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Creato da: ilpasquino.controinf il 02/01/2012
giornale di controinformazione

Messaggi di Aprile 2014

 

Loro vogliono i seggi. Ma noi scendiamo dai seggioloni.

Post n°508 pubblicato il 30 Aprile 2014 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

 

 

'o pappice dicette

di Emanuela Marmo


Un'amica di Torino mi ha inviato foto scattate a Salerno questo Natale, seguite da una valanga di emoticon ridanciani: la strada è pulita, il caos delle macchine è allegro, tutto luccica! Sopra le teste collane di luci colorate: che giocattolo prezioso (costoso)! Bello!


                Questo accade a Natale, ma pur con cambi di scena stagionali, questa è Salerno.

                Di foto in foto, sono passata a quelle di famiglia. Non è trascorso molto tempo e già non ricordo come facevo a tenere i seggioloni in giro. I seggioloni. Sedute di fronte al vassoio, come erano paffutelle le mie bambine... Ho realizzato che è cambiato tutto proprio quando ho smesso di imboccarle. Le pappe sono sane, è vero, la mano che emula l'aeroplano è divertente, il boccone scende giù una meraviglia. Tuttavia, affettare il pane, stabilire quanto prenderne, quale cibo distribuire nei piatti, quando concedersi ai piaceri della cioccolata, sono i primi momenti in cui il bambino, dall'essere "accudito" e "allevato", passa a essere una persona che pratica scelte e preferenze per se stessa. Tutti conosciamo la differenza tra un panino farcito di marmellata buona e una merendina confezionata. Le luci sono belle, ma quanto dobbiamo lisciare la fattura industriale dell'involucro?

                La città di Salerno ha rinnovato le sue vestigia in anni faticosi, di cantieri a cielo aperto, preannunciati da una stagione politica che sembrò scendere come manna dal cielo, stavamo tutti a bocca spalancata, certi di interloquire con rappresentanti ambiziosi, ma concreti: «Salernitani, immaginate...» e la mano scorreva sulle mappe cittadine, permettendo alla menti di anticipare le future bellezze. Le manifestazioni culturali in cartellone devono essere adeguate. Personalità di richiamo devono evidenziare Salerno quale centro di rinnovamento e avanguardia.

                Le donne conoscono questa sensazione. I parrucchieri la temono: il taglio londinese in voga e la nuova colorazione pop non si addice alla fibra di tutte. Così finisce che una piccola città, percorribile in bicicletta, magari godibile con un sistema filoviario capillare, semmai arricchito di mezzi più snelli e veloci, a energia pulita, si ritrovi con una metropolitana finita e bloccata, per mancanza di risorse dal governo centrale. È l'errore di quelle donne che assegnano a un particolare accessorio la riuscita di un bel personale, mentre a volte è sufficiente vestire bene la propria misura. Mia zia ha comprato una collana di brillanti pur sapendo che non avrà alcuna occasione per indossarli, dunque l'ha già scelta per il corredo funebre. Ha senso?

                Insegno alle mie figlie a mangiare, che non è semplicemente ingoiare. Cosa ti piace? Cosa ti sfama?

                Il punto allora è: i salernitani hanno fame? Si accorgono che la frittata è sempre la stessa? Che ritorna uguale ogni anno sulla tavola?

                I salernitani hanno fame! Certamente le autorità difendono la qualità offerta dalla pubblica mensa. Non da loro può venire la proposta di un menù alternativo, la pretesa di cibi che sappiano anche d'altro, cucinati da altre mani, con altri ingredienti e ad altri prezzi. Da chi, allora? Il bambino dal seggiolone non scende, se la mamma non lo fa crescere. Allora che c'è, come accade che questa volta il cucchiaio lo prenda lui e faccia da sé?

                È tempo di leggere le favole. Sbagliamo se pensiamo che servano a mantenerci bambini. Le favole sono uno strumento grazie al quale la comunità prepara i piccoli a diventare uomini. La favola non nasconde, la favola racconta. A Salerno, sotto Natale, è arrivato Gerico, un pifferaio magico che non suona, bensì dipinge, scolpisce, installa. Il pifferaio porta via i topi e porta via anche i bambini. Porta via l'infanzia credulona in una città che inevitabilmente fallisce le promesse fuori scala, che denigra il dissenso.

                Gerico ha origini salernitane, ma non abita la città. Non so chi sia, quale sia il suo vero nome. Ho fantasticato in questi giorni su quello d'arte. Gerico ha matrice biblica, antica, di ammonimento. È la città più vecchia del mondo, sede di miracoli e distruzioni. A metà degli Ottanta cercarono di renderla "contemporanea" impiantandovi una specie di Las Vegas... Gerico è sede di una prigione simbolo.

                Sotto le luminarie di Natale, Gerico e il suo gruppo hanno installato in 9 punti della città sagome ispirate alla favola di Pinocchio, contrassegnando luoghi critici del linguaggio politico e culturale vigente, oltre al fatto che c'è un parco in città dedicato a Pinocchio. Le opere affidano a una satira elegante e malinconica la forza rovesciata della fiaba. Il Pinocchio di Gerico rifugge il paese dei balocchi, anzi in un giorno di festa gli fa "maramao". Le ombre d'artista furono tolte poche ore dopo la loro installazione. Il botta e risposta tra l'arte programmata del cerimoniale pubblico e l'arte urbana che deve provocarla è durato troppo poco per penetrare la consistenza del fatto culturale, ma si è trattato di una semina.

                Pinocchio non è più un'ombra. Al principio di questo mese, una nuova installazione, più materica e pesante, meno agevole alla rimozione, ha interrogato i passanti salernitani, scompaginando le loro abitudini. Attenti alle Faine è un pilastro di cemento che schiaccia un Pinocchio di legno rosso. Di vedetta, come sul podio di un trionfo, una faina. Nella storia di Collodi le faine rubano le galline al contadino con la complicità di Melampo: il cane, simbolo di fedeltà, vende i beni del padrone in cambio di un pollastro. Pinocchio, legato e messo di forza a guardia del pollaio, è invece leale e avverte il contadino del pericolo. Il pilastro che schiaccia l'urlo di Pinocchio, quella faina che si staglia sullo sfondo di un mare nero (nero come un chiavicone), cosa sono? Cosa rappresentano? La satira allude alla corruzione, allude allo scempio paesaggistico, al cemento che inghiotte, piantandosi lì grosso grosso.

                Attenti alla Faine avverte anche che la città non è quella dei balocchi, se dire che "la nuova realtà immobiliare a forma di mezzaluna" è un ecomostro basta ad essere accusati di provincialismo, di miopia.

                Un'amministrazione illuminata, capace di programmare eventi di lustro e di gala, capace di commissioni architettoniche invidiabili, dovrebbe essere come quella mamma alla quale il pargolo possa dire: «È bello lo schermo ultrapiatto che hai comprato, mamma, ma non riesco più a vedere cosa c'è fuori dalla finestra. Forse non andava messo lì. Forse la famiglia si poteva pure riunire a tifare il centroavanti della salernitana in un'altra ala della casa!». Perché se il pargolo non può dire questo alla sua mamma, ma deve solo mangiare e zitto, allora mammina bella tu non lo stai nutrendo: lo stai ingozzando!

                A Gerico, ovunque egli sia, in attesa che il sismografo sulla sua pagina facebook (https://www.facebook.com/pages/Gerico-Group/1451718835055989?fref=ts) prepari un nuovo intervento di street art, vorrei dire che il suo lavoro, in città, è necessario. Torni a casa più spesso che può.

                Salerno non è una cittadina significativa perché il marketing istituzionale riesce a guadagnarle qualche passaggio sul tg della Rai. Lo sarà attirando, meglio ancora figliando, artisti e intellettuali che dialoghino con la sua storia e con le sue trasformazioni effettive, non con quelle ipotizzate dalla politica. I tuoi interlocutori, Gerico, non sono i politici, sono i cittadini: per mangiare di gusto, devono cominciare a essere consapevoli dei propri appetiti, di quello che immaginano loro.

                Alcuni salernitani hanno protetto parti delle installazioni di Gerico dalle intemperie o dalla rimozione forzosa, trattandole come cose preziose, da custodire. È giusto che il servizio comunale le rimuova, in ottemperanza al regolamento; è vitale che Gerico le installi. È fondamentale che i salernitani le aspettino e le difendano.

 
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La “fiducia” degli itagliani

Post n°507 pubblicato il 29 Aprile 2014 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

L’ottimismo, di berlusconiana memoria, corre sul filo della non rivoluzione di Renzi, accompagnato dalla grancassa di quelle agenzie di rating, che appena pochi mesi fa abbiamo denunciato come speculatrici, e di quell’Istat, che snocciola dati un giorno si e l’altro pure, tutti coerentemente in contrasto tra loro…a dimostrazione che riguardo all’incapacità siamo maestri da sempre…anche statisticamente parlando.

La produzione cresce, di pari passo con la chiusura delle aziende, come cresce l’occupazione, in maniera eguale alla disoccupazione, così come aumenta il risparmio delle famiglie italiane, le stesse che vanno ad ingrossare il numero di quelle povere, che ora ci piace chiamare “incapienti”…fa cchiù bello…si “vedono” segnali di ripresa dell’economia italiana, a fronte di un debito pubblico che continua a non avere ostacoli.

L’ultima battuta dell’Istat è sulla fiducia, dato che mi riesce difficile da capire come stabilito. Partiamo da un punto essenziale, che pubblicità ci ha insegnato: la fiducia è una cosa seria che si da alle cose serie, e quindi come tradire l’impegno del neo-premier senza regalargli quella fiducia che merita?

E quindi benché i suicidi non si fermino, benché le famiglie riducano la spesa per il loro vitto giorno dopo giorno, benché clochard e disabili siano considerati, da questo Stato, un peso da scaricare, benché le carceri siano sull’orlo dell’esplosione, così come i famosi centri di accoglienza (leggasi lager per chi si intende di democrazia) siano stracolmi di disperati in fuga da guerra e fame, benché i disoccupati ed i senza casa vengano scambiati per zainetti ed i No Tav per pericolosi terroristi…per l’Istat la fiducia nel futuro di questo paese, senza presente, è in crescita !

Del resto un detto napoletano confermerebbe l’intuizione dell’Istituto di statistica italiano: “Cchiù nero d’ ’a notte nu’ po’ venì”, peggio di come stiamo, in sintesi, è difficile immaginarlo, ma, cari itagliani, non avete, abbiamo, messo in conto le “straordinarie” intuizioni del neo-premier che regala 80 euro in busta paga, a chi ha una paga, ed aumenta le tasse sulla casa, sui conti correnti bancari (che chi ha un lavoro o una pensione è costretto ad avere), che taglia la spesa sui servizi pubblici, che per funzionare dovranno essere pagati da noi, che svende quel poco che avevamo, anche grazie al manager che ci ha governato per 20 e passa anni, tal Silvio Berlusconi, a cominciare dall’Alitalia, per passare a Finmeccanica e finire alle Poste, che non muove un dito sul degrado delle opere d’arte che riempiono lo stivale e si trastulla con una legge elettorale che toglierà il senso al voto, unico spazio di democrazia rimasto per quel popolo a cui è negato anche il diritto di manifestare.

Abbiamo creduto ai ristoranti pieni e all’ottimismo del Berlusca, alle lacrime della Fornero e alla sobrietà di Monti, alle chiacchiere di Letta e al senso dello stato di Napolitano…ora siamo alle barzellette…e crediamo pure a quelle, si vede che la notte può essere ancora più scura di quanto pensiamo.

 
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25 Aprile 2014: in ricordo di quei valori persi?

Post n°506 pubblicato il 25 Aprile 2014 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

Anniversario della liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo, come ogni anno scendiamo nelle piazze cantando i cori dei partigiani e di quei cittadini che sacrificarono la loro vita per rendere l’Italia un paese libero e giusto, in cui tutti avessero le stesse possibilità, tutti fossero liberi di esprimere le proprie idee, di avere un lavoro dignitoso, una vita che valesse la pena di essere vissuta, una casa.

69 anni sono passati da quei giorni in cui tutto sembrava possibile, nei quali il meglio del paese si rimboccava le maniche per ricostruire non solo gli edifici distrutti da una guerra spietata, ma soprattutto le coscienze, i valori, le libertà che il fascismo aveva cancellato.

Ad ingiuria di quella libertà voluta ed ottenuta con la Resistenza, con le lacrime e con il sangue di chi non si è mai arreso, proprio in questi giorni, come segno identificativo di una classe politica e dirigente che ne ha tradito spirito e significato,  altri uomini vanno ad ingrossare le fila di una disoccupazione che nega, nei fatti, il principio primo di quella Costituzione, trasposizione su carta del sogno per cui in molti morirono; la “giustizia” offende la memoria di quegli operai bruciati vivi, allungando i tempi di un processo, quello ai dirigenti della Thyssen Crupp, responsabili di quelle azioni illegali ed omicide, chiaramente individuate ed accertate; ai diseredati del Veneto viene negata la possibilità anche di ottenere il minimo aiuto dai privati cittadini; il Parlamento vota la cancellazione del lavoro sostituendolo con la precarietà a vita; Napolitano chiede l’acquisto degli F35 rivendicando i valori di quella Resistenza che, al contrario, ripudia la guerra in ogni sua forma; Renzi twitta “W la libertà” ed occupa il governo del paese senza passare dal voto popolare; la povertà colpisce milioni di famiglie mentre la politica inserisce nella Costituzione il “pareggio di bilancio”, quel bilancio affondato dai loro furti, dalla loro corruzione e dalle loro incapacità; chi lotta per il diritto ad un tetto viene sfrattato e manganellato.

Più che una festa la data odierna appare sempre più una commemorazione di ciò che non è e non c’è più, di quel percorso smarrito nelle spire di una costante perdita di valori e di coscienza civile e collettiva, travisato da chi, come il sig. Napolitano, nasconde ai propri concittadini l’avvelenamento della loro terra, considera eroi due militari che sparano su persone inermi, osteggia la ricerca della verità sugli accordi accertati tra parti dello Stato e le mafie.

La “memoria” non può e non deve rimanere manifestazione collettiva di un giorno, sfogo popolare ridotto a commemorazione, chi è morto, chi ha lottato, chi ha pianto e chi è sopravvissuto voleva, non solo, migliorare il nostro futuro, ma soprattutto insegnarci che è proprio con il sacrificio, con la resistenza, la lotta che si conquistano, si rafforzano, si mantengono quei diritti per cui si è versato quel sangue di cui, chi è onesto, ancora oggi deve andare fiero e difenderne i senso.

 
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Quel pastrocchio sul lavoro, quando il lavoro non c’è più

Post n°505 pubblicato il 23 Aprile 2014 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

La scusa è sempre la stessa, la stessa che mosse il governo Prodi, con il ministro Treu, ad introdurre quella precarietà che avrebbe dovuto “rilanciare l’occupazione”, “dare opportunità ai nostri giovani”, “integrare studi e formazione professionale”, “rendere il mondo del lavoro aperto all’ingresso delle nuove generazioni”…perché il “posto fisso” è monotono…dixit Monti, da cent’anni a pappare sulle nostre spalle senza indovinare un provvedimento che sia uno, e bisogna abituarsi a cambiare lavoro continuamente per quella crescita professionale che farebbe, dell’italiano, una specie di factotum capace di affrontare qualsiasi mansione, qualsiasi lavoro…una specie di macchina da adattare ad ogni evenienza.

Il fallimento delle teorie di gente come Ichino, che necessiterebbe di immediate cure psichiatriche, si è concretizzato in questi anni di “precariato a go-go”, dove i giovani venivano sfruttati per i tempi previsti dalla legge e poi buttati fuori, per essere pronti a nuovi sfruttamenti in altre aziende, tutte, e ribadisco tutte, interessate solo a “guadagnare” dalla precarietà…opportunità per quelle migliaia di imprenditori, evasori fiscali, mai attenti né al rispetto delle leggi sulla sicurezza del lavoro, né ai diritti dei propri collaboratori…tanto i controlli nel nostro paese non vengono fatti…o se vengono fatti sono facilmente monetizzabili.

L’ultimo arrivato sulla scena del “lo rilancio io il lavoro” è il rottamabullo di Firenze, il presidente del consiglio per investitura “primaria”, nulla di nuovo dal suo ribollente cervello, dai suoi slogan declamati a reti unificate, la riproposizione, sic et simpliciter, del fallimento dei suoi falliti predecessori, però peggiorata…come se peggiorare una legge sia il modo migliore per migliorarla…a volta la follia non ha confine né decenza.

Una precarietà a vita, con mille scappatoie, per i nostri imprenditori, esempio di evasione fiscale senza pari al mondo, di “fregare” il malcapitato a vita…di 36 mesi in 36 mesi, senza alcuna giustificazione, senza alcun limite, senza alcun ritegno.

Un ricatto perenne, con uno statuto dei lavoratori già cancellato dalla sig.ra lacrimante Fornero, che lascia i giovani, quelli per cui lavorerebbero Napolitano e Renzi, senza alcun diritto, in balia di imprenditori che spesso pagano male, che molto spesso non pagano, che altrettante volte impongono orari e lavori ben al di fuori dei limiti che una democrazia compiuta permetterebbe.

Ma Renzi va di fretta, mentre le fabbriche chiudono, molte neanche citate dai nostri quotidiani pennivendoli di regime, vedi Telcom di Ostuni, Gepin di Roma, o lavoratori permangono, tra balli di schiavetti malpagati e video su youtube, in cassa integrazione da decenni, come gli operai della Fiat di Pomigliano, il premier ha bisogno di far passare, con l’osanna dei giornalai italici, provvedimenti senza futuro, in grado solo di peggiorare le condizioni di vita e di lavoro dei nostri giovani…le elezioni sono alle porte, la “malattia” è stata solo ora inoculata, delle sue tragiche conseguenze ce ne accorgeremo solo fra anni…in quel “futuro” immaginato dal PD.

 
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Specchietti per gli allocchi

Post n°504 pubblicato il 22 Aprile 2014 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

80 euro in più a chi lavora a fronte di 1milione di famiglie povere, a circa 4 milioni di cittadini senza la possibilità di “mettere il piatto a tavola”, ad una cassa integrazione che batte record su record, ad un tasso di disoccupazione, rilevato dall’Istat, molto più basso del reale, ad una marea di anziani pensionati, di disabili, senza aiuto, senza assistenza né sanitaria né economica.

Serviva al PD, corresponsabile delle politiche di distruzione dello Stato sociale e dei redditi delle famiglie più povere e di quelle della medio-borghesia, presentare un programma di quegli slogan ripresi dalla piazza, a cominciare dai tetti degli stipendi dei manager pubblici, solo in parte ritoccati, ma ancora molto al di sopra dei reali risultati raggiunti e confrontati con quelli delle stesse figure professionali degli altri paesi europei, da un abbassamento del numero, sproporzionato ed inaccettabile, di macchine blu, e da un “aggiustamento”, ancora tutto da verificare, sulle spese militari, in primis gli inutili e difettosi F35.

Rimangono intoccati i problemi nodali del nostro paese, quelli “strutturali”, quelli legati all’ormai noto e conclamato “accordo” tra malavita ed istituzioni, tra imprenditori “prenditori” e collusi di enti locali e nazionali, di spese inutili e sprechi incontrollabili, di arroganza ed amoralità diffusa, di “grandi opere” fatte a misura e somiglianza di interessi altri, contrari ed addirittura nocivi per la popolazione.

Una passata di fard su un viso pieno di pustole, di quelle decisioni prese assieme al PDL di Berlusconi, che hanno reso il lavoro precario, e mirano a mantenerlo così per sempre ed a peggiori condizioni, che hanno affossato la vita di chi ha lavorato per decenni, distruggendogli potere d’acquisto della pensione, cancellando accordi sottoscritti (esodati), rubando quel minimo dovuto a chi, disabile, riteneva di vivere in un paese democratico.

Ora i servi giornalai si accorgono della presenza di un milione di famiglie senza reddito, di circa 4 milioni di poveri, di gente che non ha diritti, non ha casa, non ha stipendio, non ha quello che i furti, l’incapacità, l’arroganza, l’ignoranza di questa classe politica gli ha tolto per il proprio arricchimento, per il proprio potere, per rigenerarsi e continuare a distruggere quel poco che è rimasto.

Servivano gli specchietti per gli allocchi, ma soprattutto servono ai collusi, a chi pappa con questa gentaglia, a chi detiene la ricchezza di questo paese, a chi ruba e a chi continua a rubare…anche alla feccia serve avere una giustificazione morale per continuare a puzzare.

 
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