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Messaggi del 21/10/2014

 

Marco Risi: 'L'attore, mestiere precario' da cinecittà news

Post n°11826 pubblicato il 21 Ottobre 2014 da Ladridicinema
 
Tag: news

Andrea Guglielmino21/10/2014
Non tutti gli attori sono star.
Un concetto che sfugge all’immaginario collettivo, che proietta l’interprete – specie quello di cinema – all’interno di un luogo comune che lo vede sempre ricco, famoso, circondato di belle donne (o begli uomini) e di gente che gli presta attenzione. Marco Risi invece, con il film Tre tocchi, in uscita il 13 novembre e in programma al Festival di Roma nella sezione Gala, dà voce a coloro che, pur intraprendendo questa carriera, non hanno ancora raggiunto il grande successo e vivono a volte di espedienti e frustrazioni. In particolare, lo fa attraverso i racconti (romanzati ma basati su esperienze reali) delle vite di sei giocatori della squadra calcistica ‘degli attori’, fondata negli anni ’70 da Pasolini. Il regista, pure lui parte della squadra, ha investito lui stesso 450mila euro per il progetto (il resto del budget viene dalla Ambi Pictures di Andrea Iervolino e Monika Bacardi).  Accanto agli attori/giocatori Max Benvenuto, Gilles Rocca, Vincenzo Di Michele, Fabrizio Nevola, Emiliano Ragno (che recitano sostanzialmente nel ruolo di loro stessi, usando i loro stessi nomi) si è aggiunto un gruppo di nomi famosi che hanno generosamente accettato di partecipare in brevi apparizioni: Luca Argentero, Claudio Santamaria, Marco Giallini, Francesca Inaudi, Valentina Lodovini, Maurizio Mattioli

E’ una storia di attori con la passione per il calcetto? 

Piano. Il calcetto è una cosa da circolo, da persone accasate. Il calcio è una cosa seria. Io stesso ne faccio parte e non molto tempo fa mi sono beccato un fallo pazzesco da un calabrese di 90 chili. La mia caviglia è ora gonfia come quelle della sora Lella. Io per gli attori non ho mai avuto tutte queste simpatie, anzi, spesso ci litigo. Durante la lavorazione de L’ultimo Capodanno mi sono infuriato con “un tipo” che voleva andarsene a casa prima della fine delle riprese. Sosteneva che il suo compito fosse finito solo perché la sequenza era allo specchio. Quando diventano famosi non si controllano più. Ma mi ha interessato invece la storia degli attori sconosciuti. La loro frustrazione e la loro malinconia. 

E l’idea di questo progetto come è nata? 

E’ nata quando Leandro, che sarebbe poi diventato membro del cast, mi ha aggredito nei camerini. Mi ha apostrofato proprio con odio: “Siete tutti uguali! Cazzo, sono bravo, perché non mi fai fare un provino?”. Non glie lo feci fare, per il film che stavo preparando, ma mi venne l’idea per Tre tocchi. Lo invitai a casa e mi raccontò una storia pazzesca, tanto che all’inizio pensai che fosse una balla. Ma non importava, mi aveva convinto. Mi disse che era diventato attore per sfuggire a un destino di violenza e di faide familiari. Aveva spezzato le gambe a un tipo e ogni giorno pregava perché si riprendesse, poi decise di affrontare la sua famiglia e venne portato in una discarica di Bagnoli con la pistola alla tempia, dove fu processato e, per fortuna, rilasciato. 

La frustrazione è propria del mestiere d’attore? O è un segno dei tempi di crisi? 

L’attore è uno dei mestieri più precari del mondo. Dipendi sempre da qualcun altro: dal produttore che può preferirti l’amichetto o l’amichetta di turno. Dal regista che ti può rifiutare perché sei troppo vecchio, giovane, alto, basso, o perché hai i capelli in un certo modo. Mi sono chiesto: cosa succede all’aspirante attore che torna a casa dopo l’ennesimo provino fallito? 

Lei ne ha rifiutati tanti? 

Beh, sì.  Capita di vedere uno che ci prova e dirsi… ‘bah…’. Cito sempre L’ultimo Capodanno, il provino diBeppe Fiorello. Fu disastroso. Lui è stato un cane, non si ricordava niente, non aveva studiato, non era preparato. Nemmeno gli andava di farlo, il provino. Mi arrabbiai moltissimo perché aveva proprio la faccia giusta, gli dissi di tornare il giorno dopo, ma di farsi vedere solo dopo aver studiato. Lo fece, e riuscì a fare il film, anche se io ero in ansia. Mi chiedevo costantemente se sarebbe stato in grado. 

Ma cosa accade quando invece un rifiuto disillude speranze raccolte con tanta fatica e sacrificio? 

Di tutto. Violenza, scatti di rabbia. Proprio stanotte due membri del cast hanno litigato furiosamente. Uno era ospite in una trasmissione e ha dimenticato di citare ‘chi non c’era’. Hanno ragione entrambi, è normale. C’è chi ce la fa, chi no, chi ha più opportunità e chi meno. Chi fa una fiction di successo e poi finisce a fare l’acchiappino a Piazza Navona. 

Ci parli degli illustri cameo del film… 

Con Valentina Lodovini c’è un amore che va avanti dai tempi di Fortapàsc dove interpretava la fidanzata di Siani. Gli altri, Santamaria, Giallini, Sorrentino, si sono semplicemente prestati a partecipare a un film che, ho detto fin da subito, doveva restare a basso costo, per essere il più libero possibile. Non uscirà in tante sale, preferisco che sia un concentrato di sentimento. 

Qualcuno l’ha già accusata di lasciare poco spazio alle donne e di dipingerle solo come succubi di un mondo maschile violento e retrogrado… 

Quando sento queste sciocchezze mi viene voglia davvero di diventare anti-femminista. Ma non lo sono. Le donne non giocano spesso a calcio e dunque è normale che nel film si parli di maschi. Non mi pare una colpa. Don Seger era accusato di essere fascista, ma lui si definiva ‘liberale’ e giustamente disse: ‘se racconto quel genere di personaggi non significa che io sia d’accordo con loro’. Lo stesso vale per me. Con Il branco ho raccontato la storia di uno stupro dal punto di vista dei carnefici. Era un’idea nuova, coraggiosa, sicuramente dura e violenta ma non era mai stato fatto un film del genere. A Venezia Uma Thurman, che era in giuria, voleva interrompere la proiezione. Io personalmente ne sono orgoglioso e penso sia uno dei migliori film che abbia mai fatto. Ora trovatemi qualcuno che dopo aver visto un mio film torna a casa e violenta una donna. Anzi, fa l’effetto contrario. Se fossi Marco Ferreri, manderei tutti a quel paese. Si ricade sempre nel luogo comune del ‘politically correct’. Ma poi il personaggi di Ida Di Benedetto, per esempio, non subisce affatto. Anzi, maltratta il suo uomo. Gli dice ‘non lavorerai più’, essendo ossessiva. E quella è una storia che è capitata a me. E sono casi in cui non puoi che arrivare a una separazione brusca. Non si può essere sempre buonisti. Si fa del male alle persone e anche al cinema. Per lo stesso motivo ho tagliato la scena in cui Leandro, graziato dai suoi nemici, torna a casa e abbraccia la famiglia. Troppo lacrimevole. Se poi vogliono il cinema politicamente corretto, stupido, noioso e facile, che si accomodino pure… non ne posso più di questo pubblico addormentato da questa distribuzione d’assalto che lo riempie di commedie che nemmeno fanno ridere. 

Cosa significa il titolo Tre tocchi

Concentrazione, visione e velocità. Ci vogliono nel calcio come nella vita. 

Ma gli attori ce l’hanno, un’anima? 

Ma certo che ce l’hanno. E allora perché alcuni restano in seconda fila? Un motivo c’è, ma non saprei spiegarlo. A parte che io vedo un sacco di attori che stanno in prima fila che meriterebbero di scalare, in terza o quarta. Per questo mi piace lavorare con chi inizia, come in Soldati – 365 all’alba o addirittura con non professionisti, come in Mery per sempre. Ho scoperto il dolore dell’attore. Quando lo chiamano solo per certi ruoli, o magari non lo chiamano affatto. 

E che ne pensa di quegli attori che passano alla regia? 

E che ne devo pensare? Che sono nemici? Che siamo troppi e ci mancano solo loro? Dipende ovviamente dalla qualità. Kim Rossi Stuart è un regista bravissimo. Andrea Di Stefano con Escobar ha avuto il merito di mettere su un’operazione. Io non sono altrettanto bravo. Certi meccanismi furbi mi sfuggono, infatti faccio un film ogni cinque anni. Questo è il primo che fa eccezione, a un anno di distanza da Cha Cha Cha

Fino a che punto questo è un film sul calcio? 

Non ci fosse stato il calcio, lo spogliatoio, il film non si sarebbe fatto. Il mister della squadra è Giacomo Losi, il capitano della Roma anni 60, un mito del calcio capitolino. Una volta gli ho fatto un tiro e l’ha lisciato. Mi ha detto: “Sei anni fa l’avrei beccata”.

 
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The Pills, dal web arriva la nuova commedia all'italiana. Parola di Vanzina

Post n°11825 pubblicato il 21 Ottobre 2014 da Ladridicinema
 

Carmen Diotaiuti21/10/2014
Intervista a Luca Vecchi dei The Pills, trio di trentenni romani divenuti popolari con le loro serie per il web, estrose e surreali, che porteranno presto in sala il loro primo film
Sono romani, anzi romanissimi. Luca Vecchi, Luigi Di Capua Matteo Corradini, in arte The Pills, hanno fatto della localizzazione il loro cavallo di battaglia. Le loro sitcom per il web, estrose e surreali, parlano di amicizia, rapporto con l'altro sesso, problemi e manie di una generazione di trentenni cresciuta a televisione e videogiochi, che si ritrova oggi a vivere in sovrappopolati appartamenti per universitari con poche certezze per il futuro. Il tutto rigorosamente ambientato nei quartieri di Roma Sud e condito da un buona dose di capitolina ironia sommersa da una valanga di citazioni cinematografiche. La serie ha spopolato sul web (ogni puntata vanta in media mezzo milione di visualizzazioni) ed ha attirato l'attenzione degli addetti ai lavori. Come Enrico Vanzina che all'incontro con i The Pills organizzato da Wired Next Cinema all'interno del Festival di Roma ha ammesso di essere un loro fan e di vederli come i possibili eredi della nuova commedia all'italiana. "Siamo in attesa di dare la staffetta a una nuova generazione di autori. La vera commedia è quella che parla della realtà con un soggetto drammatico e lo tratta con la leggerezza che vi contraddistingue. La bellezza dei vostri sketch sta nel far sembrare tutto vero, non si sente il pensiero che c'è dietro. La commedia degli ultimi anni tende ad essere moralistica. Voi invece siete dissacratori ma volete bene ai personaggi che raccontate. Guardate senza dare giudizi, come la grande commedia che vede tutti i personaggi e ama anche i peggiori". 
Ma a fiutare le potenzialità del trio ci sono anche la Ascent Film di Matteo Rovere (quella che ha prodotto l'esordio di Sidney Sibilia) e la Taodue di Pietro Valsecchi. Il risultato è una nuova serie di episodi "The Pills" trasmessa da Italia 1, una sitcom per la Rai scritta insieme a Sibilia e la loro prima pellicola per il grande schermo di cui hanno appena terminato la scrittura. Ne parliamo con Luca Vecchi, che del film curerà anche la regia. 

A che punto siete con il film e quanto porterete di "The Pills-la serie" sul grande schermo.
La sceneggiatura è praticamente finita. Stiamo aspettando il parere di Matteo Rovere, il nostro produttore esecutivo, e della Taodue. Abbiamo cercato di trovare un punto di convergenza tra la narrazione cinematografica e il modo di raccontare che abbiamo sempre avuto. Il linguaggio del film sarà lo stesso della serie web e stiamo cercando di preservarne anche lo stile, le inquadrature fisse e l'essenzialità delle scenografie.

Sarà un film a episodi? Ci saranno attori professionisti o cammei? 
Sarà un film solo in parte ad episodi e ci saranno delle guest star, anche se la loro presenza all'interno della pellicola sarà oculata e funzionale alle gag, mai fine a se stessa. Come è stato ad esempio per Elio Germano, che compariva nello sketch web "Il bagno okkupato" in un ruolo che gli è congeniale, visto il suo impegno per il Teatro Valle. Quella volta abbiamo sudato sette camicie per riuscire a contattarlo, siamo stati quasi i suoi stalker. 

Il salto verso i media tradizionali era l'ambizione dei The Pills?
Era l'occasione che volevamo e ci siamo riusciti perché paradossalmente abbiamo attirato più l'attenzione degli addetti ai lavori che del grande pubblico. Il nostro obiettivo era da sempre fare gli autori, il mio personale la regia. Tanto che avevo provato in tutti i modi ad entrare in uno dei corsi del Centro Sperimentale di Cinematografia. Non ci sono mai riuscito.

Negli episodi delle serie ci sono spesso citazioni cinematografiche.
Sono letteralmente cresciuto a televisione anni '80 e VHS di autori come Spielberg o Zemeckis. Adoravo quel tipo di cinema alla Indiana Jones e quella fantascienza col cuore che non si prendeva troppo sul serio. E proprio nel prendersi in giro da sola si rendeva credibile. Tutte le nostre citazioni attingono alla cultura di quegli anni e non sono mai fine a se stesse. Servono ad arrivare dirette al cuore dello spettatore, una sorta di "bypass emotivo".

Il passaggio dall'online alla tv ha richiesto modifiche allo spirito originario della serie?
Non abbiamo avuto nessun condizionamento, ci hanno dato praticamente carta bianca. Non siamo però  riusciti a spostare il pubblico del web in tv. Questo perché la conquista più grande di internet è stata la conquista del tempo, la possibilità di vedere ciò che si vuole in qualunque momento. E' difficile competere con questa opportunità.

Il web come un modo per ingaggiare il pubblico dei più giovani e portarlo in sala.
Il web è una palestra di strada perché la rete sa essere davvero spietata. Ma i pubblici sono diversi. Il cinema ha una dignità maggiore in termini di fruizione, la visione sul grande schermo è un rito adatto più al cinema d'autore. La vera sfida è riuscire a portare in sala il pubblico "comodo" del web anche per una commedia, in un momento in cui la pirateria rende tutto disponibile online e subito.  

 
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Giulio Cesare: quando lo scontro produce cultura

Post n°11824 pubblicato il 21 Ottobre 2014 da Ladridicinema
 

Andrea Guglielmino19/10/2014
Al Festival di Roma nella sezione Gala il documentario del giornalista e regista Antonello Sarno Giulio Cesare-Compagni di scuola, realizzato in occasione degli ottanta anni del Liceo Giulio Cesare, istituto storico di Roma. Il film è prodotto dalla R&C Produzioni di Tilde Corsi e Gianni Romoli e dalla Agnus Dei di Tiziana Rocca in associazione con Istituto Luce Cinecittà e in collaborazione con Rai Cinema e il quotidiano Il Messaggero.  Coniugando storia, intrattenimento, attualità e informazione, il documentario racconta gli ottanta anni dello storico Liceo Giulio Cesare di Roma, il liceo classico più grande d’Italia, attraverso le testimonianze di famosi ex-alunni, che hanno parlato della loro esperienza durante gli anni trascorsi al Liceo. Ricordi immediati e spontanei dagli ex allievi più anziani, fino alle voci dell’attuale popolazione scolastica, per ricostruire attraverso una storia orale collettiva - in cui ognuno racconta la propria - lo straordinario affresco di una grande capitale come Roma, e di un Paese intero, attraverso i propri studenti. Le testimonianze si incrociano naturalmente con quelle degli studenti che dal “Giulio” (questo il soprannome della scuola, storico ormai quanto l’istituto stesso) sono appena usciti dopo gli esami di maturità.  

Alcuni dei protagonisti sono intervenuti in conferenza stampa: “Il Giulio Cesare – dice Antonello Venditti, ex scolaro dello storico liceo – è apparentemente una scuola come tante, ma rende invece uno spaccato particolare del paese. Tutti noi che veniamo da lì sentiamo un forte senso di appartenenza. Mi ricordo di aver incontrato sulle scale un compagno di classe, che però era camerata nella vita, e invece di scontrarci ci siamo detti “buona fortuna”. Ci conoscevamo profondamente. A questo serve la scuola, al di là degli schieramenti”. 

“Ogni scuola è un piccolo comune – ricorda il regista Antonello Sarno – tanti piccoli campanili che guardano agli altri con sospetto e invidia. In particolare i rivali principali del Giulio Cesare erano il Tasso e il Mamiani. Ma, a parte essere stato anch’io studente lì, ho scelto il ‘Giulio’ perché drammaturgicamente era interessante, spaccato com’è tra le sue due anime, tra destra e sinistra, proletariato e conservazione. Lo scontro, a volte anche violento, ha prodotto informazioni, e cultura”. Ospite anche Marco Pannella, che ricorda soprattutto “i professori, con cui c’era un rapporto mai superficiale. Per un periodo non andai a scuola, marinavo, la pagella mi arrivava tramite i compagni con cui avevo un rapporto molto stretto, e dato che era vuota inserivo dei voti fasulli. Non esagerati. Qualche cinque o sei, per non insospettire genitori e professori. Tutti pensavano che mi assentassi perché ero tisico, ma tornai invece con un colorito fantastico e dunque mi smascherai. Ero alla succursale vicino Piazza Bologna e ho conosciuto tantissimo la città. Mi ricordo Villa Paganini e le sortite con le ragazze. Se le beccavano a tenersi la mano col compagno erano dolori, i genitori venivano immediatamente informati. E data la mia altezza spesso finivo al banco con gente che poi avrebbe fatto carriera nei ranghi militari”. 

“Il Giulio Cesare – ricorda inoltre Sarno – ha sempre avuto una grande vocazione cinematografica. AncheFederico Moccia, che stasera vedrà la prima, ha deciso di ambientare lì Scusa ma ti chiamo amore. E’ inoltre famoso per ospitare uno dei più celebri e seguiti cineforum, inventato dalla professoressa Marina Sambiagio, presso il quale si svolgono vere e proprie anteprime e ‘sneak peak’, per valutare le reazioni dei ragazzi ed eventualmente intervenire sul montaggio definitivo dei film. La caratteristica principale è che tutto ciò si fa tramite un vero proiettore e una vera sala, non solo con un lettore dvd. Questo perché il ‘Giulio’ è stato costruito nel 1936, quasi in concomitanza con l’apertura di Cinecittà nel ’37, dove campeggiava la scritta ‘Il cinema è l’arma più forte’ con la firma di Mussolini. Dunque venne dotato di una cabina di proiezioni con i fori al giusto posto. Il paradosso è che negli anni ’70 la sala era usata per proiettare film di sinistra. Ed è poi stata ristrutturata grazie all’intervento di Giuseppe Tornatore”. Si chiude in musica con gli interventi di Tommaso Zanello (in arte ‘Er Piotta’) e degli Zero Assoluto, che hanno iniziato a comporre proprio tra i banchi. “Proprio da quelle parti è esploso l’hip hop romano, che poi esportammo a Villa Torlonia. Era un modo di sopravvivere alle cinque ore di lezione”.

 
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Rooney Mara e i giovani protagonisti di Trash oggi al Festival del Film di Roma da coming soon

Post n°11823 pubblicato il 21 Ottobre 2014 da Ladridicinema
 

Poster

 

Trash, il nuovo film di Stephen Daldry (già regista di Billy Elliot, The Hours, The Reader e Molto forte, incredibilmente vicino) vede protagonisti dei ragazzini di una favela di Rio che, scavando fra i detriti di una discarica locale, ritrovano un portafoglio che cambierà le loro esistenze per sempre. Solo quando si presenta la polizia, disponibile addirittura a offrire una generosa ricompensa per la restituzione, i ragazzi, Rafael e Gardo, realizzano di avere in mano qualcosa di molto importante. Dopo aver coinvolto l'amico Rato, il trio affronta una straordinaria avventura per scappare dalla polizia e scoprire i segreti contenuti nel portafoglio. (qui la nostra recensione del film) 

L'attrice protagonista Rooney Mara, il regista Stephen Daldry e alcuni dei giovani interpreti del film, sono oggi al Festival del Film di Roma per la presentazione del film.

 
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Mario - Stagione 2 - First look da everyeye.it

Post n°11822 pubblicato il 21 Ottobre 2014 da Ladridicinema
 

Inviato il 12/10/2014 da Fabio Mucci
Quando un anno fa, Maccio Capatonda (al secolo Marcello Macchia) annunciò lo sviluppo di una serie tv comica su MTV, l'hype salì, ovviamente, alle stelle, non nascondendo, però, una nota di dubbio sulla riuscita del progetto. Capatonda, infondo, chi era? L'irriverente e dissacrante comico-regista-attore-autore dei finti trailer resi noti dai programmi Mai Dire della Gialappa's Band e di altri progetti (più o meno riusciti) a sfondo demenziale. Quindi niente di nuovo per Marcello Macchia? Affatto. La serie, infatti, si annunciava come un vero e proprio serial con una trama da seguire, misteri, personaggi più o meno importanti, infarciti - nel mezzo - da tanta comicità. Di certo non un compito facile per Maccio Capatonda ma che, alla messa in onda, ha tolto ogni dubbio. Mario è una delle serie (almeno italiane) più interessanti, innovativa nella sua semplicità, interessante nel suo essere made in Italy, con una trama e dei cliffhanger che una qualsiasi serie tv di produzione nostrana con budget più alto (e attori ben più noti) si sogna (ma più per svogliatezza di sceneggiatori, più che altro). 
MARIO 3
Mario - Una serie di Maccio Capatonda - first look - Serial TVCome ci tiene a precisare Maccio Capatonda in un lungo 'riassuntone' a metà del primo episodio, questa non è la seconda stagione bensì la terza. La seconda stagione, infatti, è "stata girata con un budget misero e in vhs, per questo si è optato per il non mandarla in onda". Ed è questa una delle scelte più geniali di questa nuova stagione che, probabilmente, è - almeno per questi primi due episodi - un po' più sottotono rispetto alla prima. Sarà perché Mario (Maccio Capatonda in persona) non è più lo stesso: come scopriamo nel riassuntone della seconda stagione, Lord Micidial (Rupert Sciamenna) gli ha fatto il lavaggio del cervello trasformandolo in un italiano medio (da cui Capatonda sembra essere ossessionato visto il finto trailer realizzato anni fa e il prossimo film targato Medusa che avrà lo stesso titolo), un giornalista orribile, psicopatico e a cui interessano solo soldi e ragazze. Uno status quo differente, dunque, che mette un po' a ingranare.
GINETTO, IL POLITICO
Mario - Una serie di Maccio Capatonda - first look - Serial TVQuello che risulta uno dei punti vincenti di questi primi due episodi (ma come lo era nella prima, del resto) è Herbert Ballerina, interprete, ancora una volta, di Ginetto, il figlio 'stupido' di Lord Micidial, fatto diventare a forza un politico imbranato. Ballerina, anche visto il carisma sotto zero del nuovo Mario, riesce a rubare la scena a tutti in ogni singola sequenza da lui interpretata (basti vedere la sua entrata in scena al consiglio di Micidial, ormai già cult). Ma tutto il resto ancora non ingrana, solo alla fine del secondo episodio sembra che qualcosa inizi a muoversi e il giudizio è rimandato, per questo, alle prossime puntate.
Mario di Maccio Capatonda è una delle serie più interessanti e divertenti del panorama italiano. Irriverente al punto giusto, questo inizio di seconda (o terza?) stagione presenta alcune scelte geniali e piuttosto demenziali. Ginetto (Herbert Ballerina) si riconferma uno dei personaggi più divertenti del serial; nonostante ciò la serie non ingrana in questi primi due episodi e il giudizio deve essere rimandato alle prossime puntate.
Fabio Mucci è un superappassionato di fumetti (di ogni tipo, ma prevalentemente Marvel) e, di conseguenza, di cinefumetti. Ciò nonostante non disdegna il cinema d'autore. È un patito di GTA e sebbene non sia interessato al calcio, passa le ore a giocare a Fifa. Gestisce una pagina sui cinefumetti su Facebook: visitatela!

 
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Francesco Guccini: "Matteo Renzi ha detto che sono il suo cantante preferito? Sono innocente". Intervista HuffPost

Post n°11821 pubblicato il 21 Ottobre 2014 da Ladridicinema
 
Tag: news

Pochi minuti dopo il "coming out" di Matteo Renzi sul suo cantante preferito, Francesco Guccini, il Maestrone risponde al telefono ad Huffpost dalla sua casa di Pavana.

Ha sentito cos'ha detto il premier da Barbara D'Urso su Canale 5?

"Me l'hanno riferito, anche Alfano tempo fa mi aveva messo in cima ai suoi gusti musicali. Direi che siamo uno a uno. Ma io, guardi, sono innocente per l'uno e per l'altro. Facciano loro...".

Non le fa nessun effetto nemmeno questa dichiarazione di stima da parte di Renzi? In fondo è il leader del Pd...

"Ringrazio ma ribadisco: sono innocente...".

Di questi mesi di governo di Renzi che idea si è fatto?

"No comment".

Davvero non si è fatto una opinione?

"Niente da fare".

E tuttavia colpisce che lei, icona della sinistra da oltre quarant'anni, non sia stato rottamato...

"E come poteva rottamarmi? Mica faccio parte delle gerarchie del Pd (sorride)...Non so se sono stato un'icona della sinistra, può darsi, ma non credo mai del tutto...".

Non ha voglia di dire qualcosa neppure sugli 80 euro?

"Forse fanno comodo a chi li riceve. Sempre che non se li prendano indietro con altre tasse...".

 
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La leggenda del Re Pescatore

Post n°11820 pubblicato il 21 Ottobre 2014 da Ladridicinema
 

Locandina La leggenda del re Pescatore

Sconvolto dalla morte violenta della moglie, un prof. di storia medievale si fa barbone alla deriva e va alla ricerca del Santo Graal tra i grattacieli di New York. L'aiuta un disc-jockey che si sente indirettamente responsabile della sua disgrazia. Storia di amicizia e di amore in cui la commedia si mescola al dramma e al melodramma, il realismo alla fantasia, il sentimentalismo alla violenza, i grattacieli e i bassifondi metropolitani ai castelli e ai cavalieri del Medioevo. Il giusto dosaggio di una materia così eterogenea, liberamente tratta dal romanzo (1986) di Anthony (Dymoke) Powell, è merito di Richard LaGravenese, sceneggiatore esordiente. Gilliam ci mette il talento visionario, l'energia narrativa e quel gusto della ridondanza che indebolisce la parte finale con un eccesso di zuccheri emotivi. Un quartetto eccellente d'interpreti tra cui la Ruehl che vinse 1 Oscar come miglior attrice non protagonista.AUTORE LETTERARIO: Anthony Powell

Poster

A New York, Jack Lucas, conduttore di una rubrica radiofonica, tratta le persone che si rivolgono a lui con fredda disinvoltura e con finta partecipazione umana. Un suo commento negativo circa la clientela "yuppie" che frequenta un ristorante alla moda scatena la follia di un suo ascoltatore, uno psicopatico che, imbracciando un fucile, fa una strage nel locale. Perso il posto per il conseguente contraccolpo psicologico e d'immagine, Jack ora convive con Anne Napolitano, proprietaria di un video shop, ed è ossessionato dal senso di colpa. Trasandato e ubriaco si aggira per le strade finché due teppisti tentano di dargli fuoco. Ma lo salva Parry, un ex professore di storia medievale, che ha trasformato nella sua follia New York in un luogo incantato con gnomi, cavalieri e principesse. Egli è convinto che in un palazzetto del centro, la copia hollywoodiana di un maniero medievale, sia custodito il Santo Graal

La leggenda del Re Pescatore
The Fisher King
  • FOTOGRAFIARoger Pratt
  • MONTAGGIOLesley Walker
  • MUSICHEGeorge Fenton
  • PRODUZIONE: DEBRA HILL, LYNDA OBST
  • DISTRIBUZIONE: COLUMBIA TRISTAR PICTURE - COLUMBIA TRISTAR HOME VIDEO (SPEAK UP, WINNERS)
  • PAESE: USA
  • DURATA135 Min
  • FORMATO: PANORAMICA A COLORI
CRITICA:

La zuppa servitaci dall'ex Monthy Python ha sapori molto simpatici. (Giovanni Grazzini, Il Messaggero)Con scene suggestive tra la realtà e la fiaba, un po' troppo lungo (2 ore e 20 minuti) e alquanto chiaccherato, con un quartetto d'interpreti superlativi. (Tullio Kezich, Il Corriere della sera)Il film alterna i momenti formidabili alle situazioni poco convincenti, senza coagulare la trama bizzarra alla commedia nel racconto pirotecnico, brulicante di immagini ma senza un'identità precisa. (Alfio Cantelli, Il Giornale)La sceneggiatura di Richard LaGravanese è ricca degli spunti mitologici e fantastici congeniali alla vena di Gilliam e in alcuni momenti il film riesce ad essere davvero folle e poetico, grazie soprattutto a un eccezionale quartetto di attori. (Alessandra Levantesi, La Stampa)Di rilievo le facce e le recitazioni delle due interpreti femminili. (Claudio Trionfera, Il Tempo)Terry Gilliam non si mostra regista adatto a coniugare l'immaginazione con il realismo. ( Franco Colombo, L'Eco di Bergamo)

NOTE:

OSCAR PER LA MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA A MERCEDES RUEHL (1991).LO SCENEGGIATORE ALLORA ESORDIENTE RICHARD LAGRAVENESE APPARE NEI PANNI DELLO YUPPIE CON LA CAMICIA DI FORZA.DISPONIBILE IN HOME VIDEO LA VERSIONE DIRECTOR'S CUT.

SOGGETTO:

TRATTO DAL ROMANZO "TERRA DESOLATA" DI T.S. ELIOT

 
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E fuori nevica! subito primo

Post n°11819 pubblicato il 21 Ottobre 2014 da Ladridicinema
 

Box Office Italia
Italia (finalmente) sugli scudi questa settimana: due new entry direttamente ai primi posti della top ten ed entrambe capaci di stare sopra alla soglia del milione di euro. Primo posto per ...E fuori nevica!, nuovo film di e conVincenzo Salemme, secondo per il "veneziano" Il giovane favolosoThe Equalizer - Il Vendicatore scende al terzo posto ma mantiene una buona media per sala e arriva a quasi 2 milioni complessivi, proprio come Maze Runner - Il labirinto. Buona partenza per l'ottimista Tutto può cambiare, che parte bene con mezzo milione di euro, mentre Lucy inizia la sua discesa ma è prossimo a passare quota 7 milioni. Nessuna novità in coda, se non la certificazione del mezzo flop di Tutto molto bello ed il decimo posto di Disney Junior Party. La prossima settimana arrivano finalmente i Guardiani della Galassia, accompagnati da BoyhoodSoap OperaThe JudgeBuoni a nulla e Third Person.

Box Office Usa
Grandi novità nella top ten americana che vede svettare Fury, il film bellico con Brad Pitt, che conquista la vetta con 23.5 milioni di dollari. Scende al secondo posto, ma supera quota 100 milioni di dollari L'amore bugiardo - Gone Girl di Fincher, che conferma il suo ottimo feeling con il pubblico di madrepatria. Per un soffio deve accontentarsi della terza piazza Il libro della vita, che chiude il weekend con 17 milioni di dollari. Perde quota (ma non troppo)Alexander and the Terrible, Horrible, No Good, Very Bad Day, che aggiunge 12 milioni al suo totale e arriva a 36 (è costato 28 milioni), mentre Il meglio di me parte discretamente con 10 milioni. In calo tutti gli altri film nella seconda metà della classifica: crollano Dracula Untold e Annabelle, mentre The Judge contiene le perdite al 40% (ma i 26 milioni incassati sono deludenti, il film è costato 50). Pazzesca, fuori dalla top ten, la partenza del meraviglioso Birdman che in 4 sale esordisce con una media di 100mila dollari a schermo e notevolissime anche quella della commedia Dear White People e dell'ultimo film Ghibli La storia della Principessa Splendente. A livello mondiale è da segnalare la continua salita di Guardiani della Galassia, ora quarto assoluto ma prossimo a superare anche X-Men - Giorni di un futuro passato e Maleficent ed insediarsi al secondo posto dietro all'irraggiungibileTransformers - L'era dell'estinzione. La prossima settimana arrivano l'horror Ouija e John Wick, il nuovo action con Keanu Reeves

 
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