Creato da PapaveriSparsi il 26/04/2010

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Otto

Post n°22 pubblicato il 23 Marzo 2012 da PapaveriSparsi

 

"Mi scusi...lei è la vetrinista?"
Le disse la prima cosa che gli venne in mente, maledicendosi all'istante per
la banalità che gli era uscita dalla bocca.
Al no incredulo di lei aveva replicato dicendo che passava spesso da lì, che
apprezzava molto la composizione della vetrina, il modo in cui le calzature
venivano esposte e che si era permesso di farle quella domanda solo per
poterle fare i complimenti per il lavoro fatto.
Lei sorrise divertita e questo fu per lui un trampolino per lanciarsi in tutte
le acrobazie necessarie per conoscerla.
Rispose al sorriso e cominciò a prendersi in giro per l'errore fatto improvvisando
battute.
"Non ci faccia caso, sono un po' sbadato...L'ultima volta che mi sono fermato
davanti ad una vetrina con delle scarpe esposte sono rimasto sorpreso da dei
prezzi davvero convenienti. Mi aveva colpito un elegante modello classico in vitello
nero spazzolato. C'era un cartellino con scritto '20,00 €' e io sono entrato subito
chiedendo di provare il numero 44... era un calzolaio...il prezzo era riferito ai tacchi..."
Lei scoppiò a ridere, mentre lui, quasi non respirando...
"Capisco, c'è certo da ridere, altro che prezzi convenienti, quei tacchi erano
costosissimi! Avrei dovuto pagare qualcuno che camminasse al posto mio,
per non consumarli! Meno male che indosso scarpe ben risuolate, con certi prezzi
bisognerebbe amputarsi i piedi per soddisfare i  bisogni eliminando i desideri!
Mio nonno mi ha insegnato che nella vita può anche mancare il pane, il lavoro,
la fortuna, ma se si ha un buon vecchio paio di scarpe si può comunque andare
lontano!"
Lei lo osservava attenta e si chiedeva come quell'uomo tanto distinto, quasi
sfuggente nello sguardo e nel respiro, nascondesse un sorriso tale da disegnare
sulle labbra un orizzonte, mentre la voce calda e rassicurante avvolgeva come
l'abbraccio del sole, con le gote che si fanno un po' rosse, come quelle di una
bimba che gioca a nascondino.
Le era sembrato ombroso e distante quando, il giorno prima, le aveva sfiorato
le spalle e l'anima, disegnando dietro di lei la sagoma del cappello sulla vetrina,
vestita del grigiore del cielo pesante riflesso sui vetri.
Ma la pioggia era ormai cessata e l'ombrello chiuso le faceva da appoggio per
non vacillare, per non cedere a quella vertigine che la prendeva quando 
incontrava quegli occhi chiari, puliti, sinceri.
Si sentiva lusingata da tanta attenzione, dalla creatività che lui aveva avuto
nel parlarle, nel rivolgersi a lei per la prima volta.
La gradevolezza di lui rassicurava la timidezza di lei. Come in un ballo stretto
in cui il cavaliere cinge la dama e la conduce, passo dopo passo.
Ed era quello di cui lei aveva bisogno, essere presa per mano lungo il sentiero,
per non temere il cammino, per non esitare, per non fermarsi.
Lei così determinata e risoluta si ritrovava piccola e vulnerabile di fronte a lui.
Lui così insicuro e schivo si ritrovava energico e trascinante di fronte a lei.
L'instinto ci sveste dei panni che la razionalità ci impone e mentre spesso
l'esperienza guida l'essere nel suo svolgersi, la spontaneità libera dai filtri e
ci regala il nostro vero volto, ciò che di più profondo c'è in noi.
Quell'autenticità che a volte dimentichiamo in fondo al cassetto della vita,
troppo presi dal dover indossare le maschere della sopravvivenza.
E quando lui le chiese, con un sorriso che era bocciolo sul viso, se lei avesse
voluto conoscere una incredibile cartomante, che in realtà avrebbe dovuto
appendere le scarpe ad un chiodo, e approfittare per prendersi un tè caldo
con lui e scrollarsi l'umidità della pioggia dai tacchi, lei ebbe una sola risposta.
Si.

 

 

(continua...)

 

 

 
 
 

Sette

Post n°21 pubblicato il 20 Marzo 2012 da PapaveriSparsi

 

La cartomante girava i tarocchi lentamente.
Il mazzo era contenuto a stento dalle piccole mani colme di anelli e mentre i capelli nerissimi ondeggiavano sulle spalle e sulla scollatura profonda, sfiorando la pelle bianca, le parole uscivano dalla bocca come sentenze, aspre di una voce fumosa.
"Lei è un uomo conteso da più donne, senza dubbio una prevale, ma non è la donna giusta. Troppe complicazioni. Vedo che è legata da un vincolo di matrimonio. E ci sono figli....Tra poco accadrà qualcosa che..."
Non riusci a terminare la frase che lui si alzò, ringraziò con un sorriso cortese e si domandò come mai in quel bar dove ogni giorno si fermava a prendere un caffè uscito dallo studio, il titolare si ostinasse a offrire ai clienti la lettura delle carte del martedì.
Sarebbe anche potuto essere divertente se la signora si fosse ricordata dei vari clienti, cambiando un po' le previsioni, dato che diceva sempre a tutti le stesse cose. 
Prese l'ombrello ed uscì.
Aveva smesso di piovere e decise quindi di andare a casa a piedi.
Voleva passare di nuovo davanti a quel negozio, a quella vetrina che gli aveva riflettuto una emozione e cercare di riviverne il ricordo, come se si trattasse di un fatto accaduto secoli prima e non il giorno precedente.
Le strade erano animate dalla solita confusione di tutti i tardi pomeriggi, quando la gente esce dagli uffici e si precipita a casa come se la città non potesse offrire altro che mura, spazi dentro i quali rinchiudersi di continuo, gusci dove liberarsi, senza interrogarsi mai se quella fosse una fuga all'inverso, che ci proietta dentro e non fuori, come topolini impazziti che cercano una gabbia per sentirsi al sicuro.
Lui non era affatto un uomo conteso da più donne.
I suoi amori erano talmente lontani nei suoi ricordi da sembrare quasi non vissuti, frutto solo di sviste di gioventù o intermezzi poco significativi. Si era chiuso anche lui tra le mura della razionalità e del timore del fallimento, senza nutrire il cuore di brezza fresca.
Ricordava bene come lo aveva sentito battere nel petto, come un cavallo imbizzarrito di fronte alla prateria meravigliosa che poteva offrire il corpo nudo di una donna, la sua prima donna.
Aveva percorso quella pelle con una energia sconosciuta, con l'affanno ribelle della sua adolescenza, della sua vitale scoperta del mondo, della vita.
Aveva respirato i sospiri di lei come una linfa, un carburante che alimentava una frenesia incontrollabile, con gli occhi spalancati sui morsi dell' incredulità che provava. Si sentiva finalmente maschio, compiuto.
Ma era stato dopo, nel tempo, che aveva capito che le sensazioni si possedevano ad occhi chiusi, sfiorando, sussurrando, baciando. E che l'amore si apre quando noi bussiamo, non quando violiamo uno spazio, quando pensiamo di farlo nostro solo perchè lo vogliamo.
Spesso si era sentito inadeguato. Come un essere minuscolo di fronte ad un mare profondo e sconosciuto, pronto a travolgerlo in un attimo.
E di fronte a quell'orizzonte ondoso si era fermato molte volte, aveva preferito arretrare, non farsi coinvolgere, rimanere sulla superficie, veleggiare quasi senza vento.
Aveva costeggiato l'amore senza approdarvi, senza abbandonarsi ad esso, lasciando il timone alla paura di lasciarsi andare.
E queste riflessioni lo angosciavano, lo rendevano ancora più fragile, più insicuro.
Improvvisamente perse ogni pensiero.
I passi lo avevano silenziosamente condotto di fronte ad un nuovo orizzonte.
Lei era lì, dall'altro lato della strada, davanti allo stesso negozio, con le onde dei capelli color miele sul nero del trench e lo sguardo contro la vetrina.
Rimase a guardarla, fermo. Un sorriso gli illuminò gli occhi.
Poi abbassò un po' la tesa del cappello e attraversò la strada.
Aveva bisogno di respirare quel mare.

 

 

(continua...)

 

 
 
 

Sei

Post n°20 pubblicato il 16 Marzo 2012 da PapaveriSparsi

 

Non riusciva a concentrarsi sul lavoro.
Ogni pensiero era come un cerchio d'acqua sul mare, si riempiva di altro
pensare fino a scomparire per far posto ad un altro cerchio e poi un altro,
e ancora, ancora.
Una rincorsa che rimandava a ricordi e amarezze, a dubbi e paure.
E le domande erano riccioli di punti interrogativi legati in catene infinite.
Era sempre stata una donna diretta e pragmatica e non amava sentirsi così,
fragile e legata ad una nostalgia che le strappava le lacrime dagli occhi,
anche quando avrebbe dovuto imporsi un distacco doveroso.
Ma il vivere non ci guarda in faccia, fa quel che deve senza formalismi,
segue la sua strada trascinando i brividi e i singhiozzi su un cammino che
non ha pietà per il cuore.
Lei aveva amato e anche sofferto molto.
Era stata vittima di una mediocrità che la frustava di indifferenza, spesso
vestita di una arroganza che lei detestava.
La solitudine, le assenze, i menefreghismi, l'approsimazione, le distrazioni
continue, il non sapere, il non vedere, il non pensarci di chi si rifletteva nei
suoi occhi le avevano strappato la pelle di dosso, tagliando i fili di ricami
che lei aveva costruito nel tempo.
Quante volte avrebbe dovuto ancora specchiersi e vedersi i petali strappati
e avvertire di se solo le lacerazioni?
Quante volte doveva dimenticare la sua identità per poter arrivare al giorno
dopo senza perdersi in sofferenze sterili?
Era tutto un'illusione oppure sarebbe arrivato il momento in cui si sarebbe
sentita amata davvero e non violentata nella sua dolcezza?
Quante volte le era stato disegnato il silenzio sul volto, quanta rabbia aveva
dovuto dimenticare in un sorriso accennato, in un cenno del capo, quanta
sopportazione avrebbe dovuto ingoiare come uno sciroppo amaro.
Ma non c'è medicina per l'insoddisfazione. E la fine arrivava repentina, il suo
amore si sgretolava d'improvviso, perchè ogni castello di carte crolla prima o poi.
E di nuovo cadevano i petali del fallimento, dell'aver creduto in illusioni maligne,
che l'avevano sfiorita poco a poco, portandole via pezzi di primavera.
Ripensava a quella sagoma riflessa sulla vetrina con un turbamento
adolescenziale, come se quell'esitazione nel passo di lui fosse una dichiarazione
sotto una notte stellata.
Le piccole cose sono i mattoni delle grandi costruzioni, e il cemento dell'istinto
lega ragione e sentimento come nella trama di un romanzo d'appendice.
Si riscopriva sognatrice ancora una volta, nonostante le radici di quel fiore
spogliato fossero ben profonde nel terreno della prudenza. 
Però sentirsi di nuovo incuriosita e calamitata da un uomo era levare l'ancora
del controllo, alzare le vele ed esporsi alla tempesta.
Poteva decidere di non ascoltare le sensazioni che provava, poteva decidere
di far finta di nulla.
Ma è impossibile sottrarsi, se si è ancora vivi.
E le emozioni diventano ufficiali di vedetta e parte la ricerca della rada,
dove ogni fiore non deve piegarsi al vento, ma abbandonarsi al sole,
alla rinascita.
Riordinò i timori come marinai sul ponte di una nuova avventura.
Prese il trench e la borsa e uscì dall'ufficio.

Sveglia ciurma! Si naviga a vista!

 

(continua...)

 

 
 
 

Cinque

Post n°19 pubblicato il 13 Marzo 2012 da PapaveriSparsi

 

Si era svegliata con il rumore buio della pioggia.
La notte riarrotolava il suo mantello nero lasciando intravedere un
orizzonte rosato che sfiorava i tetti silenziosi di un sonno ancora
profondo.
Aprì la finestra per cogliere i primi profumi di un mattino appena
accennato  e l'aria fredda l'aveva salutata con brio, muovendole
i capelli e disegnandole un sorriso umido sul viso.
Riordinò la casa e le idee.
Amava sistemare le sue cose con metodo e mentre le mani si
muovevano sugli oggetti, la mente rincorreva i pensieri come
se leggesse una lista di appunti, in modo da non dimenticare nulla.
Le venne da ripensare a quel paio di scarpe visto in vetrina
il pomeriggio precedente, le aveva osservate a lungo, pur sapendo
di non potersele permettere.
Spesso gli occhi catturavano le immagini e rubavano una
parte di ciò che era solo da ammirare, ma non da avere.
E così le sembrava quasi di viziarsi un po', di trattenere piccoli
ricordi di oggetti forse anche non necessari, ma che trasmettevano
quel fascino del proibito che la faceva sentire bene.
Si era distratta solo un attimo, mentre valutava se i tacchi non
fossero un po' troppo alti per immaginarseli addosso, quando la
sagoma di un uomo aveva proiettato la sua ombra sulla vetrina.
Il cappello di lui si era riflesso proprio su quelle scarpe e non
aveva potuto non notarlo. Aveva colto una breve incertezza di lui,
nel fermarsi un istante alle sue spalle,  e aveva quasi avuto paura,
allungando lo sguardo verso il suo lato destro, senza voltarsi,
per coglierne i movimenti, quasi temendo che volesse toccarla o rapinarla.
Ma l'ombra sulla vetrina era subito scomparsa, silente come la discrezione
delle briciole di secondi condivisi da entrambi.
Però quell'immagine tornava a trovarla.
E si accorse di aver rubato un po' anche quel momento, di averlo
trattenuto dentro di se senza un motivo, di avere apprezzato il
breve brivido di quella presenza, ospite del suo desiderio di un
oggetto in vetrina, come se il proibito si fosse esteso a tutto quello
che il vetro rifletteva.
Indossò il trench, prese l'ombrello e mentre usciva di casa pensò che
il negozio era poco distante dalla fermata del bus dove scendeva per
andare al lavoro, e pensò che forse nel pomeriggio avrebbe avuto il
tempo di ...
ma mentre apriva il portone del palazzo una ventata le soffiò via la
sciarpa e i pensieri.
Alla finestra di casa la sua gatta osservava quelle gocce sui vetri che
sembravano perle in cui il mondo si specchiava.
Un mondo che incuriosiva sempre, con la frenesia di tanta gente che si
muoveva in ogni direzione, con la danza dei colori che variava con la luce,
con i rumori sempre distraenti, e quella pioggia che in quel giorno di Marzo
bagnava i semi dei sogni, regalando loro il preludio di un nuovo germoglio,
una gemma, una preziosità di vita che stava per nascere.

 

 

(continua...)

 
 
 

Quattro

Post n°18 pubblicato il 07 Marzo 2012 da PapaveriSparsi

 

Lei era una donna stanca.
La vita le girava attorno come un vortice in cui perdere l'equilibrio era più
facile di respirare.
Vacillava sul vivere come una vela tra la tormenta.
Ogni passo fatto trascinava il peso del passato, e le aderiva addosso come
un doppiopetto di vissuto serrato stretto. I bottoni ben chiusi erano una
porta negata all'anima.
La fatica vinceva sul tragitto rendendolo un camminamento ostico ed
impervio, un'inaffrontabile serie di vertigini ostili.
Fin da bambina aveva riempito i suoi sogni dei colori del suo essere la
fanciulla dolce che era, con gli occhi aperti sul mondo e sulle creature che lo
abitavano, con la purezza della verginità di pensiero.
Voleva creare una casa dei desideri, dove ogni forma fosse realizzazione
di idea, ogni arredo un traguardo raggiunto.
Ma l'incompiuto le aveva nel tempo disegnato una ruga di malinconia nel cuore.
Ricordava spesso i suoi capelli ribelli, che da piccola le danzavano sul volto
giocando a nascondino con gli occhi, e le mani ferme e lente di sua nonna
che li educava alla disciplina di una treccia liscia e lucida,
da cui avrebbero avuto in dono morbidi boccoli.
Le regole l'avevano aiutata e poi tradita perchè non c'è un binario della
giusta via, c'è il tentativo del vivere corretto, spesso troppo ingessato per
chi si nutre del palpito dell'attimo.
Aveva amato molto. In modo tenero ed intenso.
Si era sempre abbandonata ai sentimenti come al vento di un'altalena, con
la voglia di cogliere ogni emozione e di seminarla dentro, nel fertile grembo
di chi ama per dare, non per ricevere.

Aveva cercato di staccarsi da terra molte volte, cercando di dispiegare le ali
che sentiva di avere a fior di pelle, ma ad ogni istante di gioia seguiva poi,
in modo tanto brutale quanto doloroso, il disincanto dei fatti.
E ogni ostacolo veniva affrontato con la stessa precisa volontà, con la
lucidità doverosa per il rispetto dell'esistenza, senza mai un cedimento.
Solo nel profondo dedicava una stanzetta allo sgomento.
Una stanzetta dove nessuno era ammesso, tranne una lacrima, che potesse
contenere da sola il timore e la rabbia, la disillusione e la tristezza, senza
annegare il cuore tra le onde della sofferenza.
La forza aveva il suo nome.
E non c'era scoglio che potesse fermarla.
I suoi sorrisi erano intrecciati al futuro dalle sapienti mani dei ricordi, che le
donavano esperienza e conoscenza unite a quel brivido dell'istinto a cui ogni
notte si abbracciava per credere che il domani sarebbe stato sempre e
comunque una rinascita.

 

(continua...)

 

 
 
 
 

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