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Messaggi del 18/12/2017

 
 

Cineforum 2017/2018 | 19 dicembre 2017

Foto di cineforumborgo

LION - LA STRADA VERSO CASA

Titolo originale: Lion
Regia: Garth Davis
Soggetto: dal romanzo “La lunga strada per tornare a casa” di Saroo Brierley (ed. Rizzoli)
Sceneggiatura: Luke Davies
Fotografia: Greig Fraser
Musiche: Hauschka, Dustin O'Halloran
Montaggio: Alexandre de Franceschi
Scenografia: Chris Kennedy
Arredamento: Nicki Gardiner, Seema Kashyap
Costumi: Cappi Ireland
Effetti: Iloura
Interpreti: Dev Patel (Saroo Brierley), Nicole Kidman (Sue Brierley), Rooney Mara (Lucy), David Wenham (John Brierley), Sunny Pawar (Saroo Bierley bambino), Abhishek Bharate (Guddu), Priyanka Bose (Kamla), Tannishtha Chatterjee (Noor), Nawazuddin Siddiqui (Rawa), Deepti Naval (Mrs. Sood), Divian Ladwa (Mantosh Brierley), Sachin Joab (Bharat), Pallavi Sharda (Prama), Arka Das (Sami), Emilie Cocquerel (Annika), Eamon Farren (Luke), Menik Gooneratne (Swarmina)
Produzione: Iain Canning, Angie Fielder, Emile Sherman per See-Saw Films/Aquarius Films/Sunstar Entertainment
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 120’
Origine: Australia, Gran Bretagna, U.S.A., 2016
Data uscita: 22 dicembre 2016

Il piccolo Saroo, a soli cinque anni si perde su un treno che lo porta per migliaia di kilometri attraverso l'India, lontano da casa e dalla famiglia. Il bambino deve imparare a sopravvivere da solo a Calcutta, fino a quando viene adottato da una coppia australiana. Venticinque anni dopo, con solo una manciata di ricordi, una tenace determinazione e la rivoluzionaria tecnologia di Google Earth, Saroo decide di andare a cercare la sua famiglia di origine e ritrovare la sua prima casa. Basato su fatti realmente accaduti.
Magia di internet, potenza del cinema. La globalizzazione non è il demonio che vogliono farci credere, e salva la vita di un pargolo che ha perso la strada di casa. Per Oliver Stone (“Snowden”) la rete minaccia la libertà, esercita un dominio assoluto sull’essere umano: dai computer arriva un controllo totale sull’individuo, con le webcam che si trasformano in uno spioncino per monitorare il pianeta intero. Invece il regista regista Garth Davis ci infonde una speranza, e mostra come Google Earth sia il modo più semplice e imprevisto per poter riabbracciare i propri cari. “Lion” è un viaggio lungo venticinque anni, un’andata e ritorno che avrebbe fatto impallidire anche Senofonte e la sua Anabasi.
Saroo è uno dei tanti bambini poveri che vive ai margini della società indiana. Ha cinque anni, e suo fratello Guddu si prende cura di lui insieme alla madre. Un giorno si addormenta sul treno sbagliato e si ritrova a migliaia di chilometri dal suo villaggio, sperso nelle grandi città in cui nessuno lo capisce. Saroo parla l’hindi, mentre gli altri bengalese, quindi comunicare diventa impossibile. Dopo mille peripezie, il bambino riesce a farsi adottare da una famiglia australiana, ma le origini non si scordano mai.
Garth Davis è un esordiente che punta subito in alto. Si è fatto le ossa dirigendo gli spot pubblicitari, per i quali ha ricevuto premi, applausi e tanti soldi. “Lion”, il suo primo lungometraggio, è l’adattamento del romanzo “A long way home” di Saroo Brierley, e cerca con una sorta di analisi trasversale, il senso della vita. Ciò che non uccide, rende più forti, lo diceva anche Nietzsche. E un figlio strappato dal focolare in tenera età non ha scelta: combattere o morire. Il protagonista lotta per non soccombere, mentre gli altri cercano di sopraffarlo. L’immagine è quella di un’India distrutta dalla disparità sociale, che non riesce ad assimilare le troppe persone che la popolano. “The Millionaire” di Danny Boyle aveva stupito con il ritratto di una nazione senza una vera identità, e Lion segue le sue orme. Ma questa volta non si parla di quiz dai favolosi montepremi: ora vanno in scena l’umanesimo e la ricerca di sé stessi. Chi siamo? Da dove veniamo? Domande che nessuno osa più farsi, in un mondo troppo veloce, che non lascia il tempo di respirare.
L’analisi del protagonista, interpretato da Dev Patel, parte dal bisogno di appartenere a qualcuno. Casa è dove vivono le persone che ci amano, anche se si parla di adozione. Nicole Kidman è una donna che ha scelto di crescere i bambini degli altri, non perché non può averne di suoi, ma per una necessità di aiutare chi è stato costretto a lasciare la propria terra. Saroo la riconosce come madre, anche se il richiamo della natura non si può far tacere: ovunque sia, la mamma rimane sempre la mamma, e il senso di colpa per una ricerca tardiva pesa più di un macigno.
Lion” è un film ambizioso, che propone un grande affresco e tocca il cuore.  La realtà nuda e cruda vista con gli occhi di un bambino riesce sempre a meravigliare. Il viaggio fisico si alterna con quello interiore, i sentimenti superano la finzione, e si vuole un lieto fine ad ogni costo. Ma la vita è sempre ricca di colpi scena, specialmente se il tuo nome è Saroo Brierley.
Gian Luca Pisacane, Cinematografo.it

India settentrionale, anni ‘80: la raccolta delle pietre e del carbone rappresenta l’unica forma di sostentamento della famiglia di Saroo, bellissimo bambino dallo spirito avventuroso. Deciso ad aiutare il fratello maggiore, lo segue nei suoi lavori notturni, ma sopraffatto dalla stanchezza si addormenta sopra un treno diretto a Calcutta. Spaesato, incapace di comprendere il bengalese e lontanissimo da casa, finisce per vivere in strada, poi in un orfanotrofio, infine viene adottato da una ricca coppia australiana che vive in Tasmania. Ellissi. 25 anni dopo ritroviamo Saroo nel corpo di Dev Patel (e negli ovvi rimandi a “The Millionaire”) alle prese con le sue prime scelte da adulto. Tutto si frantuma quando un ricordo della sua infanzia lo porta a ricercare la sua famiglia. Come la storia che racconta, il primo lungometraggio di Garth Davis vive su due dimensioni che non trovano mai una salutare integrazione. Per quanto sepolta da una coltre di esotismo cinematografico, tutta la parte indiana gonfia gli occhi e il cuore. Lo fa con chirurgica ricercatezza formale e senza sporcarsi mai le mani, ma anche con una densità e una dignità emozionale profonde, senza sfociare mai in eccessi ricattatori. Nel nuovo mondo, invece, tutto si sfilaccia e perde d’intensità, la drammaturgia si piega alle ragioni di un progressismo d’accatto, le figure dei coniugi Brierley sono sbiadite e l’equilibrio del film si sfalda tra parentesi esistenzialiste, cliché e scenari ammalianti. Ma la storia è così potente che la portata del suo fuoricampo rende più digeribili anche le troppe cose gettate alla rinfusa, dette male e imbalsamate nella forma del mélo civile da Oscar.
Adriano Aiello, FilmTv

GARTH DAVIS
Filmografia:
Top of the lake (2013), Lion - La strada verso casa (2016)

Martedì 9 gennaio 2018:
SING STREET di John Carney, con Ferdia Walsh-Peelo, Lucy Boynton, Jack Reynor, Maria Doyle Kennedy, Aidan Gillen

Buone Feste!

 
 
 
 
 

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Un blog di: cineforumborgo
Data di creazione: 29/09/2007
 

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