LIBRI MUSICA POESIA

PASQUA

BUONA PASQUA CARISSIMI AMICI.

CON VICINANZA E AFFETTO.

GIORGIO

BUONE FESTE A TUTTI

CONCORSO LETTERARIO

Un altro premio, lo metto qui perchè sono felice, non prendetemi per presuntuoso.

Uso questo spazio come una grande bacheca che serva ad alimentare la mia passione che è SCRIVERE... SCRIVERE... SCRIVERE...

Il racconto premiato si intitola "Colori e pensieri". Grazie della Vostra fedeltà.

IL RUMORE DEL MARE

IL RACCONTO "COME AQUILE" OTTIENE SEGNALAZIONE DI MERITO AL CONCORSO LETTERARIO "LE MONTAGNE IN NARRATIVA"

Alla vallata uno sguardo profondo e poi giù nel vuoto con un balzo deciso. Che il cielo fosse chiaro e lucente o che il vento fosse forte e impetuoso, le sue ali si aprivano ogni giorno alle correnti eoliche che scorrevano invisibili nell'atmosfera. Dal picco impervio dominava dal cielo, la terra sottostante. Occhi precisi, infallibili, che scrutavano ogni movimento, concentrati a cacciare. La neve aveva già fatto il suo corso. Già era caduta e già si era sciolta. Il sole timido di primavera adesso scaldava le ossa, che ancora una volta gioivano dopo il lungo e rigido inverno. Le distese lanose dei campi le aveva viste coprirsi di quella coltre gelida. Aveva dovuto volare in quelle bufere di vento e di ghiaccio, ad occhi semichiusi, con le ali ritratte accanto al corpo. Sola in mezzo alla natura crudele dell'inverno. Aveva passato giorni e giorni nella scanalatura del picco grande, in attesa di momenti di quiete, in attesa di giorni propizi alla sua fame. Adesso si apprestava, ancora una volta, come ogni anno, a spiccare il suo altissimo volo ed a lanciare il suo temuto grido di battaglia. Ad ali stese timonando in virate e picchiate, con la testa guardinga e fiera, passava in rassegna il suo territorio. Aveva riattivato il suo assetto da guerriera i suoi occhi lanciavano sguardi di disprezzo e di sfida, esprimendo quella rabbia, impersonata a guisa di minaccia. Era arrivata la primavera col sole tiepido e paziente, era arrivato il tempo della libertà, delle brevi correnti ascenzionali, delle lievi carezze delle brezze mattutine. Un'ombra scura che si muove sopra le gemme dell'erba fresca, si sposta in ampi giri concentrici e volteggia e plana. Al suo passaggio tutti gli occhi si sollevano verso l'azzurro del cielo assolato. Si accendono gli animi sotto l'impulso della paura, perdono la testa sotto di lei. Un coniglio lanoso intento a masticare i nuovi germogli, s'immobilizza, volta la testa e corre via, annientato dalla paura, è sperso e si allontana dal suo rifugio. Un cervo, con fierezza, smette il suo lento brucare e corre per unirsi al suo branco, lasciando che tutto accada lontano da lui. Un lupo che non si spaventa, ma rinuncia per un po al suo astuto cacciare e, spettatore di lusso, attende che il grosso rapace si serva prima di lui. Adesso che stringe nel becco possente e uncinato il membro più sciocco del suo popolino, si solleva nel cielo e aleggia silenziosa verso il picco grande, dove potrà finalmente placare la sua fame. Un coniglio grigio, innocente, l'insignificante figura di un ciclo naturale dove lui rappresenta solo la preda preferita e più facile. Ed è stato ancora lui a morire, a sacrificarsi per riportare la calma nella vallata. Per far riprendere la regolarità delle giornate. Per ridare il via al lento trascorrere del tempo che per un po sembrava essersi fermato sotto il prepotente influsso della paura. Il giorno stava piano, piano morendo sotto l'incalzare delle tenebre. L'orizzonte era infuocato dietro al picco grande, guardinga stava ancora là, stagliata contro gli ultimi raggi solari. La sua figura scura risaltava contro il vermiglio del cielo, il suo lungo becco uncinato si voltava ogni tanto, scrutando il suo regno che andava a dormire. L'avevano sorpresa le stelle. quella sera, e lei era là che pensava, la sua vita forse cominciava a pesarle, forse la sua libertà si stava trasformando in solitudine. Sfogliando col pensiero le vecchie primavere, tornavano alla mente infinità di prede e d'avventure. Crudeltà e soddisfazione si univano in un misto di fierezza e di sconforto, di appagamento e di pentimento. Mentre la notte arrivava ogni giorno più lenta. forse davvero adesso avrebbe voluto trovarsi in compagnia, magari con tutti gli abitanti della vallata a passare ore liete con loro. Sognava, sapeva che questo non era possibile, lei era la regina crudele e cosi sarebbe rimasta fino alla fine. Echeggiavano già nella valle gli insistenti cinguettii dei passerotti e lei era già piazzata sopra al suo piedistallo di pietra, pronta per un'altra giornata al comando della sua valle. Aveva guardato il sole scomparire e ora lo guardava riapparire, si era spento dietro di lei e lo vedeva adesso accendersi davanti, iniziando un'altro giorno. Adesso tutto si illuminava gradualmente, al lento salire del sole. La foresta diventava lucente, pronta ad ombreggiare il suolo, le rocce del picco si scaldavano sotto gli artigli aggrappati dell'aquila e la vallata prendeva vita nella gioia del giorno e della luce. Spiccò il volo con due possenti colpi d'ali poi le allargò e le stese, planò in un larghissimo giro, oltrepassò la foresta, giunse all'ingresso della vallata. Qui si soffermò, volteggiando in più stretti giri. Qualcosa si stava muovendo cautamente sopra al suo territorio. Veleggiando, librata in aria continuò a vigilare quell'animale. Camminava eretto sulle due gambe posteriori, mentre nelle due anteriori teneva stretto uno strano bastone. Incuriosita, si abbassò su di lui. Pur vedendola, l'animale non indietreggiò e non s'intimorì. L'aquila deviò, impresse potenza alle sue ali e timonò verso il suo rifugio. D'un tratto il silenzio venne squarciato da un tuono, l'aquila segui il rumore, alzò il capo all'orizzonte, ma non vide il temporale. Si volse allora indietro verso quell'intruso cosi spavaldo, vide il suo bastone fumante ed un passero cadere dalle fronde d'un faggio. Capi che quell'animale era più forte di lei, capi perché non aveva tremato nel vederla. Con il suo potente bastone avrebbe potuto raggiungerla anche lassù dove volava soltanto lei. Decisa a non arrendersi tanto facilmente, si rifugiò con uno strabattere d'ali nella scanalatura che le serviva da riparo nell'inverno. Cosi si accorse che era stata privata della libertà, che adesso non poteva più volare tranquilla e spensierata, si accorse che da predatrice era diventata una preda. Stava vivendo adesso quelle sensazione che lei stessa faceva vivere ogni giorno agli abitanti della sua valle. Ebbe disgusto per se stessa, si senti veramente crudele e decisamente prigioniera. Prigioniera di quella rivelazione che gli aveva fatto tanto male. Quella vita da cacciatrice che l'aveva fatta sentire libera, ora le si rivoltava contro, ora che qualcuno stava cacciando lei. Prese il suo migliore aspetto, la sua più grande determinazione, si disegnò sul volto un ghigno da guerriera e si lanciò in un volo alto e sicuro. Volò e planò sopra alla foresta, localizzò il nemico usurpatore e lo sfidò. Attese che questo impugnasse il suo bastone e lo indirizzasse verso di lei, poi si girò fulminea, cabrò con forza verso il cielo più in alto possibile. Finalmente senti tuonare ed attese. Non ce la faceva più a salire in alto, si fermò, si rese conto d'essere ancora viva. Aggrappata ad un filo di speranza e di coraggio, si buttò giù di lato e iniziò una picchiata vertiginosa verso il suo nemico, verso se stessa. Si trovò a ridosso degli alberi in un battibaleno, virò, schivò, colpi con decisione col suo becco affilato. Poi si rilevò in volo e si diresse verso il picco grande. Ferma sulla più alta roccia del picco, con il becco insanguinato. L'aquila si atteggiava fiera del suo coraggio. Inutilmente pentita del suo comportamento egoista e crudele. Doveva continuare a vivere fingendo, per conservare una reputazione conquistata rispettando i dogmi d'una vita. Ma il giorno ancora una volta si stava addormentando, il sole aveva deciso di morire ancora, l'ombra del picco aveva iniziato ad allungarsi sulla valle. Il tentativo di finire tutto in battaglia era fallito, il nuovo re non era poi tanto forte e scaltro. Ma l'aquila adesso sapeva di non essere lei, né la più forte, né la più libera, né la più sola, né la più crudele. E donato un ultimo sguardo al suo regno, si voltò verso il sole morente e gli volò incontro, sfumando in una linea scura dentro il vermiglio orizzonte.

SAMAR VINCE PREMIO LETTERARIO "I FIUMI"

COMUNICO CON IMMENSO PIACERE CHE LA MIA CANZONE "SAMAR" E' STATA PROCLAMATA DA UNA GIURIA DI CIRCA 20.000 RAGAZZI DELLE SCUOLE DEL VENETO ORIENTALE, VINCITRICE DEL

PREMIO LETTERARIO "I FIUMI" PER LA SEZIONE MUSICA LEGGERA EDIZIONE 2009.
Indetto dalla Città di San Donà di Piave con il patrocinio di quattordici comuni limitrofi la premiazione si è svolta nel comune di Noventa di Piave il 06 Giugno 2009.

Ringrazio tutti per la grande emozione che ho vissuto, condivisa con il compositore della musica non che cantante di questa traccia il mio grande amico WALTER.

DINOSAURI DEL 2000

UKELELE

Ukelele

Quando arriva la sera
prende il mal di balera
una voglia dolce e crudele
fisarmonica …. ukelele

Quando arriva la sera
quella strana atmosfera
ti guardo tra due candele
fisarmonica …. ukelele

ukelele, ukelele, ukelele
che mi porti lontano da qui.
ukelele, ukelele, ukelele
che mi fai l'umore salir.

Quando arriva la sera
mi sento come in galera
non per non stare fedele
fisarmonica …. ukelele

Quando arriva la sera
la vita diventa più vera
il mio cuore apre le vele
fisarmonica …. ukelele

ukelele, ukelele, ukelele
che mi porti lontano da qui.
ukelele, ukelele, ukelele
che mi fai l'umore salir.

BUONA PASQUA

BUONA PASQUA

ANGOSCIA NELLA TESTA

Angoscia nella testa

Clicca sopra e ascoltala sulla musica a cui è Ispirata
"studio n. 12 in Do min. di FrédéricChopin"

Angoscia nella testa

Pause e gli occhi da ogni parte
i sensi scrutano il silenzio,
sei una bestia in fuga dai latrati.

Scorre ancora spazio sotto ai piedi
i passi martellano alla testa.

Corri e ti affanni di pensieri
vedi i corvi sul tuo cielo
e timido aquilone senza filo
sogni il niente, sogni la libertà
ma sognare non aiuta il tuo volo.

Rivedi gli anni di felicità
e qualcuno che ha tradito
crudele mantide fecondata.

Adesso che pensi vendetta
il tuo ragionare è impazzito.

Non vedi, non senti e ti fermi
nel buio che ammanta i contorni
perso nel grembo ancor chiuso.

Quasi un presentimento ma fingi
e innocente fai un passo giù dalla rupe.

Racconto sul sito http://www.raccontinellarete.it/

Ho inserito un mio racconto nel sito: http://www.raccontinellarete.it/, il titolo è "Gaio e la campana di S.Michele". Il racconto parteciperà al concorso omonimo per l'anno 2009. Se qualcuno a la voglia e la curiosità di leggerlo, può farlo e seguendo le istruzioni sul sito, può anche commentarlo. Questo mi farebbe molto piacere.

Lascio un saluto cordiale a tutti i visitatori del mio BLOG.

CIAO GIORGIO

NOZZE DI MARZO

SIAMO

Siamo

Siamo un popolo di pazzi
siamo gente da commedia
viviamo per scommessa
sempre pronti a farne una tragedia.
Siamo pronti a dire basta
siamo un popolo di stupidi
non sappiamo cosa resta
quando qualcuno non c'è più.
E facciamo i nostri errori
per sembrare più maturi
per finire di stare bene
abbandonarci ai nostri vizzi
che ci piace condannare
quando siamo in compagnia
ma che vorremmo soddisfare
quando siamo con noi stessi.
Siamo fessi, siamo fessi.
Questa voglia di volare
di dare un calcio a tutto,
alla donna, a questo caldo,
al rivale anche più brutto.
Siamo fatti con la carne
quella di seconda scelta,
siamo tutti, tutti siamo
sempre pronti a dir ti amo,
con il cuore nella sinistra
la pistola nella destra.
Pessimista, pessimista.
Come il dark di tuo fratello
che veste nero ed è più bello,
perchè non si può sbagliare
se sei bello piaci e basta
se sei brutto puoi saltar dalla finestra
Ma che bella prospettiva
né più bella né più viva,
come guardare le mutande ad una donna
che poi potrebbe essere anche un lui
tanto oggi non c'è più gran differenza
siamo persi dentro stupidi pensieri
volgarità pornografia che fissazioni
Siamo coglioni, siamo coglioni.
Ci facciamo dare una siringa
per andare sulla luna e sotto terra
scappiamo in preda alla paura
se poi c'è chi, vuol far la guerra.
Il coraggio non sappiamo cosa sia
autodistruzione si, come una mania,
a noi stessi possiamo pure fare male
comunque questo lo diciamo in pochi,
perchè chi fa del male a me non è che giochi
Dio infondo cosa vuoi che sia
dimenticato eroe della pazzia,
andiamo via, andiamo via
il tempo è già passato
tu mi hai già stufato.
Torniamo o torneremo chi lo sa?
Deluso chi più di me?
Forse soltanto l'universo
che ci sta reggendo in equilibrio.
Siamo un popolo di idioti
siamo quelli senza legge
siamo uno stupido gregge.
Belate pecore da mungere
che il pastore sta arrivando
sono pronti anche gli agnelli da sgozzare
sotto l'attimo di Pasqua
sotto un cielo d'avvoltoi
siamo noi, siamo noi.

HO GIOCATO ALLA GUERRA

Voglio dedicare queste righe a tutti i GIOVANI Palestinesi, Israeliani, Libanesi, Giordani, Egiziani, Iraniani, Irakeni...... a tutti i GIOVANI cristiani, ebrei, musulmani..... Come sarebbe bello abbandonare l'odio e far vivere l'amore.

Ho giocato alla guerra

Ho giocato alla guerra
nella polvere dorata,
sulle duna di una terra
da sempre travagliata.

Ho ascoltato la preghiera
scendere dal cielo,
tra le pieghe della sera
nascosta dietro un velo.

Pensavo ad un profeta
come fosse cosa vera
e alla storia di una pietra
dalla liscia scorza nera.

A dei nomadi velati
inconsapevoli pionieri,
di deserti profanati
da crociati cavalieri.

Hanno venduto la saggezza
di predica in sermone,
ma per farmi una carezza
chiedi la mia religione.

Sei un figlio del deserto,
figlio della stessa terra,
non lasciare il cuore aperto
al delirio della guerra.

Hai gli occhi come i miei
e i capelli ancor più neri,
forse no, non lo direi
ma sei dentro i miei pensieri,

in questa scelta a muso duro
di correre in salita,
per abbattere ogni muro
e far vincere la vita.

TU SEDUTO

TU SEDUTO
Stai qui davanti al mare,
con la testa piena di parole,
l'onda inciampa, il tuo camminare
e s'immerge, piano, piano il sole.

Ali di gabbiano scrivono nel cielo,
frasi bianche nate da un pensiero,
che assorto, puoi leggere tu solo,
nell'orizzonte che si fa sempre più nero.

Tutto intorno a te, è diventato muto,
si è distratta ai sensi la tua pelle.
Ti appoggi sulla sabbia li seduto,
alzi la faccia e ti perdi nelle stelle.

Nel silenzio vibra un'emozione,
nella brezza viva della sera.
E' come melodia di una canzone,
il suono dolce della tua preghiera.

Perché hai fermato il tempo,
negli occhi hai chiuso il sole
così presto solo un lampo.
E tutto è fermo a ieri.
Dov'è la gioia e l'irruenza,
dove sono i tuoi pensieri.
Sento un alito, mi tocchi,
io ti regalo questi anni
li vivrai dentro ai miei occhi.

Natale quotidiano

Natale quotidiano

Mezzo dì, di Natale
campane da maestrale

in un tripudio quotidiano
sia del sacro e del profano,

dove chiese, piazze e cuori
si riempiono di fiori

e negozi, strade e croci
agghindati in mille luci.

Ecco gioia nei sorrisi,
falsi o veri i nostri visi?

Auguro un felicissimo NATALE a tutti, con l'auspicio per futuri giorni di serenità e pace.

Giorgio 

UNA NOTTE SOLO CON ME STESSO

Una notte da solo con me stesso

Si alza il vento
e c'è spazio nella sera
per pensare in quel momento
per respirar quell'atmosfera.
Quando il sole è andato giù
e si nasconde dietro al monte
con la luna che va su
è la notte che hai di fronte.
Buio fitto troppo nero
una specie di sigillo
che nasconde il mondo intero
ma che fa cantare un grillo
che ti annoia, che da allegria
e che sembra così grande
che se vuole vola via
per lui è una notte come tante.
Ma te che resti alzato
qui da solo ma che fai?
non ci sei abituato
ma a dormire non ci vai?
Solo ora vedo la mia vita
la ripasso tutta intera
e mi accorgo se c'è stata
qualche cosa troppo nera.
Quando il mondo dorme ancora
e c'è questa pace qua
e sta arrivando l'aurora
non pensi alla società,
problemi e appuntamenti
orari e compleanni
non ci sono rompimenti
sei tranquillo senza affanni.
Ma sta arrivando l'alba
che annuncia il nuovo giorno
di questa vita scialba
che abbiamo tutt'intorno,
ma che dobbiamo fare
ormai per noi è così
bisogna vivere e soffrire
e dire sempre signor si.

LA LUNA

La luna

Al bar qui seduto, mi guardi velata da trame di seta,

o prigioniera bella e incantata di questo pianeta.

Ti vedo nell'angolo di questo cielo, uno spicchio di luce,

mentre accavallo le gambe ed ascolto parlare una voce.

Luna, la luna che cambia l'umore,

luna, la luna che ispira l'amore.

Hai una faccia pallida, che sembra dire di stare tranquilli,

intanto dal tavolo accanto disturbano ingrati tre squilli.

Dal balcone di cielo stellato, da dove sei tu,

noi siamo spirali bianche, confuse nel verde e nel blu.

Nessuno squillo, nessuna tristezza disturba il tuo moto,

stai in quel profondo silenzio che provoca il vuoto.

Luna, la luna che per noi si trasforma,

luna, la luna che è sempre rotonda.

Un cane mi annusa, ti guarda, poi alza una gamba,

con l'altro piede lo spingo ha fare tre passi di samba.

Stasera sei bella col morbido abito rosso vermiglio,

con quell'aria turchese sfumata di rosa sopra il tuo nascondiglio.

I fari che danzano, i vetri si accendono sembra una fiera.

Ti saluto, ringrazio, ho già un'altro impegno per questa sera.

NOI SIAMO I TUOI BOIA

Noi siamo i tuoi boia

Era un tempo passato
quando il fiume era chiaro
e non era inquinato
come vuole il denaro,
industrie e città
sulle rive dei morti
che non fanno pietà
basta che non importi
acqua nera e sapone
giù dalla cascata
è la decisone
di una mente malata.
Alta una nube nel cielo
che porta la morte
e che copre con un velo
tutto quello che sorte,
la respiri ogni giorno
quest'aria ammalata
ma non c'è bisogno
non può esser curata.
Uomo con le tue mani
distruggi la vita
e lo sai che domani
può già esser finita.
La terra è un rifiuto
che l'uomo ha buttato
con tutto l'aiuto
del suo passato.
E tanti discorsi
detti alla t.v.
di quei brutti rimorsi
che non bastano più
e tirare i cazzotti
non serve alla natura
e fare i fagotti
per una vita futura.
Si è spento il pianeta
verde e inviolato
è stato il profeta
che l'uomo ha inventato,
l'hanno chiamato progresso
e gelido continuerà
a far morire lo stesso
a levare la verginità.
E quando tutto sarà profanato
e questo mondo urlerà
come un vitello scannato
nessuno ci salverà.

PREDATO

Predato

Polvere contro la luce
e la stanza che invecchia,
dalla finestra orizzonti di macchia
e di grande pace.
Nel buio che l'uomo spaventa,
ulula un lupo insonne di notte,
grida il dolore di vecchie lotte,
nel freddo della tormenta.
Cartucce sul fianco di là,
cariche di morte e violenza,
senti nel peso la loro potenza,
la fiera alleanza e la loro viltà.
La mano che stanca si affanna
ed un velo sugli occhi,
che lento e spietato avanza,
sulla tua cecità.
Hai cacciato indifesi animali,
sei rimasto indifeso contro il destino,
sei come un cervo nel tuo mirino,
e noi siamo uguali.
Vecchio il tuo fucile non spara,
la natura è più forte di te,
senti che ora la notte è paura,
ti vuole con sé, per farti da bara.
Predato dal tempo che imbianca.