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La Bella Mano (041-050)

Post n°758 pubblicato il 08 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
 

La Bella Mano di Giusto de' Conti

XLI

Quella mentita forma, in cui m'apparse
La mia dolce nemica il giorno, ch'io
Per mirar ella me puosi in oblio,
Le rime a ben ritrarla oggi son scarse.

Ma, benché falsamente se uman farse
Parea ver me il sembiante altero et pio,
Qual meraviglia, se d'un bel disio
Di smisurato amore il mio core arse?

Valor, virtù, belleza, et leggiadria,
Orgoglio ascoso in un pietoso giro
Acerbamente al dolce m'han sospinto:

Poi del mio error vergogna all'alma invia
Altretanto dolor quanto è il martiro;
Et veggio et erro in questo laberinto.


XLII

Ben puoi la voglia altera, e il cuor feroce,
Perché di me pietà mai non ti pieghi,
Tener, dolce mia pena, et nei miei prieghi,
Chiuder le orecchie alla tremante voce.

Ben puoi con quella Man tenermi in croce,
Onde sì spesso il dì mi prendi et leghi,
Et quei begli occhi schifi, ove tu spieghi
El foco del disio, che ognor mi cuoce.

Ma non che viva viva tua sembianza
Nel cor non porti sempre e 'l dolce umile
Mirar vezzoso e 'l riso et le parole.

Hor se da te s'attende, alma gentile,
Mia pace mia salute et mia speranza,
Ben sei crudel se di me non ti duole.

XLIII

Di selva in selva, alla stagion più acerba,
Solo seguendo una selvagia fera,
Alfin la giunsi là, dove la sera
Pascer soleva tra i fioretti et l'erba:

Parea sua vista sì cruda e superba,
Et contro amor del mio languir sì altera
Ch'io abandonai l'impresa, lasso, ch'era
Condotta al fin che il bel piacer ne serba.

Questo sì forte al mio Signor dispiacque,
Che come spesso già per me l'assalse,
Et mosso da pietà pregar solea;

Così quasi sdegnando poi si tacque,
Né per mio scampo poscia mai più valse
Gridar mercede alla mia morte rea.

XLIV

L'alta beltà, che me dipinse Amore
In mezo il cuor con sì pungente stile,
Sì come per natura ella è gentile,
Così piatoso avesse il duro core.

Di tanta alteza et del mio gran dolore
Io farei fede in più leggiadro stile,
Perché mia vita ad opra più sottile
Insieme ordita avrei col gran valore.

Ma bench'io parli ognior d'ira et d'affanno,
Stato non è quanto che il mio felice,
Né in ciel ch'io creda già, né qui, né altrove.

Che l'eccellentie che abagliato m'hanno,
Essendo in terra lei sola Fenice,
Ippolito arder ponno non che Giove.

XLV

Le bionde trecce, il riso et le parole,
Et le maniere elette
Fur l'arco et le saette,
Che m'han passato il cor, come Amor vuole.
La bella man che per virtù d'amore
Rinfresca al petto mio l'antica piaga,
Ond'io languisco sempre, è fatta vaga
Della mia morte, et del mio gran dolore.
Sfidando di speranza il tristo core,
Ahi lasso me dolente,
Che l'affannata mente
Non fa che voglia, et meco pur si duole.

XLVI

È questa quella man, che già tanti anni
All'amoroso nodo mi distrinse?
È questo il laccio, dove Amor m'avinse
Per forza, per destino, et per inganni?

Questa è colei che sì soavi affanni
Mille fiate et più, mi risospinse;
Et viva Amor nel cor me la dipinse
Ai gesti, alle maniere, al viso, ai panni.

Benedette le lacrime leggiadre,
Che tante per te verso, et quella stella,
Che già mi fe' di te servo fedele:

Benedetto sia il seme et quella madre,
Che rivestì del suo cosa sì bella,
Ben che mi sia a gran torto sì crudele.

XLVII

Madonna, del mio petto il bel sembiante,
Ove a tuo nome già il dipinse Amore,
Fia spento, quando al cor l'usato ardore,
A gli occhi mancheran lacrime tante.

Scolpita viva viva in un diamante
Ti serbo d'ogni tempo in mezo 'l core:
Né ria fortuna avrà mai tal valore
Che notte et giorno non mi sii davante.

Et benché ti mostrassi ognor sì cruda,
La dolce fiamma del voler gentile
Non spense mai l'oscura tua sembianza;

Ma 'nanzi che questi occhi morte chiuda
Conoscerai nel mio debile stile
A quanto bene alzasti mia speranza.

XLVIII

Alta speranza dell'afflitta mente
Prima che a morte mi conduca Amore,
Trammi una volta di sì lungo ardore
Ove dì et notte avampa il cor dolente.

Natura, e il tuo costume non consente
In tanta crudeltà nutrire il core,
Aiuta il servo tuo, che amando more
Sì che li segni della morte sente.

Se il ciel cortese et sopra ogni altra bella
T'ha fatta, e il tuo destin d'ogni virtute
Ti colma sì che affonda la bilancia,

Et se consentimento è di mia stella
Che da te sola io speri mia salute,
Perché non mi soccorri, o mia speranza?

XLIX

Sia dunque benedetto il primo inganno,
Onde mi prese sì, che ancor mi tene
Amor ferito a morte, et l'alta spene,
Che volse la mia vita a tanto affanno:

Et le faville accese, che mi stanno
A mille a mille sparte in fra le vene:
Et l'ora, ch'io scopersi tanto bene
Per gli occhi, che dì et notte dir mi fanno.

Sia benedetto l'amoroso lampo,
Che mi percosse d'un soave ardore,
Il dì, che io vidi il bel sembiante umano.

Sia benedetto quando per mio scampo
Corsi fuggendo il caldo d'altro amore,
Alla dolce ombra della bella mano.

L

Qualunque per Amor giamai sospire,
Fermato di seguir cosa mortale,
In me si specchi, et pensi se al mio male
Si vide al mondo mai simil martire.

Per fedelmente amare et ben servire
Son posto in croce, et lamentar non vale;
Come tu vedi son tornato a tale,
Che mille morti Amor mi fa sentire.

Costei, di cui mi lagno, con sua mano
m'aperse il petto, et prese il freddo core
Che a lei mercede ancora, et morte chiama.

O tu, che leggi, pensa quanto istrano
Altrui debbe parer, quando pur more
Per quella mano istessa che tanto ama.

Giusto de' Conti
La Bella Mano
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Data di creazione: 26/04/2008
 

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