Mondo Jazz
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martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30
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pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig
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batteria, Zeno De Rossi
Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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Autore: Andy Hamilton
Titolo: Lee Konitz, conversazioni sull’arte dell'improvvisatore
Editore: Siena Jazz - Edt
Pagine: 327
Prezzo: 20,00 euro
“Appena mi accorgo di suonare una melodia familiare mi levo il sassofono di bocca. Lascio che passi qualche battuta. Improvvisare vuol dire partire completamente da zero, fin dalla prima nota...” (L. K.)
Devo dire che ascoltare qualche minuto di registrazione non rende giustizia ai musicisti. Ascoltare musica è una situazione moto fragile. Molte cose non mi dicono nulla, e allora mi interrogo. “Perche una volta sono insensibile, e quella dopo ricettivo? E’ che sto diventando vecchio e meno sensibile?”. Ma quando ascolto cose che con me hanno già funzionato, per vedere se ancora mi emozionano, sono sempre efficaci: Louis, Lester, Bird, Lennie, Warne, Bach, Bartók, Stravinsk (L.K.)
Un libro-intervista con Lee Konitz è un'opera importante per parecchie ragioni: anzitutto Konitz è praticamente il più vecchio tra i mostri sacri del jazz tuttora in attività (ha qualche anno in più di Sonny Rollins, Cecil Taylor e Ornette Coleman, ha esordito con Stan Kenton e Miles Davis), è un sassofonista dalla classe infinita, che si è sempre messo alla prova in situazioni e contesti differenti, mantenendo negli anni un'impronta unica e riconoscibile, è uno che ha sempre signorilmente evitato le strade più battute ed è l'allievo numero uno della scuola di Lennie Tristano, forse il più meraviglioso mistero della storia del jazz.
Un libro, questo di Andy Hamilton - docente di filosofia ed estetica del jazz a Durham, nonché collaboratore di The Wire e Jazz Journal - che va consigliato quindi non solo ai jazzofili d'osservanza, ma a tutti quelli che volessero farsi un'idea del lavoro che sta dietro a una singola performance e alla passione che può smuovere ancora la musica in un ultraottantenne che ha più voglia che mai di raccontarsi. L'intervista è condotta con leggerezza e profondità, secondo capitoli tematici ben disposti (cronologici, ma anche specifici sul sassofono, gli equivoci sul "cool jazz", gli standard e la pratica dell'improvvisazione "intuitiva", cuore della faccenda che qua e là si inoltra nel tecnicismo per introdotti), e con modalità appena appena accademiche, ma tutt'altro che disturbanti. A emergere con forza sono alcuni dati salienti: in primis l'assoluta originalità di Konitz, unico contemporaneo a differenziarsi fin da subito dallo stile di Charlie Parker, e poi la sua concezione melodica e nitida dell'improvvisazione, così diversa dallo standard free-espressionista che siamo ormai abituati a considerare sinonimo tout-court dell'improvvisare.
Fonte:
http://www.ondarock.it/speciali/hamilton_konitz.htm
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