Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram
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Messaggi di Febbraio 2015
Affermare, come si fa spesso in certi ambienti spirituali che si richiamano alla non dualità, che tutto è Amore non ha molto senso. Altrimenti si dice che l'Amore è tutto. Nel Tutto però c'è anche quel che non è Amore... chiaramente.
Oppure, si deve spiegare cosa s'intende per Amore, onde non confondere...
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Molte volte si sente dire che un individuo inserito nella realtà mondana non può praticare una concreta ricerca interiore, perché è troppo occupato a far fronte a tanti impegni di vario genere che gli impediscono di dedicarsi a quello che, invece, chi si ritira in uno spazio consono, di tranquillità e di silenzio, può fare molto meglio. Come ad esempio: monasteri, ashrams, comunità spirituali...
Si crede che chi è oberato da molte incombenze non possa praticare un lavoro su se stesso, come chi invece ha preso la via della rinuncia al mondo, andando a vivere in realtà protette da molte situazioni ritenute disturbanti il proprio cammino. Si ritiene, erroneamente a mio avviso, che le interferenze dovute agli obblighi sociali o famigliari siano un problema, il quale offre scusanti per giustificarsi rispetto all'indisponibilità verso la propria evoluzioni spirituale.
Invece vorrei dire che gli obblighi sociali e famigliari certamente possono interferire, interferiscono, ma sono proprio questi "ostacoli" che mettono in evidenza la qualità della nostra comprensione e crescita. Sono proprio le difficoltà del vivere nel mondo che ci mostrano quanto sia solida e non velleitaria la nostra maturità interiore.
Se non c'è questa continua verifica, il nostro sentirci spirituali è un fatto effimero, astratto, fumoso. La "fuga" dal mondo trasforma la ricerca in una specie di droga, in un bisogno di pace e tranquillità, senza le quali non siamo in contatto con l'essenza di noi stessi. Invece, per me è proprio nella routine, nella bagarre del mondo che va ritrovato il punto d'equilibrio e di serenità interna, comunque sia. Altrimenti ci stiamo raccontando delle balle. Abbiamo paure e desideri che non vogliamo vederci e con le quali non vogliamo confrontarci.
La crescita spirituale può benissimo accordarsi con la vita nel mondo materiale. Non c’è contraddizione. Bisognerebbe però tener presente una cosa: le problematiche materiali dovrebbero avere una funzione subordinata, e la crescita spirituale dovrebbe rimanere la priorità. Mai la crescita spirituale dovrebbe essere sacrificata alla dimensione materiale. In qualunque momento, qualora fosse necessario, l’aspetto materiale può essere sacrificato alla vita spirituale. Se questo è chiaro, non ci sono problemi. Il problema si presenta solo perché il lato materiale diventa il padrone, e nonostante ciò si desidera ancora la crescita spirituale. La spiritualità non può crescere come dimensione secondaria. Lo spirito non può essere un servitore del corpo. La spiritualità deve essere l’elemento primario, allora tutto può avere la funzione subordinata ed essere utile. Allora la vita materiale, con le sue difficoltà e pericoli, diventa una sadhana, una utile disciplina con cui fare i conti, una palestra che può aiutare la nostra evoluzione spirituale. Quindi ritengo che la rinuncia non debba essere connessa al rinunciare al mondo, ma a ciò che il mondo vorrebbe – con i suoi valori, i suoi beni - noi ci identificassimo, rinunciando a riscoprire la nostra Essenza, la nostra profonda natura spirituale.
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Sei solo e frustrato nella misura in cui ti isoli e pretendi attenzione. Gli altri non centrano in questo tuo isolamento, anche perchè sei tu stesso il primo a non offrirti un'amorevole compagnia. Comincia a donarti quella e vedrai che la solitudine assume un altro aspetto. Poi il resto, insieme al sorriso, viene da sè.
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Forse, ammesso e non concesso che ci siano, le vere 'razze' umane non hanno nulla a che fare con ciò che attiene agli organismi corpo-mente, ma piuttosto con gli stati di coscienza che questi corpi esprimono e incarnano.
Il corpo sarebbe dunque solo un epifenomeno della coscienza, non il contrario, come sostiene la visione materialista. Il razzismo basato sulle differenze dei corpi e contenuti mentali è perciò un'idea limitata e limitante.
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Si spera che l'uomo non sia proprio fatto ad immagine e somiglianza di Dio.
Perchè in questa visione Dio non ne esce troppo bene. Ed è un vero peccato.
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Credo sarebbe buona cosa saper distinguere fra la compassione genuina e l'agire con il timore (ideologico) del senso di colpa o per semplice conformismo senza sentimento. Sembra che spesso una sorta di compassione per gli altri sia dettata molto più da queste ultime ragioni che dall'empatia, da un vero sentire. Occorrerebbe allora discriminare con chiarezza sulla reale generosità delle nostre intenzioni e azioni, onde non immaginarci più buoni di quel che effettivamente siamo.
E' bene sempre essere onesti con noi stessi, per non auto ingannarci e ingannare... e confondere.
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Ogni uomo ha la possibilità d'essere somigliante ad un angelo o ad un demone: dipende tutto da quanto ascolta il cuore e dalla luce che ha in testa.
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La saggezza ha valore soltanto se può aiutare l’uomo a superare qualche ostacolo.
Non è importante la meta, ma il cammino.
La barca è più sicura nel porto. Ma non è per questo che le barche sono state costruite.
Le persone giungono sempre al momento giusto nei luoghi in cui sono attese.
Non scordare che attaccare o fuggire fanno parte dello scontro. Quello che non appartiene alla lotta è restare paralizzati dalla paura. Il buon combattimento è quello che viene intrapreso perché il nostro cuore lo chiede.
Quando si va verso un obiettivo, è molto importante prestare attenzione al cammino. E’ il cammino che ci insegna sempre la maniera migliore di arrivare, ci arricchisce mentre lo percorriamo, bisogna saper trarre da quello che siamo abituati a guardare tutti i giorni i segreti, che a causa della routine, non riusciamo a vedere.
Perle tratte da: "Il cammino di Santiago", di Paulo Coelho - Bompiani Editore
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Ricordati che devi morire, sussurra ad un orecchio la Morte sorridendo.
Non dimenticare di vivere pienamente, ci dice la Vita, nell'altro orecchio.
Si tengano ben aperte entrambe le orecchie allora, onde trasmettere i due fondamentali messaggi al cuore, che ci vengono da quei compagni inseparabili che sono Vita e Morte.
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Ti ho riconosciuto senza guardarti. Mi é bastato sentire il canto del tuo anelito d'Amore per sapere che ti erano state offerte le chiavi del giardino incantato: la Vita.
Allora si partiva insieme... e insieme siamo ancora, cara compagna d'Avventura.
Nel tuo silenzio ci sono le parole che doni al cielo. Il tuo Amore é il raggio di sole che riscalda chi nudo ti si avvicina.
Luce nella forma sai donare la tua fresca verità come la feconda terra.
Discesa dal remoto buco nero della Sapienza senza libro mi accompagni, sorridendo in Amore delle vanità nostre e dei nostri fratelli, sognanti e sognati, e mi stringi affettuosamente l'umana mano. E contento ricambio col cuore.
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Se il bene è nel Silenzio, più si è interiorizzati, più si è armonici e felici; più ci si esteriorizza, più si è nella conflittualità e nell’alienazione.
In questo c’è una giustizia in atto: è la nostra qualità vibratoria che ci conduce o verso il centro armonico o verso una periferia frastornante. Noi stessi ci premiamo o ci condanniamo.
Da qui la compassione per chi si allontana dal Silenzio, infatti, l’atto di allontanarsi è foriero di dolore e sofferenza, perché la qualità interna, periferizzandosi, diventa via via più lenta e grossolana, incapace di percepire armonie e vibrazioni sottili. Inoltre il ritorno al Centro sarà più lungo e penoso, quanto più si è distanti da Esso.
E così come sentiamo pena per chi va incontro a una disgrazia, allo stesso modo dovremmo considerare chi cerca il potere o il piacere o il denaro...
Da qui l’uguaglianza: la possibilità di felicità, non dipendendo da possessi o fatti esterni, appartiene a tutti, il Silenzio, attuale o potenziale, appartiene a tutti, nessuno ne ha l’esclusiva; inoltre ci sono molteplici vie per pervenire ad Esso e non c’è che l’imbarazzo della scelta.
Dunque c’è libertà, perché chiunque può dirigersi verso il Silenzio e svelarlo: dipende dalla maturità coscienziale, dalla comprensione, dall’ardore della ricerca ecc., ma non ci sono impedimenti esterni che possono ostacolare, in maniera determinante, l’azione interna.
Da qui l’azione giusta: essa deve portare al Silenzio, dunque deve essere il più possibile pervasa di silenzio.
Il discepolo deve tendere a un’azione che nasce perché l’Armonia la esige, nasce dunque da una percezione intuitiva della sua opportunità, si svolge senza interferenze egoiche e senza pesantezze, quindi con giusto ritmo, si risolve in un distacco dai frutti perché il vero obiettivo è il Silenzio e non altro.
Da qui l’assenza di invidia: se vediamo qualcuno più armonico di noi, questi è semplicemente più avanti nella via del Silenzio, nessuno ci impedisce di emularlo; il Silenzio, ripetiamo, non è come un oggetto che se appartiene a uno non può appartenere a un altro, Esso è di tutti, appartiene a tutti ed è inesauribile...
Chi è più avanti di noi è da guardare con deferenza e rispetto, è da amare perché non solo non ci toglie nulla, ma addirittura ci offre una opportunità maggiore perché può indicarci la via e contagiarci con una qualità più elevata.
In questo contesto si può riconoscere il proprio posto nella vera gerarchia: gli enti si differenziano per la distanza (apparente, nel senso che appare sullo schermo della manifestazione) che hanno nei confronti del Silenzio.
Chi è più vicino insegna e si dona a chi è più lontano. Bisogna avere l’intelligenza di riconoscere il proprio posto e l’umiltà di accettarne le conseguenze.
Imitare qualcuno più avanti di noi, non considerare i propri limiti, atteggiarsi a maestri quando non si sa rinunciare alle proprie preferenze e ai propri programmi, deviare così dall’Armonia che richiede costantemente un distacco, significa procrastinare la comprensione e segnare il passo lungo il cammino.
Ma d’altra parte non ci si può volgere indietro e ristagnare nell’inerzia, solo perché siamo rassicurati dal confronto con chi è più periferico di noi.
Prendiamo atto che c’è una strana subcoscienza che ci spinge a un primo posto che è dalla parte opposta della beatitudine del Silenzio.
Non è il primo posto che ci può rendere felici, ma è il nostro posto che rende realmente valida e densa di significato la nostra vita.
Allora si può capire che siamo una maglia di una catena più grande e che esiste una fratellanza sostanziale fra tutti gli esseri, sia sul piano formale che è gerarchico, sia ancor di più sul piano dell’essenza: il Silenzio è identico in tutti, l’Informale, appunto perché senza forma, non può che essere uguale in tutti e non avendo limiti spazio–temporali Esso è tutto in tutti.
Da qui la possibilità di illuminazione: nulla vieta di “cadere” nel Silenzio, di risolversi nel Silenzio, di ritrovarsi nel Silenzio.
Ed essendo il Silenzio oltre la causalità, a ogni istante è possibile il suo disvelarsi.
dal Periodico Padeia - Febbraio 2009 - L’Armonia nel Silenzio - Vidya Bharata
tratto dal forum: http://www.pitagorici.it/forum/viewtopic.php…
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La guerra è solo follia armata. Volerla giustificare non fa altro che confermarlo.
Ancora si prospettano guerre, nonostante sia palese che non portano mai a niente, che incrementano solo odio fra gli uomini e orrende devastazioni.
Niente di nuovo dunque sul fronte dell'evoluzione nei rapporti umani e fra i popoli?
Oltre 5000 guerre, da quanto è possibile ricordare, non sono bastate a questo essere che ad ogni generazione si fa immemore della storia.
Purtroppo, fino a che un diverso paradigma d'intelligenza e di sensibilità non lo illuminerà, costui continuerà a ripetere coattamente questa ottusa maniera di risolvere ogni genere di questioni e conflitti che quasi sempre non sa affrontare diversa_mente e fraterna_mente.
Poi, ogni volta s'inventerà mille ragioni per giustificare la sua specifica guerra in cui andrà ancora a distruggere ed essere distrutto.
Quanto è sempre vero il detto che 'il sonno della ragione genera mostri'!
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Non è poi così scontato che i rapporti umani siano sempre meglio nel cosiddetto mondo reale che nel mondo virtuale.
Possono essere fasulli o buoni sia nell'uno che nell'altro mondo. Dipende da noi... e non è detto che sia solo la fisicità corporea a determinare la qualità e spessore delle relazioni, degli scambi e condivisioni. Ripeto, dipende...
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Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:42
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:33
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:31
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:28
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:24