. I rischi? Potevano sparare a lui, o peggio, ad un altro, uccidendolo. E la guardia che avesse sparato? Poteva, in preda al rimorso, avere un incidente, magari coinvolgendo altre persone, oppure, avrebbe potuto, al successivo turno di guardia, mettersi il F.A.L. in bocca e spararsi. Decisi quindi che si doveva fare qualcosa e cominciai a raccontare tutto in compagnia.
Aspettai che venisse presa una guardia della compagnia comando (quella della quale facevo parte). Fortunatamente accadde rapidamente (prese addirittura uno della mia cameretta, la B4). Ora che avevo "l'autorità" per intervenire, dissi ai miei commilitoni: "Tenete d'occhio il tenente che presto farà un errore. Appena l'avrà fatto, informatemi."
Due o tre giorni dopo, a mezzogiorno, un commilitone (credo di Verona) che lavorava nell'ufficio matricola ufficiali, mi informò che il tenente aveva preso un'altra guardia, cosa che sapevo, ma aggiungendo un'informazione che non avevo: il tenente aveva con sè la pistola d'ordinanza che doveva essere in armeria, visto che lui era fuori servizio. Arrivato in compagnia raccontai anche questo.
Il pomeriggio andai a lavorare in ufficio e dopo cena (nella mensa della caserma), pensavo alla situazione. Avevo raccontato tutto e sarebbe stato utile che tutte queste informazioni arrivassero al colonnello, il quale, secondo la mia idea, avrebbe trasferito il tenente. Occorreva quindi che il capitano indagasse in compagnia per raccogliere tutte le informazioni che vi avevo seminato. Ma perchè ciò accadesse, dovevo inventare una specie di bomba da far scoppiare in compagnia e che spingesse il capitano a fare ricerche. Continuavo a rimuginare su cosa inventarmi quando, arrivato in compagnia, sentii un discreto vociare vicino all'armeria. Guardai ed erano tutti lì, giovani, che dovevano montare di guardia, ed anziani (alcuni dei quali miei fratelli di naia, ovvero, dello stesso contingente). L'idea fu immediata: portare di guardia gli anziani.
Attaccai a parlare del sottotenente in modo che tutti sentissero, ripercorrendo tutte le tappe: tutte le notti che passava a dare la caccia alle guardie, l'impressione che avevo sul fatto che volesse mettere la firma e fare rapidamente carriera, la faccenda della pistola ed il fatto che molta gente voleva sparagli. Finita la sceneggiata dissi: "Vado io a prendere quel "birbantello" (non usai proprio questa espressione). Chiesi ad uno vicino a me se era di guardia ed alla risposta affermativa mi feci dare il nome. Andai alla lista appesa alla parete, cancellai il suo nome e sotto misi il mio, quindi andai dall'armiere a ritirare il F.A.L. ed il caricatore coi proiettili, quindi attesi che si formasse tutta la guardia. Dentro di me pensavo: vediamo cosa fanno gli altri anziani: mi lasciano andare da solo facendo una figuraccia coi giovani o mi vengono dietro? Mi vennero dietro. Fu così che venne organizzata la caccia al sottotenente, anche se il vero scopo era quello di farlo trasferire prima che finisse male.
Il giorno dopo, il commilitone che mi aveva informato della pistola, mi disse che il sottotenente era stato trasferito d'urgenza a Livorno. Merito della caccia? Non lo so, ma non importava. Importava che nessuno avesse rischiato la vita. Il sottotenente, a Livorno, poteva ricominciare da capo ed a Pisa nessuno pensò più a sparare a qualche ufficiale.
La vita, nonostante tutto, è bella ed ho sempre pensato fosse stupido buttarla via per piccole cose.
Inoltre, vi è una cosa che cercai di insegnare ai miei commilitoni: non aspettare che qualcuno ti dica cosa fare. Se sai cosa è giusto fare, fallo. Se vuoi che le cose cambino, qualcuno deve cominciare. Aspettare (la guida, il messia, Superman) non porterà mai nessun cambiamento 

ßß034rl

 
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