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Monicelli, senza cultura in Italia...
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Post n°13167 pubblicato il 08 Maggio 2016 da Ladridicinema
Nel condominio di una Milano 'accennata' convive una piccola comunità di inquilini eccentrici, che non smettono di farsi i fatti degli altri e di infilarsi alla prima occasione nella vita degli altri. Al piano terra vivono Gianni e Mario, gemelli eterozigoti e tignosi, uniti a filo doppio dalla fratellanza, l'abitudine e un incidente che ha costretto Mario sulla sedia a rotelle. Di fronte a loro c'è Pietro, un uomo introverso che ha ereditato l'appartamento alla morte della madre. Al primo piano si concede con allegria Alice, attrice di soap col vizio del sesso e degli uomini in divisa. Al secondo invece si consola con un'amante occasionale Francesco, che ha tradito la fidanzata e prova a gestire il rimorso e l'amico Paolo, depresso con un figlio in arrivo e l'idea fissa di amare Francesco. Mine vaganti in un interno, a esplodere per prima è quella di Pietro, che si spara alla tempia e disinnesca i vicini, su cui sospettoso e spaccone indaga adesso il maresciallo dei carabinieri Gaetano Cavallo. Archiviato il cinepanettone e corrette le coordinate del genere, la nuova commedia "di mezzo" presenta, al di là delle differenze di tono e di stile, una serie di elementi trasversali che la rende agli occhi dello spettatore immediatamente riconoscibile, rassicurante e prediletta. La prossimità al mondo dell'intrattenimento televisivo, attiguo come i vicini di Soap Opera, la generazione di sceneggiatori e registi in equilibrio tra piccolo e grande schermo, la ricerca di una declinazione locale di una commedia fino a un certo a punto all'italiana e orientata ai modelli inglesi, francesi e americani, non difettano nemmeno al cinema di Alessandro Genovesi, che questa volta fa qualcosa di più che parcellizzare e ripresentare implementato il suo prototipo di successo. DopoLa peggior settimana della mia vita e Il peggior Natale della mia vita, Genovesi scrive e dirige una commedia accomodata in un condominio ricostruito in studio, di cui esibisce gli 'interni' e i movimenti interiori dei suoi residenti. Ancora una volta, come nei film precedenti, sono gli attori a costituire la materia prontamente espiantabile dal modello, capitalizzando immaginari già attivati nello spettatore. Sul pianerottolo e dentro una storia che si svolge sotto ai nostri occhi, abitano allora nuovi e vecchi inquilini: il gaffeur Fabio De Luigi e l'indeterminata Cristiana Capotondi, l'esagerata Chiara Francini e l'eclettica Caterina Guzzanti, il malincomico Ricky Memphis e l' 'eccezionale' Diego Abatantuono, la sofisticata Elisa Sednaoui e i pregiatissimi solisti di Ale e Franz, che insistono su se stessi, svanendo alla gravità dei loro ruoli in un contrasto tutto poetico tra leggerezza e pesantezza. Distinguere l'identità stessa dei personaggi dalla maschera indossata è cosa superflua perché tutto è portato a rivelarsi per quello che è. Ed è quello che è a rendere singolare Soap Opera, che sta saldamente in piedi nel suo gioco svaporato e affermato tra sentimenti e coabitazione. Autore e regista di Happy Family, la versione teatrale, e sceneggiatore di quella cinematografica, diretta da Gabriele Salvatores, Genovesi realizza senza dubbio il miglior film della sua vita, radicalizzando la finzione (e il suo stile) attraverso l'astrazione degli spazi rappresentati. In sostanza, il regista milanese svela il trucco con una buona (rap)presentazione, sganciata dal peso del disimpegno e felicemente 'campata in aria', libera dalla vita (vera) e piena di figure attratte dalla gravità, che ancora le ancora al suolo, ma comunque sospese in volo sciolte, disperse e instabili nel condominio e dentro un'architettura perfetta. Se il Pietro di Genovesi si 'suicida' a pochi minuti dall'inizio, a 'dirigere' la compagnia sopraggiunge il maresciallo ganassa di Diego Abatantuono, impagabile e inversamente proporzionale alla sciabola del suo ufficiale gentiluomo.
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Inviato da: Mr.Loto
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