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Messaggi del 21/01/2009

 

Romanzo Criminale

Post n°2090 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da Ladridicinema
 
Tag: tv

Ieri sera ho visto le ultime due puntate della serie tv di Romanzo Criminale.
La serie tratta dal film e dal libro evoca fatti della banda della Magliana, la più grande banda criminale che insanguinò Roma negli anni '70 e '80.
Può considerarsi una scommessa vinta per Sky Cinema.  Ha convinto anche numerosi critici televisivi, e questo non è facile.
Godiamoci la serie che si giova di un respiro più disteso per raccontare quel clima delittuoso, quella malvivenza in cerca di organizzazione, quella Roma fine anni 70 insospettabile e insospettata. Tutte cose che non furono affrontate nel capolavoro di Placido. Prodotta da Cattleya e Sky Cinema con RTI-Mediaset, sceneggiata da Cesarano, Marchesi, Petronio, Valente, diretta da Sollimma.
Anche gli attori semi sconosciuti sono bravissimi: Francesco Montanari (il Libanese), Vinicio Marchioni (il Freddo), Alessandro Roja (il Dandi), Marco Bocci (commissario Scialoja) e Daniela Virgilo (Patrizia).  la serie parte dall'uccisione di Giorgina Masi, freddata da un colpo di pistola a Ponte Garibaldi per ricostruire le avventure della banda della Magliana, in un intreccio oscuro fra servizi segreti e criminali comuni, fra l'immaginario spaesato di Rino Gaetano e quello ben più radicato di Franco Califano. Tutte persone che si sono preparate per quel mestiere, non lo fanno solo gli americani. Hanno studiato: le intonazioni, come porgere la voce, come muovere il corpo. Parlano romanesco: sono la banda della Magliana, come dovrebbero parlare, ma lo fanno usando il diaframma. E quindi facendosi comprendere. Dovrebbe essere la regola, invece le italiche fiction sono ben lontane. La serialità permette rilanciare il racconto quando perde forza, tenere a bada l'impellente impegno politico degli autori (specie se italiani), soprattutto quando gli eventi premono: gli anni di piombo, le manifestazioni dei gruppi extraparlamentari, la speculazione edilizia, la mescolanza fra delinquenza e politica. .


La serie è perfetta, riesce a essere anche meglio del film che è un capolavoro, ma che aveva quel finale un pò strano. Un prodotto che non sembra televisimo anche perchè girato alla perfezione. Finalmente una vera fiction, senza star che non sanno recitare e che stanno lì sono per gli ascolti. Meno male che è arrivata sky che forse darà nuova linfa alla nostra fiction.
Voto finale: 10 e lode

Andrea

 
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Defiance - I giorni del coraggio

Post n°2089 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da Ladridicinema
 

Defiance - I giorni del coraggio
(Defiance)








Defiance - I giorni del coraggio - visualizza locandina ingrandita



Fotografia: Eduardo Serra

Montaggio: Steven Rosenblum


Produzione: Grosvenor Park Productions, The Bedford Falls Company

Distribuzione: Medusa

Paese: USA 2008

Uscita Cinema: 23/01/2009

Genere: Drammatico, Guerra

Formato: Colore













  Questo film non è attualmente programmato al cinema.

Trama del film Defiance - I giorni del coraggio:
Nel 1941 gli ebrei dell'Europa Orientale vengono uccisi a migliaia da nazisti. Tre fratelli polacchi (interpretati da Daniel Craig, Liev Schreiber e Jamie Bell) riescono a sfuggire alla cattura nascondendosi nei boschi della vicina Bielorussia, dove si uniranno alla resistenza russa e costruiranno un villaggio che permetterà di salvare la vita a più di 1200 ebrei. Presto però tra due dei tre fratelli scoppierà una forte rivalità per la leadership del gruppo che hanno costituito mentre il terzo rimarrà nel mezzo di questa lotta intestina. Diretto da Edward Zwick, Defiance è tratto da una storia realmente accaduta.

 
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Milk

Post n°2088 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da Ladridicinema
 

Milk
(Milk)








Milk - visualizza locandina ingrandita

Sceneggiatura: Dustin Lance Black


Fotografia: Harris Savides


Produzione: Focus Features, Groundswell Productions, Jinks/Cohen Company

Distribuzione: BIM distribuzione

Paese: USA 2008

Uscita Cinema: 23/01/2009

Genere: Biografico, Drammatico

Durata: 128 Min

Formato: Colore 35MM 1.85 : 1














  Questo film non è attualmente programmato al cinema.

Trama del film Milk:
Attivista del movimento dei diritti degli omosessuali. Amico. Amante. Unificatore. Politico. Combattente. Icona. Ispiratore. Eroe. La sua vita ha cambiato la storia, e il suo coraggio ha cambiato la vita di tante persone.
Nel 1977, Harvey Milk è stato eletto supervisor (consigliere comunale) a San Francisco, divenendo il primo omosessuale dichiarato ad avere accesso a una importante carica pubblica in America. La sua vittoria non è stata solo una vittoria per i diritti dei gay, ma ha aperto la strada a coalizioni trasversali nello schieramento politico. Harvey Milk ha incarnato per molti – dagli anziani agli iscritti al sindacato – una nuova figura di militante per i diritti civili; e con la sua morte prematura, avvenuta nel 1978, è diventato un eroe per tutti gli americani. Il film Milk ripercorre gli ultimi 8 anni della vita di Harvey Milk.
Milk abita a New York quando compie 40 anni. Convinto di dover dare un senso diverso alla sua vita, decide di trasferirsi col suo compagno Scott Smith (James Franco) a San Francisco, dove insieme aprono un piccolo negozio di fotografia, il Castro Camera, nel cuore di un quartiere popolare che sarebbe presto diventato un punto di riferimento per tutti gli omosessuali d’America. Sostenuto dalla sua adorata comunità di Castro, e da tutta la città, Milk sorprende Scott e se stesso diventando un militante e promotore del cambiamento. Chiede pari diritti e opportunità per tutti, e il grande amore che prova per la città e per la sua gente gli fa guadagnare le simpatie di giovani e aziani, omosessuali e eterosessuali – in un periodo in cui il pregiudizio e la violenza contro i gay sono apertamente accettati e considerati la norma.
Con il fondamentale sostegno di Scott e dei nuovi amici e volontari, Milk si getta a capofitto nelle incerte acque della politica…

 
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Italians

Post n°2087 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da Ladridicinema
 

Italians








Italians - visualizza locandina ingrandita



Fotografia: Tani Canevari

Montaggio: Claudio Di Mauro

Produzione: Filmauro

Distribuzione: Filmauro

Paese: Italia 2008

Uscita Cinema: 23/01/2009

Genere: Comico, Commedia

Durata: 116 Min

Formato: Colore 35MM













  Questo film non è attualmente programmato al cinema.

Trama del film Italians:
Fortunato (SERGIO CASTELLITTO) è un camionista, disincantato e un po' cialtrone, che da molti anni trasporta Ferrari rubate negli Emirati Arabi per conto di una ditta romana. Ma quello che sta per compiere – giura – sarà il suo ultimo viaggio. E' ora di passare il testimone al giovane Marcello (RICCARDO SCAMARCIO), da pochi mesi in prova nella stessa società. Per due giorni e due notti attraversano il deserto dell'Arabia Saudita alla guida di una bisarca stipata di lussuosissime Ferrari. E tra esilaranti avventure e surreali posti di blocco, tra loro nasce una vera e propria amicizia. Lungo il tragitto avviene anche il commovente incontro con Hamed, l'unico amico arabo di Fortunato, un uomo di mezz'età, dall’esistenza umile ma decorosa, e con sua figlia Haifa. Arrivati a Dubai, Marcello e Fortunato decidono di concedersi una serata all'insegna del divertimento in uno dei locali più modaioli della città. Ma a causa di un incontro inatteso e piuttosto turbolento finiscono per passare la notte in prigione e per ritrovarsi coinvolti, il giorno dopo, in una folle gara di velocità tra Ferrari…

Giulio (CARLO VERDONE) è un dentista che ha da poco passato la cinquantina, con un bell'attico che affaccia sui tetti di Roma, un domestico indiano, un matrimonio fallito che lo ha fatto sprofondare nella depressione più nera e un imminente convegno a San Pietroburgo a cui non ha più nessuna voglia di partecipare. Ma il suo collega e amico Fausto è irremovibile: la Russia è la patria del sesso facile e una settimana lì è meglio di un anno di psicoanalisi. Lo mette in contatto con Vito Calzone (DARIO BANDIERA), improbabile e buffo organizzatore on-line di viaggi a sfondo sessuale. Giulio accetta di malavoglia, ma è chiaro da subito con Vito: lui sta partendo per lavoro, è un professionista stimato e la parola d'ordine deve essere una sola, discrezione. Ma come parlare di discrezione con Vito Calzone! Per colpa sua, Giulio andrà incontro ad una terribile figuraccia con Vera (KSENIA RAPPOPORT), la sua interprete personale, finirà in festini a sfondo sadomaso in meravigliose ville, tra persone di dubbia moralità e in odore di criminalità, e si troverà addirittura coinvolto in una sparatoria da gangster-movie, da cui uscirà incolume soltanto grazie al provvidenziale aiuto di Vera…

 
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Film nelle sale da venerdi

 

88 ANNI FA!

Post n°2085 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da Ladridicinema
 
Tag: STORIA













Era la mattina del 21 gennaio 1921 nasceva a Livorno, scindendosi dal partito socialista, il "Partito comunista" sezione italiana della Terza Internazionale comunista

Nicola Tranfaglia
Era la mattina del 21 gennaio 1921 nasceva a Livorno, scindendosi dal partito socialista, il "Partito comunista" sezione italiana della Terza Internazionale comunista.
Da quel giorno sono passati ormai 88 anni, ma questo anniversario ha luogo - è bene ricordarlo - a quasi vent'anni dalla fine dell'Unione Sovietica e dalla presenza ormai residuale di partiti e regimi comunisti, se si esclude il caso della Cina in cui convivono da trent'anni un capitalismo più o meno di Stato e il partito comunista.
Dal punto di vista storico, che è quello che interessa in questa ricorrenza, vecchie e nuove generazioni, il partito comunista nasce in Italia quando la crisi postbellica ha già segnato fasi decisive dell'ascesa del movimento fascista fondato due anni prima da Benito Mussolini a Milano ed è ormai presente con migliaia di iscritti nel centro-nord della penisola con alcune minori presenze anche nel Mezzogiorno e nelle isole.
La molla per la fondazione è stata, senza alcun dubbio, la rivoluzione bolscevica in Russia che sta per vincere la guerra civile contro i bianchi e ha fondato nel 1919 una Federazione Internazionale dei partiti comunisti, cui aderirono nei mesi successivi 64 partiti in cinquanta paesi. Ma il partito socialista italiano, all'interno del quale erano stati i comunisti, vede nel 1922 uscire anche la componente riformista di Filippo Turati e Claudio Treves che costituisce il Partito Socialista Unitario mentre resta alla sua guida Serrati, leader dei massimalisti, che rappresenta una strategia diversa da quella delle frazioni comuniste di Antonio Gramsci a Torino e di Amedeo Bordiga, leader indiscusso del primo Pdci, a Napoli.
C'è da parte del nuovo partito, e in particolare di Bordiga, una indubbia sottovalutazione del pericolo fascista che, un anno dopo la fondazione del Pdci, raggiunge il potere e mette fuori legge partiti, sindacati e giornali a cominciare proprio dai comunisti italiani. Gramsci diventa segretario nel giugno-luglio 1924 di fronte alla persistente contrarietà di Bordiga e dei suoi seguaci al "fronte unico" deciso dalla Terza Internazionale e riesce a portare nel partito una parte dei massimalisti (i cosiddetti "terzini") espulsi dal Partito socialista.
Gramsci fonda, il 12 febbraio 1924, il quotidiano L'Unità che resterà, nella storia del partito, l'organo giornalistico ufficiale che si propone di dialogare con le masse vicine alla nuova formazione politica. Nell'aprile 1924, in un clima di aperta violenza alimentato dai fascisti a cui i socialisti non reagiscono, il Pdci ottiene 268 mila voti e 19 deputati tra i quali Gramsci, eletto nel Veneto. Nella crisi scoppiata per il rapimento e l'uccisione del deputato socialista Giacomo Matteotti nel giugno 1924 i comunisti si uniscono all'Aventino proclamato dal liberale Giovanni Amendola ma in ottobre ritornano in parlamento dopo che lo stesso Gramsci ha definito l'Aventino come "un semifascismo che vuole addolcire, riformandola, la dittatura fascista." I comunisti non si rendono conto, come i partiti aventiniani, della grande forza che ha Mussolini, sostenuto dal re, dal Vaticano e dagli industriali, e parlano in astratto di coinvolgere le masse popolari ma si dedicano di fatto soprattutto al dibattito interno nel partito, che resta assai acceso e assistono, senza poter far molto, al discorso del 3 gennaio 1925 e, ancora di più, alla realizzazione della dittatura vera e propria con le leggi eccezionali dell'autunno-inverno 1926.
Nel terzo congresso a Lione, nel gennaio 1926, si completa la conquista del partito da parte di Gramsci e del gruppo torinese e l'emarginazione dei bordighiani, in rotta con la Terza Internazionale e ha inizio quasi un ventennio di lotta clandestina in Italia e in Europa, fruendo dell'appoggio indispensabile del Partito comunista sovietico. Ma Gramsci, già alla fine del 1926, viene arrestato e condannato,
come Terracini a venti anni di carcere, dal Tribunale Speciale e passa il resto della sua esistenza prima nel carcere di Turi poi in una clinica a Gaeta, cessando di vivere improvvisamente nell'aprile 1937. Lascia le sue Lettere dal carcere e soprattutto i Quaderni del carcere , un patrimonio di grande importanza per la storia del partito comunista, anche se sarà decisiva la mediazione del suo successore Palmiro Togliatti divenuto, dopo la sua morte, il segretario del Pdci in esilio e poi in Italia alla liberazione dal fascismo.
Nell'ottobre 1926, prima di essere arrestato, Gramsci invia una lettera all'Ufficio politico del partito comunista russo mostrando di essere angosciato dalle divisioni che caratterizzano la vita del partito fratello e temendo che quelle divisioni possano portare alla fine del ruolo dirigente nel proletariato internazionale. Due anni dopo, nel 1928, l'Internazionale Comunista modifica radicalmente la strategia del fronte unico ed elabora quella della "classe contro classe" invitando gli altri partiti comunisti a muovere contro la socialdemocrazia considerata strenuo baluardo del capitalismo.
Ma l'accettazione della parola d'ordine porta all'espulsione di Tasca che nel 1929 si era pronunciato con durezza contro le posizioni dell'Internazionale Comunista.
Gli anni successivi sono anni difficili per il partito clandestino che ha alcuni centri nel Nord ma è quasi assente nel Mezzogiorno e nelle isole di fronte a un attacco molto duro della polizia segreta fascista, l'Ovra e del Tribunale Speciale. I comunisti saranno i maggiori oppositori del regime, quelli che pagheranno il prezzo più alto: su 4671 condannati dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, istituito nel 1926, 4030 furono i comunisti condannati a complessivi 23.000 anni di carcere (insomma, su 5600 imputati del Tribunale Speciale l'80 per cento era composto da comunisti).
In carcere Gramsci abbozzava le proprie intuizioni sulla funzione degli intellettuali e sull'importanza che, per la rottura del blocco agrario e la realizzazione dell'alleanza tra operai del Nord e contadini del Sud si determinasse al loro interno una "tendenza di sinistra, nel significato moderno della parola, cioè orientata verso il proletariato rivoluzionario."
Soltanto nel 1934-35, dopo le conseguenze terribili per operai e contadini in tutta l'Europa, e particolarmente in Italia, della grande crisi del 1929 e l'avvento di Hitler al potere, l'Internazionale Comunista mutò ancora orientamento e si orientò verso una politica delle alleanze che sarebbe sfociata in Francia e in Spagna nella politica dei fronti popolari.
Ma intanto la guerra premeva e nel 1939 i fascismi, guidati dalla Germania nazionalsocialista di Adolf Hitler, avrebbero scatenato il nuovo conflitto mondiale.


 
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«Milk», la speranza come lotta di classe (ilmanifesto)

Post n°2084 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da Ladridicinema
 


Gus Van Sant racconta il suo film, storia dell' attivista gay ucciso nel '78
«Hope» ripete spesso Harvey Milk, cioè speranza: «Bisogna dare alla gente speranza» dice parlando davanti al microfono di un vecchio registratore al quale affida il suo testamento spirituale per renderlo pubblico in caso di morte violenta. E Hope, speranza, ha ripetuto per tutta la sua campagna elettorale Barack Obama che da ieri è il il nuovo presidente degli Stati uniti. Come ce l'aveva fatta Harvey Milk, primo consigliere comunale gay dichiarato eletto in America, a San Francisco, nel 1977, giocandosi la vita per le sue lotte senza prudenza. Nascosto fino ai quarant'anni nell'oscurità dell'impiegato alle assicurazioni, a un certo punto grazie anche all'incontro con Scott Smith, suo compagno per molti anni, molla tutto, si fa crescere i capelli, sale su una vecchia automobile destinazione San Francisco, il quartiere di Castro abitato da poveracci, outsider, tossici. Lì apre Castro Camera, negozio fotografico che diviene il cuore della sua battaglia politica contro discriminazioni e violenze.
Milk, con Sean Penn che regala una delle sue interpretazioni più ricche, è un film molto bello, commovente e importante. Gli anni su cui si focalizza vanno dal 1970 al 1978, cioè il decennio delle battaglie movimentiste per i diritti civili, di cui Milk incarna lo spirito, fino all'alba dell'era reaganiana. Nella visione di Harvey Milk, come era per le Black Panthers, i diritti dei gay sono anche quelli degli anziani, dei poveri, dei disabili, dei lavoratori. Milk combatte per il coming out - dite ai vostri amici, genitori, vicini che siete gay - contro la «Proposition 6» che voleva l'esclusione dall'insegnamento e dai pubblici impieghi degli omosessuali. Non passò, invece oggi la Proposition 8, che ha reso i matrimoni gay in California illegali, è stata approvata. E Milk negli Usa è vietato ai minori di 17 anni.
Incontriamo Gus Van Sant a Roma, t-shirt da ragazzo, sguardo limpido, quasi timido nel raccontare. Insieme a lui c'è Dustin Lance Black, lo sceneggiatore ( 1974). E uno dei punti forza del film è questo incrocio di sguardi e di generazioni diverse.
«Milk» racconta otto anni nella vita di Harvey Milk, quelli della sua battaglia politica. In che modo avete lavorato su questa sua esperienza, dove la dimensione pubblica conta quanto il vissuto personale con tutte le contraddizioni possibili?
(Gus Van Sant) Il mio primo interesse era per la sua forza politica e per come era riuscito a ottenere una serie di risultati. Mi viene in mente Marshall McLuhan in un incontro con Timothy Leary, a pranzo, al Plaza hotel di New York. Leary, uno dei padri fondatori dei Free Thinkers, gli hippy che utilizzano l'lsd come mezzo di espansione del pensiero, cercava un messaggio forte e conciso. McLuhan gli suggerì: «Turn in, Turn on, Drop out», ovvero sincronizzati, eccitati, vivi ai margini. Milk aveva attraversato queste tre tappe, aveva bruciato la sua carta di credito, era rinato e per sei mesi, una volta arrivato a San Francisco aveva vissuto ai margini raccogliendo idee.
(Dustin Lance Black). L'aspetto che più mi ha colpito in lui , è il suo approccio alle rivendicazioni della comunità gay. Non la considera come una realtà isolata ma come parte di un movimento più ampio. Aveva capito che la comunità gay sola non ce l'avrebbe fatta, e era convinto che la lotta per i diritti civili riguardasse tutti. Per questo cerca sempre un sistema di alleanze. Voleva essere il consigliere comunale di tutti non solo dei gay, e credo che sia molto importante sottolinearlo oggi che questa dimensione è andata un po' perduta. Per quanto riguarda le scelte narrative, eravamo limitati da questioni di tempo e dal periodo in cui si svolge la storia. Quanto al privato, la politica per Milk è una politica dell'amore, della camera da letto, vuole che si possa vivere liberamente senza essere uccisi o finire in prigione. Era senz'altro attratto da persone complicate, con problemi personali seri, forse perché voleva salvarle ... Se questo però funziona con la politica, in ambito personale è più complesso.
(Gus Van Sant). Sì, sono d'accordo con questa idea del fare politica di Milk come lotta di classe. Sono meno d'accordo invece con l'idea «salvifica» di cui stava parlando Dustin. Penso che che anche la voglia di stare vicino a persone problematiche fosse per Milk parte di questa lotta. La sua attrazione per le anime ferite esprime per me una richiesta di maggiore libertà. E forse c'è anche qualcosa di personale, qualcosa subito nel passato, nell'infanzia di ragazzo gay alla ricerca di se stesso.
In che modo ha lavorato con Sean Penn?
Penn voleva fare qualcosa di nuovo, ha fatto tutto da solo e non era facile dare vita così intensamente a un personaggio come Harvey Milk. Aveva a disposizione molto materiale di repertorio, ha letto e studiato moltissimo.
Che rapporto avete avuto con i compagni di Milk che vediamo tutti nei titoli di coda del film?
(Dustin Lance Black): Venivano spesso sul set, io sono andato a cercarli, Cleve Jones ha fatto una supervisione della sceneggiatura... Nel 2004, quando ho iniziato a scrivere Milk, tutte le informazioni potevano arrivarmi solo da chi aveva vissuto questa storia. Ho incontrato anche i suoi avversari politici. Mi sembrava che la narrazione diretta delle loro storie potesse dargli una nuova vita.
Possiamo dire che «Milk» è un film di impianto quasi classico, in cui funziona una sovrapposizione tra fiction e documentario.
(Gus Van Sant): La storia in sé, e poi la sceneggiatura, suggerivano questo approccio più tradizionale che avevo già attuato in film come Scoprendo Forrester (2000) o Will Hunting-Genio Ribelle ('97). È senz'altro uno stile visuale che si discosta molto da film come Last Days (2005)o Elephant (2007).
Harvey Milk vince la sua battaglia contro la Proposition 6. Il suo film negli Stati uniti ha avuto il divieto più alto ai minori di 17 anni, mentre pochi mesi fa hanno approvato la Proposition 8 che vieta i matimoni tra gay in California. C'è ancora molto da lottare ...
Credo che in questo senso il film arrivi al momento giusto. E il fatto che negli Stati uniti abbia avuto successo in zone tradizionalmente omofobe è una buona risposta. In realtà avrei già voluto metterlo in piedi nel 1992, ma non avevo trovato i finanziamenti. Mi sembrava già allora importante non far dimenticare completamente questo straordinario personaggio. Quanto al divieto, noi i americani siamo pur sempre un popolo di puritani, dunque non mi meraviglia troppo. Anche un film non gay per alcune scene che si vedono in Milk sarebbe stato censurato. Certo non siamo negli anni 50, all'epoca del rapporto Kinsey dove si definiva l'omosessualità come una malattia, siamo passati per gli anni Settanta della liberazione sessuale, ma sicuramente c'è ancora molto lavoro politico da fare.
Cosa si aspetta da Barack Obama?
È una persona con cui sento una grande affinità, è giovane, non ha un atteggiamento aggressivo, manifesta curiosità per le cose. Non mi sembra come tanti altri politici che avevamo sempre le risposte pronte per poi lasciare fare agli altri. Dovrà affrontare questioni gravi, come la crisi economica, ma sono sicuro che sarà attento anche all'ambiente e a molto altro. Il suo interesse per il mondo mi sembra reale non dettato solo da opportunismi politici.

 
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Il punto

Post n°2083 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da Ladridicinema

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Inizio il mio intervento parlando di una data storica, che verrà ignorata ancora una volta da questi media democristiani e venduti al potere. Io non dico a mediaset, ma almeno la rai... ma putroppo con questi dirigenti e direttori c'è poco da fare... Almeno all'epoca della prima Dc, con il democristiano Bernabei c'erano queste vergogne, ma erano altri tempi e comunque lui era un grande giornalista e direttore... invece oggi...


Comunque oggi come scrive Liberazione;


“Era la mattina del 21 gennaio 1921 nasceva a Livorno, scindendosi dal partito socialista, il "Partito comunista" sezione italiana della Terza Internazionale comunista.
Da quel giorno sono passati ormai 88 anni, ma questo anniversario ha luogo - è bene ricordarlo - a quasi vent'anni dalla fine dell'Unione Sovietica e dalla presenza ormai residuale di partiti e regimi comunisti, se si esclude il caso della Cina in cui convivono da trent'anni un capitalismo più o meno di Stato e il partito comunista.”


Essì è un giorno storico e da comunista faccio gli auguri a tutti quei compagni che sono in Italia.


Oggi non è facile essere comunisti, soprattutto in questa società dove nonostante la sconfitta del modello liberista e capitalista, si continua a ignorare le possibilità del socialismo.


Ferrero oggi dice per ricordare l'evento che rifondazione comunista è un piano strategico, oltee che un nome di un partito; e deve “rendere attuale il comunismo attraverso il suo processo di rifondazione, che matura e cresce interagendo con le soggettività antagoniste”. Ma cosa significa caro segretario? Lui direbbe, anzi oggi ha detto “perché ci sentiamo in piena sintonia con quei rivoluzionari che assaltarono il Palazzo d'inverno e che diedero vita al Partito Comunista d'Italia e perché siamo consapevoli che i sogni e le speranze di quei rivoluzionari sono stati negati, calpestati ed offesi a Praga, a Budapest come a Berlino nel 1953. Rifondazione Comunista, due termini che si sostengono e si qualificano a vicenda. L'uno senza l'altro perdono di significato, non possono esprimere il senso del nostro progetto, sono muti. Rifondazione Comunista non è solo il nome del partito ma il nostro progetto strategico:
Da qui ripartiamo oggi. Nella consapevolezza che negli ultimi tempi il progetto della rifondazione comunista è stato pesantemente attaccato e messo in discussione da chi ha proposto di abbandonare ogni riferimento al Comunismo. La rifondazione senza il comunismo non è l'approdo naturale della nostra storia ma la negazione radicale della nostra ragione di esistenza. La rifondazione senza il comunismo è la pura riedizione dell'occhettismo, cioè l'innovazione senza principi e la perdita di ogni autonomia politica. “...Bene anche l'occhettismo adesso...


Secondo me però sono solo parole, ovvero Gramsci, Togliatti, Bordiga, Terracini e gli altri avevano un progetto, erano degli intellettuali che volevano cambiare qualcosa. Avevano il modello della rivoluzione bolscevica, crearono un partito nel momento in cui Mussolini stava preparando la marcia su Roma che si sarebbe effettuata l'anno dopo, ma già si sentivano le violenze squadriste.


I fondatori del Partito Comunista d'Italia venivano dall'esperienza del Psi, e avevano visto una guerra mondiale, il biennio rosso, l'inizio di un'epoca diversa e aimè sottovalutarono il fascismo.


Non voglio fare lezioni e parlare di storia, ma non si può dire quello che dice lei senza poi fare dei fatti. È giustissimo che non ci può essere una rifondazione senza il comunismo, ma il partito dov'è?


Sempre oggi nel ricordare la nostra nascita, Oliviero Dilberto a rilanciato l'idea di creare un unico partito comunista, ricordando anche come il 21 gennaio, ovvero oggi “a quasi un anno dalla drammatica sconfitta che ha espulso ogni presenza dei due partiti comunisti dal Parlamento italiano: non è solo più difficile, è una responsabilità. Dobbiamo sentirla tutta intera, nei nostri incontri, nelle assemblee, nelle tante iniziative che, in giro per l’Italia, vedono spesso oggi il nostro partito accanto ai compagni del Prc. E noi parliamo della necessità di unire le forze, di unire i comunisti. I compagni, i militanti, mentre i nostri elettori ci chiedono “cosa aspettate ancora”?


Sono d'accordo cosa aspettiamo? Aspettiamo di scomparire per sempre prima di decidere il da farsi, magari ricordando i bei tempi di Gramsci, Terracini, Togliatti, Longo, Berlinguer...


La storia non si cancella, nel bene e nel male e lei Ferrero fa bene a ricordare le schifezze dell'Urss che come dico sempre io ha tradito il comunismo, creando un capitalismo di Stato, come diceva il che. Ma questo non basta, come non basta filosofeggiare, bisogna agire.


La prima cosa da fare, anche per rispetto a tutti quei compagni e a quelle compagne che oggi non ci sono più è ricordare e non far dimenticare la loro storia, la loro vita, il loro sacrificio, le loro lotte.


Bisogna lottare per ricreare un grande partito comunista, che si sviluppi nella società di oggi, una società in cui il liberismo ha fallito assieme al suo modello di bene estremo.


Ci muoviamo allora? Probabilmente lei non leggerà mai questo intervento, ma devo comunque dire quello che penso, e penso che bisogna sbrigarsi. E comunque auguri a tutti i comunisti.


 


Passiamo adesso ad una questione importante, ovvero il caos creato ad Annozero la scorsa settimana. Io ho visto la puntata e devo dire che non ci ho visto tutto questo schifo, che si è visto nei giornali di regime nei giorni a seguire, e nell'ipocrisia dei politici e delle tv, tra cui ricordiamo anche l'intervento di Pippo Baudo a domenica in in cui ha attaccato il giornalista. Certo da che pulpito arriva la predica... ma perchè il conduttore che da 50 anni un altro po' monopolizza la televisione, non permettendo anche ad altri di condurre, e che non spiega i suoi rapporti con alcuni mafiosi, si permette di fare la predica? E poi per quale motivo?


Una puntata vergognosa, è stato il titolo più tranquillo, senza dimenticare il titolo vergognoso de “Il riformista” di venerdi scorso in cui veniva scritto “l'ayatollah Michele”. Senza dimenticare il tempo, la padania, il giornale, libero, il corriere della sera, avvenire... questi invece sono giornali seri.


Complimenti, quindi si evince che l'unica posizione in Italia è solo quella di stare con Israele altrimenti sei un terrorista e fai parte di Hamas. Biagi e Montanelli come scrivevo nell'ultimo mio intervento si rivoltano nella tomba.


Io non voglio difendere Santoro, ma mi sembra che si stia esagerando.


Mi stupisco come un giornalista come Stella si permetta di accusare di terrorismo di sinistra coloro che difendono i palestinesi, o meglio attaccano il genocidio che da oltre 60 anni lo stato israeliano sta perpetuando contro il popolo palestinese.


Avete capito bene, lo stesso che attaccò i politici ne “La casta”, oggi attacca la libertà e chi vuole difendere i più deboli. Questa non è una casta caro Stella? Si la casta di quegli intellettuali moralisti-ipocriti, o che pensano di essere intellettuali, come lei, Colombo, Travaglio, Lerner, Ferrara, Mentana e compagnia bella...


Almeno Travaglio pur se filo israeliano è intelligente, ovvero non ha attaccato Santoro, perchè probabilmente la puntata l'ha vista e capita.


Tornando alla serata io non capisco dove si è vista la puntata filo-palestinese, o filo-Hamas. Non c'era nessuno che era per Hamas, anzi anche tra chi difendeva la Palestina c'era chi era per buttare giù Hamas, che io non difendo, ma dico che non può essere esclusa dal discorso di pace.


Io non condivido tutto quello che fa Santoro, ma la puntata ha la colpa forse solo di aver fatto vedere immagini che nel resto del mondo sono viste e da noi per via dei tg di regime vengono oscurate. Sono immagini crude che servono a capire cosa succede laggiù.


Non si può paragonare il terrorismo di Hamas a quello che fa Israele. Abbiamo un morto da una parte e più di mille dall'altra affermò il giornalista. Infatti è così quindi è normale che si deve dare spazio anche all'altra parte. Poi non capisco qual'è il problema, ovvero pur se fosse stata una puntata filo-palestinese, che c'era di male? O in Italia si deve dire solo viva israele? Alla faccia della democrazia e della libertà di parola e di informazione.


Il titolo della puntata era chiaro, ovvero “La guerra dei bambini”, cioè come i bambini di qualunque parte siano vittime della politica sciagurata dei politici e dell'incompetenza dell'organizzazione internazionale oltre che di paesi come il nostro. Ha fatto benissimo ad attaccare il pse e Veltroni, e anche l'Annunziata. Magari la forma non è stata corretta, ma mi fa ridere chi dice così non si fa è una signora. Scusate, ma una parolaccia a intervento la devo dire, ed è sempre la stessa “Ma vaffanculo va....”. Ma che significa? Perchè l'Annunziata si è permessa di voler insegnare il lavoro a Santoro con quella arroganza in diretta? Io difesi lei quando Berlusconi se ne andò, pur se lei non mi è mai piaciuta, ma come si permette di fare la morale? Si ricordi quando ha cancellato RAIOT di Sabina Guzzanti, quindi non faccia la morale agli altri. Forse Santoro ha sbagliato a uscire in quella maniera, ma lo capisco e lo appoggio. Ha detto secondo me cose vere, ovvero che interesse ha l'Annunziata? Probabilmente gli stessi degli altri intellettuali...


una puntata quindi bellissima e drammatica per quello di cui si è parlato e bisogna dire grazie a Santoro, che è uno dei pochi che ci fa vedere un po' di vero giornalismo.


Il giorno dopo poi arrivano gli attacchi del veltrusconi, del presidente della camera, e dell'ambasciatore d'Israele addirittura... e Napolitano? Dorme come sempre... un presidente inutile direi, visto che un ambasciatore straniero si permette di attaccare un giornalista, che ha come difetto la sua libertà di dire quello che vuole senza peli sulla lingua. Ma lo sa che in Venezuela e Bolivia hanno espulso gli ambasciatori d'Israele e rotto qualsiasi legame con loro? Non dico di arrivare a tanto, ma almeno fare qualcosa...


Levandoci l'ipocrisia dei pregiudicati presenti in parlamento, ho perso ormai il conto di quanti sono, magari chiedetelo a Grillo che è più aggiornato; mi stupisco che il presidente della camera si permetta di mettere da parte il suo ruolo e dire quelle cose. Se l'avesse fatto Bertinotti, apriti cielo.


Soprattutto oltre alla vergogna istituzionale, mi chiedo come uno come lui che era fascista, picchiatore negli anni'70 e poi ha tradito tutto quello in cui credeva si permetta di fare la morale a Santoro.


Quindi viva Santoro!


 


Andiamo al fronte.


Sapete che la nave umanitaria su cui stavano Caruso, medici e dei volontari è stata fermata e la marina ha minacciato di sparare? Oppure sapete che a largo di Gaza ci sono fonti di gas da estrarre e forse questo è il vero motivo della guerra? Sapete che Israele è stata denunciata da molte associazioni anche dei diritti umani per violazione dei diritti dell'uomo e crimini di guerra? Lo sapete che il segretario onu ha chiesto di far pagare chi ha bombardato la scuola onu? Lo sapete che sempre il segretario delle nazioni unite sta vedendo se si può partire per un processo all'Aja per crimini di guerra e contro l'umanità contro lo stato d'Israele? Sapete infine che molti israeliani hanno chiesto di boicottare il loro stato, oppure manifestando per la pace sono stati malmenati?


Non penso lo sappiate i media di regime, vietano la libertà d'informazione.


 


Sempre rimanendo al fronte, è arrivata la pace forse. Israele dice di aver raggiunto i propri obiettivi. Secondo me è una bugia, guarda caso la guerra è finita nel momento in cui si è insediato Barack Obama. Ma guardate il caso. Comunque adesso bisogna fare un vero tavolo di pace e non escludere Hamas, sarebbe un errore imperdonabile.


 


Infine per concludere dal fronte e passare a Obama dico a chi ci accusa di essere antisemiti senza sapere cosa significhi, ci accusa di essere contro gli ebrei:


Noi dobbiamo tanto al popolo ebraico. Marx era di origine ebraiche pur se la fagmilia era convertita, e questo già dice tutto sugli attacchi alla sinistra terrorista.


Poi aggiungo, citando una lettera al corriere di Ferrando, che noi comunisti abbiamo sempre rivendicato la grande tradizione storica e culturale dell'ebraismo socialista e antisionista: quella di Rosa Luxmburg e di Trotskij, dell'insurrezione del ghetto di Varsavia , di larga parte dell'ebraismo antifascista della resistenza. Per altro il bolscevismo di Lenin( e l'intera socialdemocrazia russa del primo '900) fu protagonista di una lunga battaglia contro l'antisemitismo zarista(" infamia e disonore su coloro che seminano l'odio contro gli ebrei" dichiarava Lenin ), e l'Urss rivoluzionaria del '17-'23 non solo pose fine ad ogni pogrom antiebraico, ma predispose gravi sanzioni contro ogni manifestazione antisemita e garantì il libero sviluppo della cultura Yddisch. La stessa Quarta Internazionale delle origini che- sola a sinistra- denunciò i fondamenti coloniali e anti arabi dello stato di Israele nel 48, nacque anche da una lunga battaglia contro l'antisemitismo stalinista e nazista. E contava tra i suoi massimi dirigenti molti militanti e intellettuali ebrei.


 


Veniamo ora all'evento detto dell'anno, ovvero l'insediamento di un nero alla casa bianca.


È avvenuto ieri, come detto dallo stesso Obama “fino a 60 anni fa un nero non avrebbe potuto entrare in un bar e oggi”, ma che cosa c'entra? Che pensi che il razzismo sia finito in America? Controlla un po' i bianchi per chi hanno votato in maggioranza e poi ne riparliamo. Certo è un evento storico, ma dovevi dirlo? Dovevi insistere come quel reverendo prima di te su questioni di pelle? Ma vabbè lasciamo perdere.


Veniamo invece a quello che ha detto. Lui ha parlato di tante belle cose, ma secondo me sono parole e basta per ora. Aspetto i fatti, anche se la notizia di oggi che ha detto che chiuderà Guantanamo entro un anno è qualcosa si positivo. Ieri ho visto tanta ipocrisia oltre che sentirla. Capisco ora da chi ha copiato i discorsi Veltroni, peccato che lui è senza carisma e spina dorsale, mentre Obama ce l'ha. Obama parla di politiche sociali e questo sicuramente è un'ottima notizia (si parla a proposito dell'eliminazione dei blocchi contro le associazioni a favore dell'aborto messa da Reegan), parla di dialogo con tutti, di sanità, scuola, economia... e tante altre belle cose. Poi inizia il patriottismo ipocrita americano, nel parlare della bella democrazia americana, che come ci fa capire Obama è il paese dove può succedere di tutto, anche un nero alla casa bianca. Certo è un evento storico, ma basta.


Abbiamo capito, e forse lei si dovrebbe cominciare a chiedere perchè se siete così belli, tanta gente vi odia. Cominci a chiederselo caro presidente, prima che sia tardi.


Si sbrighi a fare quello che deve fare, perchè la situazione è davvero grave.


Non mi metto a descrivere tutto il suo discorso, perchè a tale compito è stato gentilmente già fatto dai nostri cari media... quindi mi limito a chiederle di mantenere le promesse, e spero di non rimanere deluso. Certo lei non è Luter King, ma non è nemmeno Bush, padre e figlio, o Reegan, o Clinton. Forse siamo alla fine di un'epoca segnata da 30 anni di conservatorismo, forse si riapre un attimo di democraticità, dialogo e di uso del cervello che manca dai tempi di Jimmy Carter.


 


Ma veniamo adesso all'Italia: iniziamo con la vergognosa sentenza di oggi della corte di stato che dice che europa 7 deve avere un milione di euro per non aver avuto le frequenze. Alla faccia della sentenza della corte europea che diceva che doveva avere le proprie frequenze oltre che i soldi. Ma per i due canali che con gli sono stati fatti aprire, per i locali comprati e mai aperti, per le mancate trasmissioni dal 1999 a oggi, ma quanti soldi deve lo stato, o meglio Silvio Berlusconi a Europa 7? Non certo un misero milione di euro.


 


Sempre nella vergogna è la situazione della povera Englaro. Sembrava che tutto si dovesse risolvere e invece. Ancora una volta il ministro Sacconi, fregandosene di una sentenza, impedisce di staccare la spina e minaccia in maniera fascista la clinica privata che doveva svolgere l'intervento. Adesso si è proposta la governatrice del Piemonte, Mercedes Bresso. Ha chiesto di portarla lì se vogliono, in una clinica pubblica così Sacconi non minaccia. Ma purtroppo lui insiste.


Sacconi si vergogni, lei non sta rispettando la legge, ma da integralista qual'è sta violando il diritto di ogni persona a scegliere cosa vuole dalla propria vita e soprattutto una sentenza ufficiale.


 


Infine concludiamo con il pd. Dai recenti sondaggi perde altri due punti così come Berlusconi. Ma sapete qual'è la cosa più divertente? La cosa più bella è che se anche lega, pd, italia dei valori, udc (tutti in calo) si mettessero insieme vincerebbe ancora il cavaliere.


Che strategia quella del pd. Adesso poi le cose stanno peggiorando visto che c'è il possibile tradimento dei rutelliani e il conflitto sul testamento biologico.


Complimenti a Veltroni, noi no e i teodem che adesso ti tradiranno si.


In Italia, ’avventura del PD si sta rivelando per quello che è stata fin dall’inizio: una gigantesca operazione di potere tra apparati  fondata sulla teoria scellerata dell’alternanza di coalizioni oligarchiche, ben ancorate entrambe al quadro di compatibilità economiche e sociali dettate dal capitale e dal mercato finanziario. Un modello politico all’americana, fondato sulla fine della rappresentaza politica delle classi sociali e dai partiti veri, e sul confronto –scontro democratico indicato dalla nostra Costituzione.


Capito Ferrero? Facciamo un partito alla svelta unico, fatto dal basso che salvi l'Italia e crei finalmente una vera opposizione.


Andrea


 
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"Terra Madre" di Olmi a Berlino il 6 e il 12 febbraio (c.c.n.)

Post n°2082 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news

"Terra Madre" di Olmi a Berlino il 6 e il 12 febbraio

Prima mondiale al Festival di Berlino '09 per il nuovo lavoro di Ermanno Olmi, Terra Madre, in programma quale Evento Speciale venerdì 6 febbraio al Cinema Paris. Il documentario sarà proiettato, sempre a Berlino, il 12 febbraio, anche nellambito della sezione Kulinarisches Kino.


Olmi costruisce, con il contributo di Franco e Mario Piavoli e di Maurizio Zaccaro, un documentario che fa i conti con il destino del pianeta, proponendo il proprio punto di vista sul grande tema del cibo e sulle implicazioni economiche, ecologiche, sociali a esso correlate.


Prodotto da Cineteca di Bologna e ITC Movie, e realizzato con il sostegno del Ministero per i Beni Culturali-Direzione Generale per il Cinema, Terra Madre è il risultato di un lavoro fortemente ispirato dalla rete di comunità del cibo creata nel 2004.


 


Ideato nel 2006 dalla complicità tra Carlo Petrini ed Olmi, favorita dalla comune amicizia di Luciana Castellina, il lavoro ha trovato un comune sentimento verso le genti contadine affluite al raduno mondiale di Torino. A quel raduno del 2006 - con il supporto del movimento Slow Food, della Cineteca di Bologna e della Film Commission Torino Piemonte - sono cominciate le riprese e con esse il percorso di approfondimento continuato da Olmi fino allautunno del 2008, con il nuovo meeting di Terra Madre.


"Solo la sensibilità di Olmi - afferma Petrini - poteva interpretare lalto valore etico e morale di questa straordinaria assise che è Terra Madre. Una rete planetaria fatta di uomini, pensieri, lavoro e culture presente in 153 Paesi del mondo, che va seminando e coltivando le giuste idee di difesa della biodiversità, rispetto dellambiente e dignità del cibo, per un futuro di pace e di armonia con la Natura".


 


Terra Madre è nato dallosservazione dei partecipanti al Forum, dal pedinamento di alcuni di essi nei loro Paesi dorigine. "Al Forum di Terra Madre ho riconosciuto i contadini come li ricordavo nelle nostre campagne, al tempo della mia infanzia - dichiara Olmi - I volti dei contadini si somigliano in ogni angolo del mondo. Sono volti su cui si riconoscono le medesime tracce di vita, così come le fisionomie dei paesaggi con i campi arati, le colture, i pascoli. Oggi quel mondo dei contadini è assediato dalle grandi imprese il cui scopo è nel profitto. Anche il contadino vuole guadagnare, ma il suo attaccamento alla terra è anche un atto damore ed è in questo sentimento solidale che si genera il rispetto della Natura".

 
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Parte Italia Doc, ma senza "Il sol dell'avvenire" (c.c.n.)

Post n°2081 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da Ladridicinema
 
Tag: eventi

Parte Italia Doc, ma senza "Il sol dell'avvenire"

[di Cristiana Paternò]


Quindici documentari italiani realizzati nel 2008 sono le interessanti tappe del viaggio offerto dalla rassegna Italia Doc in programma per il quarto anno alla Casa del Cinema di Roma. Dieci appuntamenti dal 21 gennaio al 22
aprile, sempre di mercoledì alle 16, seguiti dal dibattito con gli spettatori cui parteciperanno autori e produttori. Ci saranno molti tra i titoli più significativi della passata stagione, con film presentati in anteprima a festival di rilievo come Locarno, Venezia, Bellaria, il Libero Bizzarri, il Festival dei Popoli di Firenze e Torino. E ci sarà un'assenza che non può passare certo inosservata, quella del discusso film di Gianfranco Pannone e Giovanni Fasanella sulla nascita delle BR a Reggio Emilia, Il Sol dell'avvenire. Oggetto di polemiche politiche e discussioni necessarie sugli anni di piombo in Italia. "Pur comprendendo esigenze e tempi distributivi, ci dispiace non poterlo avere tra questi 15 film, frutto di una selezione attenta all'eterogeneità di temi, stili e luoghi che tenta di mostrare il documentario italiano in un momento di creatività importante ed eclettica", dice il curatore della rassegna Maurizio Di Rienzo. Soddisfatto comunque della panoramica che potrà offrire al pubblico romano a testimonianza che "il documentario italiano, pur nella difficoltà di trovare spazio nelle sale ed essere difeso in circuiti di distribuzione e nei problematici rapporti con le televisioni sia free che satellitari, è oggi maturo". Di Rienzo spera anche in un ultimo titolo di sicuro effetto spettacolare, ma ancora top secret, per la chiusura della rassegna romana che potrebbe portare alla Casa del Cinema un happening musicale inconsueto e trascinante.


 


Dopo un prologo ideale a dicembre con il vincitore della sezione Orizzonti Doc dell'ultima Mostra di Venezia, Below sea level di Gianfranco Rosi, la panoramica parte domani, 21 gennaio con il curioso e appassionante Cimap! Cento italiani matti a Pechino di Giovanni Piperno visto al Festival di Locarno nella sezione Ici & Ailleurs e prosegue con il dissacrante e ironico Pinuccio Lovero: sogno di una morte di mezza estate di Pippo Mezzapesa (Settimana della Critica a Venezia 2008), con la favola del ragazzo albanese Edison, della sua amicizia con un giovane regista teatrale e del suo ritorno a casa dopo molti anni in Sognavo le nuvole colorate di Mario Balsamo (ancora Locarno Ici & Ailleurs), Il grande progetto di Vincenzo Marra (Torino Film Festival) sulla riconversione del polo Bagnoli-Italsider. E ancora: la Calabria ancestrale di Preparativi di fuga di Tommaso Cotronei (Locarno 2008) e la Napoli piena di strane e fascinose mescolanze di Napoli Piazza Municipio di Bruno Oliviero (Locarno e Torino, dove ha vinto Italiana doc), Hair India di Raffaele Brunetti e Marco Leopardi (International Documentary Film Festival Amsterdam e Festival dei Popoli di Firenze) che racconta il viaggio dei capelli di una giovane donna indiana, trasformati in "hair extension" in Italia e acquistati da una donna in carriera di Bombay. La disintegrazione razziale di Welcome Bucarest di Claudio Giovannesi ("Premio Venti Città" dalla Giuria Ucca al Bellaria Film Festival e Menzione speciale al Salina Doc Festival) e la drammatica denuncia di Come un uomo sulla Terra di Andrea Segre, Dagmawi Ymer e Riccardo Biadene sull'inferno vissuto dai migranti africani in Libia con la complicità dell'Italia. Ancora: Rumore bianco di Alberto Fasulo (Festival dei Popoli di Firenze) realizzato lungo il fiume Tagliamento e Stranieri in patria di Roberto Citran e Gianni Ferraretto (Premio Libero Bizzarri) sui veneti emigrati negli anni '30 e ancora non rassegnati alla lontananza. Possibili rapporti. Due poeti, due voci di Nelo Risi (Ici & Ailleurs) è l'affascinante incontro tra due anziani artisti-amici, Andrea Zanzotto e Nelo Risi appunto, fratello di Dino, autore di cinema e soprattutto scrittore. Diario di uno scuro di Davide Barletti, Edoardo Cicchetti, Lorenzo Conte dei Fluid Video Crew (Festival per il cinema Italiano Bari) racconta la nascita della Sacra Corona Unita, la quarta mafia d'Italia. Leonardo di Paolo Di Falco (Torino Film Festival) mette in scena un doppio capodanno, italiano e cinese nella poliedrica Bari. La rassegna Italiana Doc sarà anche occasione per presentare il volume di Marco Bertozzi "Storia del documentario italiano. Immagini e culture dell'altro cinema" (Biblioteca, Marsilio, Milano 2008).

 
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Gli italiani? Cialtroni e furbi, ma un cuore grande (cinecittànews)

Post n°2080 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da Ladridicinema
 

Gli italiani? Cialtroni e furbi, ma un cuore grande

[di Stefano Stefanutto Rosa] Saranno caciaroni, furbi, arroganti, sbruffoni, vigliacchi, cialtroni, volgari, i nostri connazionali all'estero, ma la loro redenzione alla fine è dietro l'angolo e il grande cuore italiano, generoso e pronto a perdonare, alla lunga la vince su tutti i difetti nazionali. Questa la morale di Italians la favola ironica di Giovanni Veronesi, che inonderà le sale con 700 copie distribuite da Filmauro.

Benché il film si componga di due episodi, un po' lunghi e macchinosi e meglio sarebbe stato aggiungere un altro capitolo meno buonista e più irriverente, in scena è un unico personaggio, ma con due differenti etichette sociali. Da un parte il camionista in trasferta araba che ha il volto stralunato di Sergio Castellitto meno riconducibile al genere, ma Aurelio De Laurentiis ha fatto tesoro della lezione del cinepanettone: fuori la comicità un po' greve e grottesca di Cipollino/Massimo Boldi e dentro quella più raffinata di Massimo Ghini. Dall'altra la maschera più che collaudata di Carlo Verdone, dentista borghese separato e in cerca d'avventure a San Pietroburgo, arricchita dalla spalla comica Dario Bandiera e dalla presenza discreta di Ksenia Rappoport.

"La commedia è un genere che frequento poco, con Veronesi ho già fatto lo sfortunato Silenzio si nasce nel '95 con Paolo Rossi", pare scusarsi Castellitto. Il regista invece rivela di aver progettato un terzo episodio girato in Cina, "ma ho subito rinunciato perché vengo da Prato dove di cinesi ce ne sono troppi. E poi i due Manuale d'amore si componevano di ben otto episodi, questa volta volevo raccontare in modo non frammentario. E il mio prossimo lavoro sarà un unico film sui genitori e i figli. Il titolo? genitori e FIGLI. Istruzioni per l'uso".

Il film alla fine dà un'immagine un po' mielosa degli italiani all'estero? Per Veronesi il sottotitolo del film, Ci facciamo sempre riconoscere..., rimanda sia a un'immagine negativa fatta di luoghi comuni, sia al suo opposto: "Non c'è straniero che non si sia imbattuto con l'atto di eroismo di un italiano che lascia il segno. E io voglio tanto bene al mio Paese, come mostra quell'immagine finale di un'Italia fatta di stracci, in un momento in cui tutto sembra andare a rotoli".

In fondo gli italiani sono gente straordinaria e nello stesso tempo indecente aggiunge Castellitto, "come diceva Leo Longanesi, sono buoni a nulla capaci di tutto". Ma questi italiani all'estero sono rimasti gli stessi che hanno raccontato così bene nei loro film i grandi della commedia come Luigi Zampa (Bello, onesto emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata), Franco Brusati (Pane e cioccolata), Dino Risi (Il gaucho), Mario Monicelli (La mortadella)? "Quelli cercavano fortuna all'estero, ora cercano se stessi, gli affari e appartengono a un ceto più alto e colto. Ma il tratto comune che si portano addosso - risponde Veronesi - è la loro italianità. Il 'New York Times' ha scritto che 'Gli italiani sono il popolo che suona di più di tutti al metal detector'. E' vero, anche senza scarpe e cinture la loro italianità è così forte da far scattare l'allarme".

A chi poi non crede più all'immagine dell'italiano cuore generoso, solo Castellitto ammette che i gesti straordinari che vediamo in Italians forse non sono più frequenti come un tempo. Gli altri, a cominciare dal regista, sono convinti che la loro generosità sia rimasta la stessa di sempre: per Veronesi "sono sempre in prima linea"; per Scamarcio "la loro qualità migliore è l'umanità"; per Verdone "il meglio di sé lo mostrano all'estero".

Curiosità del film da segnalare. il sostanzioso Product placement: ben sette marchi come Iveco, Coca Cola, Costa Crociere, Air Italy, Vodafone, Acer e Belstaff. I ringraziamenti a Valeria Solarino per lo sguardo supplichevole della donna araba velata. La bella cover di "Meraviglioso", brano celebre di Domenico Modugno, firmata dai Negramaro. L'anteprima scaramantica a Napoli, come tradizione, del film prodotto da Aurelio De Laurentiis.
E soprattutto la scena finale dell'episodio con Scamarcio e Castellitto, non è forse una citazione della sequenza conclusiva con protagonista Nino Manfredi di Riusciranno i nostri eroi..., film in cui Ettore Scola mette alla berlina il provincialismo italiano in Africa?

 
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