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Un blog creato da comparse_e_figuranti il 02/06/2008

Comparse e Figuranti

Come interpretare se stessi e sopravvivere...

 
 

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Supermercato che vai... (sottotitolo: Qui è peggio che là!)

Post n°20 pubblicato il 04 Novembre 2008 da comparse_e_figuranti
 
Foto di comparse_e_figuranti

Non so, ma credo di sì,

se mai vi sia capitato di fare una fila. Una coda, intendo. E nemmeno so se mai vi sia capitato di farla alla cassa di un Supermercato. Esperienza interessante, vero? Beh, proprio ieri, ne ho fatta una bellissimissima. Eravamo in 8 e io ero salito in breve al quarto posto, dopo che il cassiere cerebroleso era stato svegliato a forza di “Aò! Te devi da sbrigà!” e da “Li mortacci Tua! Che t’è caduto er Vinaville dentro na recchia e t’ha invaso er cervellino?”, quando, forse indispettito da codesti stimoli audio-fonici, il cassiere annunciò l’apertura della cassa a fianco (la numero 7, per la precisione). Nemmeno il tempo di finire di ascoltare la sua annunciazione, ed ecco che il cliente posizionato al quinto posto, e di seguito quella del sesto e anche quella del settimo, si ficca papale-papale al primo posto della nuova cassa. Giusto l’istante di raccogliere il mio cestino semivuoto e..mi vedevo superato da tre, dico, TRE persone Non aventi diritto di sorpasso. Orbene, considerato che avevo un già conclamato avviluppo dei cabasisi, fui propenso a rendere giustizia a coloro che, come me, avrebbero dovuto essere gli eredi naturali dei posti sequenziali alla nuova cassa. Al cliente ex-quinto posto dissi, col garbo e la classe che mi contraddistinguono, che forse, e sottolineai quel Forse, il diritto ad avere quel posto privilegiato avrebbe dovuto essere di chi lo precedeva nella fila preesistente. Al mio velato rimprovero, il suddetto cliente mi guardò come se io fossi stato un abitante di Plutone in gita turistica a Roma. Colto dallo smarrimento, peraltro assai lieve, l’uomo disse mi disse, con il garbo e lo stile che lo contraddistinguono “Aò, se nun te dai na svejiata, è mejio che stai a casa a guardà la Tivvù!”. Solo dopo aver pronunciato queste parole, l’uomo mi osservò bene e notò che, in quanto a dimensioni totali, lo sovrastavo di almeno 15 centimetri e di una trentina di chili. E notò anche che la mia mandibola digrignava e che dal mio naso uscivano sbuffi fumanti. Credo che dal mio sguardo amorevole si accorse anche che se avesse pronunciato una qualsiasi altra parola, sua moglie avrebbe dovuto investire tutto il loro conto in banca in corone di fiori, in documentazioni obitoriali e in una splendida cassa in palissandro con maniglie placcate in bronzo anticato. Questa certezza lo spinse fuori dal supermercato in 4 secondi e 8 decimi, nuovo record del quartiere, dimenticando anche due yogurt sul bancone. La donna seguente, ex sesto posto, mi squadrò dall’alto in basso e, flebilmente, dichiarò che qui a Roma si usa così. Eh già. La frase “Qui si usa così” è una delle mie preferite perché mi consente di ribadire a chi la pronuncia che “Qui” si intende Roma, ma anche Italia e quindi anche Agrigento e Bolzano. E siccome siamo in Europa, anche Oslo e Salonicco. E siccome l’Europa è sul pianeta terra, con qui si intende anche Tokyo e Sacramento. E siccome il pianeta terra è nel sistema solare, con qui si intende anche Plutone (luogo dal quale io sembro provenire). Ergo, la locuzione Qui vale sempre: vale anche quando siamo lì, oppure laggiù. Quindi mi è sembrato quantomeno educato ricordarle che Qui, e cioè sul pianeta Plutone, si usa lasciare che chi ci precede in una fila, ci precederà anche con la creazione di una nuova fila. A meno che le sottintese regole di comportamento educato non siano state soppresse con un referendum abrogativo. Alla sua frase “Eccolo là! E’ arrivato quello der norde che cce vò IMPARA’ l’educazione”. Mesto, direi rassegnato, anzi direi lacrimosamente arrendevole, le sorrisi. E pensai ad altissimo volume  la parola “Zoccola” che Qui su Plutone ha il significato di Zoccola, uguale uguale a Roma. Credo mi abbia sentito e, sbuffando come un muflone accaldato, raccolse la sua bella confezione di banane biologiche (che tanto per l’uso che doveva farne poteva anche prendere quelle geneticamente modificate) e se ne andò, altezzosa come una Principessa “de noantri”. La fine di questo episodio venne resa ancor più sorprendente dal comportamento di un cliente di chiara etnia filippina che, sfoderando un romanesco perfetto, alla Gioacchino Belli, disse “Aò, pure da noi se usa lascià passà quelli che ce stavano davanti! Essevede che lasceremo la signora a esse la prima nella fila de quelli che se ne vanno affanc…”. Che simpatico umorista.

 

 

Morale: io non mi arrabbio MAI. Specialmente per questi episodi di poco conto. Ma come disse un cugino di Van Gogh “anche il più bel quadro è fatto dall’insieme di tante piccole pennellate”. E quindi, come sostenni in vari post precedenti, è da queste piccole cose che si può evincere la qualità di un popolo. Del popolo qui e lì, e laggiù.

Nella foto: una sobria cliente del supermercato sotto casa mia...

 
 
 
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