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Monicelli, senza cultura in Italia...
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Messaggi del 23/05/2017
Post n°13860 pubblicato il 23 Maggio 2017 da Ladridicinema
- 23/05/2017
- Cristiana Paternò
CANNES - Nella prima scena del film, di grande impatto, vediamo il classico "boy meets girl" in una versione piuttosto inedita: lei ha rubato un telefonino, lui, guardia giurata dentro al centro commerciale, la insegue e la raggiunge, ma alla fine decide di cedere alle sue preghiere e la lascia andare. Siamo nell'estrema periferia romana, a Tor Sapienza, in uno di quei mondi dove la guerra tra poveri è più lampante, con Cuori puri, l'opera prima di Roberto De Paolis ( leggi l'intervista di Cinecittà News) che debutta alla Quinzaine. Un film che mette insieme tanti tasselli di un'identità marginale (ed è un po' una costante del cinema italiano in questo festival): il campo rom e i difficili rapporti tra gli "zingari" e i coatti, che spacciano e non disdegnano la piccola rapina al negozietto di frutta del bangla, ma anche quei ragazzi che cercano di rigare dritto, in un mondo dove è sempre più difficile trovare un lavoro e conservarlo. Così sono i due protagonisti: Stefano ( Simone Liberati), un venticinquenne che si guadagna da vivere come guardiano con una famiglia disastrata alle spalle, e Agnese ( Selene Caramazza), appena maggiorenne, allevata dalla mamma single ( Barbora Bobulova) secondo rigidi valori cattolici, frequenta la parrocchia di Don Luca ( Stefano Fresi) ed è in procinto di fare il voto di castità fino alle nozze, insieme all'amica più cara. De Paolis racconta con un certo orgoglio il lungo lavoro di preparazione del film, che ha una base quasi documentaristica e che ha portato i due giovani interpreti a frequentare il quartiere di Tor Sapienza. Simone Liberati ( Suburra, Il permesso 48 ore fuori) rivela: "Avevo un sacco di pregiudizi, temevo di essere respinto, addirittura picchiato, invece ho conosciuto un ragazzo della zona che è diventato un vero amico. Quelle persone ci hanno aperto le porte di casa loro, volevamo raccontarsi. In fondo io vengo da Ciampino, non tanto lontano. E durante la preparazione del film mi sono reso conto di quanto la geografia urbana condizioni il mio personaggio". De Paolis spiega così la fascinazione di certo cinema italiano per la marginalità (qui a Cannes gli esempi si moltiplicano, seppure in forme e stili diversi, da A Ciambra di Jonas Carpignano a Fortunata di Sergio Castellitto): "Sono vite difficili e rischiose, personaggi messi all'angolo, in cui c'è molto da indagare e soprattutto c'è più azione e meno elucubrazioni mentali". Per Selene Caramazza - il cui personaggio per l'ambivalenza con cui vive il rapporto tra la fede e l'istinto di libertà ci ha fatto pensare alla protagonista de La ragazza del mondo - è stato importante fare un percorso di fede: "Per quattro mesi ho frequentato una comunità di credenti, non volevo simulare la preghiera. Ho ripreso ad andare a messa, ho conosciuto Don Fabio Rosini, che ha ispirato il prete del film. Questi ragazzi mi hanno accolto benissimo". E sulla ribellione di Agnese: "Sta crescendo, sta diventando donna ed è una ragazza come le altre. E' normale che le vada stretta una scelta così forte". Quanto a Stefano Fresi, bravissimo nel ruolo del prete pieno di carisma e capace di comunicare il Vangelo ai ragazzi anche con le barzellette, dice: "Sono cresciuto in periferia, a Centocelle, e in un ambiente cattolico. A 9 anni andavo in chiesa a suonare l'organo alla messa del mattino. Al mio personaggio riconosco la capacità di relazionarsi con i ragazzi. Non li plagia, li coinvolge veramente". Cuori puri, interpretato anche da Edoardo Pesce, arriva in sala da domani distribuito da Cinema, la società del padre di Roberto, Valerio De Paolis, storico produttore e distributore. "Ho cercato di tenere fuori mio padre da questo progetto - racconta il regista - l'ho prodotto da solo anche se poi sarà lui a distribuirlo. Questo era il mio primo lungometraggio e avevo bisogno di misurarmi con le mie forze e le mie risorse", rivela. E sul proliferare di personaggi adolescenti in questo festival di Cannes, lancia una riflessione: "L'adolescenza è il momento più drammatico che viviamo, si diventa adulti, ci si lascia l'infanzia alle spalle, il corpo si trasforma. Forse, arrivato a 35 anni, anche io avevo bisogno di fare questo percorso".
Post n°13859 pubblicato il 23 Maggio 2017 da Ladridicinema
*Attenzione: contiene numerosi spoiler per coloro che non hanno ancora visto i primi due episodi della nuova stagione di Twin Peaks* Siamo finalmente tornati a Twin Peaks, e dopo tutti questi anni il regista David Lynch ci ha consegnato una première e un secondo episodio ricchi di elementi nuovi, vecchi, personaggi conosciuti e altri completamente nuovi. Qui di seguito un primo recap dei riferimenti e degli easter egg che le prime due puntate di questa attesa terza stagione ci hanno offerto. - Partiamo dal principio e cioè dai primissimi fotogrammi della première. Riprendiamo da dove, in pratica, Twin Peaks ci aveva lasciato, con Laura Palmer che dà appuntamento all’Agente Cooper a distanza di 25 anni.
- Arriva la sigla, ed è un ulteriore salto nel passato: il tema musicale di Angelo Badalamenti è accompagnato dai crediti di apertura che mostrano lo stesso font utilizzato da sempre. Ma presto vediamo le immagini già conosciute mischiarsi con quelle della Loggia Nera e in particolare con il suo pavimento quasi psichedelico.
- Il Gigante (ma è davvero lui? Nei crediti di chiusura il suo interprete, Carel Struycken, viene affiancato da diversi punti interrogativi…) ci appare in bianco e nero e continua a dare all’Agente Cooper delle indicazioni sotto forma di indovinelli. E adesso siamo qui a chiederci chi siano Richard e Linda…
- Rivediamo l’eccentrico Dottor Lawrence Jacoby, ovvero lo psichiatra che aveva in cura Laura prima che venisse uccisa. Non lavora più e vive in un camper nella foresta, ma porta ancora i suoi famosi occhiali con una lente di colore blu e una rossa.
- Nella stanza in cui Sam Colby (Ben Rosenfield) e Tracey (Madeline Zima) vanno incontro al loro terribile destino, vediamo la presenza di un bonsai. È un dettaglio curioso, perché la stanza in cui Sam deve sorvegliare il cubo di vetro da cui poi emergerà la misteriosa ed estremamente violenta creatura che ucciderà lui e la ragazza è tutto fuorché decorata. Nella seconda stagione, Windom Earle (lo psicotico ex mentore dell’agente Cooper) spia l’ufficio dello sceriffo di Twin Peaks utilizzando un microfono nascosto in un bonsai. E tornando con la mente proprio alla seconda stagione, qualcuno di voi ricorderà lo stesso Lynch quando – nei panni del direttore dell’ FBI Gordon Cole – in una scena memorabile urla la parola “BONSAI” dentro il piccolo albero. A questo punto è lecito chiedersi se la pianta ha annunciato il coinvolgimento di Windom Earle o se si tratta di un piccolo depistaggio. Staremo a vedere.
- Il Great Northen Hotel è ancora in attività e sembra andare bene. Jerry Horne, padre di Audrey, lo continua a dirigere ed è, ancora oggi, alle prese con il suo singolare fratello, Ben.
- Sarah Palmer vive ancora nella stessa casa. Fuma e beve, e la vediamo mentre guarda un cruento documentario sul mondo animale. Le scene che la donna osserva in TV, appaiono in modo inquietante nei riflessi degli specchi che sono appesi alle sue spalle…
- Lucy lavora ancora all’accettazione del dipartimento dello sceriffo di Twin Peaks, ma adesso è Lucy Brennan, perché ha sposato il vice sceriffo Andrew “Andy” Brennan, e i due hanno un figlio. Con un fare che richiama chiaramente il pilot dello show, Lucy dà ancora informazioni molto dettagliate su come rispondere al telefono.
- Quando Hawk dice a Lucy e Andy di aiutarlo a recuperare tutta la documentazione relativa al caso di Laura Palmer, dà loro appuntamento all’indomani mattina con la promessa di fargli trovare sul tavolo caffè e ciambelle, una tradizione che torna.
- Catherine Coulson è scomparsa nel 2015, ma è riuscita a girare le sue scene per il revival. E c’è da dire che il contributo della Signora del Ceppo si è ancora una volta confermato come potente e decisamente importante.
CORRELATO – Twin Peaks: molta l’emozione per il ritorno di uno dei personaggi più amati dal pubblico - La Laura Palmer che l’Agente Cooper vede nella Loggia Nera indossa lo stesso abito che aveva al loro ultimo incontro nello stesso luogo. Così come aveva fatto in passato, si avvicina all’agente e gli sussurra qualcosa nell’orecchio. Si tratta di un gesto che potrebbe rivelarsi importante, perché a suo tempo Laura rivelò a Cooper l’identità del suo assassino proprio in questo modo. Alla fine, inoltre, la donna ripete l’iconica battuta: “Mi sembra di conoscerla, ma ogni tanto le mie braccia si piegano all’indietro“- che si riferisce al modo in cui era stata legata la sera in cui venne assassinata.
- Nella Loggia Nera l’Agente Cooper incontra anche Leland Palmer, il quale lo supplica di trovare sua figlia. Dettaglio saltato all’occhio: l’uomo non ha più i capelli completamente bianchi, bensì appaiono grigi.
- Nella stanza del motel in cui si trova, il doppelganger malvagio di Cooper chiama qualcuno che crede sia Phillip Jeffries, ovvero l’agente dell’FBI scomparso che venne interpretato da David Bowie in Fuoco Cammina con Me. Jeffries scomparve in Argentina alla fine degli anni Ottanta, prima che ricomparisse – nel 1989 – nell’ufficio dell’FBI di Philadelphia office in 1989. Inoltre la voce al telefono parla di un recente incontro tra il doppelgänger e il sindaco Garland Briggs.
Cosa ne pensate di tutti questi riferimenti? Voi avete notato qualche altro dettaglio oltre quelli che vi abbiamo riportato? La nuova stagione di Twin Peaks – ambientata 25 anni dopo quanto accaduto nella serie originale – vede come autori David Lynch e Mark Frost ed è stata girata come un unico, lungo film che è stato diviso in 18 episodi in fase di montaggio. Alla regia di tutti gli episodi lo stesso Lynch. Nel cast figurano oltre 200 attori, tra cui ovviamente Kyle MacLachlan, Mädchen Amick, Ray Wise, Alicia Witt, Warren Frost, Dana Ashbrook, Sherilyn Fenn, David Duchovny, James Belushi, Chrysta Bell, Robert Knepper, Michael Cera, Eddie Vedder, Amanda Seyfried, Tom Sizemore, Balthazar Getty, Naomi Watts, Laura Dern. In questa pagina trovate la lista completa degli attori che torneranno nella serie, e dei sorprendenti nuovi ingressi nel cast. Il revival di Twin Peaks ha preso il via il 21 maggio con un doppio episodio su Showtime; in Italia lo show viene trasmesso in contemporanea con gli Stati Uniti da Sky Atlantic.
Post n°13858 pubblicato il 23 Maggio 2017 da Ladridicinema
di Laura Delli Colli Cose che si vedono solo sulla Croisette: solo in un acquario imprevedibile come Cannes può capitare che tra i divi del cinema a sorpresa spunti, per esempio, Elton John… È successo (e non bastava evidentemente che tra le star apparisse Rihanna) ma il mitico Elton, avendo deciso di ‘giocare’ col cinema, pare abbia trasformato in video tre dei suoi brani più celebri, buon motivo per lanciarli al Festival intervistato in pubblico, per pochi happy few, nientemeno che da Spike Lee. Sono di nuovo le donne però a monopolizzare l’attenzione di Cannes 70, aspettando la soirée speciale che domani accenderà i riflettori sulla serata del 70°, un compleanno memorabile per il quale sta rientrando a Cannes anche la madrina del Festival, Monica Bellucci. Donne bellissime e superstar come Nicole Kidman o Isabelle Huppert e Claudia Cardinale, sempre amatissima dai francesi e oggi protagonista nello spazio italiano del Festival per lanciare un nuovo film, ma anche protagoniste delle storie, decisamente meno patinate della loro immagine, che il Festival sta raccontando. Se Huppert, nel nuovo film di Michael Haneke Happy End è una matriarca – guarda caso, come spesso le capita nei film, manager alla guida dell’azienda di famiglia – Nicole Kidman, nel giro di 24 ore, è apparsa sugli schermi della Croisette in versione punk, regina dark in una Londra già d’epoca (How to Talk to Girls at Parties di John Cameron Mitchell), poi stimata oftalmologa moglie del chirurgo (Colin Farrell) e madre di due figli adolescenti. Divorato dai sensi di colpa per un errore che ha compiuto operando, lui finisce per far entrare in famiglia il figlio di quella vittima e le cose si complicano non poco tra tutti. “La sceneggiatura di The Killing of a Sacred Deer mi ha letteralmente ipnotizzata” dice Kidman. E il regista, riferendosi anche all’Ifigenia di Euripide: “Ho trovato interessante insistere sul senso della tragedia e del sacrificio, così radicato nella cultura occidentale”. Kidman è a Cannes con quattro film, ma pensa che sia “solo un caso” e ora aspetta il debutto di The Beguiled di Sofia Coppola, e Top of the Lake di Jane Campion. Tra le star di queste giornate mostri sacri, grandi vecchi e qualche outsider: spunta – come Elton John- per parlare di ambiente perfino Al Gore. Accanto a Huppert la vera star del film di Haneke è Jean Louis Trintignant, che, un po’ come il vecchio patriarca del film, vive in un suo mondo, nella vita ormai ritirato in un eremo lontano dai festival e dai set. Nel film finisce sulla sedia a rotelle, patriarca di una famiglia che sente di non meritare. E quando non litiga con le assenze dell’Alzheimer medita di farla finita. A tanti anni dai film che l’hanno reso amatissimo e popolare anche in Italia è difficile riconoscerlo ma ruggisce ancora come un vecchio leone. Per il resto, altri due i titoli italiani da segnalare: domani per Un certain regard debutta Dopo la guerra di Annarita Zambrano, con Giuseppe Battiston. Oggi intanto è il giorno de L’intrusa di Leonardo Di Costanzo, un’altra presenza italiana al Festival nella Quinzaine Des Réalisateurs. La storia è ambientata nel napoletano, ma soprattutto in un’area minata dal controllo e dal potere della camorra. È qui che Giovanna (è Raffaella Giordano) coordinatrice e animatrice di un Centro di accoglienza e volontariato della periferia dove i bambini crescono sfuggendo al clima camorristico, consuma la sua guerra quotidiana per la giustizia e l’integrazione. Un tema che il regista considera universale.
Post n°13857 pubblicato il 23 Maggio 2017 da Ladridicinema
BY REDAZIONE / 23 MAG 2017 / Diretto nel 2009 da Pedro González-Rubio, arriva il 25 maggio al cinema Alamar, un intenso film che narra l’emozionante viaggio di un padre e un figlio alla scoperta di se stessi e della natura incontaminata in uno dei più famosi paradisi terrestri marini, Banco Chinchorro.In un atollo dal mare incontaminato vive un vecchio pescatore. Si chiama Matraca ( Néstor Marín “Matraca”) ed esercita la pesca con metodi antichi nel Banco Chinchorro, un’estesa barriera corallina nei mari del Messico. Un giorno suo figlio Jorge ( Jorge Machado) lo raggiunge con il nipotino, Natan ( Natan Machado Palombini), nella sua piccola palafitta. Natan ha cinque anni e vive a Roma con sua mamma, Roberta ( Roberta Palombini). Prima che il piccolo inizi ad andare a scuola, Jorge vuole fargli conoscere il suo mondo. Giunti a Banco Chinchorro, Natan e Jorge accompagnano ogni giorno il nonno a pescare. Natan scopre una profonda connessione con la natura, imparando a perlustrare l’affascinante mondo che si cela sotto la superficie marina. Fa anche amicizia con un uccello marino, che chiama Blanquita. Quando Blanquita un giorno scompare Natan capisce che è giunto il momento di salutarsi. Ma quel che ha imparato in mare in questo viaggio ancestrale rimarrà con lui per sempre.
Vi proponiamo ora un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Pedro González-Rubio. Come hai iniziato a interessarti ai temi del film? Volevo esplorare la relazione d’amore tra un padre e un figlio e allo stesso tempo la relazione di armonia tra uomo e natura. Volevo raccontare una storia che evocasse il ritorno alle origini dell’umanità e addentrarmi tra le attività basilari della vita, con la pesca che è proprio una delle attività più ancestrali. Ho deciso di usare Banco Chinchorro per via dei suoi scenari minimali. Questa semplicità mi permetteva di focalizzare la mia attenzione sulle relazioni tra i personaggi. Qual è l’importanza dei luoghi in cui hai ambientato il tuo film? La presenza della barriera corallina non sembra solo uno sfondo per l’incontro tra Jorge e Natan ma un vero e proprio personaggio che entra in relazione con loro. Fin dall’inizio volevo esplorare la fragilità delle cose belle che ci circondano. Scegliere di girare un film all’interno di un ambiente così delicato e farlo dal punto di vista di un bambino mi permetteva di costruire un’immagine molto potente. L’idea di scegliere la barriera mi è venuta perché mi ero accorto di quanto la costa caraibica del Messico avesse cominciato ad essere invasa dal turismo di massa, che distrugge ogni cosa sul suo cammino: dai modi di vita dei pescatori all’equilibrio dell’ecosistema. Tempo fa Playa del Carmen somigliava ai luoghi dove abbiamo girato Alamar, ma ormai le mangrovie sono scomparse. Al loro posto ci sono discoteche sul mare, bar e alberghi con tutte le tipiche comodità cittadine. © Mantarraya Che significato assume Banco Chinchorro in Alamar? Ho vissuto sette anni a Playa del Carmen, sulla costa caraibica, dove avevo girato il mio primo film, Toro Negro, cinque anni fa. In quel lavoro avevo approfondito gli aspetti più intimi della vita del protagonista, un torero con una storia molto travagliata e difficile. Con Alamar invece volevo fare qualcosa di diverso, un film più solare, che potesse suggerire un possibile equilibrio, come tra lo Yin e lo Yang. Alamar è di nuovo la storia di una famiglia, ma con una prospettiva diversa. Volevo girare una storia di amore puro e incondizionato. In un primo momento, avevo immaginato la vicenda di un uomo che avrebbe trascorso i suoi ultimi giorni nel luogo in cui era nato. Quando ho incontrato Jorge (padre), mi ha subito affascinato, ma mi son detto che era troppo giovane per interpretare la parte di un uomo alla fine della sua vita. Ben presto, però, ho capito perché volevo filmare in quel luogo preciso e con quel preciso personaggio: potevo raccontare una storia di amore per la natura e sulla natura che portiamo dentro di noi. E poi ho incontrato Natan, il figlio di Jorge. A quel punto ho capito che si trattava della possibilità di raccontare la vita che continua. Il film sembra così reale che viene da chiedersi se ti sei ispirato ad una storia vera … No, perché in realtà Jorge è una guida turistica e non ha mai pescato l’aragosta. D’altra parte, nemmeno nel film pesca realmente le aragoste… Questa è la magia del cinema! Ma allo stesso tempo, se si guarda da vicino, la linea narrativa è molto tenue e si concentra sulle piccole cose del quotidiano. Ho collocato i personaggi in situazione e poi hanno agito secondo il proprio carattere. Erano molto liberi. Durante la traversata in battello fino all’isola, per esempio, Jorge e Natan stavano davvero male, come noi tutti, del resto. © Mantarraya Questa scelta di una finzione così vicina al documentario può essere un po’ destabilizzante per lo spettatore. Lo è per lo spettatore che tiene le distanze. Ma se si lascia trasportare dalla storia non si chiede più nemmeno se si tratta di una finzione o un documentario. In realtà, preferirei fare a meno delle definizioni. D’altronde, il film è stato presentato in concorso al festival Cinéma du Réel come documentario e al Festival del Cinema di Parigi come finzione. La cosa migliore è vederlo semplicemente come un film, un’esperienza cinematografica.
Post n°13856 pubblicato il 23 Maggio 2017 da Ladridicinema
Venticinque anni fa, il 23 maggio 1992, la strage mafiosa di Capaci (Palermo) con l’uccisione in autostrada dei magistrati Falcone e Morvillo e di tre agenti di scorta: Montinaro, Di Cillo e Schifani. I sismografi di quel giorno, alle 17.56, registrano una fortissima esplosione, paragonabile a una scossa di terremoto. Una carica di 572 chili di esplosivo viene fatta saltare sotto un condotto dell’autostrada in direzione di Palermo, vicino allo svincolo di Capaci. L’esplosione prende in pieno la prima delle tre auto blindate che formano il corteo su cui viaggiano Falcone e la moglie Morvillo. A bordo i tre agenti di scorta. La loro Fiat Croma verrà ritrovata in un campo adiacente all’autostrada, fatta volare per oltre un centinaio di metri. Accanto alla voragine, invece, l’auto con i magistrati. Falcone e Morvillo, sono seduti ai posti di guida e del passeggero. Dietro, invece, l’autista giudiziario, Costanza, che sopravviverà alla strage. Un quarto di secolo dopo, la retorica legalitaria dell’antimafia istituzionale si prende tutta la scena. A Palermo ci sono i massimi vertici dello Stato, con Mattarella e Grasso, e stasera – martedì – pure una diretta Rai. Il tutto mentre, nelle strade, proprio ieri – lunedì – si è tornati a sparare, con l’omicidio in pieno giorno boss Dainotti, colpito mentre era in sella a una bicicletta nel quartiere Zisa. Nulla trapela, dalla narrazione mainstream degli “eroi dell’antimafia”, sul sedime politico in cui maturò la linea stragista di Riina and Co, andata avanti per buona parte del biennio 1992 – 1993. Continua a funzionare il muro di gomma alzato da un quarto di secolo sui legami politici – con l’uccisione di Salvo Lima e la “rottura” del patto tra mafiosi e la Dc andreottiana -, il ruolo dei servizi d’intelligence – e la fantomatica sigla “Falange armata” attiva in quegli anni -, gli addentellati con ambienti dell’estrema destra, come ricordato oggi, martedì, su “Il Fatto Quotidiano” – dal procuratore generale della Corte d’Appello di Palermo, Roberto Scarpinato, che riprende le parole di inizio 1992 pronunciate da Elio Ciolini, già comparso dentro le inchieste sulla strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Scarpinato dice: “Ciolini, ambiguo personaggio legato ai servizi segreti, alla massoneria e all’eversione nera, che dal carcere di Bologna il 4 e il 18 marzo 1992 anticipò ai magistrati quanto sarebbe accaduto…”. E ancora: “Assieme a Riina, Messina Denaro, i fratelli Graviano e altri boss che perseguivano interessi propri di Cosa Nostra, si mossero altre forze che utilizzarono la mafia come braccio armato, instrumentum regnii e causale copertura” per destabilizzare il quadro politico e sociale italiano post-crollo del muro di Berlino. Per parlare di tutto questo abbiamo intervistato il professor Enzo Ciconte, docente di Storia della criminalità organizzata a Roma Tre, autore di numerosi libri, tra cui il recente “Mafie del mio Stivale. Storia delle organizzazioni criminali italiane e straniere nel nostro Paese”.
Post n°13855 pubblicato il 23 Maggio 2017 da Ladridicinema
Tante iniziative di Miur, Rai e Fondazione Falcone Redazione ANSA 23 maggio 201710:51 "#PalermochiamaItalia significa che il problema del sud non può essere relegato in seconda posizione, significa pensare alla lotta alla criminalità come uno degli impegni principali del nostro governo". In queste parole Maria Falcone, presidente della Fondazione Falcone e sorella del magistrato, racchiude il significato delle celebrazioni, in programma il 23 maggio, per il 25/o anniversario delle stragi di Capaci e Via D'Amelio in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e gli uomini della scorta. Celebrazioni che - come spiegato in conferenza stampa a Viale Mazzini - vedono la sua fondazione, il ministero dell'Istruzione e la Rai uniti per lanciare un messaggio rivolto al futuro. Protagonisti saranno, infatti, i giovani: 70.000 studenti animeranno #PalermoChiamaItalia, l'iniziativa, prima concentrata a Palermo, e dal 2015 estesa a tutto il Paese, attraverso le 'Piazze della Legalità'.
Torna anche il viaggio della Nave della Legalità, sulla quale oltre mille ragazzi incontreranno le istituzioni. La Nave salperà da Civitavecchia il pomeriggio del 22 maggio per approdare a Palermo la mattina del 23, dando ufficialmente il via alle celebrazioni. Sulla Nave saranno presenti, tra gli altri, il presidente del Senato Pietro Grasso e la ministra dell'Istruzione Valeria Fedeli. "Legalità, libertà e giustizia - ha detto quest'ultima in conferenza stampa - sono valori di sempre e per sempre, ma ricordarli nell'anniversario delle stragi di Capaci e di via d'Amelio è un impegno che il mondo della scuola ha fatto suo, perché non c'è educazione senza un corretto senso civico". Le commemorazioni proseguiranno con la cerimonia istituzionale presso l'Aula Bunker del carcere dell'Ucciardone, luogo simbolo del Maxiprocesso a Cosa nostra, dalle 10.00 fino alle 12.30 alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La cerimonia potrà essere seguita in diretta televisiva su Rai Uno. Per la prima volta l'Aula Bunker si trasformerà in una galleria d'arte, ospitando le opere recuperate dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Alla Chiesa dello Spasimo si terrà anche la mostra fotografica dell'ANSA "L'eredità di Falcone e Borsellino". Il ricordo di Falcone, Borsellino, di Francesca Morvillo e delle loro scorte animerà il 23 maggio l'intera città di Palermo. Nel pomeriggio si terranno i due tradizionali cortei contro le mafie che vedono protagoniste le scuole, ma sono aperti a tutta la città. Il primo partirà alle ore 15.30 da via D'Amelio. Il secondo si muoverà alle ore 16.00 dall'Aula Bunker. Entrambi si ricongiungeranno sotto l'Albero Falcone, in via Notarbartolo, per il momento del Silenzio, alle ore 17.58, l'ora in cui è avvenuta la strage di Capaci. Tante le iniziative Rai. Tra gli appuntamenti più importanti, "FalconeeBorsellino" in onda dalle 20.30 su Rai1: un'orazione civile in ricordo dei due magistrati e delle loro scorte, condotto da Fabio Fazio con Pif e Roberto Saviano, in diretta da Palermo. A seguire, sempre su Rai1, il documentario di Rai Cultura "Maxi. Il Grande Processo a Cosa Nostra" che propone immagini inedite e digitalizzate, selezionate tra le oltre 1400 ore di riprese Rai del Maxiprocesso. Su Rai3, dopo la puntata speciale di Blob "FalconeBorsellino" del 20 maggio, la programmazione del 23 maggio prevede il ricordo dell'anniversario in "Agorà" con Gerardo Greco, alle 8.00, e con Pif e il suo "Caro Marziano", alle 20.30. Nel pomeriggio, alle 15.15, "Gli Archivi del '900" con Paolo Mieli propongono "Falcone e Riina - Caccia mortale", mentre alle 16.15 il film di Alberto Negrin "Paolo Borsellino. I 57 giorni" ripercorre i giorni che separano gli omicidi dei due magistrati. Alle 18 una puntata speciale di #Cartabianca con Bianca Berlinguer. Alla ricorrenza, inoltre, è dedicata la Campagna Sociale della Testata Giornalistica Regionale "Legalità, una scelta di vita quotidiana" in onda dal 22 al 26 maggio, mentre Rai Cultura - il 22 maggio in prima serata - propone su Rai Storia il doc "Giovanni Falcone - C'era una volta a Palermo" e, il giorno successivo, dedica l'intera programmazione di Rai Storia all'anniversario delle stragi. "Tutto quello che stiamo facendo, lo facciamo per far in modo che il ricordo di quei giorni si traduca in futuro", ha detto la presidente Rai Monica Maggioni. "La Rai è un tassello importante di questa cultura condivisa - ha aggiunto il dg Antonio Campo Dall'Orto -. Vogliamo riuscire a trasferire a tutti gli italiani i valori che stanno dietro a questi eventi".
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
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