Mondo Jazz
Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.
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martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30
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JAZZ & WINE OF PEACE
Pipe Dream
violoncello, voce, Hank Roberts
pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig
trombone, Filippo Vignato
vibrafono, Pasquale Mirra
batteria, Zeno De Rossi
Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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Messaggi del 17/04/2014
Post n°3442 pubblicato il 17 Aprile 2014 da pierrde
Un' infanzia infelice quella della Casa del Jazz, che il 21 aprile soffierà le sue prime nove candeline. Eppure è nata da una famiglia agiata, il Comune di Roma, che prima beneficò della confisca (di Villa Osio) al boss della banda della Magliana, Enrico Nicoletti ('Er secco, per gli amici di Romanzo Criminale), poi l'ha lasciata divorare dall'ingordigia cafona e crapulona di management disastrosi. Ultimo a mollare, a dicembre scorso, è stato Giampiero Rubei, patron di un tempietto gualcito per i soliti noti del jazz romano, l'Alexanderplatz, di fede destrorsa e già ideatore in gioventù dei Campi Hobbit; a lui si devono, per dire, le ultime programmazioni, salvo eccezioni, di bassissima lega e destinate a un pubblico tanto perplesso quanto di bocca buona. Adesso, col Sindaco Marino e la sua turbinosa rivoluzione delle aziende comunali, è stata sottratta all'affido di Rubei e lasciata, per così dire, a un giudice di sorveglianza, il direttore artistico ad interim Mario De Simoni. Anche perché, nel frattempo, la piccola Casa del Jazz (ma qualcuno l'ha già ribattezzata "casta del jazz") è finita a far da costola all'Azienda Speciale Palaexpo, che sempre Marino ha affidato a Franco Bernabè (quando si dice "basta alle porte girevoli per i manager"), che sta ancora finendo di contare i 6,6 milioni di buonuscita da Telecom. Anche lo spazio mozzafiato dedicato nove anni fa al jazz (dall'allora sindaco Veltroni) fa parte dei rigori mancati e a porta vuota della Città eterna e dannata. Adesso, resta in attesa di autore come i personaggi pirandelliani e di un mecenate danaroso che, stile Eataly (l'Air terminal fatto e abbandonato dopo i mondiali di Italia '90), la faccia finalmente vivere. Un parco immenso a ridosso della zona archeologica di Roma, un auditorium costruito con intelligenza e competenza, acustica eccelsa, spazio per biblioteche, mediateche, ristoranti, aree verdi per i bambini. Una specie di Ferrari chiavi in mano regalata, però, a un branco di dodicenni sbarbati. Basti pensare che, quando a inizio autunno, cadde un pino a causa di un nubifragio, lo spazio rimase chiuso per settimane perché il Comune non aveva giardinieri disponibili. Oggi, il cartellone resta sguarnito e con una qualità troppo altalenante di nomi capaci di fare da traino; un sunset boulevard che pare preludere alla chiusura dell'ennesimo fiore all'occhiello di Roma, causa insipienza. E se lo spazio fosse reso effettivamente disponibile alle centinaia di ragazzi e giovani talenti impegnati nelle scuole di jazz romane (e non solo) per esibirsi e farsi conoscere 24 ore al giorno? E invece, nessuna proposta di collaborazione e partnership con i conservatori di jazz nazionali ed internazionali, nessun protocollo bilaterale con i grandi centri di produzione culturale e musicale europei, servizi di ristorazione carissimi e propensi alla formula brunch domenicale con trombette jazz di sottofondo, un (fu) negozio di cd tra i più sguarniti, deludenti e cari d'Italia. La Casa del Jazz doveva, appunto, essere una "casa della cultura jazz", sempre aperta alle idee, alle contaminazioni, alle idee, prima di diventare - com'è oggi - l'ennesimo parchetto verde per mammine e badanti di zona. Adesso si aspetta la nomina di un direttore artistico decente (nel senso di competente di jazz e di musica) e di una politica di gestione lungimirante che, con pochi investimenti, si decida a restituire decoro e dignità ad uno spazio d'eccellenza e a evitare l'impressione che Villa Osio sia passata dalla Banda della Magliana alla Banda della Magnana, nel senso di mangiare. A proposito, Sindaco Marino, dove è possibile trovare un bilancio dettagliato dei costi e dei finanziamenti alla Casa del jazz, ente pubblico vigilato dal Comune? Sergio Romano Credo ci sia poco da aggiungere...... |
Post n°3441 pubblicato il 17 Aprile 2014 da pierrde
Ted Gioia nel suo blog sul sito della Oxford University fa il punto sulle uscite discografiche del momento, consigliando l'ascolto di 25 album. Come sempre in questi casi, in base ai gusti di ognuno, ci sono titoli dimenticati e titoli in "sovrannumero". Questi sono i primi tre, gli altri li potete leggere seguendo il link: 1. Ambrose Akinmusire – The Imagined Savior Is Far Easier To Paint Akinmusire is one of the most talented young trumpeters on the jazz scene. This release also represents a ‘return to its roots’ for the Blue Note label, which has increasingly strayed from mainstream jazz in recent years, but shows here that it hasn’t forgotten its heritage. 2. Greg Amirault – East of the Sun Many of the most interesting new jazz albums are self-produced or issued by small indie labels. Montreal guitarist Amirault’s new CD is a case in point. He is hardly a household name in the jazz world, but this is one of the best guitar albums released in recent months. 3. The Bad Plus – The Rite of Spring Stravinsky has been inspiring jazz artists for decades, but this ranks among the most creative reinterpretations of his work that I’ve heard. - See more at: http://blog.oup.com/2014/04/25-jazz-albums-ted-gioia-recommends/#sthash.3RU18JtO.dpuf |
Post n°3440 pubblicato il 17 Aprile 2014 da pierrde
Il 18° Jazz Journalist Awards per il 2014 ha stilato l'elenco dei vincitori per ogni categoria: ben poche le sorprese, come da facili pronostici ampi successi per Wayne Shorter (vincitore in 3 categorie, musicista, album e gruppo dell'anno), Maria Schneider (compositore, arrangiatore e orchestra), Cecile McLorin Salvant (miglior cantante e miglior giovane emergente), Joe Lovano (multisassofonista e tenore). Elenco completo cliccando qui: http://www.jjajazzawards.org/2014/04/2014-jja-jazz-awards-winners-music.html#more |
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