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La storia der monno 9

Post n°2105 pubblicato il 14 Ottobre 2015 da valerio.sampieri
 

La storia der monno

XLI

Er Padreterno è un padre onnipotente
ch’è capace de fà quarsiasi cosa.
È lui che fa sentì chi nun ce sente,
lui fa fiorì la nespola e la rosa,

lui cancella er peccato a chi se pente;
in lui l’anima santa s’ariposa;
è lui ch’aiuta la partoriente,
lui opre la matrice della sposa,

come fece co’ Abbramo e Sara er giorno
in cui li vidde mosci e sconzolati
stà sulla porta senza un pupo intorno.

Staveno soli, s’ereno invecchiati;
perché la gioventù nun fa ritorno
quanno che l’anni belli so’ passati.

XLII

Er Padreterno je bussò alla porta
e Abbramo lo portò dentro ar salotto.
Poi fece a Sara: - Indove sta la torta?
Viè a vede’ ch’è venuto un giuvinotto. -

Sara se presentò, grinzosa e storta,
e scartocciò la pizza dar fagotto.
Er giuvinotto fece: - Nun m’importa
si Sara ci abbi più de novantotto

anni. Lei fijerà, te l’assicuro. -
Ma Sara sbottò a ride’: - A fregnacciaro!
Io nun so’ bona più e quello puro! -

E invece a maggio, ar mese der somaro,
messe su panza, fece er petto duro
e partorì un maschietto, paro paro.

XLIII

E Sara chiese scusa ar suo signore
e quello perdonò quell’incoscenza:
co’ chi è scemo, se sa, ce vò bon core,
ce vò la comprenzione e la pacenza.

Doppo Sara morì. Fu gran dolore:
fregò l’amanti co’ la sua prudenza,
co’ bona grazia se sarvò l'onore;
fu sotterrata co’ riconoscenza.

E fece er Padreterno: - Pija Isacco,
Abramo mio, si proprio me vòi bene;
metti pane e caciotta dentr’un sacco,

offrime tutte quante le tue pene.
Pija un cortello grosso, facce un pacco:
ce tajerai ar fijo tuo le vene.

XLIV

Abbramo se sturbò, abbassò la testa
e poi rispose a lui: - Signore mio,
siccome l’ubbidienza ha da esse lesta,
io t’ubbidisco e me perdoni Iddio. -

E preso l’occorente, co’ man lesta,
escì de casa e se portò su’ fijo
ch’era cuntento come annnasse a festa.
Ci aveva Abbramo er pianto sopra ar cijo.

Quanno furono ar monte der macello,
Abbramo suspirò e Isacco, invece,
guardava er padre scartoccià er cortello.

- A papà, ma chi ammazzi? - Poi je fece:
- Qui nun c’è gnente! Indove sta l'agnello? -
Er padre se scurì più della pece.

XLV

E lo ligò. Da sopra er Creatore
lo vidde arzà er cortello, guardà er cèlo
come volesse dì: «Grazia, Signore!»
Ci aveva Abbramo all’occhi come un velo,

tutto fatto de lagrime e sudore,
e subbito - ce curse manco un pelo -
ecco un montone. Je s’uperse er core,
je tornò callo er sangue ch’era un gelo.

Er Padreterno, pe’ la commozione:
- E bravo Abbramo! - fece - Mo ho capito
che proprio me vòi bene. E ci hai raggione!

Perciò sarai tra tutti er preferito. -
Però, pe’ la commune opinione,
uno che fa così nun è un bandito?

Gustavo Quadrini
Tratti da: La storia der monno
Cento sonetti spubbricati ner 1962

 
 
 
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Data di creazione: 26/04/2008
 

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