Creato da mjkacat il 24/05/2005

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La malattia del Desiderio

Post n°348 pubblicato il 01 Aprile 2009 da mjkacat

Non si può parlare della "speranza" se prima non si è chiarito bene il
concetto di "desiderio", non essendo altra, la prima, che l'essenza del
secondo.
Il Desiderio, che è il nucleo più profondo della psiche, e la Speranza, sono
così intrinsecamente uniti che proprio questo ci permetterà di capire la
"crisi" della Speranza che è poi la "crisi del Desiderio" stesso.
Il Desiderio, infatti, si colloca per sua natura nel futuro come la
speranza.
Nel Desiderio, infatti, è costitutivo il differimento, la dimensione
aleatoria, l'apertura al non dato, la tensione e il rimando, il suo
inarrestabile trascendersi, la sua fecondità protesa al futuro.
La molla del Desiderio, infatti, è la tensione al nuovo, all'inedito.
Quel che ancora non c'è costituisce l'autentica alterità del Desiderio:;
l'alterità dell'avvenire e, viceversa, la sua irriducibilità alla
ripetizione del già dato.
Non è orientato alla sicurezza sel passato ma la sua intrinseca creatività
lo rinvia all'imprevedibilità del futuro aleatorio e privo di garanzie.
E già qui capiamo ancor meglio il nesso che ha con la speranza ma, prima
però, dobbiamo denunciarne la malattia.

Abbiamo appena definito il Desiderio come il contrario del "già dato",; il
contrario della "sicurezza del passato"
Possiamo quindi ripartire da questo punto fermo e che cioè: il Desiderio
sano è indirizzato al futuro e quello patologico, viceversa,  al passato.

Ma la storia del Desiderio rivolto al passato non è cosa solo odierna ma
anzi, ha un lungo passato alle spalle.
Platone già diceva che venivamo da un'unità uroborica idilliaca e che quindi
aspireremmo a ritornarvi.
Ma non è certo il solo
L'Illuminismo stesso, bestia nera del cristianesimo, non nasce forse proprio
sul mito del "Buon selvaggio" di rousseuniana mamoria ?
Insomma, quel "rincasare nel liquido amniotico" come definisce questa
"mania" un simpatico filosofo, non è, in ultima istanza, quello da cui
ritiene provenga il desiderio la psicoanalisi classica stessa ?

Queste brevi note solo per introdurre poi il problema ancor più serio
dell'attualità, dalla descrizione della quale si potrà comprendere, se
l'assunto di base dell'analogia Speranza-Desiderio risultasse esatta, del
perchè la Speranza sia oramai così desueta.

Non credo dovremmo convincere nessuno se diciamo che oggi, il Desiderio, è
canalizzato nel consumo.
Ma che nesso unisce quindi l'odieno consumismo con il ritorno al passato ?

Il Desiderio, degradato a Bisogno, a sua volta poi indotto dalla Pubblicità
che ha lo scopo di illudere che l'"oggetto", una volta posseduto, possa
ristabilire quell'omeostasi uroborica dalla quale proverremmo.
Questo, sinteticamente, è la ragione della sua patologica e intrinseca
necessità di rivolgersi ad un passato mitico di quieto appagamento come
substrato psicologico per agire e risultare convincente e coinvolgente.

L'uomo del nostro tempo, il cosiddetto "Nichilista gaio", è oramai solo una
sorta , letteralmente, di "Replicante", nel senso che ripete, ripete,
ripete, non fà altro che ripetere quella sorta di degenerato "circolo
ermeneutico" lavoro, consumo, lavoro, consumo e ancora lavoro per poter
consumare sempre di più che lo fà definire da Hannan Harendt : "animal
laborans".

Nell'accettazione passiva di un "senso" che crede determinato ed evidente
quando invece è solo quello propinatogli dal sistema
tecnologico-scientifico, vede nell'acquisto e l'appagamento subitaneo
narcisistico e onnipotente del bisogno e nella momentanea pace raggiunta la
prova della società ideale in cui crede di vivere anche se, dopo questi
brevi momenti deve poi ricominciare con il concupire una sempre e nuova ed
infinita gamma di oggetti nei quali può illudersi di trovare quell'"essere"
che, viceversa, irrimediabilmente gli sfugge e lo costringe a quella corsa
forsennata contro il tempo per inseguirlo sotto le sembianze di nuove
"chimere" costruite ad hoc da abili psicologi e psicoanalisti al servizio,
lautamente remunerato, del sistema nella fattispecie pubblicitario
Ecco perchè la definizione di REPLICANTE è quella che meglio gli si attaglia
per definirlo esaurientemente.
Prende questo nome, infatti, dalla sua spiccata attitudine e passione alla
serialità ripetitiva del consumo dove, appagato, dissolve e annulla ogni
ulteriore ricerca di SENSO datogli preconfezionato direttamente a casa sua
attraverso la pubblicità che lo induce a credere che nella soddisfazione dei
bisogni narcisistici indotti risieda l'appagamento del Desiderio

Apro una breve parentesi:
E' poi logico che un'uomo così, quando andrà in pensione, avrà
invariabilmente come unica aspirazione, a coronamento di una vita di "self
made man" di successo, l'ultimo "must" della sciccheria radicalmente
individualista :
L'EUTANASIA
Logico perchè dietro a quella "coazione a ripetere" si nascondeva da sempre
Tanathos, l'istinto di morte, con la sua attrazione al nirvanico
annullamento, completato poi spesso da quell'impolverimento tanto consono ad
una vita inutile quale la cremazione finale con l'allocuzione , magari, più
esattamente modificata in "Polvere eri, polvere sei stato, polvere sei
ritornato" ...Alleluja !!

Possiamo poi portare ad ulteriore prova di ciò la situazione giovanile,
figlia di cotanti adulti, e che fortunatamente il mondo cattolico è stato il
primo ad individuarne la gravità inaugurando quella "Emergenza educativa"
che conferma e mette ancor meglio in luce la gravità della situazione
attuale, "di-sperante", tanto per sottolinearne l'aderenza al tema.

Vediamo infatti oggi, in questi giovani, la mancanza di qualunque interesse
per la realtà, sopraffatti dalla passivita che si ritrovano addosso
Perdita di identità
Tempo vissuto in modo frammentario senza il legame di una storia.
Noia, solitudine, immaturità cronica.
Nessuna scintilla di Desiderio negl'occhi !!

Ecco che è quindi, a maggior ragione, urgente aver chiaro che cosa
significhi DESIDERIO AUTENTICO, sano, che vada oltre al bisogno e al ritorno
che è poi solo narcisistica curiosità dell'io per se stesso.

Il Desiderio AUTENTICO, il vero Desiderio, contrapposto a quello a quello di
un soggetto che è così definito dalla sola preoccupazione di se e che pensa
la felicità realizzazione completa di un"essere-per-se-stesso"; il Desiderio
autentico, si diceva, è invece quello che nasce in un'essere che, liberatosi
della schiavitù del Desiderio degradato a Bisogno e che quindi ha superato
l'ansia di POSSESSO, si ritrova come magicamente come quell'essere ...a cui
non manca nulla, o, più esattamente, rinasto OLTRE tutto quello che può
mancargli o soddisfarlo
Perchè quello di cui abbiamo bisogno è in realtà molto poco.
Ecco che allora può nascere, trovar spazio, ciò che mancava alla completezza
del Desiderio:
E' IL DESIDERIO DI ALTRI
E' BONTA' , ci dice Lévinas !!

Perchè, essendo, nella sua profondita, il Desiderio, sempre e solo Desiderio
di SENSO, di ESSERE, non può esistere senza l'Altro, senza la RELAZIONE e
solo nel narcisismo.

E' proprio questo che nella realtà RESISTE  all'aspirazione del desiderio
"per sé"
Questa impossibilità di "esaurire le cose ed acquietarsi nel godimento"
Quest'impossibilità di essere pago e soddisfatto nel calmo possesso del
proprio oggetto è quel che rende il Desiderio irriducibile al bisogno.
Il Bisogno si presenta come un'avventura ontologicamente solitaria
Il Desiderio , invece, non culmina solo nell'io ma anche nel Tu e nel Noi.
Questa impossibile indifferenza rispetto all'estraneo costituisce la
premessa, ma solo la premessa, della RESPONSABILITA' nelle sue implicazioni
etiche.

"Dovremo perciò guardarci dall'intenderla come un'atteggiamento di
benevolenza o di altruismo particolarmente raccomandabile, capace di dare un
supplemento d'anima agl'inderogabili imperativi funzionali del sistema
economico-sociale, o, peggio ancora, di ricondurli a una presunta, ma a dire
il vero inesistente, bontà o socievolezza naturale dell'essere umano
Bisogna resistere alla tentazione di fare appello a nozioni quasi
edificanti, come quelle di ospitalità, amicizia, dono, e via dicendo, la cui
diffusione rischia di apparire l'estremo rifugio d'una fase storica
sguarnita di ideologie ma comunque desiderosa di rassicurazioni [...]
Un pensiero come quello di Lévinas lotta incessantemente contro questo
rischio di trasformare la responsabilità etica nell'essenza ultima della
soggettività.  Se Lévinas lotta contro questo rischio, è perchè esso
attraversa tutta la sua opera.  Facendo dell'etica la deduzione automatica
di una struttura...si finirebbe con l'appoggiare l'etica su una presunta
benevolenza naturale nell'individuo
Non a caso è proprio quest'ultima conclusione che Lévinas esplicitamente,
quasi accanitamente, rigetta"

Precisiamo meglio allora dicendo che :

"Sguarnito di garanzie ontologiche, il Desiderio IMPLICA, nella sua
struttura Simbolica,  allo stesso tempo e allo stesso titolo, il "per sé"
della separazione degli individui e il "per l'altro" della responsabilità
L'una non vale senza l'altra.
Lévinas ha un'espressione d'una forza straordinaria:  "Io sono legato agli
altri prim'ancora d'esser legato al mio corpo"
Un originario legame interumano va scorto alla base della stessa
costituzione individuale dell'io
La tensione del Desiderio considte, dunque, nell'articolare un rapporto "da
singolarità a singolarità", senza scavalcare la dimensione privata della
vita psichica in cui tale tensione si radica, ma attraversandola e aprendola
all'altro da sé, scoprendone il coinvolgimento irrecusabile in
un'appartenenza sociale e in una responsabilità"

"E' la dipendenza del Desiderio da un legame sociale anteriore all'io, e al
cui interno soltanto quest'ultimo può emergere, che induce a sottolineare
con enfasi uno dei risultati decisivi dell'analisi di Lévinas : Il nesso tra
Desiderio e Responsabilità, il rifiuto della loro dissociazione.
L'atteggiamento ora predatorio ora baldanzosamente frivolo dell'individuo
contemporaneo, fiero d'un presupposto alleggerimento del desiderio dalle sue
appartenenze e dai suoi coinvolgimenti, non è che una fantasia
d'onnipotenza.
Dietro l'utopia dell'abolizione dell'estraneità, si nasconde il diniego del
Desiderio, privato della propria fonte in nome di un'illusoria indipendenza.
Lungi dal configurarsi come un imprigionamento, il legame sociale è la
condizione di possibilità del Desiderio, e quindi costituisce un'apertura e
un varco verso l'altro.
Perchè -  e questo è il punto - la fase della pienezza originaria, della
quiete assoluta, cioè lo stadio che precede l'avvertimento della
lacerazione, non è se non sul piano puramente immaginario estraneo al
legame, alla relazione con l'estraneo, alla dipendenza da qualcosa che la
psiche non controlla ne prevede.
Il rapporto con l'estraneità che limita il proprio e se ne mantenga
indipendente, lungi dall'asservire e dal mortificare l'individuo, lo
socializza e lo fa vivente.
In tal modo il Desiderio che emerge da questo avvertimento dell'estraneo, e
che ne emerge come "pathos" della separazione, è la radice del legame
sociale in quell'istanza radicalmente singola che è la psiche
Responsabilità e Desiderio, vengono a costruire l'asse portante della
costituzione della soggettività "

E' questa la sfida del futuro.
Recuperare la dimensione SIMBOLICA della realtà dell'uomo
Per curare la malattia del Desiderio occorrono creatività e speranza perchè
l'autentico Desiderio non offre certezze, sicurezze, approdi sicuri.
E' un'avventura....è L'AVVENTURA DELLA VITA; è il fascino di un dono
misterioso che abbiamo ricevuto e che ci sollecita ad andare per la gioia
d'andare perché la felicità è il viaggio, non arrivare !!

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 02/04/09 alle 13:17 via WEB
> Il Desiderio, che è il nucleo più profondo della psiche, e la Speranza, > sono così intrinsecamente uniti che proprio questo ci permetterà di capire > la "crisi" della Speranza che è poi la "crisi del Desiderio" stesso. Il termine "psiche" puo' risultare *ambiguo*, voglio dire: questa tesi in quale contesto si pone? Psicologico? Filosofico? Teologico? Se leggo "psiche" posso dedurre che stai conducendo la riflessione in una dimensione "psicologica". > Il Desiderio, infatti, si colloca per sua natura nel futuro come la speranza. Conseguentemente all'ambiguita' di cui sopra risulta difficile interpretare questa "collocazione", soprattutto per me che non so, in ambito psicologico, come siano trattate le categorie "temporali", in altri termini: se la dimesione e' psicologica come si deve intendere una "collocazione nel futuro"? Forse come maturazione? come sviluppo? Non e' chiaro (ma consegue dall'ambiguita' iniziale). > Nel Desiderio, infatti, è costitutivo il differimento, la dimensione > aleatoria, l'apertura al non dato, la tensione e il rimando, il suo > inarrestabile trascendersi, la sua fecondità protesa al futuro. > La molla del Desiderio, infatti, è la tensione al nuovo, all'inedito. > Quel che ancora non c'è costituisce l'autentica alterità del Desiderio:; > l'alterità dell'avvenire e, viceversa, la sua irriducibilità alla > ripetizione del già dato. Qui, in effetti, dai il "contesto" di quel "futuro", ed in effetti per farlo hai gia' iniziato ad introdurre atti non, a mio parere, propriamente psicologici: il trascendere. Dunque in questa parte affermi che il desiderio e' "tensione al nuovo", "all'inedito", ad una alterita' tale per cui solo cio' che non e' ancora e' "desiderabile". Dici anche che tutto cio' ha un nesso con la "speranza". Mmmmmmmmmmh. Mi chiedo se sia possibile desiderare qualcosa che non c'e'. Secondo me no. Il desiderio ha certamente una tensione verso qualcosa che... non si *ha*. E' la natura di questo possesso che, secondo me, deve essere osservata (ed e' in questa natura che si colloca la malattia). Certo puo' implicare un "essere collocata nel futuro" ma il desiderio "annulla" quella distanza, in un certo senso il desiderio e' qualcosa che gia' mi da cio' che desidero. Questa e', a mio parere, la fortissima relazione con la speranza. > Non è orientato alla sicurezza sel passato ma la sua intrinseca creatività > lo rinvia all'imprevedibilità del futuro aleatorio e privo di garanzie. Qui c'e', a mio parere, un discrimine. Certamente il desiderio "terreno", diciamolo cosi', non si accontenta del "passato" perche' "passato" nel desiderio vuol dire "possesso", cioe' il desiderio possiede il desiderato. Tuttavia e' "desiderio terreno", il possesso quindi non appaga realmente il desiderio perche' il desiderio terreno e' "vive" del Desiderio "celeste" ed un possesso terreno non e' un possesso spirituale dunque e' chiaro che la sicurezza di un passato, di un possesso materiale, non quieta il desiderio, non lo appaga veramente. > E già qui capiamo ancor meglio il nesso che ha con la speranza ma, prima > però, dobbiamo denunciarne la malattia. Rimango della mia idea sul nesso: desiderio e speranza "vedono" gia' il loro oggetto, nonostante questo sia "collocato" in un indeterminato "futuro" (cioe' un indeterminato "non-possesso"). > Abbiamo appena definito il Desiderio come il contrario del "già dato",; il > contrario della "sicurezza del passato" > Possiamo quindi ripartire da questo punto fermo e che cioè: il Desiderio > sano è indirizzato al futuro e quello patologico, viceversa, al passato. E' cosi' anche per la mia prospettiva, ma a differenza della tua distinguo due modalita' di desiderio: materiale (e qui includo anche i "moti psicologici") e spirituale (non immune dalle *malattie* del materiale). Secondo la mia prospettiva la patologia (per uno e per l'altro) e' considerare futuro cio' che e' passato, cioe' "mancare il bersaglio" continuamente per cui si desidera sempre di piu' un qualcosa che gia' si ha (dunque e' "passato") mentre si crede di desiderare qualcosa che e' nel futuro. Ma per me "passato" e "futuro" sono categorie da trasporre nello spirito, qui la traposizione fa' perdere quel carattere "cronologico", e passato diventa cio' che e' in me e futuro e' cio' che e' fuori di me, similmente alla conoscenza: cio' che so e' acquisito ed e', in un certo senso, in me, cio' che non so e' al di fuori di me. Tuttavia il desiderio, e la speranza, rendono questo "fuori", questo "futuro" in qualche modo gia' anticipatamente in me (questa in realta' e' una proprieta' che mi pare piu' della speranza). Esempi concreti possono essere il classico "so di non sapere" di Socrate, per non parlare di Gesu'. > Ma la storia del Desiderio rivolto al passato non è cosa solo odierna ma > anzi, ha un lungo passato alle spalle. > Platone già diceva che venivamo da un'unità uroborica idilliaca e che quindi > aspireremmo a ritornarvi. Certo, ma non farti tanto ingannare dalla crono-logicita' dei termini "futuro" e "passato", Platone e' un fantastico esempio di quello che ti dicevo prima, l'eros filosofico e' appunto un desiderare qualcosa che in un certo modo si sa di aver avuto, la tensione non e' verso un futuro "ignoto" ma verso un futuro di cui si e' gia' "saputo". Cosi' come il Regno di Cristo che sara' una Nuova Creazione. > Ma non è certo il solo > L'Illuminismo stesso, bestia nera del cristianesimo, non nasce forse proprio > sul mito del "Buon selvaggio" di rousseuniana mamoria ? > Insomma, quel "rincasare nel liquido amniotico" come definisce questa > "mania" un simpatico filosofo, non è, in ultima istanza, quello da cui > ritiene provenga il desiderio la psicoanalisi classica stessa ? Boh :) > Queste brevi note solo per introdurre poi il problema ancor più serio > dell'attualità, dalla descrizione della quale si potrà comprendere, se > l'assunto di base dell'analogia Speranza-Desiderio risultasse esatta, del > perchè la Speranza sia oramai così desueta. Semplice: perche' la speranza "oggettivizza" con maggior precisione cio' a cui tende il desiderio, e' come se la speranza fosse l'evoluzione di un desiderio che da una visione "incerta" si fa "certa", e' un precompimento del desiderio. Ovvio che chi fa di un continuo desiderare il "motore" non puo' che odiare la speranza perche' la vede come l'approssimarsi di una fine, anzi come l'approssimarsi _del_ fine. > Il Desiderio, degradato a Bisogno, a sua volta poi indotto dalla Pubblicità > che ha lo scopo di illudere che l'"oggetto", una volta posseduto, possa > ristabilire quell'omeostasi uroborica dalla quale proverremmo. Mimesi, copia, e' inevitabile, il male non puo' che copiare dal bene. L'omeostasi uroborica sa molto di gnosticismo (permettimi di fare le parti di un donquixote in versione minor), meglio, imho, rifarsi all'unita' relazionale del Paradiso Terrestre. > Questo, sinteticamente, è la ragione della sua patologica e intrinseca > necessità di rivolgersi ad un passato mitico di quieto appagamento come > substrato psicologico per agire e risultare convincente e coinvolgente. Perche' nel passato il "desiderio" aveva comunque una sua funzione *sana* seppur oscura. > L'uomo del nostro tempo, il cosiddetto "Nichilista gaio", è oramai solo una > sorta , letteralmente, di "Replicante", nel senso che ripete, ripete, > ripete, non fà altro che ripetere quella sorta di degenerato "circolo > ermeneutico" lavoro, consumo, lavoro, consumo e ancora lavoro per poter > consumare sempre di più che lo fà definire da Hannan Harendt : "animal > laborans". Un circolo che ricorda paurosamente l'uroboros, questa serpe che si mangia la coda, questo circolo chiuso, vizioso. Ovviamente e' un circolo perfetto per alimentare un desiderio che si ciba di desideranti ponendo desiderata del tutto vani, spiritualmente corrosivi. > Nell'accettazione passiva di un "senso" che crede determinato ed evidente > quando invece è solo quello propinatogli dal sistema > tecnologico-scientifico, vede nell'acquisto e l'appagamento subitaneo > narcisistico e onnipotente del bisogno e nella momentanea pace raggiunta la > prova della società ideale in cui crede di vivere anche se, dopo questi > brevi momenti deve poi ricominciare con il concupire una sempre e nuova ed > infinita gamma di oggetti nei quali può illudersi di trovare quell'"essere" > che, viceversa, irrimediabilmente gli sfugge e lo costringe a quella corsa > forsennata contro il tempo per inseguirlo sotto le sembianze di nuove > "chimere" costruite ad hoc da abili psicologi e psicoanalisti al servizio, > lautamente remunerato, del sistema nella fattispecie pubblicitario > Ecco perchè la definizione di REPLICANTE è quella che meglio gli si attaglia > per definirlo esaurientemente. > Prende questo nome, infatti, dalla sua spiccata attitudine e passione alla > serialità ripetitiva del consumo dove, appagato, dissolve e annulla ogni > ulteriore ricerca di SENSO datogli preconfezionato direttamente a casa sua > attraverso la pubblicità che lo induce a credere che nella soddisfazione dei > bisogni narcisistici indotti risieda l'appagamento del Desiderio Si, e soprattutto e' una replicazione che essendo fine a se' stessa rende vecchio cio' che si pretende nuovo. Tutte le sue novita' sono vuote ragione per cui non sono novita', e' la continua riproposizione di nuove forme vuote dello stesso desiderio. > Apro una breve parentesi: > E' poi logico che un'uomo così, quando andrà in pensione, avrà > invariabilmente come unica aspirazione, a coronamento di una vita di "self > made man" di successo, l'ultimo "must" della sciccheria radicalmente > individualista : > L'EUTANASIA > Logico perchè dietro a quella "coazione a ripetere" si nascondeva da sempre > Tanathos, l'istinto di morte, con la sua attrazione al nirvanico > annullamento, completato poi spesso da quell'impolverimento tanto consono ad > una vita inutile quale la cremazione finale con l'allocuzione , magari, più > esattamente modificata in "Polvere eri, polvere sei stato, polvere sei > ritornato" ...Alleluja !! Tanathos, o forse anche... Chronos... > Vediamo infatti oggi, in questi giovani, la mancanza di qualunque interesse > per la realtà, sopraffatti dalla passivita che si ritrovano addosso > Perdita di identità > Tempo vissuto in modo frammentario senza il legame di una storia. > Noia, solitudine, immaturità cronica. > Nessuna scintilla di Desiderio negl'occhi !! Il motivo e' lo straordinario inquinamento spirituale della societa' > Ecco che è quindi, a maggior ragione, urgente aver chiaro che cosa > significhi DESIDERIO AUTENTICO, sano, che vada oltre al bisogno e al ritorno > che è poi solo narcisistica curiosità dell'io per se stesso. Rendersi cioe' conto della "trappola" del desiderio terreno. > Il Desiderio AUTENTICO, il vero Desiderio, contrapposto a quello a quello di > un soggetto che è così definito dalla sola preoccupazione di se e che pensa > la felicità realizzazione completa di un"essere-per-se-stesso"; il Desiderio > autentico, si diceva, è invece quello che nasce in un'essere che, liberatosi > della schiavitù del Desiderio degradato a Bisogno e che quindi ha superato > l'ansia di POSSESSO, si ritrova come magicamente come quell'essere ...a cui > non manca nulla, o, più esattamente, rinasto OLTRE tutto quello che può > mancargli o soddisfarlo A mio parere l'ansia di possesso non deve indurci in errore in merito al *possesso*. E' qui, a mio parere, il punto di archimede. E' qui che il desiderio "terreno" inganna lo spirito che Desidera. Lo spirito e' volonta' e volonta' implica il possesso. Chiaramente il possesso spirituale e' di una natura del tutto diversa dal possesso materiale. Non si tratta di uno spirito che "ingloba" o "incorpora" cio' che desidera, no, il possesso spirituale e' una relazione, e' il "possedere una relazione" non "possedere un ente", Adamo possedeva Dio (e Dio possiede Abramo) perche' possedeva una relazione, spezzando la relazione ottieni un desiderio che tenta di possedere un ente! E' questo che ci inganna ed e' un inganno molto difficile da "scovare" perche' si nasconde in proprieta' spirituali fondamentali. > Perchè quello di cui abbiamo bisogno è in realtà molto poco. > Ecco che allora può nascere, trovar spazio, ciò che mancava alla completezza > del Desiderio: > E' IL DESIDERIO DI ALTRI > E' BONTA' , ci dice Lévinas !! Esatto: possedere relazione. > Perchè, essendo, nella sua profondita, il Desiderio, sempre e solo Desiderio > di SENSO, di ESSERE, non può esistere senza l'Altro, senza la RELAZIONE e > solo nel narcisismo. Che bello ci siamo ricongiunti :) > E' proprio questo che nella realtà RESISTE all'aspirazione del desiderio > "per sé" > Questa impossibilità di "esaurire le cose ed acquietarsi nel godimento" > Quest'impossibilità di essere pago e soddisfatto nel calmo possesso del > proprio oggetto è quel che rende il Desiderio irriducibile al bisogno. > Il Bisogno si presenta come un'avventura ontologicamente solitaria > Il Desiderio , invece, non culmina solo nell'io ma anche nel Tu e nel Noi. > Questa impossibile indifferenza rispetto all'estraneo costituisce la > premessa, ma solo la premessa, della RESPONSABILITA' nelle sue implicazioni > etiche. Peccato(!) che nel "mondo" il desiderio sia veicolato come bisogno. > Precisiamo meglio allora dicendo che : > "Sguarnito di garanzie ontologiche, il Desiderio IMPLICA, nella sua > struttura Simbolica, allo stesso tempo e allo stesso titolo, il "per sé" > della separazione degli individui e il "per l'altro" della responsabilità > L'una non vale senza l'altra. Personalmente non faccio mai a meno di garanzie ontologiche, ontiche si :) > Lévinas ha un'espressione d'una forza straordinaria: "Io sono legato agli > altri prim'ancora d'esser legato al mio corpo" > Un originario legame interumano va scorto alla base della stessa > costituzione individuale dell'io > La tensione del Desiderio considte, dunque, nell'articolare un rapporto "da > singolarità a singolarità", senza scavalcare la dimensione privata della > vita psichica in cui tale tensione si radica, ma attraversandola e aprendola > all'altro da sé, scoprendone il coinvolgimento irrecusabile in > un'appartenenza sociale e in una responsabilità" A mio parere si sta dicendo "psicologica" una dimensione che e' "spirituale". > E' questa la sfida del futuro. > Recuperare la dimensione SIMBOLICA della realtà dell'uomo > Per curare la malattia del Desiderio occorrono creatività e speranza perchè > l'autentico Desiderio non offre certezze, sicurezze, approdi sicuri. > E' un'avventura....è L'AVVENTURA DELLA VITA; è il fascino di un dono > misterioso che abbiamo ricevuto e che ci sollecita ad andare per la gioia > d'andare perché la felicità è il viaggio, non arrivare !! Un finale un po' ambiguo (dato il "corpo" della tesi) che si unisce all'ambiguo inizio, un po' come il serpentello uroborico :) Ciao Soccia!
 
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