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CHIARIMENTI
Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
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Piccola biblioteca romanesca (I miei libri in dialetto romanesco)
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Cento sonetti in vernacolo romanesco (di Augusto Marini)
Centoventi sonetti in dialetto romanesco (di Luigi Ferretti)
De claris mulieribus (di Giovanni Boccaccio)
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I trovatori (Dalla Prefazione di "Poesie italiane inedite di Dugento Autori" dall'origine della lingua infino al Secolo Decimosettimo raccolte e illustrate da Francesco Trucchi socio di varie Accademie, Volume 1, Prato, Per Ranieri Guasti, 1847)
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Osservazioni sulla tortura e singolarmente sugli effetti che produsse all'occasione delle unzioni malefiche alle quali si attribuì la pestilenza che devastò Milano l'anno 1630 - Prima edizione 1804 (di Pietro Verri)
Picchiabbò (di Trilussa)
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Post n°866 pubblicato il 20 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
Il Dittamondo di Fazio degli Uberti LIBRO SECONDO CAPITOLO XXI Qui vegno a dir del magnanimo Carlo, le cui virtú fun di sí alto frutto, che di miglior cristian di lui non parlo. Dico che, apresso ch’egli ebbe del tutto co’ Longobardi e con ogni suo reda 5 Desiderio in Pavia preso e distrutto, e che fu fatto di Leone sceda, e che da gente disperata e cruda rubar mi vidi e portar via la preda, l’aquila, ch’era sí pelata e nuda, 10 tolsila al Greco e a costui la diedi, che la guardasse e governasse in muda. Onde, per suo valor, dal capo ai piedi la rife’ tutta con l’alta milizia, sí come in molti libri scritto vedi. 15 Costui trasse la Spagna e la Galizia di mano al Saracino e in Aspramonte fece a gli African sentir tristizia. Costui ebbe con seco il nobil conte, che Ferraú e don Chiaro uccise e per alcun si scrive il buon Almonte. Costui la croce santa di qua mise e soggiogò e Sassoni e Alamanni e oltra mar Ierusalem conquise. Ma qui è bel saper quant’eran gli anni 25 del millesimo nostro, a ciò che tue, se altro udissi dir, col ver ti sganni. Erano un meno d’ottocento e due ed eran che Silvestro a Costantino diede il battesmo quattrocento e piue, 30 ed ancora dal tempo d’Albuino, primo re longobardo, da dugento in fin che Desiderio cadde al chino. E questo mio signore e mio contento quattordici fu meco imperadore 35 sí buon, che ’l piango, sempre che ’l rammento. Seguí apresso che di tanto onore fu reda il suo figliuolo Lodovico, pietoso molto, non di gran valore. Vero è che ’l loderei piú ch’io non dico, 40 se non fosse la guerra de’ figliuoli, che per Iudit il presono a nimico. Passò il Soldan di qua con grandi stuoli, quando costui col buon marchese Guido a dietro il volse con pianto e con duoli. 45 Venticinque anni governò il mio nido e visse al tempo suo senza mangiare una tre mesi, per fama e per grido. Lottaro vidi apresso regnare diece anni; ma poi monaco divenne 50 non credendo il suo danno vendicare. Lodovico secondo poi mi tenne e nel suo tempo la gran pistolenza de le locuste per lo mondo venne. Pensa se il Brescian fu in gran temenza, 55 ch’ivi tre dí piové sangue dal cielo, e se vi fen digiuni e penitenza. Qui la gran guerra ch’ebbe non ti svelo co’ Normandi e co’ miei Italiani, dove molto soffersi caldo e gelo. 60 Un anno, e venti li fui tra le mani; poi, dopo lui, mi tenne il Calvo Carlo; ma come, onor gli è poco ch’io lo spiani. Di tutta questa schiatta non ti parlo la gran division che fu tra loro, 65 ché troppo avrei a dire a voler farlo. Un anno e mesi fe’ meco dimoro; l’ultimo colpo a lui si fu il veleno, che spesso de’ signor fa tal lavoro. Dopo la morte sua, rimase il freno 70 de la mia signoria a Carlo Grosso, che pria la fine sua se ’l vide meno. Dico che fu da tanto onor rimosso, che venne quale un uom che vive in sonio per grave morbo che li giunse addosso. 75 E data fu la ’nsegna mia e il conio ad Arnolfo, lo qual non fu de’ veri che reditar dovesse il patrimonio. Costui apresso fece Berlinghieri re de’ Lombardi e die’ Spoleti a Guido, 80 da’ quali ebbi piú volte gran pensieri. Del conte Alberto fe’ crudel micido; Bergamo prese e oltra monti corse Normandia tutta con fuoco e con grido. E quando morte la sua vita morse, 85 posseduto ti dico ch’avea il mio due anni e diece, senza niun forse. Non vo’ tacere il grande inganno e rio che l’Arcivesco fe’, quel di Maganza, quando il buon conte Alberto tradio. 90 E gli Ungari crudeli e con baldanza Toscana e Lombardia rubaron tutta, senza trovar contraro a lor possanza. Or sí com’albor secco, che non frutta, ti dico che rimase la gran pianta 95 di Carlo senza reda, isfatta e strutta. Oh, mondo cieco, dove andò cotanta nobilitá in cosí poco tempo? E cieco è piú chi de’ tuoi ben si vanta, poi che sí cacci altrui di tempo in tempo. 100 |
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