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Thor Ragnarok

Post n°14251 pubblicato il 03 Febbraio 2018 da Ladridicinema
 

Il ritorno di Thor ad Asgard si fa amaro quando scopre che Loki si è sostituito al padre Odino sul trono, spedendo quest'ultimo in un ospizio terrestre. Ma il peggio deve ancora arrivare: Hela, sorella maggiore e dea della morte, sta per uscire dalla sua prigione e vuole vendicarsi su Asgard.
Il percorso di avvicinamento alle Infinity Wars, destinate a riunire e forse cambiare per sempre l'universo cinematografico Marvel (MCU), sembra interminabile e passa da episodi intermedi che, inevitabilmente, godono di un interesse limitato.

Thor è, degli Avengers maggiori, quello a rischio più elevato di ridicolo, e il filone principale cucito su di lui - la storia d'amore con Jane/Natalie Portman - si è interrotto per la rinuncia di quest'ultima a partecipare a ulteriori episodi.

Si può comprendere quindi l'accoglienza dal gelo quasi "asgardiano" riservata a Thor Ragnarok. Consapevole di tutto ciò, Kevin Feige e la Marvel giocano, sperimentano con il biondo dio del tuono e lo affidano a Taika Waititi per un trattamento pop. Difficile stabilire quanto siano rimaste sciolte le briglie del visionario regista, che prova a iniettare forti dosi di kitsch da primi anni 80 nel corpo di un blockbuster supereroistico minore. Brani synth-pop affidati alla cura di Mark Mothersbaugh - ex Devo e sodale di Wes Anderson - ed estetica da space opera povera e sporca, stile Tatooine del primissimo Star Wars. Funziona e a tratti trascina, ma il gigantismo da cui sono affette le produzioni MCU infine prevale, obbligando a un prima e un dopo: a sequenze ad Asgard dallo scarso appeal; alla conclusione, più o meno elegante, di obblighi contrattuali (HopkinsPortmanAsano Tadanobu); all'utilizzo reiterato di "Immigrant Song" dei Led Zeppelin per rientrare del costo dei diritti. Di come avrebbe potuto essere un Ragnarok svincolato da lacci e lacciuoli ci resta qualche suggestione

Più ci avviciniamo a Infinity War e il suo sequel, la coppia di film che nel 2018 e nel 2019, concluderà le sottotrame intessute dai film dei Marvel Studios negli anni dopo il secondo Avengers, più comincia a prendere forma il grande intreccio che coinvolgerà tutti i personaggi. Di certo è ormai evidente come in questo meccanismo di sottotrame non tutti i film Marvel abbiano uguale peso, non tutti cioè portino avanti la storia alla stessa maniera. Thor: Ragnarok, è noto, sarà uno di quelli determinanti. 

Partiti all'insegna del disimpegno, della risata e di un concetto molto coinvolgente di "divertimento" capace di unire l'umorismo all'azione senza prendersi troppo sul serio ma rispettando le regole del proprio genere, i film Marvel, e Thor in primis, sono gradualmente scivolati in una gravitas alla stessa maniera di saghe come quella di Harry Potter, partite leggere e finite con l'incombere costante di un'idea di morte generale e fine di un mondo intero. Senza risate e cercando addirittura il senso della tragedia classica.

Questa volta il dio del Tuono, dopo aver esiliato il padre, Odino, nel film precedente e aver preso il comando di Asgard, sarà esiliato a sua volta e imprigionato dall'altra parte dell'Universo. Da lì dovrà tornare indietro per impedire il Ragnarok, cioè la distruzione del proprio mondo.

La parte complicata è che il luogo in cui è imprigionato dallo stesso nuovo villain che vuole distruggere Asgard, Hela (interpretata da Cate Blanchett), è un pianeta di gladiatori da cui si può uscire solo in una maniera: combattendo. Al suo fianco, unica nota positiva in questa lunga serie di brutte notizie, c'è Hulk. Nonostante lo scorso film di Thor avesse mostrato un tono piacevolmente più leggero rispetto al pensoso esordio, questa volta sembra che si tornerà ad una certa serietà, ad una gravità che dovrebbe somigliare molto a quella mostrata dalla serie Capitan America nel capitolo, Il soldato d'inverno
Ci saranno gli ovvi rischi apocalittici di distruzione totale, espediente con cui facilmente il genere del cinefumetto crea un senso di pericolo estremo (ma sempre di più ricorrere a simili esagerazioni perde di forza) e anche una linea romantica completamente nuova. È noto infatti che dopo il forzato e poco soddisfacente cammeo di Natalie Portman nel secondo film, l'attrice non tornerà in questo terzo.

Ci sarà invece Jeff Goldblum a condurre le operazioni sul pianeta dei gladiatori, in una specie di reinterpretazione buona per i fini del film di Planet Hulk, saga letta sui fumetti qualche anno fa. In quella infatti l'Incredibile Hulk finiva su un altro pianeta di cui prendeva il potere alla sua maniera, esercitando in pieno la propria disumana potenza. In più è noto che, a fare da MacGuffin del film (cioè quel pretesto narrativo che serve a mettere in moto gli eventi e dare uno scopo ai personaggi), sarà una delle gemme dell'Infinito. Come capitato in molti ultimi film Marvel infatti, la storia di un'altra delle preziose gemme è ciò che collega Thor: Ragnarok agli altri e gli consente di portare molto avanti la grande trama che ci conduce a Infinity War, cioè alla conclusione di tutte le trame imbastite dal Marvel Cinematic Universe, il mondo sono ambientati e comunicano i diversi film e le serie tv Marvel Studios, da Iron Man a I guardiani della galassia fino all'ultimo arrivato, il Doctor Strange di Benedict Cumberbatch (che qui avrà un piccolo ruolo). 
È ormai noto che sarà Thanos, personaggio arcinoto ai lettori dei fumetti Marvel, a costituire la grande minaccia all'incolumità di tutti, in quella che è la terza fase di questa strana grande serie che va al cinema e non in televisione ma che, al pari di quelle televisive, tende verso un "finale di stagione" in grado di concludere tutte le trame, come sono stati i due film Avengers. Al film successivo poi si riparte da capo a gettare le basi per un'altra grande sottotrama.

 
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