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Con calma e per piasèr

 

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Verranno per conquistarlo, e lo conquisteranno popolandolo con i loro figli. E’ il ventre delle nostre donne che ci darà la vittoria”.

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IL CUCULO

... quando si schiude l’uovo del cuculo, il piccolo intruso sbatte fuori dal nido i suoi “fratellastri” caricandosene sul dorso le uova e gettandole fuori, o spingendo giù gli altri uccellini del nido se sono già nati...

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I FORESTALI CALABRESI SONO IL DOPPIO DEI RANGER DEL CANADA

Post n°690 pubblicato il 15 Novembre 2011 da lecasame

La spesa per i forestali calabresi? Il doppio dei ranger del Canada

06 luglio 2011
 
Sono sempre lì quei 160 milioni. Sono una costante di tutte le leggi di bilancio quelle due parentesi che contengono lo stanziamento relativo alla vecchia Unità previsionale di base e che suonano un po' anonime con il loro burocratese: (22.2.1) (4.2.1). Ma quando si legge il titolo, tutto si fa più chiaro: «contributo speciale alla regione Calabria per l'attuazione degli interventi straordinari di competenza regionale nei settori della silvicoltura, della tutela del patrimonio forestale, eccetera».
Sì, avete capito bene sono i «famigerati» forestali calabresi, un esercito di circa 10.500 persone deputate alla sorveglianza e alla tutela di un'area boschiva di 6.500 chilometri quadrati. Due volte e mezzo i ranger canadesi che sovrintendono a un patrimonio forestale di 400mila chilometri quadrati. Ma si tratta di un'eredità del passato, dei tempi dell'intervento straordinario per il Mezzogiorno, quando un socialista alla Mancini o un democristiano alla Misasi con un'alzata di sopracciglia elargiva un posto pubblico o una pensione di invalidità. Ci aveva provato pure il severissimo Roberto Calderoli a risolvere il problema nel 2004 ma senza successo. Si sono succeduti due governi Berlusconi e un governo Prodi, nel frattempo sono passati tre governatori regionali (Chiaravalloti, Loiero e Scopelliti) e il contributo è sempre lì, uguale a se stesso 160 milioni necessari per coprire i due terzi del costo del pattuglione (gli altri 80 milioni li mette la Regione).
Perché nessuno ha fatto niente? Molto semplice: il mero effetto annuncio produce automaticamente un blocco sine die della Salerno-Reggio Calabria «occupata» dai protestanti. E così l'unica corsia per senso di marcia (giacché i lavori lì sono perenni) è inutilizzabile. Insomma, si tratta anche di una tassa sul quieto vivere anche se prima o poi bisognerà smettere di pagarla. Certo, c'è sicuramente uno squilibrio considerato che il ministero devolve 160 milioni alla punta dello Stivale per i forestali e solo 4,157 milioni a tutte le altre Regioni.
Comunque il contributo per i forestali calabresi fa parte di un ambito più complesso del bilancio del ministero dell'Economia che è quello dei trasferimenti agli enti locali che vale circa 650 milioni (745 milioni considerando pure i trasferimenti per Venezia che vedremo in seguito). A fare la parte del leone è il contributo per il risanamento finanziario del Comune di Roma con 300 milioni di euro per agevolare il piano di rientro.
Si potrebbe affermare che quel denaro è necessario per non bloccare finanziariamente la Capitale prostrata dai 12,4 miliardi del «buco» lasciato in eredità da Walter Veltroni. Non l'ha creato tutto l'ex sindaco sia chiaro ma è l'eredità di una cinquantennale gestione allegra delle casse capitoline e che comprende ancora somme inevase relative agli espropri per le Olimpiadi 1960. In ogni caso, lo Stato anticipa a Roma il denaro per pagare i mutui sul debito e al tempo stesso non azzerare l'ordinaria amministrazione. Sul capitolo in questione il sindaco Alemanno e il ministro Tremonti hanno più volte battibeccato, ma fino a quando il Comune non riuscirà a dismettere parte del proprio patrimonio immobiliare per fare cassa e sgravarsi di alcuni oneri, l'impressione è che i contribuenti italiani pagheranno un pezzettino della mondanità veltroniana, degli interventi per il Giubileo e anche delle Olimpiadi del 1960 che vi abbiano assistito oppure no.
Roma beneficia poi di parte dei 50 milioni per i Comuni in gestione commissariale straordinaria e nel 2012 riceverà altri 30 milioni per le infrastrutture. C'è poco da lamentarsi visti i tempi di magra.
La singolarità di questo capitolo del bilancio dello Stato, tuttavia, è la sua vocazione puramente assistenziale. Si respira in tutte queste voci un odore di vecchia politica: l'arte di costruire il consenso garantendo un po' di mance a tutti quanti.
Ecco perché vi si ritrovano i 18 milioni di annualità ventennali per gli interventi edilizi del Comune di Napoli che di qualche metro cubo di cemento in più ha sempre bisogno perché c'è gente che vive ancora nei «bassi». E poi ci sono 47,5 milioni di annualità quindicennali per gli interventi sul patrimonio idrico degli enti di bonifica e dei consorzi, altra pagina «storica» del keynesismo all'italiana.
Infine 40 milioni per il trasporto pubblico locale nelle Regioni dei quali 35 allo scopo di sostenere il settore e 5 milioni per acquistare veicoli a basso impatto ambientale come possono essere bus a metano o elettrici o altre amenità del genere.
Tanto pagano i cittadini.
Alla «storia d'Italia» i nostri politici sono proprio affezionati, altrimenti avrebbero rimosso da tempo quei 2,5 milioni per gli interventi nel bacino idrico dell'Arno, ma siccome un altro 1966 è sempre dietro l'angolo avranno pensato che anche un micro-stanziamento può esorcizzare una nuova sciagura.
Questa carrellata non poteva non concludersi con due voci dal gusto un po' retrò. Si tratta di due contributi per l'assunzione dei dipendenti di istituti finanziari meridionali disciolti: 485mila euro vanno all'Arsial Lazio e 765.551 alla Regione Campania. In totale fanno 1,25 milioni di euro per conservare alla patria alcuni dipendenti pubblici che altrimenti avrebbero rischiato di perdere il posto. C'è poco da dire, la morale è sempre la stessa: la spesa pubblica improduttiva impoverisce lo Stato e i cittadini, ma evita le rivolte sociali. Fino a quando questa equazione sarà ritenuta valida da parte della classe dirigente?
 
http://www.ilgiornale.it/interni/la_spesa_forestali_calabresi_il_doppio_ranger_canada/06-07-2011/articolo-id=533327-page=0-comments=1
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 Calabria  10.500 area di          6.500 Km2

Canada      4.200 area di    400.000 Km2


Sicilia                       27.000
Trentino (area=Calabria+Sicilia) 1.000 Lombardia                           690
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Quei forestali miracolati e pure assenteisti

di Stefano Zurlo - 25 agosto 2011


Da sempre nel mirino per le assunzioni clientelari. L’ultima chicca: sei denunciati per il timbra e fuggi in Calabria. Un caposquadra li copriva, sono accusati di truffa aggravata e falso. Ogni anno la Regione spende 240 milioni per pagare i forestali

Ci risiamo: i forestali calabresi tornano agli onori delle cronache. Questa volta l’indice è puntato contro sei operai, fra cui un caposquadra, che sono stati denunciati per assenteismo dai carabinieri di Cerva, in provincia di Catanzaro: invece di controllare i boschi, pensavano ai fatti loro.

Purtroppo i forestali - da non confondere con gli agenti della Forestale - sono uno dei simboli di un Mezzogiorno arretrato e seduto sulle spalle del Nord. Gli operai calabresi addetti al controllo del territorio sono tanti, troppi, e a intermittenza fanno parlare di sè per due ragioni: l’assenza dal posto di lavoro, considerato un riempitivo, o peggio ancora, l’aver appiccato incendi e bruciato il territorio che in teoria dovrebbero proteggere.

Basta andare indietro e sfogliare i giornali di qualche anno fa. Nel 1999 per esempio vengono denunciati 108 lavoratori assunti nel comprensorio di San Luca che s’impegnavano solo il 27 del mese: il giorno della paga. E avevano dunque organizzato una vera e propria truffa, falsificando i cartellini. Non solo: molti risultavano vicini a temibili famiglie della ’ndrangheta, famiglie dai cognomi pesanti che hanno fatto la storia dei sequestri di persona in Italia. Nel 2001 è la procura di Catanzaro ad aprire un’inchiesta: schiere di forestali sarebbero dei piromani.

Il reato ipotizzato è gravissimo: associazione a delinquere di stampo mafioso. La magistratura di Locri conferma: i piromani molte volte sono proprio i controllori. Qualche tempo dopo un operaio di 47 anni viene preso con le mani nel sacco, o meglio con un accendino fra le dita, mentre è intento al suo secondo lavoro: accendere un falò. Ora i riflettori illuminano alcuni impiegati già sospettati in precedenza. E’ il passato che ritorna.

Insomma, il problema dei forestali calabresi pare insolubile, anche se va detto che la cura dimagrante è stata fatta anche da queste parti e l’elefantiasi degli anni Ottanta è stata superata: all’epoca gli operai erano 40 mila, oggi sono meno di diecimila. Un numero sempre esagerato e un costo altissimo per lo Stato: 160 milioni di euro l’anno più altri 80 a carico della regione Calabria che spende il doppio di quel che sborsa il Canada per i suoi ranger. Il tutto con risultati deprimenti: ogni anno bruciano mediamente 20 mila ettari di boschi su un totale di 600 mila. Più del 3% del territorio verde. Un disastro che qualche anno fa provocò l’intervento a muso duro del leader leghista Roberto Calderoli pronto a dare il grande annuncio: «Andrò in Calabria come commissario. Verificherò come lavorano e cosa fanno. Il loro numero è un’anomalia. Voglio capire se si tratta dell’ennesimo esempio di assistenzialismo malato». E’ finita all’italiana. Non se n’è fatto nulla e la cronaca è punteggiata di episodi che intrecciano parassitismo, criminalità, emergenza piromani.

Il dossier forestali è arrivato anche in parlamento per un aspetto inquietante: secondo una relazione di polizia e carabinieri gli operai utilizzavano gli apparecchi radio forniti dalla Regione non per segnalare tempestivamente il fuoco ma per anticipare le forze dell’ordine e avvertire i latitanti nascosti fra le montagne. Ed è provato che alcuni latitanti incassassero serenamente lo stipendio alla mangiatoia pubblica.

Ora altri sei operai finiscono sotto inchiesta e la piaga torna d’attualità. Ci si può consolare però paragonando il disastro calabrese a quello siciliano. Nell’isola i forestali sono addirittura 27 mila. Un esercito. In Lombardia, invece, solo 690.

http://www.ilgiornale.it/interni/quei_forestali_miracolati_e_pure_assenteisti/25-08-2011/articolo-id=541782-page=0-comments=2

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La Calabria brucia 60 milioni per pensionare 2500 forestali

L’obiettivo è sfoltire l’esercito di quasi 10mila operai pagati dalla Regione. Chi accetterà l’uscita anticipata avrà quattro anni di stipendio fino a 62mila euro. Calderoli: "E' il solito trucco, loro fanno il buco e lo Stato pagherà". Al Sud il record di assunti e anche quello dei roghi.

di Felice Manti - 24 dicembre 2007

La Regione Calabria ha deciso di «incentivare» il prepensionamento di circa 2.500 forestali, alla modica cifra di quasi 60 milioni di euro. L’esercito di quasi diecimila operai costa ogni anno 240 milioni, e secondo la Corte dei conti calabrese «questa voce negli anni a venire graverà sul bilancio regionale».

Ecco perché l’amministrazione guidata da Agazio Loiero (giunto al quarto rimpasto in poco più di due anni) ha deciso di convincere a suon di euro i forestali più «anziani» ad andare in pensione prima del tempo. La delibera dello scorso giugno, della quale Il Giornale è in possesso, prevede lo scioglimento dell’Azienda forestale della Regione Calabria (Afor) e la sua definitiva liquidazione.

Che fine faranno i 9.453 forestali? Saranno «girati» alle amministrazioni provinciali, che però sperano nel frattempo (prima dell’accordo definitivo, secondo fonti regionali, serviranno almeno sei mesi) che il mega contingente venga drasticamente ridotto.

UN PIANO IN TRE FASI Il piano di incentivazione interessa esattamente 2.547 operai che ad oggi avrebbero i requisiti per anticipare l’uscita dal lavoro, sulla base della normativa previdenziale vigente, vale a dire almeno 35 anni di contributi e 58 anni di età. Agli oltre 2.500 operai saranno corrisposte da 8 a 48 mensilità da 1.303 euro in tre rate: il 40 per cento «entro il primo semestre dell’anno successivo a quello di presentazione della domanda e risoluzione del contratto, un altro 40 per cento dopo 12 mesi, e il 20 per cento dopo altri 12 mesi». Chi ha 57, 58 e 59 anni di età (secondo la Regione, si tratta di 1.158 operai) riceverà 62.544 euro, pari a 48 mensilità; chi ha 60 anni (313 persone) avrà diritto a 52.120 euro, pari a 40 mensilità; saranno invece 32 le mensilità corrisposte ai 318 operai che hanno compiuto 61 anni, pari a 41.696 euro; chi ha 62 anni (265 operai) ne riceverà 31.272 (24 mensilità); l’assegno di chi ha 63 anni (261 forestali) sarà di 20.848 euro; solo 10.424 euro, pari a 8 mensilità, spetteranno a chi ha 64 anni al momento dell’adesione al piano di esodo, vale a dire 232 persone.

I DUBBI DEI SINDACATI Secondo le stime della Regione, al piano di incentivi aderirà solo il 50% degli aventi diritto, e quindi sono stati stanziati 59,9 milioni di euro. Ma sulle scelte dei forestali pesano i dubbi dei sindacati, che denunciano lamancata copertura da parte della Regione dei contributi previdenziali dal 1997 al 2006. «Mancano 16 milioni di euro - dice Carmelo Nucera, segretario nazionale del Fenalf- Cub - di contributi non versati. Secondo le nostre informazioni all’Inps ne basterebbero 12. Ma se la Regione non li versa subito, chi accetta il piano di esodo rischia di ritrovarsi con una pensione da fame. Noi siamo contrari». Che una buona parte dei forestali fosse «troppo vecchia per spegnere incendi » l’aveva confermato questa estate al Giornale l’assessore regionale all’Agricoltura Mario Pirillo. Si tratta di operai assunti negli anni ’70, quando «per motivi di conservazione idrogeologica - ci riferisce un dirigente del Corpo forestale - lo Stato si fece carico del rimboschimento di alcune aree, anche private, tramite i Consorzi di bonifica, la Cassa del mezzogiorno e altri enti».

QUOTA QUARANTAMILA Da allora la proliferazione indiscriminata dei forestali portò il loro numero a sfiorare quota 40mila, la stragrande maggioranza dei quali era pagata in base alle giornate di lavoro (51, 101 o 151, secondo le leggi di allora). Lì nacque il sospetto, non poco fondato, che alcuni «precari» appiccassero incendi dolosi per aumentare le giornate-lavoro e gonfiare i propri compensi. «Soprattutto grazie alle famose indennità chilometriche che arrivano anche a 75 euro al giorno - aggiunge il funzionario - ancora oggi in vigore».

VENT’ANNI PER NORMALIZZARE In vent’anni la situazione si è lentamente «normalizzata », fino agli attuali 9.600 operai, tutti assunti a tempo indeterminato. Una soglia «politica» in linea con i parametri Ue, che fissa in un massimo di 57 ettari (circa 75 campi regolamentari di calcio, nda), il «territorio d’azione » di ogni operaio. Visto che la Calabria ha 600mila ettari di area boschiva, i conti tornano. «Ma alle Province - aggiunge il dirigente forestale - ne basterebbe la metà per gestire le foreste, visto che molte delle aree boschive controllate dagli ex Consorzi di bonifica sono private».

INDENNITÀ PERDUTE Una volta sotto la gestione delle Province, i forestali dovrebbero rinunciare a una serie di indennità, come quella chilometrica. «E per molti di loro - sorride il dirigente - significherà ricominciare a lavorare ». Per fortuna dei forestali l’alternativa c’è: andare in pensione grazie ai soldi della Regione.

http://www.ilgiornale.it/interni/la_calabria_brucia_60_milioni_per_pensionare_2500_forestali/24-12-2007/articolo-id=229930-page=0-comments=1

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Calabria, quei 10mila forestali «troppo vecchi per lavorare»

L’assessore regionale Pirillo: molti sono over 50, non sono idonei a gestire gli spegnimenti. Il vescovo di Locri: «Scomunica per i piromani»

di Felice Manti - 08 agosto 2007

da Milano

Non c'è estate senza incendi in Calabria, non c'è incendio in Calabria senza polemiche sui forestali, un «esercito» di 10mila operai, molti over 50 e «troppo vecchi per spegnere incendi», come ammette anche l'assessore regionale.
Il «vizio d'origine» risale agli anni '60. «Allora - spiega un dirigente del Corpo forestale - per motivi di conservazione idrogeologica lo Stato si fece carico del rimboschimento di alcune aree, anche private, tramite i Consorzi di bonifica, la Cassa del mezzogiorno e altri enti». Poi il fenomeno crebbe, gli stagionali toccarono quota 40mila negli anni '80. E lì nacque il sospetto che alcuni «precari» appiccassero incendi dolosi per aumentare le giornate-lavoro e gonfiare i propri compensi.
Ma quanti sono oggi i forestali in Calabria? Secondo l'assessore regionale all'Agricoltura Mario Pirillo sono «9.600, tutti assunti a tempo indeterminato con contratto di lavoro idraulico-forestale». Dipendono dall'Afor (Azienda forestale regionale), una società commissariata da tempo (nel 2004 il leghista Roberto Calderoli si offrì di gestire l'operazione, poi non se ne fece nulla) e costano circa 240 milioni di euro, di cui 80 a carico della Regione. Senza contare, denuncia il sindacalista Carmelo Nucera, che «mancano 80 milioni di euro tra contributi previdenziali non versati all'Inps dall'Afor e Tfr non accantonato». Il governo Prodi nella Finanziaria lacrime e sangue approvata a fine 2006 ne stanziò 160. «Le nostre ragioni sono state accolte», dichiarò allora il governatore della Calabria, Agazio Loiero.
Finora il «passaggio» degli operai a Provincie, Consorzi di bonifica e Comunità montane non è avvenuto. I soldi servono a malapena a pagare gli stipendi, ci vorrebbero altri fondi per «riconvertire» gli operai a netturbini o ad altre mansioni, ma ovviamente non ci sono. E poi, perché investire risorse visto che, come sottolinea lo stesso Pirillo, «molti operai hanno un'età superiore a 50 anni, e spesso non sono idonei a fare lavoro di spegnimento». Anche i sindacati sono contrari: «Bisognerebbe sciogliere tutti gli enti e creare un unico soggetto regionale sotto l'ombrello della Regione», sostiene Nucera.
E dire che la Regione aveva anche cercato di «ringiovanire» l'esercito di forestali. Nella primavera del 2004 al corso di formazione per 1.200 posti di operaio forestale si presentarono in 80mila. Troppi, anche perché sindacati e sinistra misero in relazione la tornata di assunzioni con le scadenze elettorali ravvicinate (Europee 2004, Regionali 2005 e Politiche 2006). E non se ne fece più niente.
La soglia «politica» del numero massimo di forestali è stata comunque fissata a poco più di 10mila unità. Un tetto previsto dai parametri Ue, infatti, che individua in massimo 57 ettari (circa 75 campi regolamentari di calcio, nda), il «territorio d'azione» di ogni operaio. Visto che la Calabria ha 600mila ettari di area boschiva, il calcolo è presto fatto. Nonostante lo spiegamento di forze, però, ogni anno in Calabria gli incendi mandano in fumo 20mila ettari di bosco. Solo quest'anno i roghi sono stati 761. In Trentino Alto Adige, che vanta una superfice boschiva pari a quella di Calabria e Sicilia messe insieme, c'è la percentuale più bassa d'incendi. E lì gli operai forestali sono poco più di mille.
Se il vescovo di Locri, Giancarlo Maria Bregantini, arriva a ipotizzare la «scomunica» per i piromani, guai a dare la croce ai forestali: «Sono molto vituperati - si difende l'assessore - ma sono sempre in prima linea nelle occasioni più delicate». «Basta un pastore che vuole rinnovare il pascolo per il suo gregge - ammette il dirigente della Forestale - che incurante del pericolo dà fuoco alle sterpaglie, il vento e la scarsa manutenzione delle strade boschive fa il resto».
A poco o nulla è servita la legge 353 del 2000, che prevede la mappatura catastale per le zone incendiate, e il vincolo di 15 anni al cambio di destinazione d'uso. «C'è un business dietro il rimboschimento», commenta sarcastico il dirigente. Se è vero che ci vogliono dai 60 ai 100 anni per «rimpiazzare» i boschi distrutti dal fuoco, allora «c'è lavoro per tutti e per sempre».

http://www.ilgiornale.it/interni/calabria_quei_10mila_forestali_troppo_vecchi_lavorare/08-08-2007/articolo-id=198018-page=0-comments=1

 
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