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25 ANNI DALLA STRAGE DI CAPACI: PER UNA CONTRO-NARRAZIONE DELL’ANTIMAFIA ISTITUZIONALE da radioondadurto
Post n°13856 pubblicato il 23 Maggio 2017 da Ladridicinema
Venticinque anni fa, il 23 maggio 1992, la strage mafiosa di Capaci (Palermo) con l’uccisione in autostrada dei magistrati Falcone e Morvillo e di tre agenti di scorta: Montinaro, Di Cillo e Schifani. I sismografi di quel giorno, alle 17.56, registrano una fortissima esplosione, paragonabile a una scossa di terremoto. Una carica di 572 chili di esplosivo viene fatta saltare sotto un condotto dell’autostrada in direzione di Palermo, vicino allo svincolo di Capaci. L’esplosione prende in pieno la prima delle tre auto blindate che formano il corteo su cui viaggiano Falcone e la moglie Morvillo. A bordo i tre agenti di scorta. La loro Fiat Croma verrà ritrovata in un campo adiacente all’autostrada, fatta volare per oltre un centinaio di metri. Accanto alla voragine, invece, l’auto con i magistrati. Falcone e Morvillo, sono seduti ai posti di guida e del passeggero. Dietro, invece, l’autista giudiziario, Costanza, che sopravviverà alla strage. Un quarto di secolo dopo, la retorica legalitaria dell’antimafia istituzionale si prende tutta la scena. A Palermo ci sono i massimi vertici dello Stato, con Mattarella e Grasso, e stasera – martedì – pure una diretta Rai. Il tutto mentre, nelle strade, proprio ieri – lunedì – si è tornati a sparare, con l’omicidio in pieno giorno boss Dainotti, colpito mentre era in sella a una bicicletta nel quartiere Zisa. Nulla trapela, dalla narrazione mainstream degli “eroi dell’antimafia”, sul sedime politico in cui maturò la linea stragista di Riina and Co, andata avanti per buona parte del biennio 1992 – 1993. Continua a funzionare il muro di gomma alzato da un quarto di secolo sui legami politici – con l’uccisione di Salvo Lima e la “rottura” del patto tra mafiosi e la Dc andreottiana -, il ruolo dei servizi d’intelligence – e la fantomatica sigla “Falange armata” attiva in quegli anni -, gli addentellati con ambienti dell’estrema destra, come ricordato oggi, martedì, su “Il Fatto Quotidiano” – dal procuratore generale della Corte d’Appello di Palermo, Roberto Scarpinato, che riprende le parole di inizio 1992 pronunciate da Elio Ciolini, già comparso dentro le inchieste sulla strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Scarpinato dice: “Ciolini, ambiguo personaggio legato ai servizi segreti, alla massoneria e all’eversione nera, che dal carcere di Bologna il 4 e il 18 marzo 1992 anticipò ai magistrati quanto sarebbe accaduto…”. E ancora: “Assieme a Riina, Messina Denaro, i fratelli Graviano e altri boss che perseguivano interessi propri di Cosa Nostra, si mossero altre forze che utilizzarono la mafia come braccio armato, instrumentum regnii e causale copertura” per destabilizzare il quadro politico e sociale italiano post-crollo del muro di Berlino. Per parlare di tutto questo abbiamo intervistato il professor Enzo Ciconte, docente di Storia della criminalità organizzata a Roma Tre, autore di numerosi libri, tra cui il recente “Mafie del mio Stivale. Storia delle organizzazioni criminali italiane e straniere nel nostro Paese”.
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45