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Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
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Post n°3632 pubblicato il 26 Febbraio 2017 da valerio.sampieri
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E’ un detto assai comune in Roma: Ecchè sej er fijo dell’Oca bianca? Per significare che non si consente privilegio o trattamento separato da quello comune a chi pretende riguardi singolari, grazie speciali.
Quale possa essere l’origine di questo strano adagio, che stende le sue radici sin forse nella più remota antichità, può svelarlo quanto congettura argutamente il Piazza nella pregiata sua Gerarchia Carnalizia (Roma1703, p. 91), parlando di Castel Cesano "d’onde" (egli dice) "il proverbio misterioso della Gallina bianca." Riferisco le sue stesse parole:
"Del medesimo Castello, o del vicino sito, verso il Tevere, se ne fa menzione con un erudito, e curioso avvenimento, registrato da Livio e da Plinio in questo luogo detto anticamente, prima che fosse Villa e diporto de’ Cesari, Ad Gallinas; ove trattenendosi Livia Drusilla, chiamata poi Augusta, quando fu sposata a Cesare, un’aquila lasciolli cadere nel seno una gallina bianca, che rapito haveva nel rostro, e tra’ gli artigli un ramoscello di lauro con le bacche verdeggianti; ed essendo stato il prodigio consultato dagli Auguri, che allevare si dovesse la Gallina, e dette bacche germinare nel Campidoglio; da questo ne nacque il Laureto, d’onde si prendevano gli allori per coronare i Cesari, ed i Trionfanti; e da queste si ordinò per legge, che i polli della GALLINA BIANCA, come sagri non si uccidessero; ma si allevassero per indi cavarne gli auguri, d’onde ne nacque il proverbio: Gallinae filius albac, quando vogliono notare un privilegiato più degli altri.
Gli Aruspici, per quanto ne osserva Antonio degli Effetti, allevavano questi polli in un vicolo dell’Alta semita, tra Porta Pia, ed il Quirinale; vicino a cui eravi una Contrada detta (e forse anche oggidi) Ad Gallinas albas. Aggiunge Dione per meglio stabilire la fede al racconto, un nuovo prodigio; cioè, che ogni qualvolta moriva un imperatore si disseccava quell’arbore, d’onde erasi tolto l’alloro per incoronarlo; e quando morì Nerone, prodigio esecrando di crudeltà, si disseccò tutto il Laureto del Campidoglio, chiamato da Pietro Valeriano selva vejentana, perchè erasi tolto il primo virgulto dell’alloro, in questa Villa, posta tra le colonie de’ Vejenti; e morirono tutti li polli venuti per lunga propagine dalla Gallina bianca. Altri come modernamente il Cluverio, hanno detto, che la Villa dei Cesari, ed ove siano occorsi questi prodigiosi avvenimenti, fosse dove hora è la sponda del Tevere, lungi da Roma nove miglia, come lo riferisce Zonara, e Frassineto; nel cui sito però non si veggono vestigi di tanta caduta magnificenza, quanti in questa di Cesano ecc. ecc.".
Non è questo il luogo di rilevare le inesattezze dell’autore per quanto riguarda le congetture circa la precisa località in questione. Accenneremo solo che dagli archeologi più reputati si ritiene oggi che la Silva Vejentana sia stata, non già, come sogna il Valeriano citato dal Piazza sul Campidoglio, bensì nella villa Vejentana di Livia detta ad gallinas albas, ad lauros, od anche villa Caesarum presso all’antico Saxa Rubra al 7° miglio a destra di Prima Porta sul colle, che domina il Tevere, al biforcamento delle vie Flaminia e Tiberina, ove torreggiano costruzioni imponenti antiche di opere reticolate. In questa villa dalla gallina caduta in segno a Livia nacque quel numero grandissimo di galline bianche, che riguardate come sacre, sfuggirono alla morte comune a questi bipedi piumati, cioè di essere cacciate nella pignatta a far brodo o infilzate allo spiedo; in questo il lauro recato in bocca dalla bianca gallina a livia, piantato formò presto il boschetto, da cui si coglievano gli allori per i Cesari trionfanti. Nel 1863 le escavazioni quì intraprese diedero splendidi risultati, tra’ quali l’inestimabile tesoro della statua famosa d’Augusto, che ora ammirasi al Braccio nuovo del museo Vaticano; non però veruna Gallina bianca.
Come poi la Gallina bianca dei Cesari, madre delle galline bianche, a cui non si tirava il collo, sia divenuta nella bocca del popolo l’oca bianca non saprei , benchè il passaggio sia molto facile, determinarlo. Ma che l’oca bianca sia la gallina bianca di Livia si può anche da questo ricavare, che se la prima non fosse un surrogato dell’altra, il detto non avrebbe senso, non essendo già meravigliose ed eccezionali le oche bianche, il cui naturale colore si è questo appunto, siccome ognuno conosce.