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HERBIE E MILES

Post n°3305 pubblicato il 16 Febbraio 2014 da pierrde

In linea con il buddhismo della scuola giapponese Nichiren, che pratica da quarant’anni, Hancock tiene a precisare: «Anche nel jazz non ci sono note giuste e note sbagliate». Fu Miles Davis, che nel 1963 lo chiamò a far parte della sua leggendaria band, a insegnargli «come trasformare il veleno in medicina» durante un concerto del loro quintetto a Stoccolma, nel 1967. «Era una di quelle rare serate di perfezione musicale e di totale sintonia con il pubblico», racconta, spiegando che, «dopo uno straordinario assolo di Miles, in una pausa chiave, inciampai su una corda, stonando clamorosamente». Hancock si rese subito conto dell’errore. «Mi sembrava di aver frantumato una magnifica scultura di cristallo». Ma il vero shock arrivò subito dopo, quando si accorse che Davis aveva risposto al suo errore con un’improvvisazione musicale che lo incorporava nel fraseggio, rendendolo plausibile. «Invece di giudicare la mia stonatura come brutta e sbagliata, Miles la accolse come uno input inatteso, trasformandola in qualcosa di bello e virtuoso». Fu una grande lezione d’arte e di vita. «Come il buddhismo, anche il jazz è collaborazione, dialogo, tolleranza, altruismo e libertà».

Ma il jazz, precisa, è soprattutto universale. «Pur scaturendo dall’esperienza degli schiavi afro-americani, si rivolge all’intera umanità. La sua abilità nel trasformare l’evento umano più doloroso e tragico in qualcosa di bello e creativo tocca una corda in ognuno di noi».

(...) «Nei primi mesi con Miles ero nervosissimo», confessa. Davis intuisce la sua agitazione e, invece di mettersi in cattedra, si fa da parte. «La prima cosa che notai di lui fu la sua straordinaria capacità di ascolto. Anche quand’eravamo insieme sul palco, le sue improvvisazioni erano la risposta a ciò che aveva ascoltato dai membri del gruppo più giovani e con meno esperienza di lui». Un giorno Hancock fu invitato a casa di Davis per provare con la sua band, rimanendo di stucco quando il maestro lasciò i suoi musicisti a esercitarsi da soli mentre lui sparì al piano di sopra. Dopo una settimana di prove senza il loro mentore, Davis raggiunse i suoi per annunciare di aver fissato un appuntamento in studio, dove quello stesso pomeriggio registrarono Seven Steps to Heaven. «Molti anni dopo scoprii che Miles andava di sopra ad ascoltarci suonare attraverso il sistema elettronico intercomunicante di casa, perché non voleva intimorirci con la sua presenza».

Fonte: http://lettura.corriere.it/miles-davis-mi-insegno-si-puo-stonare/#.Uv-QldrJwUI.twitter

Fonte originale:http://www.cbsnews.com/news/jazz-legend-herbie-hancock-on-his-career-and-future/

 

L'articolo, scritto da Alessandra Farkas, è lungo e molto interessante. Ne consiglio la lettura non solo per gli annedoti raccontati da Herbie ma per avere un quadro riassuntivo del personaggio e delle sue attività. Confesso però che, da ingenuo idealista quale sono, non ho potuto fare a meno di sorridere leggendo che  "accanto allo studio di registrazione high-tech, si è fatto costruire un tempio buddhista per la preghiera e i canti quotidiani".  Mah......


 

 
 
 
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