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Nuovi contributi per Isola Rizza

Post n°31 pubblicato il 07 Agosto 2014 da IsolaRizzaInforma

 Di seguito l'articolo di oggi del quotidiano L'arena, prosegue l'impegno dell'amministrazione De Berti nel percorso iniziato cinque anni fa.

Edilizia scolastica
Fondi per il Veronese

Una delibera del Cipe del 30 giugno ha approvato, tra gli interventi di edilizia scolastica in Veneto, i seguenti interventi di messa in sicurezza per il Veronese: per la scuola media Giovanni XXIII di Isola Rizza, 26.950 euro per la costruzione di un marciapiede perimetrale; per la scuola media Barbarani di San Martino Buon Albergo, 46.490 euro per una scala antincendio; per la «Fratelli Sommariva» di Cerea, 60.900 euro per il rifacimento di una scala di accesso; per la materna ed elementare Albanello di Selva di Progno, 94.500 euro per il consolidamento sismico; per la scuola materna e di primo grado di pastrengo, 98.000 euro per la ristrutturazione della centrale termica;per la scuola elementare Giovanni Pascoli di Sant’Ambrogio di Valpolicella, 112.000 euro per serramenti e messa a norma di servizi igienici; per le elementari di Malcesine, 182.000 euro per manto di copertura e cappotto; per le elementari Collodi di Valeggio sul Mincio, 255.500 euro per lavori sulla copertura, terrazzo e palestra; per la «Giovanni Pascoli» di Roncà, 94.500 euro per adeguamento alle norme di sicurezza; per le «Chiarle» di Peschiera del Garda, 144.500 euro per la sostituzione dei serramenti esterni.

 

 
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I comuni e la trappola dei costi standard (fonte voce.info)

Post n°30 pubblicato il 02 Agosto 2014 da IsolaRizzaInforma

In autunno ci aspetta una manovra sui comuni basata sui fabbisogni standard? È uno strumento da utilizzare con cautela. Perché se è una buona idea mettere a disposizione dati e informazioni per un confronto sulle modalità di offerta dei servizi, altra cosa è pensare di servirsene per fare cassa.

IL FABBISOGNO STANDARD

Tra le manovre che il Governo si preparerebbe a varare in autunno, si fa strada con sempre maggiore insistenza un intervento sugli enti territoriali, comuni in primis. La novità è che si pensa di intervenire utilizzando le nuove stime dei fabbisogni standard, la cui metodologia di calcolo è stata recentemente approvata dal Consiglio dei ministri.
L’idea in linea di principio è sacrosanta: se ridurre si deve, invece di applicare i soliti tagli lineari e colpire nel mucchio, è meglio chiedere maggiori sacrifici a chi spende di più rispetto a quanto sarebbe necessario, il suo fabbisogno standard appunto. Se l’idea è giusta, l’applicazione però potrebbe risultare perniciosa, almeno alla luce di quanto ora noto sulla metodologia usata per il calcolo dei fabbisogni. In sostanza, così come sono ora, i fabbisogni vanno bene per qualche operazione di benchmarking; non per far cassa.

LA BANCA DATI

La stima dei fabbisogni standard per i comuni delle Regioni a statuto ordinario nasce col decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, che assegna a Sose, la società di proprietà pubblica che già si occupa di stimare gli studi di settore, l’identificazione delle soluzioni metodologiche proprio per la determinazione degli standard di spesa. Secondo il decreto, Sose si deve avvalere della collaborazione scientifica di Ifel, il centro studi dell’Anci, mentre alla Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale (Copaff) spetta l’approvazione delle soluzioni via via individuate. In una prima fase, la collaborazione tra Sose e Ifel ha generato una gigantesca operazione di raccolta dati, tramite la somministrazione di questionari ai singoli comuni, sulla organizzazione interna e sulle modalità di produzione dei servizi. L’operazione si è conclusa nel 2011. La banca dati raccolta è straordinaria per ampiezza e livello di dettaglio e integra quanto già noto dai bilanci. Sono gli stessi dati che, dopo essere stati controllati e rivisti da Sose e da Ifel, sono stati messi ora a disposizione dei comuni (non ancora dei cittadini) tramite OpenCivitas e che costituiscono le informazioni elementari a partire dalle quali sono stati poi determinati gli standard. Sono informazioni utili, anche se naturalmente un po’ datate, alla luce di tutto quello che è successo con la crisi dal 2011 a oggi.

LE STIME

Fin qui, comunque, tutto bene. È ciò che succede dopo che genera i maggiori dubbi. L’approccio che si decide di seguire all’inizio è quello della “funzione di costo” di servizi comunali, che dovrebbe consentire di determinare il minimo costo necessario per produrre un certo livello di servizio. Ma questo approccio si scontra subito con alcune difficoltà. Tralasciando gli aspetti più prettamente tecnici (come la determinazione per legge delle macro-funzioni per le quali determinare gli standard, che non ha molto senso da un punto di vista economico, o la mancanza di analisi di robustezza nelle stime), la prima questione è che gli scostamenti per alcuni municipi rispetto al benchmark risultano essere così ampi che si preferisce stimare un costo medio standard invece che un costo minimo.
La seconda è che per molti servizi non è facile identificare una “misura” del prodotto offerto, per non parlare di una “misura” della qualità. Per fare un esempio, mentre è relativamente facile misurare il prodotto del servizio di raccolta dei rifiuti (le tonnellate raccolte), è più complesso pensare a una misura dei servizi prodotti dall’ufficio anagrafe o dai vigili urbani. Nel caso dell’Anagrafe, per esempio, si può ricorrere al numero di certificati emessi, ma è probabile che i cittadini siano invece più interessati ai tempi necessari per ottenere un certificato o alla possibilità di ottenerlo online, tramite una qualche procedura che “smaterializza” il rapporto con l’ufficio.
Viste queste difficoltà, si decide dunque di stimare una “funzione di spesa”, che dovrebbe consentire di ottenere il fabbisogno medio standard di risorse per produrre un servizio per dati indicatori di bisogno del comune (ed eventualmente dati standard di prezzo per gli input), ipotizzando che quel servizio venga poi effettivamente erogato. È un aspetto cruciale per capire le stime sui fabbisogni standard elaborati, poi ampiamente riprese dalla stampa. Per esempio, risulta che tra i comuni con più di 60mila abitanti, Perugia è la città peggiore: spende il 31 per cento in più rispetto al suo standard; mentre Lamezia Terme è la migliore, con una spesa inferiore allo standard del 41 per cento. Fra i capoluoghi di Regione, la maglia rosa spetta a Campobasso, la cui spesa è inferiore del 15 per cento rispetto allo standard; la maglia nera (dopo Perugia) va a Potenza, con una spesa in eccesso del 24 per cento. In generale, le stime mostrano come al Centro-Nord si spenda meno dello standard per quanto riguarda i servizi di amministrazione generale e più dello standard per i servizi sociali e l’istruzione; l’opposto al Sud. Solo che i servizi sociali (fra i quali per esempio rientrano anche gli asili nido) sono offerti molto meno al Sud.

I RISCHI

È evidente che usare questi numeri per separare gli “spendaccioni” dai “risparmiosi”, senza tenere conto di quantità e qualità dei servizi offerti, può generare disastri. Si rischia cioè di identificare tra i risparmiosi quelli che non offrono i servizi e tra gli spendaccioni quelli che invece i servizi li offrono. Inoltre, le stime sono state fatte senza tener conto di capacità e sforzo fiscale. Per cui un comune che ha, legittimamente, deciso di tassare di più i propri cittadini per offrire più servizi rischia di passare come spendaccione, mentre un comune che ha deciso di non offrire i servizi, e dunque di non tassare, è per definizione un risparmioso. Ma se la nozione di autonomia ha un senso, è appunto quello di consentire a sindaci e consiglieri comunali di scegliere la combinazione tasse, tariffe e servizi che più gli aggrada, soggetti al giudizio dei propri elettori.
In conclusione, mettere a disposizione dati e informazioni per operazioni di benchmarking sulle modalità di offerta dei servizi è un’ottima idea, anche quando le informazioni sono incomplete, come in questo caso. È utile per i cittadini ed è utile soprattutto per gli amministratori comunali, che hanno uno strumento in più per imparare a far meglio confrontandosi con gli altri. Dove esiste un output misurabile e qualificabile è utile anche per finalità di controllo della spesa e dovrebbe essere utilizzato a tal fine. Dove però questo non c’è, il procedimento è rischioso. Pur in una situazione di crisi finanziaria, il Governo dovrebbe resistere alla tentazione di usare strumenti non pensati a questo scopo per far cassa.

Massimo Bordignon,Gilberto Turati

 
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DIFENDIAMO I NOSTRI COMUNI

Post n°29 pubblicato il 31 Luglio 2014 da IsolaRizzaInforma

DI SEGUITO L'ARTICOLO PUBBLICATO SU VERONA SERA

Verona, fronte comune dei sindaci contro le tasse dello Stato: "No a Comuni esattori"

All'incontro sul tema delle imposte, a San Martino Buon Albergo, hanno partecipato una decina di primi cittadini, da Oppeano fino a Caldiero: "C'è una totale mancanza di rispetto verso gli enti locali"

Fronte comune dei sindaci contro le tasse imposte dallo Stato. L’alleanza tra i primi cittadini del Veronese è nata lunedì sera durante un incontro aperto alla popolazione, nella sala consiliare del Comune di San Martino Buon Albergo. Alla tavola rotonda hanno partecipato una decina di sindaci, che hanno sottoscritto un richiamo rivolto al Presidente della Republica e al Governo, sollecitando l’applicazione della Costituzione ed in particolare di dare attuazione al titolo V dell’articolo 119, il quale afferma che i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. “Probabilmente sarà l’ennesimo appello caduto nel vuoto, ma è giusto che la popolazione sia informata di quanto sta accadendo. C’è una totale mancanza di rispetto verso gli enti locali, chi ci governa fa proclami che non aumenta le imposte e invece di metterci la faccia costringe i Comuni, in modo meschino, a fare gli esattore delle tasse, dimostrando di essere distanti anni luce dai reali problemi dei cittadini. Se non ci danno la possibilità di crescere andremo a sbattere inesorabilmente”, ha affermato il sindaco Valerio Avesani introducendo la serata.  

Oltre ad Avesani, all’incontro erano presenti il sindaco Alessandro Montagnoli di Oppeano, Lino Gambaretto di Soave, Carlo Tessari di Monteforte d’Alpone, Roberto Turri di Roncà, Diego Ruzza di Zevio, Paola Boscaini di Bussolengo, Giovanni Molinaroli di Caldiero, Antonello Panuccio di Castel D’Azzano, il vicesindaco di Lavagno Daniele Papa e l’assessore al Bilancio del Comune di Verona Pierluigi Paloschi. I primi cittadini hanno sottoscritto il richiamo e hanno concordato la necessità di estendere il fronte agli altri colleghi della provincia. Un’alleanza che dovrà farsi sentire, secondo i sindaci, anche su altri temi comuni, “con l’obiettivo di portare avanti battaglie congiunte per il bene della nostra gente, se necessario svestendoci dalle appartenenze politiche e territoriali. La pensiamo tutti allo stesso modo su molte questioni che riguardano la nostra provincia, è ora di far sentire la nostra voce”, hanno affermato i sindaci, che hanno concordato di ritrovarsi a breve e in modo allargato per studiare un’iniziativa forte e comune sul tema spinoso delle tasse

 
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DIFENDIAMO I NOSTRI COMUNI

Post n°28 pubblicato il 30 Luglio 2014 da IsolaRizzaInforma

ISOLA RIZZA INFORMA  inizia da oggi la pubblicazione di una serie di articoli a sostegno  dell'iniziativa del sindaco  di Isola Rizza, e non solo , sui tagli imposti hai comuni, con l'obiettivo di ampliare il più possibile  i cittadini raggiunti  e portarli a  conoscenza  del problema  e se possibile inescare una discusione su un  tema sempre più grave ed impellete in cui si trovano i comuni e i loro amministratori e di conseguenza tutti noi.

RISPOSTA DEL SINDACO DI TORINO E PRESIDENDE DELL'ANCI AL QUOTIDIANO LA REPUBBLICA

 “Altro che spese, abbiamo subìto sacrifici massimi"  il Basta accreditare i Comuni come fonte di guai per la finanza pubblica"

Caro direttore, con qualche sconcerto leggo su Repubblica (pag. 24, edizione di ieri 26 luglio) che un “possibile buco da 4 miliardi” sarebbe suscitato, oltre che dalla caduta de Pil, da “mancati tagli dei Comuni”. Ora, i Comuni, per legge, hanno l’obbligo inderogabile del pareggio di bilancio. E, dunque, le prescrizioni delle varie spending review e dei tagli conseguenti non possono essere eluse.Precisato questo, spiace constatare che si continui ad accreditare la spesa dei Comuni come la fonte dei guai della finanza pubblica. Vale la pena allora ricordare che, fatti 100 l’intero debito pubblico italiano e l’intera spesa pubblica, la quota addebitabile ai Comuni è il 2,5% del debito e il 7,6% della spesa (dati Istat). Il che dimostra che il problema della finanza pubblica non sono i Comuni, dai quali anzi è venuto in questi anni il maggior contributo alla riduzione della spesa.Nei sette anni di crisi 2007-2013 i Comuni hanno subìto tagli per 17 miliardi di euro (8,5 di minori trasferimenti e 8,5 come contributo al Patto di stabilità). Una cifra che, proporzionalmente ai loro bilanci, non si ritrova né nei tagli subiti dalle Regioni né tanto meno ai tagli della spesa dello Stato e delle sue amministrazioni centrali. Tant’è che (ancora Istat) nel periodo 2007-2013 la spesa pubblica degli Enti locali è diminuita mentre quella dello Stato e delle sue amministrazioni è ancora salita. E poiché un altro luogo comune è che i Comuni compensino i tagli aumentando allegramente le tasse locali, le cifre dicono che l’incremento della fiscalità locale di questi sette anni è meno del 50% dei tagli subiti. Il che conferma che ogni Comune la spending review l’ha fatta e la fa sul serio, intervenendo su quelle voci – personale, macchina comunale, contratti e appalti, oneri finanziari, patrimonio e società – che consentono di ridurre la spesa senza penalizzare ik cittadini e i servizi di cui beneficiano.Tutto questo in uno scenario di crisi che ha accresciuto la domanda di tutele, di protezione e di servizi rivolta ai sindaci a cui, inoltre, sono stati accollati anche ulteriori oneri supplementari come l’accoglienza di migliaia e migliaia di profughi che i Comuni hanno accolto e integrato con efficienza e generosità, senza per altro che nei loro bilanci quella spesa fosse contemplata.Mi si consenta infine un’ultima considerazione: in tempi di critico rapporto tra cittadini, politica e istituzioni, i sindaci ancora mantengono un significativo tasso di fiducia per la loro prossimità ai cittadini che ne vedono e riconoscono la concretezza della fatica quotidiana del governare. Minarne la credibilità – accreditando immagini lontanissime dalla realtà – non solo è offensivo per chi ogni giorno si sobbarca l’onere di guidare la propria comunità ma significa tagliare l’albero su cui le istituzioni democratiche sono sedute. 

Presidente Anci Sindaco di Torino

 
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NON E' UN PROBLEMA DI QUOTE ROSA

Post n°27 pubblicato il 28 Giugno 2014 da IsolaRizzaInforma

In seguito agli articoli apparsi ieri, oggi vi proponiamo le osservazioni pervenuteci di un lettore in merito a quanto pubblicato.

 

Nelle facoltà e diritti di libero cittadino vorrei esporre alcune mie opinioni su alcuni passaggi contenuti nell’articolo di Isola Rizza Insieme “Consiglio Comunale del 19 Giugno: la nostra risposta”.
Il primo punto che mi permetto di commentare, riguarda l’accusa rivolta alla maggioranza di aver violato una legge dello Stato, e precisamente la legge n.56/14 secondo cui Per i comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, la legge n. 56/14 al comma 137 dell'art. 1, ha previsto una percentuale precisa a garanzia della parità di genere nelle giunte, pari al 40%.

Ciò è vero, ma la Prefettura di Venezia, così come altre, precisa che:

Al riguardo, in base al principio generale che, nelle ipotesi in cui l'ordinamento non ha inteso annoverare il sindaco, nel quorum richiesto, lo ha espressamente indicato usando la formula "senza computare a tal fine il sindaco" e secondo prevalente giurisprudenza, si è indotti a ritenere che sia legittimo includere nel calcolo degli assessori anche il sindaco, a garanzia della rappresentanza di genere.

Per completezza, si soggiunge che occorre lo svolgimento da parte del sindaco di una preventiva e necessaria attività istruttoria preordinata ad acquisire la disponibilità allo svolgimento delle funzioniassessorili da parte di persone di entrambi i generi.


Laddove non sia possibile occorre un'adeguata motivazione sulle ragioni della mancata applicazione del principio di pari opportunità.


Nel caso in cui lo statuto comunale non preveda la figura dell'assessore esterno e il consiglio comunale sia composto da una rappresentanza di un unico genere, per la piena attuazione del citato principio di pari opportunità si dovrà procedere alle opportune modifiche statutarie che, comunque, sono rimesse alla autonoma valutazione dell'ente.

La lista di minoranza, sostiene inoltre che le motivazioni date al riguardo siano “poco coerenti” perché i candidati si sono presi un impegno nei confronti dei cittadini sapendo cosa significasse in termini di tempo.

E’ legittimo polemizzare e rientra nei diritti politici, ma ritengo sia un argomento sterile, demagogico e paradossalmente incoerente con quanto vorrebbe rappresentare Isola Rizza Insieme, e cioè la famiglia.
Il simbolo che li rappresenta è un pittogramma della famiglia (preso da google immagini/famiglia), quindi si deduce che
per essa abbiano un’attenzione particolare. Ebbene, il paradosso è che si accusa di incoerenza la maggioranza perché si ritiene abbia violato la legge sulle pari opportunità in giunta, quindi indirettamente si accusano di incoerenza le donne consigliere che per motivi di famiglia e di lavoro hanno preferito rimanere in consiglio, ma non avere incarichi onerosi come può essere quello di giunta. Detto in altri termini, la lista di minoranza che nel programma elettorale ha messo ai primi posti famiglia e lavoro ora accusa le consigliere elette in maggioranza di essere incoerenti perché nella loro scala dei valori vengono prima famiglia e lavoro, e poi l’azione amministrativa su mandato dei cittadini.

 

Andrebbe detto anche che i cittadini hanno votato per l’elezione del Sindaco e del Consiglio Comunale, non per le percentuali dei sessi in giunta e perciò le donne sedute in consiglio hanno tutto il diritto di anteporre i propri impegni familiari e di lavoro rispetto ad un impegno oneroso qual è quello di essere in giunta.

Inoltre, il comma in questione a mio parere ha un sottofondo profondamente ideologico che trova radici nel femminismo. L’evoluzione del femminismo è il genderismo secondo cui non siamo solo maschi e femmine ma addirittura di 56 generi diversi, perciò è ipotizzabile che ora si discute sulle cosiddette “quote rosa” e tra qualche anno si discuterà di “quote viola” e poi magari arriveremo al punto che si discuterà anche di “quote animali”. Pur estremizzando, voglio dire che se la lista Isola Rizza Insieme vuole mantenersi fedele a questo comma ideologico, magari facendo qualche ricorso nel nome delle fantomatiche pari opportunità, deve ammettere di essere in contrasto con l’idea di famiglia e di persona che, almeno dal punto di vista simbolico e del programma elettorale, intende promuovere.

 

 

Un terzo punto critico, che rivela l’impostazione demagogica della polemica, lo riscontro negli eletti in Consiglio: paradossalmente la maggioranza ha il 44,4% di donne (Sindaco compreso, il 37,5% senza) mentre la minoranza ha solamente il 25% di presenza femminile tra i banchi dell’opposizione. Mi viene quindi da dire che per fedeltà al principio della parità di genere a loro tanto caro almeno un loro consigliere dovrebbe dimettersi per lasciar spazio a qualche donna. Qualche maschio di minoranza è disposto a dimettersi nel nome del 40% sancito da una legge dello Stato?

 

Vorrei poi puntualizzare sull’invito a rivedere i concetti di “politica” e “democrazia”, soprattutto dal momento che la lista Isola Rizza Insieme si arrabbia perché accusata di polemiche solo per aver fatto domande e portato dubbi sulla correttezza di alcune decisioni.
Quale concetto di democrazia e politica era sotteso quando le domande e i dubbi sollevati dal sottoscritto sono stati oggetto di minacce? Quale concetto di democrazia e politica è sotteso nella pretesa di definirmi
bambino ipocritaritenendo che questa non sia unoffesa?

Il mio invito, a conclusione di questo articolo, è quello di pensare meno su quale cavillo legislativo potrebbe cadere la maggioranza, e di più sull’elaborazione di proposte concrete, condivisibili o meno, atte per migliorare la qualità della vita perché i problemi di Isola Rizza, e della Nazione, non sono di certo le “quote rosa”.

Infine una precisazione: le presenti dichiarazioni sono frutto delle mie riflessioni, alle spalle non c’è nessun consigliere o potere occulto che mi paga o incita a scrivere, pertanto le opinioni contenute sono espressione delle mie idee e non di altri.

Firmato Diego Marchiori

 
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