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Mondo Jazz

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JAZZ POLICE: MA ESISTE VERAMENTE ?

Post n°3502 pubblicato il 29 Maggio 2014 da pierrde

Con gli anni  che passano, ho cominciato a sentire spesso quella frase, "la polizia jazz" in termini inquietanti. Di solito si riferisce a una credenza tra i musicisti che vi è una setta di scrittori jazz, giornalisti e critici che influenzano, minano, e controllano i musicisti jazz.

La " polizia jazz" soffoca le vere espressioni della musica decidendo a chi attribuire recensioni a cinque stelle e a chi no, chi deve ottnere il grande contratto discografico e chi è costretto a registrare per l'etichetta indie, che vince il premio Grammy , e chi finisce per suonare nella metropolitana per qualche spicciolo.

Davvero?  Ho avuto l'enorme privilegio di lavorare come scrittore jazz, giornalista, direttore musicale di una stazione radio , documentarista e saggista per 25 anni, e posso onestamente dire che non esiste nessuna cricca di polizia jazz .

Dopo tutto, i poliziotti hanno stipendi, vacanze e sindacati. Ma, nonostante il tentativo certamente debole di umorismo, la credenza in una polizia jazz è diventata molto persistente in questi giorni.

Così mi piacerebbe offrire il punto di vista di chi è stato inserito in quel fantomatico cerchio sordido. Voglio aggiungere un po 'di armonia alla discordia che esiste tra musicisti e scrittori.

Sento fortemente che dobbiamo affrontare questo mito della polizia jazz; altrimenti il ​​futuro della nostra musica continuerà a languire nei prossimi anni. Ora, proprio perché io dico che non c'è la polizia jazz non vuol dire che gli scrittori non hanno esercitato il potere di creare o distruggere una carriera. Naturalmente questo è vero.

La storia del jazz è piena di scrittori i cui capricci, gusti, simpatie e antipatie, nel bene o nel male hanno determinato chi è una stella e chi non è-come dimostra la crudele definizione di Martin Williams del grande Ahmad Jamal liquidato come un "pianista da cocktail ", a cui altri critici diedere eco per un tempo molto lungo.

Ma ho una buona notizia per i musicisti. Mentre sì, un critico con un giornale autorevole o colonna su una importante rivista sarebbe stato in grado di influenzare il pubblico a piacere , oggi, nessuno scrittore o critico ha quel tipo di potere.

Nel 21 ° secolo, l'esplosione dei social media, blog e portali online hanno irrevocabilmente ridotto la portata delle dichiarazioni di scrittori e critici, arricchendo la scena con osservazioni e pareri ben informati.

Un critico può scrivere che il nuovo CD di un musicista non è il suo lavoro migliore, ma in un paio di click  voi stessi potete stabilire se essere d'accordo con l'opinione di chi scrive. Un consumatore può anche condividere le sue opinioni su qualsiasi musicista con altri ascoltatori  in un solo istante. Questo tipo di discorso democratizzato non esisteva 30 anni fa, e ho il sospetto che sia qui per rimanere.

Eugene Holley Jr

Link: 

http://www.newmusicbox.org/articles/profiling-the-jazz-police/

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 30/05/14 alle 08:58 via WEB
"Democratizzato"? In poche parole, qualsiasi sia il mio livello di conoscenza, poiché in Internet -senza essere sottoposti ad alcun tipo di vaglio- vi è una manica di personaggi che la pensano come me, per quanto magari la mia conoscenza sia minima e la loro pure, ecco che è possibile decretare il fato di un'opera d'arte e del suo autore. La democrazia sta, dunque, nel poter esprimere la propria opinione sic et simpliciter e trovare un buon numero d'altri che la condividano, e il gioco è fatto. L'arte del venditore, insomma, altro che Aristotele e Platone... E mi pare, infatti, che nella nostra non solidissima democrazia, i venditori non manchino né siano mancati, anche se i risultati non mi paiono brillanti. L'articoletto di Holley è una brillante collezione di quelle banalità che tanto piacciono al popolo di Internet e con le quali oggi si giustifica una diffusione massiccia di insipienza e di carenze culturale. Ed è troppo facile puntare il dito su di un errore di uno scrittore altrimenti tutt'altro che banale (ma qui si tollera da un lato l'analfabetismo, dall'altro invece si pretende l'infallibilità da chi dimostra di avere maggiori conoscenze, con quell'enfasi fatta di autoassolutoria assenza di autocritica che è oggi tipica di un altro bel prodotto della Rete: il grillismo, il nostro prodotto ormai più esportabile insieme al culatello), per poi sprofondersi in un'analisi insipiente e retorica. Tant'è che oggi in Internet si possono leggere ma anche smerciare e far condividere stafalcioni -morali e materiali- al cui confronto quello di Martin Williams è acqua fresca. O tempora o mores, proprio...
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 30/05/14 alle 09:55 via WEB
In effetti mi pare che sia un periodo nel quale l'aggettivo "democratico" prevalga su tutto a 360 gradi, applicandolo in maniera parecchio distorta su qualsiasi cosa, in qualsiasi contesto, come sinonimo di inequivocabile valenza o predominio su tutto. Il che significa considerare il pensiero maggioritario come verità assoluta e accertata. Quindi parafrasando il Manzoni, chi gridava all'untore come causa della peste, ed era la maggioranza, aveva ragione, o chi ha il consenso può affermare che il giudizio di un tribunale in terzo grado è fasullo etc.etc. Il concetto di maggioranza nelle opinioni e di consenso sulle idee può valere relativamente in politica, forse nel marketing, non in tutti i campi dell'azione umana, certo non nell'arte, men che meno nelle scienze (in particolare in quelle esatte) dove fortunatamente si lavora su un criterio condiviso e decisamente più oggettivo di valutazione, altrimenti potevano prevalere le false tesi maggioritarie, corrispondenti ad ogni relativa epoca,che, ad esempio, la terra fosse piatta, che essa stessa fosse il centro dell'universo etc.etc., o d'altro canto che Einstein fosse delirante ad enunciare, unico umano, la sua teoria della relatività praticamente priva di riscontri per noi poveri di genio. soffocati quotidianamente dalla visione di una realtà solo che tridimensionale. Mi pare, quindi, che una concezione di valutazione "a maggioranza" sia una distorsione utile più al populismo (non a caso oggi dilagante) più che alla autentica democrazia (che in realtà si basa sul rispetto reciproco e delle idee di tutti, non sulla prevalenza a volte anche prevaricante ed arrogante del pensiero maggioritario o di setta, come pare in modo sempre più evidente quella del "grillismo"), che livella e appiattisce tutto. Prevale la quantità sulla qualità, in sintesi, mentre è notorio che l'umanità ha progredito, al contrario, sul pensiero di pochi, se non spesso minoritario. Il che non significa però che chi pensa minoritariamente abbia automaticamente ragione e soprattutto nessuno si può attribuire a priori una superiorità di pensiero, come a volte assistiamo nel settore di nostro interesse. In generale, oggi assistiamo ad una sorta di esaltazione, se così si può dire, del belato del gregge (se non addirittura del branco...)portato a leaderismo e pensiero unico. Tutte cose che la storia dell'umanità hanno già visto, anche abbastanza di recente e paiono inopinatamente dimenticate. Vedere tutto questo applicato poi alla musica lascia più che altro stupefatti per l'insipienza grossolana della cosa. Quanto a Martin Williams e Ahmad Jamal, almeno per quel che mi riguarda, ho impiegato addirittura alcuni decenni a comprenderne il valore e a pensare qualcosa di diverso da quel genere di affermazioni. Eppure oggi mi pare lampante la grandezza del suo pianismo. In effetti mi pare che pretendere esattezza assoluta in materie non oggettive come queste sia davvero troppo.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
loopdimare il 30/05/14 alle 18:33 via WEB
più della democraticità della rete, mi preoccupo della sua affidabilità, viste la panzane che ormai girano senza controllo. Se vogliamo essere ottimismi, potremmo interpretare la frase incriminata così: la chiusura del loop critico-ascoltatore è molto più rapida, per cui l'ascoltatore può verificare in tenpo quesi reale la coincidenza dei suoi giudizi con quelli del critico. non per mettersi alla pari a discuterne, ma come parametro. questo non significa, come molti pensano, che tutti i giudizi pesino allo stesso modo, che un blog valga un altro e che tutti valgano più dei critici. semplicemente dobbiamo accettare che le opinioni girino più in fretta.
 
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