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« Iervolino contro i rifiutiIl paese in mano a Mastella »

Rutelli: un uomo, una garanzia

Post n°135 pubblicato il 19 Gennaio 2008 da yankeeDDL
 

Ovvero: finche' c'e' Rutelli c'e' speranza.
Sono giorni cupi questi: De Magistris e' stato spostato da Catanzaro contro ogni regola di buon senso: Mastella invece di nascondersi dalla vergogna continua a fare il bello ed il cattivo tempo ed ad imporre le sue richieste assurde.

Per fortuna c'abbiamo Rutelli, che non si smentisce mai. Qui un pezzo del TG1 in cui pretende di sapere cos'e' l'arte ... e sbaglia clamorosamente un congiuntivo da terza elementare. «Chi glielo avesse detto, a Eufronio, che si sarebbe trovato dentro al Tg1, 2.500 anni fa!»
Vi ricordate il portale Italia.it? Nei link preferiti (qui) trovate il mitico video in cui parla "inglese" come un analfabeta. Tale video era per il lancio del portale Italia.it, famosissimo sito web che, immagino, voi tutti visitiate giornalmente.
Bene, a parte voi, quel sito non lo visitava nessuno, ma proprio nessuno, cosi' e' stato chiuso, cosi' in sordina.
Beh, succede, direte voi ... si, succede, ma, in genere, se si sono spesi oltre 45 milioni di euro per aprirlo, quando si chiude deve saltare almeno una testa (quella di Rutelli in questo caso).

Tuttavia, come ben sappiamo, in Italia i giornali raccontano solo cio' che fa comodo ai politici, e cosi' ... zitti e mosca. Alcuni, per fortuna, parlano .. leggete qui ... e la prossima volta che vedete Rutelli in televisione, sapete cosa fare.

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 26/02/08 alle 00:15 via WEB
Un’alluvione di patronati Chi volesse prendersi la briga di fare uno studio via internet sulla disponibilità italiana di sindacati e patronati rimarrebbe letteralmente sbalordito a fronte del numero di soggetti esistenti, al di là di ogni limite ragionevole. Ci sono quelli della cosiddetta triplice, degli altri sindacati nazionali, del movimento cattolico, degli artigiani, dei precari, e chi più ne ha, più ne metta. Spesso e volentieri, si tratta di organizzazioni in concorrenza diretta tra di loro, e sempre ben consolidate sul territorio, tanto da avere sedi in ogni provincia, e talvolta in parecchi centri meno importanti. L’uomo della strada è indotto a ritenere che si tratti di cosa buona e giusta, perché la ragione d’essere di tutti costoro non può essere che quella di dare una mano al prossimo, e soprattutto a chi è privo di difese: primi fra tutti i pensionati, che guarda caso sono la categoria apparentemente più sindacalizzata, con milioni di iscritti alle varie sigle (in effetti, l’adesione viene raccolta in modo automatico quando si rivolgono al patronato per l’inoltro della domanda di pensione: in altri termini, molti non si accorgono nemmeno di avere firmato l’iscrizione, sostanzialmente a vita, perché non sanno, oltre al resto, di poterla disdire in ogni momento). Una valutazione approssimativa permette di affermare che le sigle attive o presunte tali siano almeno 20 mila, generalmente ben fornite di sede, telefono, telefax, e-mail, e beninteso, di chi vi presta la propria opera, di norma a titolo oneroso. Il paradosso è che, soprattutto nell’industria, ma anche nel terziario, il rapporto fra iscritti e addetti è decisamente basso, e che in qualche caso limite i secondi possono essere addirittura in maggioranza rispetto ai primi! A questo punto, di fronte all’impensabile alluvione di patronati e sindacati, è lecito chiedersi se sia giusto che costoro, oltre a fruire del supporto finanziario istituzionale, abbiano modo di vivere bene, e spesso improduttivamente, alle spalle di lavoratori e pensionati. Anzi, come è stato già rilevato, non è da escludere che i danni strategici siano superiori ai vantaggi: la straordinaria proliferazione dei sindacati ha fatto sì che l’Italia sia finita in coda alla graduatoria europea degli investimenti esteri, senza dire che gli aumenti salariali (talvolta beffardamente minimi come quelli per i pensionati) sono privi di valore se non vengano supportati dalla lotta agli aumenti dei prezzi e dell’inflazione. Va aggiunto che questa brava gente, anche a fronte di legittime proteste come quella relativa alla permanenza della trattenuta ex ONPI ad oltre un trentennio dalla cancellazione dell’Opera (poca cosa per ciascuna pensione, ma pari a due milioni e mezzo di euro all’anno lucrati impunemente dagli Istituti, e loro tramite dallo Stato), sa rispondere solo con un’arrogante albagia, affermando che si tratta di quattro soldi (ma per un pensionato anche mezzo litro di latte è importante), ovvero, di mezzi finanziari destinati comunque all’assistenza degli anziani, mentre risulta che attraverso il Tesoro finiscono nel calderone dei bilanci regionali senza possibilità di controllo. Per citare un altro esempio, cosa hanno fatto sindacati e patronati per prevenire od impedire lo scempio della 140/85, interpretata nell’ultima legge finanziaria in senso favorevole alle pretese incostituzionali dell’INPS nonostante centinaia di sentenze d’ogni ordine e grado, Cassazione compresa, che l’avevano visto regolarmente soccombere nelle vertenze legali con le benemerite categorie interessate, quali quelle di ex-combattenti, orfani di guerra, profughi e simili? In tutta sintesi, più che un’alluvione, è una vergogna da non dimenticare: anzi, da mandare bene a mente in vista degli appuntamenti elettorali.
 
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