Natura e l'Islandese

Sogni aSimmeTrici della Tigre

 

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Svetta tra tutte la solitudine

§

le altre sorelle immobili e arcigne, appolaiate sull'albero.

§

Tristezza guarda al suolo e una lacrima accarezza il suo viso morbido, finisce sulla terra arida rimanendo lucida goccia polverosa, non sara' mai assorbita e continuera' a corrodere la superficie.

§

L'ansia riposa, ha gli occhi chiusi chiusi e un sonno profondo, quando si svegliera' si dibattera' e squotera' l'albero per farne cadere tutti I frutti finche'.. tutto sara' a terra e sulla cima dominera' incontrastatamente sovrana e misera..

§

la solitudine.

 
 

 

La Natura (o ciò che ne vedo) mi ispira,

mi mette, come ogni altro pittore, in uno stato emozionale che mi provoca un'urgenza di fare qualcosa,

ma voglio arrivare più vicino possibile alla verità e astrarre ogni cosa da essa,

fino a che non raggiungo le fondamenta (anche se solo le fondamenta esteriori!) delle cose...

Piet Mondrian

 

se il sole freddo ti guarda ridendo

se nessuno accarezza le tue idee

se salire il pendio e' impossible

sei vivo.. e sei sulla strada giusta

 

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SURREALE IL QUADRO E IL RACCONTO

Post n°17 pubblicato il 09 Febbraio 2008 da StarryZjl
 
Tag: ITTTALY
Foto di StarryZjl

Vorrei poter parlare come parlano questi due grandi pezzi d’arte.

 

Il primo e’ La Condition humaine di Magritte, che e’ il quadro qui a sinistra. In un inghippo ottico ci si ritrova a scorgere la stessa realtà ma su due piani diversi: uno interno, quello della tela di fronte alla finestra, e uno esterno, il paesaggio dietro alla finestra, che non si può vedere del tutto ma che si presume sia come quello delle ritratto. Dicono che esprima l’ambiguità della realtà.. ma nello stesso tempo esprime la realtà umana, sì, noi vediamo il mondo dalla nostra piccola finestra, dal nostro piccolo microcosmo-corpo, e con i nostri sensi la percepiamo in un modo assai personale (l’aggettivo soggettivo non mi piace.. depersonifica).. ecco dicevo vediamo la realtà a modo nostro e forse non sapremo mai come sia veramente.. dietro alla tela.. dietro al nostro personale, indispensabile, naturale e inevitabile filtro. Come non amare questo quadro.

 

Il secondo pezzo è di Savinio, tra l’altro fratello del grande De Chirico, che nel suo  racconto Casa “la Vita” di cui cito una piccolissima parte qui sotto, rivela l’inquietudine dell’animo umano che alla ricerca disperata e angosciante di se stesso dimentica di vivere veramente.. e il protagonista Aniceto (che nome porello) in questa ricerca di un giorno intero che rappresenta anche i 60 anni della sua vita, vaga nella sua casa “dei ricordi” inseguendo rumori e oggetti di persone ma senza mai incontrare le persone stesse.. vaga come il fantasma di se stesso e si dissolverà, come la musica continua del violino, nell’assurdo. Come non amare questo testo.

 

“Continua fino in fondo al corridoio. E’ stanco. Sente un grave peso sulle spalle. E’ davanti alla camera del violinista. Il suono e’ ormai così vicino… Più in la non si può andare: è l’ultima camera. Il motivo lento, monotono, continua a ripetersi con insistenza crudele. Aniceto sa che dietro quella porta troverà tutti gl’inquilini della casa. Tutti coloro che finora non è riuscito ad incontrare*. E vorrebbe non aprirla quella porta. Vorrebbe non vedere quelle persone. Vorrebbe non farsi vedere da quelle persone. Vorrebbe soprattutto non vedere l’inesistente, il monotono, il crudele violinista. Ma come fare? E’ stanco…

Apre la porta.

La camera è vuota. Vuota di tutti gl’inquilini della casa. Vuota di mobili, Vuota del…

Un leggio di ferro, magrissimo, è in mezzo alla camera. Un quaderno di musica è aperto sul leggio; e davanti al leggio, all’altezza della spalla di un uomo che non c’è, un violino è sospeso in aria, sul quale l’archetto scende e risale, scende e risale, scende e risale.”

 

*(nota mia: nella casa in cui sta cercando)

 
 
 
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eri sola

avevi bisogno di aiuto

mio riflesso

ero io ad averne bisogno

sacra ospite

sempre sarò tuo rifugio

sempre sarai mio conforto

 

 

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